LA VITA
Hegel nasce a Stoccarda nel 1770. Riceve nel ginnasio della propria città
natale una formazione umanistica. Intraprende estese letture in campo
filosofico e scientifico compiendo le prime prove di scrittura. Compie i
suoi studi universitari all'università di Tubinga (la più prestigiosa
università tedesca per quanto riguarda la teologia). A questo periodo
risale il sodalizio di Hegel con i compagni di studi Hölderlin e
Schelling: l'incontro e l'intenso confronto con loro, segnerà
significativamente l'evoluzione del pensiero hegeliano. Si dedica alla
lettura di Rousseau, Lessing, Kant.
Si reca a Berna nel 1793 dove si trattiene fino al 1796 svolgendo la
professione di precettore. Dal 1797 assume di nuovo le funzioni di
precettore presso una famiglia di ricchi commercianti di Francoforte. Tra
le opere prodotte nella città renana ricordiamo "Frammento di
sistema".
Gli scritti giovanili sono per noi di poca importanza, in quanto non ci
dicono niente del Sistema. Tuttavia studiosi famosi, come Lukacs, li
studiarono approfonditamente e gli attribuirono grande valore.
Esteriormente questi scritti si presentano come analisi di tematiche
prevalentemente religiose (è un aspetto di un metodo globale: nel cercare
di comprendere una certa società, Hegel ritiene che si debba anche
analizzarne la religione, l'economia e altri aspetti). Quindi l'aspetto
religioso è visto solo in funzione di una comprensione globale per
analizzare un'epoca storica. In questi primi scritti emerge la concezione
della società come un tutto.
L'eredità dal padre, morto nel 1799, consente a Hegel di abbandonare il
lavoro da precettore per intraprendere la carriera accademica.
La sede universitaria prescelta è quella di Jena, la più vivace e
prestigiosa del mondo tedesco a cavallo fra i due secoli (circolo
romantico di Jena). Hegel vi si trasferisce nel gennaio del 1801. Inizia a
insegnare come libero docente e in seguito come professore straordinario.
A Jena Hegel ritrova Schelling, con il quale sviluppa una intensa
collaborazione, pubblicando insieme a lui una rivista "Il giornale
critico di filosofia".
Il sodalizio con Schelling, però, si interrompe e del definitivo distacco
reca chiara testimonianza la Prefazione alla "Fenomenologia dello
spirito", pubblicata nel 1807.
Lasciata Jena soggiorna brevemente a Bamberg, lavorando come redattore
presso il giornale del luogo. Si trasferisce poi a Norimberga per
dirigervi il locale ginnasio (dove per altro si sposò). Lo scritto più
importante di questo periodo è la "Scienza della logica",
pubblicata tra il 1812 e il 1816.
Nel 1817 pubblica "Enciclopedia delle scienze filosofiche in
compendio" (altre edizioni accresciute nel 1827 e 1830). Hegel passa
l'ultimo periodo della sua vita come professore di filosofia
all'università di Berlino (al tempo capitale della Prussia). Ormai
filosofo affermato, svolge scrupolosamente la propria funzione di
educatore, contribuendo alla formazione di generazioni di studenti. Dagli
alunni vengono pubblicati postumi i testi dei corsi, "Lezioni".
Il suo grande prestigio gli consente di svolgere un ruolo importante; in
un certo senso è il filosofo ufficiale del Regno. L'opera più importante
pubblicata da Hegel a Berlino sono i "Lineamenti di filosofia del
diritto" (1821).
Hegel muore nel 1831, in seguito a un'infezione di colera, pochi giorni
dopo aver ultimato la Prefazione alla seconda edizione della Logica.
LA DIALETTICA
Quando la ragione è usata per conoscere o si usa l'intelletto (facoltà
del giudizio determinante) o la ragione.
L'Intelletto usa la logica formale (basata sul principio di non
contraddizione e sul principio di bivalenza, o del terzo escluso).
La Ragione usa la dialettica.
