È un empirista come Locke e Hume. È
simile a Locke per molti aspetti, ma a volte mette in crisi dall'interno
l'empirismo, traendone conclusioni opposte a quelle di Locke in alcuni
aspetti.
Era irlandese e la famiglia era di origini inglesi. Nasce nel 1685.
Diventa prete della chiesa anglicana e poi vescovo. A 24 anni, nel 1709,
pubblica il "Saggio su una nuova teoria della visione". Nel 1710
pubblica il "Trattato sui principi della conoscenza umana",
inizialmente un insuccesso. Riformula le tesi espresse nel Trattato in 3
dialoghi più semplici da leggere e dopo tre anni pubblica "I tre
dialoghi tra Hylas (materialista) e Philonous (spiritualista)". Nel
1721 pubblica in latino il "De motu" (sul movimento), importante
perché contiene delle critiche alla fisica di Newton e, secondo Popper,
Berkeley avrebbe anticipato alcune concezioni di Einstein. Per i restanti
trent'anni Berkeley cambia il suo pensiero e le opere della vecchiaia sono
l'"Alcìfrone" e la "Siris" (sulle virtù terapeutiche
dell'acqua di catrame). Si era messo in testa di fondare una missione in
America per convertire gli indiani, aveva raccolto i finanziamenti ed era
andato in America per 3 anni. In quegli anni, però, non riuscì ad
organizzare nulla e tornato in Inghilterra si è dedicato al suo impegno
da vescovo. Muore nel 1753.
TRATTATO SUI PRINCIPI DELLA CONOSCENZA UMANA
Rispecchia gran parte delle idee di Locke, come la classificazione delle
idee semplici e complesse. Si differenzia in 3 premesse e in una tesi che
chiameremo la tesi fondamentale di Berkeley.
Le tre premesse sono:
- Concezione nominalista. Nella nostra mente non esistono idee
astratte, idee generali così come le intendeva Locke. Berkeley dice che i
nostri contenuti mentali sono tutti particolari e che di universale c'è
solo il nome. Esemplifica: immaginiamo il concetto di triangolo. Se noi
vediamo una figura riconosciamo se è un triangolo. Nella nostra mente
esiste solo il nome "triangolo", ma non ne abbiamo l'idea.
Perché se noi pensiamo al triangolo dobbiamo pensarlo in un certo modo:
non lo posso immaginare contemporaneamente acutangolo e ottusangolo oppure
scaleno e equilatero. Quindi quando noi immaginiamo un triangolo lo
immaginiamo con delle caratteristiche particolari. La stessa cosa succede
quando immaginiamo una persona: può essere maschio o femmina, alta o
bassa…. Berkeley dice quindi che noi associamo ad ogni nome comune
un'idea particolare, il nome sta per un'idea particolare. Il nome
universale è perciò associato nella nostra mente ad un'idea particolare.
Se identifichiamo immaginare e pensare, allora ha ragione Berkeley dicendo
che tutte le nostre immagini sono particolari (non si può immaginare un
uomo né bianco né nero, né alto né basso). Ma coloro che sostengono
che nella nostra mente ci sono idee universali, sostengono che l'immagine
sia particolare, ma l'idea (il pensiero) sia universale. Perché il
concettualismo e il realismo non siano contraddittori, bisogna tener
separato il mondo del pensiero e dell'immaginazione. Se questi due mondi
coincidono ne consegue necessariamente il nominalismo. Ma è lecito far
coincidere immaginazione e pensiero? I cartesiani dicevano di no. Cartesio
aveva detto: pensiamo al chiliagono (poligono con 1000 lati); non riesco a
immaginarlo, ma lo posso pensare (ne ho una definizione e posso eseguire
dei calcoli, se ne conosco il lato posso determinare l'apotema). Anche un
realista come S. Tommaso teneva divisi il mondo del pensiero dal mondo
dell'immaginazione.
