L'anno 1945, addì 21 maggio, nelle
carceri giudiziarie di Brescia avanti a noi vice questore è comparso:
Candrilli Manlio nato a Villarosa (Enna) il 25 marzo 1893, residente a
Brescia, già questore.
I. R. - Fui ufficiale effettivo fino al novembre 1931. In seguito a ferita
riportata in combattimento in Somalia fui dichiarato invalido dal 1935 al
1942. Fui Podestà del mio paese Villarosa. Il 17 aprile 1942 fui nominato
federale di Catanzaro. Nel maggio 1943 venni trasferito ad Agrigento,
Federale. Passai nel Partito Fascista Repubblicano a Brescia. Il 13
novembre 1943 venni a Brescia in qualità di Questore, carica che tenni
fino all'aprile 1945. Nell'esercizio delle mie funzioni ho sempre fatto
espresso divieto in specie a Quartararo, di usare modi violenti nei
confronti dei fermati. lo personalmente mi sono sempre astenuto da gesti
violenti. Soltanto ricordo d'aver dato uno schiaffo per ciascuno a due
individui che risultavano aver preso parte dell'uccisione di due agenti di
polizia, alla G. K. Mot. Il Quartararo lo conobbi qui a Brescia. Era alle
dipendenze della Polizia Gruppo Speciale Ministero degli Interni. Era un
protetto dal Ministro Buffarini quindi.
A. D. R.- lo non fui pro parte di promozione per il Quartararo, o meglio
la proposta fu fatta dal Prefetto Barbera, nell'occasione dell'arresto del
Verginella Giuseppe, io segnalai l'opera del Quartararo a Buffarini Guidi
il quale mi autorizzò a dargli un premio di lire 20.000- Uguale premio fu
concesso al Sottotenente Spinelli. Rettifico: in occasione degli arresti
agli autori dell'uccisione di due agenti della G. K. Mot dei quali ritengo
il Verginella il comandante. Quanto all'uccisione del Verginella mi è
stato riferito da Quartararo, che lo stesso venne ucciso mentre tentava di
fuggire. Il fatto accadde in Lumezzane dove il Verginella era stato
condotto per indicare probabilmente dove trovavisi un capobanda, certo
Carlo, al quale lui aveva scritto. Alla faccenda lo Sciabica, mio Capo di
Gabinetto era completamente estraneo. Egli era addetto unicamente al
disbrigo di tutte le pratiche. Quanto ai rastrellamenti ci tengo a
precisare quanto segue: a Nave il 14 novembre 1943 mi recai di notte
perché avvisato telefonicamente che era stata attaccata quella caserma
dei carabinieri. Mi recai con il cap. Castagnacci dei carabinieri:
operammo un certo numero di arresti. Gli arrestati, dopo gli accertamenti
del caso furono tutti messi in libertà. Il rastrellamento di S. Eufemia
del 16 novembre 1943 fu da me fatto per ordine dell'Ecc. Ricci, tramite il
colonnello Baldi. Non fu un rastrellamento, ma su indicazione di un
sottoufficiale certo Serena, si doveva provvedere all'arresto di alcuni
individui indiziati di avere collocato una bomba alla scuola Pastori dove
risiedeva il Comando Generale della Milizia. A seguito di questa
operazione il Serena fu promosso da Ricci ufficiale. Ricordo che fu
arrestato un certo numero di persone e la relativa istruttoria fu citata
dal Ten. Col. Baldi e dal Serena in questura. Poiché mi venne riferito
dal Capo dell'ufficio politico Cosentino che venivano usati mezzi
coercitivi diffidai il Baldi ad astenersene, in caso contrario avrei
riferito ogni cosa al Prefetto. Ordinai infine che gli interrogatori
dovevano sempre svolgersi alla presenza del Commissario Cosentino. I
rastrellamenti seguenti: 18 novembre 1943 in Vaghezza, 20 novembre 1943 a
Marmentino, 22 novembre 1943 a Collio, 30 novembre a Pilzone furono fatti
dal gruppo speciale di polizia alle dipendenze del Ministero dell'interno,
gruppo comandato dal questore Pennacchio e dai questore Fabiani. Tutti i
fermati vennero in seguito rilasciati e inviati al Distretto se soggetti a
obblighi di leva, io personalmente per ordine dei Capo della Provincia
Barbera, partecipai e diressi i seguenti rastrellamenti: il 4 dicembre
1943 suI corso Zanardelli, il 10 dicembre 1943 a Gardone V.T., il 4
gennaio 1944 a Villa Carcina, il 20 febbraio 1944 agli sfrattati, il 23
febbraio 1944 in corso Zanardelli, il 22 giugno 1944 in città e l'11
agosto al Carmine. In dette occasione si fermarono parecchie persone. Di
queste talune venivano messe in libertà. Soltanto quelle che avevano
obblighi militari venivano accompagnati liberi al distretto. In occasione
dell'operazione a Villa Carcina, contrada Cailina, vennero bruciate due
cascine da montagna nelle quali erano state rinvenute armi. Io non ero
presente in detto momento. Ritengo che siano state bruciate per ordine di
qualche ufficiale della Milizia. Circa i fermi degli ebrei debbo precisare
che ci venne l'ordine di fermarli tutti e di avviarli ai campi di
concentramento. Peraltro su un numero ingente ne furono fermati solo
pochi. Rastrellamenti di prigionieri non furono mai ordinati da me. Mi
risulta che il Quartararo in seguito ad altre operazioni, mi pare di
carattere annonario in provincia, ne prese tre.