Se ragioniamo su entità che non cambiano nel tempo (logica, matematica,
fisica) usiamo l'intelletto, con il quale formuliamo giudizi che hanno
verità immutabile nel tempo. La logica formale su cui si basano le
dimostrazioni si basa sul principio di non contraddizione e il principio
di bivalenza.
Oltre a conoscere queste verità immutabili abbiamo anche la necessità di
conoscere verità che mutano nella storia (come nel caso in cui si forma
una nuova religione, che porta valori che prima non c'erano). Per
comprendere queste ragioni storiche, e quindi la realtà in mutamento, non
è sufficiente la logica formale, ma per Hegel serve la dialettica. La
filosofia procede utilizzando la dialettica, che prevede tre fasi:
o Tesi: si afferma una certa qualità X è A
o Antitesi: si nega X non è A
o Sintesi: si introduce un concetto nuovo per togliere la contraddizione X
è B
Es: Tesi: il registro è blu
Antitesi: il registro non è blu
Sintesi: il registro è colorato
È un esempio sbagliato di dialettica, perché lo scopo della dialettica
per Hegel è che il concetto che ricaviamo tramite la sintesi ci dia una
nuova e più ricca conoscenza (e non devo solo togliere la
contraddizione). In questo esempio non c'è un progresso della conoscenza.
Es: Tesi: X è innocente
Antitesi: X è peccatore
Sintesi: X è santo
Per innocente si intende una persona che non sa cos'è il male e quindi
non lo può neanche commettere. Il santo invece pur sapendo cos'è il male
non lo commette.
Anche questo però, nonostante ci dia una conoscenza in più, non è un
esempio adeguato, perché Hegel vuole usare la dialettica per pensare il
tutto, mentre l'esempio riguarda un individuo.
Il tutto Hegel lo chiama assoluto. Il termine assoluto deriva dal latino
absolutus che significa "sciolto da", cioè "compiuto"
nel senso di indipendente da ogni condizione esterna; è sinonimo di
incondizionato. Nell'età dell'idealismo ricorre la tesi secondo cui
"oggetto" della filosofia è l'"assoluto". Che cosa
significa che oggetto della filosofia è l'assoluto? Tale indicazione
rimanda all'esigenza di compiutezza sistematica del sapere cui la
filosofia kantiano - idealista mira. Questa filosofia si propone infatti
l'individuazione, descrizione, critica e sintesi rigorosa di tutte le
funzioni operanti nel sapere umano, cogliendone la radice unitaria. La
filosofia viene concepita come la disciplina fondativa della
scientificità di tutte le altre forme di sapere; rispetto a essa le
scienze sono prive della possibilità di giustificare i concetti e i
procedimenti mediante i quali operano. Questi procedimenti possono essere
fondati solo per mezzo del metodo trascendentale; l'analisi filosofica
trascendentale mira quindi all'assoluto, vale a dire che affronta i
problemi del senso e dell'origine incondizionata dei concetti con cui la
coscienza comune e le scienze pensano la realtà.
È Fichte, meditando criticamente sul pensiero di Kant, che fa nascere
l'insistenza terminologica idealistica sull'assoluto.
Es: Tesi: l'assoluto è idea
Antitesi: l'assoluto è natura
Sintesi: l'assoluto è spirito
La realtà è idea. Quindi ciò che vi è di essenziale nella realtà è
l'idea, intesa come idea platonica.
Hegel divide il sistema in 3 parti:
o Idea, studiata nella scienza della logica
o Natura studiata nella filosofia della natura
o Sintesi studiata nella filosofia dello spirito
Per introdurre al punto di vista della logica, Hegel propone una metafora:
come Dio prima di aver creato il mondo aveva in mente un ben preciso
progetto (modello o lex aeterna), così la logica studia le idee nella
mente di Dio prima della creazione.
Platone diceva che prima logicamente veniva l'idea di bellezza e poi tutte
le varie cose belle (prima il modello poi la cosa).
o Dire che tutta la realtà è idea, è come dire che alla base della
realtà c'è un fondamento puro, non materiale, come nel platonismo.
o Dire che tutto è natura è più semplice, perché tutto ciò che esiste
appare come materiale (perlomeno ai sensi, perché la materia è ciò che
costituisce il mondo fisico). Tutto ciò che esiste ci appare fatto di
materia.