Berkeley sostiene che l'errata credenza nell'esistenza di idee astratte
nella nostra mente è l'errore fondamentale commesso da Locke e quindi
solo sconfiggendo questo pregiudizio si può capire quali erano gli errori
di Locke e Cartesio.
- Critica più radicale al concetto di sostanza. Locke aveva
distinto due diverse concezioni di sostanza: o come collezione di idee o
come substratum. Per Locke l'esistenza del substratum garantiva la
regolarità con cui gli elementi naturali presentano le loro
caratteristiche. Per Berkeley per la concezione di sostanza come
collezione di idee non c'è problema. Non era però d'accordo con Locke
per il substratum, perché sosteneva che la sostanza in quanto sostanza
non esiste perché non la percepisco. Solo affermando questo, pensava, si
può rimanere fedeli al presupposto empirista.
- Critica alla distinzione tra le qualità primarie e le qualità
secondarie. Locke sosteneva che c'erano qualità primarie e qualità
secondarie. Nel caso delle secondarie credeva che non ci fosse nessuna
somiglianza tra ciò che causa in noi l'idea e l'idea in sé. Per esempio
il colore deriva dalle lunghezze d'onda; non c'è nessuna somiglianza,
analogia (logica) tra lunghezza d'onda e il colore. Perciò per Locke non
ha senso dire che l'erba è verde, ma ha senso dire che l'erba appare
verde. Lo stesso ragionamento vale per gli altri sensi: non c'è nessuna
somiglianza tra l'infilare una lama nelle carni e il dolore che provo se
mi pugnalano. Allo stesso modo non c'è analogia tra le particelle che si
muovono e il profumo di violetta che percepisco. Quello che per Locke e
Galileo valeva per le qualità secondarie, non poteva valere anche per le
primarie. Credevano infatti che nel caso delle primarie c'era somiglianza
tra la mia idea e come è effettivamente la cosa. Per esempio se dico che
la biro è più piccola del tavolo, poiché la lunghezza è una qualità
primaria, è vero che la lunghezza della biro è inferiore anche in
realtà, non solo per la conoscenza umana.
Berkeley sostiene che questa distinzione è ingiustificata, ma che in
realtà tutte le qualità sono secondarie, ossia che non esiste
somiglianza tra ciò che percepiamo e ciò che è in realtà. Quindi anche
le qualità oggettive dipendono dai nostri sensi. Se vedo un oggetto visto
da lontano, mi risulta più piccolo rispetto a quando lo vedo da vicino.
È anche vero però che se vedo due oggetti alla stessa distanza e uno lo
vedo più grande, sarà veramente più grande. La dipendenza delle nostre
idee con l'apparato sensitivo c'è anche nel caso delle qualità primarie.
Se la nostra conoscenza è solo soggettiva allora uno può dare più
obiezioni. Berkeley pone un problema più profondo: cosa significa dire
che esiste corrispondenza tra le nostre idee e la realtà? Due idee sono
simili se le posso confrontare fra loro, e ciò è possibile se le
possediamo entrambe. Per esempio: sono in una classe. Memorizzo la
disposizione dei banchi. Esco e cerco di ricordarmela. Mi viene un dubbio
e rientro per vedere. Le due idee che ho (immagine visiva nell'atto della
percezione e ricordo) sono simili e se ho dei dubbi sulla similitudine le
posso confrontare. Lo stesso ragionamento si fa quando si ha una foto di
un amico: la posso confrontare con il ricordo dell'originale.
Cosa vuol dire che c'è una somiglianza tra le nostre idee e le cose
reali? Cosa voglio dire quando dico che la lunghezza che vedo della
cattedra è simile alla sua lunghezza reale? Premesso che due cose sono
simili se posso confrontarle, non ha senso parlare di somiglianza perché
io non posso confrontare la lunghezza che vedo e quella effettiva.