A. D. R. - Il generale Cesareni arrestato il 16 novembre 1943 fu fermato
dai questori Pennacchio e Fabiani, perché sostenevano che Io stesso fosse
dirigente delle bande della zona (Sabbio Chiese). In quell'occasione il
Pennacchio ed il Fabiani andarono per arrestare un sottotenente degli
alpini che peraltro riuscì a fuggire. In sua sostituzione fu fermata la
madre che è stata immediatamente rilasciata da me con la preghiera di
fare presentare il figlio. Questi dopo alcuni giorni si presentò e fu da
me rilasciato con la preghiera di andarsene ad abitare presso il figlio
nelle vicinanze di Firenze. L'arresto del colonnello Pagani fu provocato
da segnalazione del comando militare e per ordine del Prefetto Barbera fu
inviato in Germania. L'istruttoria circa il processo Lunardi e Margheriti
fu personalmente condotta dal Prefetto Barbera il quale venne nel mio
ufficio. Io ero in quel tempo indisposto. Nulla mi risulta circa l'arresto
e l'invio al campo di concentramento dei nominati Grossetti Domenico e
Romagnoli Giovanni perché rifiutatisi di aderire all'esercito
repubblicano. Può essere che la notizia risulti dal mattinale 18 aprile
1944 della questura, ma mi meraviglierebbe perché abbiamo avuto centinaia
di segnalazioni di ufficiali che non avevano giurato, ma nessun
provvedimento è stato da me preso.
A D. R. - Non diedi mai l'ordine agli assenti di sorvegliare i visitatori
della tomba di Lunardi. Gli arresti di cui mi si fa cenno (di certi
Migliorati Luigi di Andrea e di Migliorati Giuseppe di Giovanni avvenuti
il primo maggio 1944 come da mattinale 12 maggio 1944 non sono stati da me
ordinati), lo ho solo organizzato il campo di Lumezzane, ma di mia
iniziativa non inviai alcuno. Gli internati provenivano tutti o dal
Ministero dell'interno o dal Capo della Polizia. Nego di avere avuto
intendimento di arrestare il Vescovo di Brescia. La diceria è sorta per
questo: che io ho pregato Mons. Pasini di sapermi dire dove si era
rifugiato Mons. Fossati in considerazione del fatto che Mons. D'Acunzo
aveva dichiarato al Quartararo che solo il Vescovo sapeva il nascondiglio
del Fossati. lo dissi al Pasini quanto segue: dite al Vescovo di dirmi
dove si nasconde il Fossati perché in caso contrario dovrei arrestare
l'Eccellenza il Vescovo. Sapevo bene che ciò era impossibile. Nego che
Sciabica mi abbia dato a riguardo alcun consiglio. Non escludo però che
parlando non l'abbia potuto fare. In Germania io non feci internare
alcuno, tranne il colonnello Pagano per ordine del colonnello Barbera e di
alcuni delinquenti comuni abituali. lo alla gendarmeria tedesca non
consegnai mai spontaneamente alcuno. Ne consegnai alcuni per ordine del
comandante Priebke. Chiarisco che il meccanismo era il seguente: gli Enti
consegnavano alla O. T. gli elementi che volevano fossero inviati in
Germania. Il questore della O. T. segnalava i nominativi al Prefetto il
quale dava o meno la sua approvazione. Ciò faceva quando le segnalazioni
non provenivano dalla Prefettura stessa.
