villa Lovatti in Roma
Villa Lovatti in Roma si trova
nell'area dei giardini della villa Abamelek, già sede dell'Ambasciata
dell'URSS in Italia e ora di proprietà dell'Ambasciata della Federazione
Russa.
Di proprietà di Clemente Lovatti
(1779-1860) fin dal 1815 circa, l'edificio era inizialmente una fabbrica
di laterizi, detta torre del drago (la zona delle collinette ai margini
nord e ovest dell'attuale parco di villa Abamelek
era nota nel XIX secolo come "monti della creta"). Fu
trasformata da Clemente stesso nella villa "casina delle Muse"
attorno al 1850 e prese il nome di villa Lovatti dopo la morte del
proprietario.
Alcuni cenni sono in Carla Benocci,
Villa Abamelek, Mazzotta, Milano 2001, pag. 37, 54 e 103.
Chi avesse ulteriori informazioni sulla villa
Lovatti è pregato di contattare Maurilio Lovatti (maurilio@lovatti.eu).
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La Villa Abamelek
rappresenta oggi un complesso storico di grande interesse, che eredita una
tradizione di raffinata dimora alle porte della città, sviluppata per
oltre tre secoli.
Il luogo nasce con una vocazione agricola, favorita dalla fertilità del
terreno, e sacra, legata alla rete di complessi cimiteriali che dalla Via
Aurelia Antica si diramano ancora oggi verso la Porta Cavalleggeri.
La vicinanza al Vaticano assicura un uso costante della zona da parte di
mercanti e pellegrini, protetti dai nuclei difensivi, di cui restano alcune tracce. E' però tra
la fine del Seicento e gli inizi del Settecento che la proprietà diviene
la splendida residenza del marchese Paolo Girolamo Torre, ricchissimo
banchiere e patrizio genovese, che commissiona "belle e rare
pitture", come afferma il Pascoli, nel suo Casino, identificabile con
la Palazzina Belvedere attuale, visibile dalla Via Aurelia Antica.
Le decorazioni riguardano sia un ciclo di affreschi, eseguiti da Giuseppe
Passeri ed in parte
perduti, sia una serie di quadri, di Giuseppe Bartolomeo Chiari, Benedetto
Luti ed altri artisti
appartenenti alla cerchia dell'Accademia di S.Luca, pitture di impronta
classicistica e di soggetti mitologici.
La villa si afferma quindi come luogo privilegiato di ricche collezioni
artistiche: in considerazione della qualità della dimora e del prestigio
del marchese Torre, il 22 agosto 1700 si riuniscono in questo edificio i
cardinali in vista del conclave, durante la malattia del pontefice
Innocenzo XII Pignatelli, che morirà il 27 settembre dello stesso anno. A
seguito di problemi finanziari, i Torresono costretti nel 1722 a cedere la
villa all'Ospedale di S.Spirito, che a sua volta la vende nel 1734 a
monsignor Giuseppe Maria Feroni, nobile fiorentino, anch'egli ricco e
colto, che diverrà poco tempo dopo cardinale.
Si consolida quindi il carattere di questa zona fuori Porta S.Pancrazio
come area d'influenza fiorentina, assicurata dai Corsini, che avevano qui
la loro villa, e dal cardinale Feroni.
Quest'ultimo rinnova la villa attribuendogli un nuovo assetto
architettonico, ad opera di Alessandro Galilei, e nuovi arredi, alcuni a
carattere religioso ed altri legati al gusto per le "chinoiseries",
con ricche carte cinesi alle pareti, vari oggetti per il gioco e gli
svaghi e con mobili originali, secondo una moda di grande prestigio
affermata anche in altre dimore patrizie cittadine.
Dalla fine del Settecento inizia una fase di costante declino per il
complesso: divenuto proprietà successivamente di Giovanni Torlonia, di
Maria Teresa Marescotti, dei Valentini e dei Giraud, viene fortemente
danneggiato durante i combattimenti che segnano la fine della Repubblica
Romana del 1849. Nel 1854 è acquistato dal principe Filippo Andrea V
Doria Pamphilj per annetterlo alla sua villa vicina; su commissione del
principe, l'architetto Andrea Busiri Vici trasforma il giardino secondo un
assetto di gusto paesistico, restaura e modifica alcune fabbriche. Venduta
ai Ricasoli nel 1863, diviene infine proprietà del principe russo Semion
Semionovich Abamelek Lazarev.
Egli rinnova gli antichi splendori della villa, conferendole però
un'immagine nuova, realizzata
dall'architetto Vincenzo Moraldi: acquista le vigne ed i casali confinanti
e li annette alla proprietà precedente, costituendo una grande tenuta, in
cui viene sviluppato il giardino paesistico ottocentesco utilizzando una
ricca collezione di sculture antiche (un sarcofago etrusco e varie statue
e busti romani) e seicentesche, poste a decorare i punti di vista più
importanti. Amplia il Casino settecentesco, denominato nell'Ottocento
"Villa Belvedere" ed ora noto come Palazzina Belvedere,
realizzando un nuovo corpo di fabbrica; trasforma il manufatto a servizio
delle vigne e delle fornaci, qualificandolo come Casino delle Muse o
Teatro, edificio che viene arricchito da un gran numero di tele,
soprattutto di scuola veneta, da splendidi arredi di ambiente veneziano,
da arazzi fiamminghi, da sculture di varie epoche, da mobili di diversi
ambiti e da mosaici pavimentali romani, costituendo un grandioso esempio
di eclettismo.
Il nuovo edificio viene dedicato alle Muse ed alle Camene, essendo dotato
di una grande sala, con palco, destinata appunto a teatro, in cui vengono
rappresentati concerti e spettacoli, prediletti sia dal principe sia dalla
moglie, la principessa Maria Pavlovna Demidoff. Anche all'esterno del
Casino delle Muse viene disegnato un emiciclo teatrale, nella tradizione
dei teatri in villa secenteschi, arricchiti con teste romane di dimensioni
notevoli. Alla morte del principe, nel 1916, la villa è divenuta un
esempio suggestivo di grande mecenatismo internazionale, in cui rivive
l'ideale classico in una cornice valorizzata dalle diverse forme d'arte.
Nell’enorme parco di 27
ettari, si possono ammirare, sparse, numerose costruzioni rifatte per
volere del Lasaref oppure rimaste intatte. Notevole il piccolo teatro.
All’interno della villa è stata recentemente iniziata la costruzione di
una chiesa ortodossa dedicata a Santa Caterina di Alessandria.
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