Es: misuro la cattedra, la vedo lunga un metro. Ma come posso dire che è
lunga effettivamente un metro?
Se intendiamo le qualità primarie come oggettive significa che l'oggetto
ha delle caratteristiche indipendentemente dalle nostre percezioni.
Perciò non ha senso dire che la lunghezza non deriva dalla nostra
percezione, perché noi la vediamo con la vista sul metro. Berkeley dice
allora che siccome la lunghezza reale non è esperibile, non ha senso dire
che le qualità primarie sono diverse dalle qualità secondarie. L'errore
che compie Locke è quindi quello di credere che qualcosa esiste
indipendentemente dall'essere percepito.
Tutto questo ci porta alla tesi fondamentale di Berkeley: "ESSE
EST PERCIPI": "essere equivale ad essere percepito".
Chiamiamo esistente ciò che è percepito o ciò che può essere percepito
in idonee condizioni. Se dico che la cattedra esiste, vuol dire che può
essere percepita (se sono al buio anche se non la vedo e non la tocco ci
sono delle condizioni, per esempio con la luce accesa, in cui la posso
percepire). Noi diciamo che nella classe non c'è un elefante perché
nessuno, in nessuna condizione, vede un elefante. La possibilità che
qualcosa esiste è legata al fatto che è percepita. Quando diciamo
"la lunghezza della cattedra è la sua lunghezza effettiva"
diciamo un'affermazione priva di significato perché sarebbe come dire che
ci sarebbe una lunghezza anche quando non può essere percepita. Pensare
che esiste qualcosa che non può essere percepito non ha senso, almeno per
un empirista conseguente.
Da queste tesi fondamentali si potrebbero dedurre due tesi filosofiche:
- IMMATERIALISMO o IDEALISMO DI BERKELEY: esistono solo i soggetti
pensanti (esistono cioè indipendentemente dall'essere percepiti).
- SOLIPSISMO: uno potrebbe dire: siccome io percepisco tutto, tutto
esiste, se smetto di percepire finisce il mondo. Esiste un unico soggetto
percepiente e tutto il resto esiste perché questo soggetto lo percepisce.
Berkeley rifiuta questa tesi perché dice che solo le cose materiali non
possono esistere indipendentemente dall'essere percepite, perché noi
percepiamo passivamente le cose materiali (quando vedo qualcosa, lo devo
necessariamente vedere). Berkeley dice che oltre agli enti materiali ci
sono però anche i soggetti conoscenti: se mi penso come corpo penso a una
cosa materiale, ma se penso all'"io come mente" lo percepisco
come qualcosa di attivo che svolge un'attività. Quindi le sostanze
spirituali esistono indipendentemente dal fatto di essere percepite o no,
mentre quelle materiali per esistere devono essere percepite.
Berkeley diceva che esistono tutti gli "io", mentre i solipsisti
dicono che esiste solo il singolo soggetto.
Secondo Berkeley la materia non è una cosa che sussiste di per sé, ma è
una caratteristica della nostra percezione, delle nostre idee.
Se penso all'idea di bontà sto pensando ad un contenuto che non implica
un oggetto esteso; se invece penso al mare di quest'estate lo percepisco
con le caratteristiche spaziali di estensione che sono caratteristiche del
nostro modo di conoscere, ma gli enti materiali non sono cose che
sussistono di per sé.
Berkeley è infatti un immaterialista, ritiene che la materia non sussista
di per sé.
Un filosofo (l'americano Johnson) aveva obiettato all'idea di Berkeley: se
sento passare una carrozza, ma non la vedo, i rumori che sento (siccome
per Berkeley la carrozza come entità materiale non esiste) derivano
dall'esistenza della materia. Perciò sento il rumore della carrozza,
perché c'è la carrozza. Secondo il senso comune, infatti, sono gli
oggetti materiali che provocano le percezioni.