A D. R. - Il Ministero Interni tramite il Prefetto mi richiese la
compilazione di una lista di ostaggi da prelevarsi tra le personalità
più spiccate nell'ambiente antifascista. Non ho mai dato detta lista,
d'accordo con il mio Capo di Gabinetto Sciabica.
A D. R. - Mi sono sempre attenuto alla legalità. Può darsi che talvolta
abbia potuto sbagliare, ma sempre in buona fede. La frase che mi si
attribuisce: "sono maggiotto e me ne fotto" è dovuta ai miei 20
anni di vita militare. Mio primo colonnello era il Maggiotto, cui era
consueta detta frase.
A D. R. - AI giudice Consonni, di cui mi parlate ma che io non ricordo,
dissi che il provvedimento d'arresto del giudice Di Fazio era regolare ed
avendo egli insistito con modo poco deferente per dimostrarmi la
illegalità del provvedimento risposi che ero un questore rivoluzionario e
che per me il provvedimento era legale. Desidero ricordare che in
occasione dell'arresto di trenta persone operato a Vestone dal comandante
della Guardia del Duce, Albonetti, io ed il Prefetto Dugnani ci recammo
prima dal Ministro ed in seguito (poiché l'Albonetti aveva ordinato di
sparare a chiunque, fossero pure il Prefetto ed il Questore che avessero
tentato di fare uscire dal carcere di Salò gli ostaggi) dal Duce. Ciò
nonostante avendo questi ordinato la scarcerazione, si dovette ricorrere
ad una riunione del Capo della Polizia ed il Generale Semadini della G.N.R.,
e finalmente verso l'una di notte i 130 ostaggi furono liberati e condotti
dal Prefetto e da me al Municipio di Salò dove furono rifocillati e
lasciati liberi. Tre mesi fa, per invito espresso dal Prefetto Rotoli
comandante il quartiere Generale di Maderno, ebbi istruzioni di procedere
all'arresto di molte persone che a suo dire erano indiziate di complotto
contro il Duce. Dissi chiaramente che mi dovevano essere passate le carte
e che queste esaminate e assunte le indagini, avrei fatto quanto si
doveva, presi gli ordini dal mio Capo Provincia, ma che non avrei
tollerato interferenze di sorta. Ciò dissi perché conoscevo bene il Vice
Questore Cotecchia che il Rotoli disse di avere condotto le indagini prima
di me. Si voleva procedere subito al fermo di tutte le persone, ma con il
prefetto Dugnani decidemmo di arrestarne soltanto sette - otto e procedere
immediatamente alle ulteriori indagini. Queste espletate dal Capo Ufficio
politico Cosentino e da altro funzionario con il Vice Questore Cotecchia,
diedero risultati di poco rilievo e solo nei riferimenti dell'avv. Ragoni,
della di lui figlia e sull'avv. Grassi. il Ministro Buffarini informato
della cosa diede ordine di fissare ai tre un domicilio obbligato ed io che
conoscevo quale persona per bene fosse il papà del Grassi glielo fissai a
Brescia in casa Grassi. Il Ragoni si presentava spesso a me per avere
permessi per andare a Toscolano ed io glieli accordai tutti. In seguito il
Vice Questore Mango dei Quartiere Generale di Maderno, su mia approvazione
fece un permesso sine die, sia per il Ragoni che alla figlia per potere
permanere a Toscolano. Ricordo che detto permesso lo aveva in tasca il
colonnello Ragone a Lumezzane, me lo feci inviare a Brescia e lo feci
tenere alla signorina personalmente. Anche al Grassi concessi sempre
permessi. Ricordo ancora a mia discolpa che certo capitano Camplani, già
comandante di una banda, mi fece sapere a mezzo del capitano Castagnacci
dei carabinieri che egli aveva intenzione di rientrare e starsene
tranquillo sempre che lo avessi assicurato della incolumità. Diedi la mia
parola, il Camplani rientrò e fu lasciato libero.
F.to Manlio Candrilli
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