Queste due idee si contrappongono, allora si deve trovare una sintesi:
l'assoluto è spirito, quindi la vera realtà. Per spirito intende, in un
certo senso, la cultura dell'umanità (come l'uomo ha concepito la
realtà) nelle varie epoche storiche.
Idea e natura diventano polarità nel pensiero dell'umanità (quello
dinamico non statico).
Idea, natura, spirito costituiscono la fondamentale triade dialettica
hegeliana.
Uno, intelletto, anima del mondo: triade neoplatonica (Plotino).
Padre, Figlio, spirito santo: triade cristiana.
C'è una differenza di fondo tra queste tre diverse triadi: in quella
neoplatonica l'Uno è più importante, in quella cristiana il Padre è
creatore di tutto, mentre in quella hegeliana la vera realtà è la
sintesi (spirito).
Solo la filosofia dello spirito ci da una visione totale della realtà.
"FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO"
Nel 1806 scrive la "Fenomenologia dello spirito" (la leggenda
racconta che scrisse le ultime pagine proprio quando si sentiva il rombo
dei cannoni di Napoleone nella battaglia di Jena). E' pubblicata nel 1807.
È un libro lungo, con un linguaggio oscuro, che risente degli influssi
dello stile romantico (perciò anche se Hegel non è un romantico ne è
comunque influenzato). Secondo i suoi progetti l'opera doveva essere
un'introduzione al Sistema, nella seconda parte però tratta già dei
contenuti.
Lo scritto era così impostato: prefazione, introduzione, Prima parte: coscienza,
autocoscienza, ragione, Seconda parte: spirito, religione, sapere assoluto.
Fenomenologia indica la scienza dei fenomeni, ciò che appare. L'uomo
arriva per gradi alla comprensione del tutto partendo dall'esperienza
(certezza sensibile).
Quindi per Fenomenologia dello spirito si intende come lo spirito (la vera
realtà) appare alla coscienza dell'uomo (o singolo o umanità);
"scienza del manifestarsi" dello spirito.
La filosofia ci fa vedere un'immagine organica del tutto, con la quale si
ha la verità. L'uomo per conoscere il tutto parte dai sensi e giunge al
pensiero dimostrativo e filosofico. Questo è oggetto di studio della
fenomenologia dello spirito.
Anche qui si procede con il metodo dialettico.
a)Coscienza: il punto di partenza è la certezza sensibile, ossia crediamo
che sia vero ciò che i sensi ci attestano.
Hegel dice: basta riflettere un attimo e ci si accorge che questo non può
essere il criterio supremo di verità. Infatti le cose cambiano, sono
mutevoli. Per esempio: questa foglia adesso è verde, quest'autunno non
sarà più verde, ma gialla. Oppure: "adesso è giorno", fra 12
ore la frase diventa falsa.
La certezza sensibile non è assoluta nel tempo (vale qui e ora) ma è
solo un'apparenza di verità.
Si crea un'opposizione dialettica che si supera introducendo la percezione
dell'intelletto, che è un concetto di ente (oggetto) che tende ad essere
valido nel tempo. La coscienza è certa che la verità stia nella cosa
percepita, intesa come il sostrato o la sostanza cui le proprietà
sensibili ineriscono.
Es: se dico questa rosa è bella, fra tre giorni la frase non è più
valida. Per evitare questa opposizione dialettica dobbiamo utilizzare dei
concetti che mantengano la loro validità: il gatto è un mammifero.
Però anche la percezione dell'intelletto presenta delle contraddizioni:
es: prendiamo un chicco di sale. Il nostro pensiero lo percepisce come un
unico ente. Però il chicco è da noi percepito come un insieme di
proprietà (bianco, duro, forma cristallina, salato, piccolo).
Il nostro intelletto percepisce la stessa realtà come una e molteplice.
Secondo Hegel siamo di nuovo di fronte a una contraddizione: lo pensiamo
come uno e come molteplice.