Berkeley, in risposta, disse che noi percepiamo odori, sapori, suoni
secondo un ordine stabilito da Dio, una sorta di grammatica delle
percezioni voluta da Dio. Perciò la coerenza che c'è tra l'insieme delle
percezioni e noi che percepiamo è dovuta a Dio e non dall'esistenza delle
cose materiali.
Quindi qual è la cosa interessante della teoria di Berkeley? Noi diamo
per scontato che ci sia una somiglianza tra le nostre percezioni e la
realtà. Per esempio se vedo il registro più grande della biro, credo
quindi che sia realmente così. Se diciamo che una foto e la persona
fotografata si assomigliano, in questo caso la somiglianza è giustificata
perché le vediamo tutte e due. Non ha senso però dire che c'è
somiglianza tra la biro percepita e la biro in sé.
Critica il luogo comune secondo il quale si ha somiglianza tra idee e
realtà.
DE MOTU
L'accademia delle scienze di Parigi era solita indire dei concorsi. Gli
intellettuali facevano un componimento sul tema proposto. Uno dei temi fu:
cos'è il movimento? Siccome in Francia la maggior parte degli scienziati
era cartesiana, Berkeley usa una terminologia cartesiana. Fino al 1953 il
"De motu" era considerato uno scritto di poca importanza. In
quell'anno, però, Karl Popper scrive un breve articolo "Note su
Berkeley quale precursore di Mach e Einstein", pubblicato in un suo
libro "Congetture e confutazioni". Popper sostiene che nel
"De motu" è stata avanzata una teoria che sarà fatta propria
anche da Einstein. Quest'opera inizia quindi ad acquistare importanza.
Nel "De motu" Berkeley critica le idee di Newton:
v Newton aveva parlato di spazio e tempo assoluti. Se noi diciamo: siamo
sulla terra e siamo fermi, però rispetto al sole ci muoviamo. È come
dire che il movimento (quindi spazio e tempo) è relativo a un sistema di
riferimento, e parleremmo quindi di spazio e tempo non assoluti. Però
Newton diceva che esistevano anche uno spazio e un tempo assoluti: la
terra si muove rispetto al sole, il sole si muove rispetto alla Via
Lattea, la Via Lattea…alla fine ci sarà per forza una cosa ferma.
Berkeley invece sosteneva che spazio e tempo assoluti sono entità
contraddittorie.
v Berkeley dice che nella teoria di Newton la forza (F=ma) è percepita
come causa reale. I discepoli di Newton, tra cui Cotes, dicevano che ogni
corpo ha delle proprietà fondamentali (come la massa inerziale). Berkeley
critica queste concezioni newtoniane e sostiene che le entità che non
sono direttamente osservabili (come la forza) che sono considerate
esistenti dai newtoniana, in realtà non rappresentano nulla di reale,
hanno solo una funzione strumentale, pratica. La concezione strumentalista
della scienza è la concezione secondo la quale la scienza è utile per
fare previsioni, ma non ci fa sapere nulla sulla realtà. In pratica la
scienza non ha un valore conoscitivo, ma è solo uno strumento. Per
Berkeley i presupposti della fisica di Newton (principi della dinamica)
sono solo entità teoretiche che mi consentono delle previsioni. Quindi le
entità teoretiche vanno usate, però non bisogna credere che la forza
esista davvero. La scienza non ci fotografa la realtà, ma è solo uno
strumento di previsione.
Per Popper questa concezione è stata fatta propria anche da Einstein.
Secondo Newton il raggio luminoso va diritto, per Einstein viene deviato
da grandi masse. La relatività di Einstein ha soppiantato la concezione
newtoniana.
Quindi le formule di Newton mi danno solo delle previsioni, non una
conoscenza della realtà così com'è. La scienza ha solo funzione pratica
(per fare previsioni). Molti scienziati oggi pensano che la scienza abbia
anche valore conoscitivo e non condividono la tesi di Berkeley e Mach.
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