Per superare questa contraddizione si passa ad un terzo livello:
l'intelletto (nel senso di Kant): il fondamento della verità non sta nei
dati del molteplice sensibile, ma sta in una struttura a priori del
soggetto (categorie).
È come se arrivasse alla conclusione kantiana della rivoluzione
copernicana.
Se consideriamo l'uomo come singolo individuo non si può andare oltre. Al
massimo si può arrivare a ciò che si fonda sui principi puri
dell'intelletto (matematica e fisica).
La conoscenza umana si è sviluppata anche sul fatto che ci sono relazioni
tra gli uomini. Hegel ritiene che al filosofo interessa anche quella
conoscenza che evolve nel tempo. Per arrivare a questa conclusione bisogna
considerare l'intera umanità. Questo vale anche per la cultura personale,
o per le conoscenze che la persona acquisisce a scuola o in famiglia, che
hanno alla spalle un patrimonio culturale comune (la nostra percezione
della realtà, la nostra visione del mondo, risente delle conseguenze del
cristianesimo, della rivoluzione francese, ecc.).
La percezione individuale avviene gradualmente nel singolo soggetto. Hegel
è convinto che la conoscenza umana sia influenzata, oltre che dall'io
penso, anche dal contesto culturale (che ci predispone ad interpretare la
realtà in un modo piuttosto che in un altro).
Bisogna quindi passare b)all'autocoscienza, come una persona prende
coscienza di sé attraverso le relazioni con gli altri. La parte
sull'autocoscienza della Fenomenologia è dedicata alla ricostruzione
delle tappe di carattere pratico attraverso le quali la coscienza acquista
"certezza di sé".
Hegel pensa che si possa parlare di una società primitiva quando vi è la
schiavitù (non l'agricoltura, come pensavano e pensano alcuni storici, o
la scrittura). Secondo lui la prima cellula della società è il rapporto
tra schiavo e padrone. Non è la famiglia, perché volendo ci poteva
essere anche nei cacciatori - raccoglitori. Hegel nell'autocoscienza
esamina le varie relazioni. L'idea di Hegel è che l'uomo attraverso
queste relazioni prende coscienza di sé: siccome l'uomo è per natura un
animale sociale (si esprime, si realizza e agisce all'interno di una
società) allora non serve analizzare l'uomo astratto per capire chi
siamo. L'uomo prenda coscienza di sé attraverso i rapporti sociali con
gli altri. In ogni epoca questi rapporti si caratterizzano in maniera
diversa.
Hegel sostiene che il rapporto schiavo - padrone si è formato perché
entrambi avevano dei vantaggi: i vantaggi del padrone sono semplici da
comprendere, lo schiavo invece trova vantaggio perché sotto il padrone
trova il mantenimento, la protezione e ha salva la vita.
Secondo Hegel questa relazione crea al suo interno una sorta di
contraddizione, perché da un lato il servo dipende in tutto e per tutto
dal padrone, dall'altro con il passare del tempo anche il padrone diventa
dipendente dal servo (perché non è più in grado di fare nulla). Questo
rapporto comincia a diventare complesso e contraddittorio dal punto di
vista giuridico.
Hegel individua nella società antica due forma di pensiero che sono una
transizione verso il superamento della relazione servo - padrone. Queste
due forme sono:
o Stoicismo: con la concezione della libertà come accettazione razionale
della necessità, del destino, lo stoicismo nega ogni valore agli aspetti
formali e giuridici ai fini della ricerca della felicità. Nel senso che
la felicità è indipendente dall'essere servo o imperatore, come
sosteneva lo stoico romano, ma nato in Frigia, Epitteto . La vera libertà
è adeguarsi alle necessità, cioè accettare con la ragione il corso
degli eventi ed è felice chi è virtuoso. Si può essere felici sia da
servi sia da padroni.
o Scetticismo: corrente dell'età ellenistica, ma alcuni contenuti erano
già stati proposti dal sofista Gorgia, rappresenta la negazione di ogni
determinazione e di ogni contenuto particolare. Non esiste alcuna verità.
Dire ciò è negare che tutto ciò che è abbia qualche valore. Quindi non
c'è neanche la verità che esistono servi e padroni, ma tutto è
relativo.
Sia lo stoicismo che lo scetticismo, pur non avendo la forza di abolire la
schiavitù, sono il segno dell'indebolimento della base su cui si fondano
le società antiche. Il superamento si ha con il cristianesimo in cui
l'idea di schiavitù è messa da parte.
Hegel sostiene che nell'epoca medioevale la relazione dominante è la
coscienza infelice.
Nel medioevo l'uomo era fortemente religioso (il modello era il santo,
colui che imita Cristo). Questo desiderio di unirsi a Dio era molto
radicato. La vita ultraterrena aveva un'importanza notevole. Secondo Hegel
questa situazione provoca una sorta di scissione interiore: da una parte
l'uomo aspira ad essere simile a Cristo, dall'altra è consapevole di
essere peccatore e di essere quindi distante da Dio.
Questo sentimento porta a frustrazione (non è un termine hegeliano), come
quando ci poniamo un alto ideale e poi non riusciamo a raggiungerlo.
Questa è la caratteristica essenziale della coscienza infelice:
l'aspirazione a qualcosa che si è consapevoli di non poter mai
raggiungere.
c)Ragione si divide in: Teoretica, Pratica e ragione come individualità
reale In sé e per sé (rispettivamente tesi, antitesi e sintesi).Nella
trattazione della ragion pratica Hegel delinea 3 figure: L'edonista, La
legge del cuore e Il cavaliere della virtù.
La ragione teoretica è la comprensione scientifica della natura. Viene
utilizzata da Hegel quando tratta di alcune scienze del tempo (che oggi
non sono più considerate tali, come la fisiognomica).
La ragione pratica è la ragione che ci guida nell'agire morale (cos'è il
bene per l'uomo).
Questi due momenti poi devono essere messi insieme: si ha così la ragione
in sé e per sé che è la ragione in quanto tale che mette insieme il
momento teoretico e pratico (politica) che noi di solito separiamo.
All'interno della ragione pratica c'è la distinzione di 3 figure etiche:
Hegel dice che sono come tre forme di errore etico, tre forme sbagliate.
Secondo lui sono errori necessari attraverso i quali si può concepire la
vera morale.
Edonista: colui che persegue solo il piacere, è colui che ritiene che il
valore più importante sia il piacere. Nel senso che tutte le scelte
devono essere prese per massimizzare il piacere. Se riteniamo che il fine
dell'etica sia la felicità, l'edonista dice che per raggiungerlo bisogna
provare sempre più piacere.
Il piacere è la prima esperienza di vita che noi facciamo (il bambino
prova piacere quando succhia il latte materno o mangia), strettamente
connessa a quella del dolore. Sono la nostra prima esperienza etica.
È istintivo il fatto che noi abbiamo dei comportamenti che tendono a
evitare il dolore e a raggiungere invece il piacere.
Possiamo quindi dire che il piacere è una cosa positiva, però non può
essere la felicità perché è qualcosa di transitorio (se sono affamato e
mangio, poi provo il piacere della sazietà; però poi questo piacere
svanisce).
Hegel è convinto che questa è una situazione attraverso la quale
passiamo tutti. E tutti sentiamo che il piacere è positivo.
La legge del cuore: la segue colui che pensa che la morale si fondi sul
sentimento.
Hegel dice che i romantici pensano che la cosa che veramente conta è fare
ciò che si sente e seguire il sentimento: essere autentici e fedeli a sé
stessi è il valore più alto. Per il romanticismo è più importante il
sentire del dovere o del sapere.
Quest'idea (che ancora oggi sopravvive in larghi settori del senso comune)
secondo Hegel è sbagliata, perché il sentimento è soggettivo (perché
dipende dall'esperienza personale, dall'educazione, ecc.) e quindi ne
deriverebbe che ognuno può avere una sua morale. Si arriva in questo modo
a una sorta di intolleranza che Hegel chiama delirio della presunzione,
cioè credere che la propria morale sia quella giusta, soltanto perché la
si sente tale.
Sarebbe come pensare che il mio modo di vedere le cose sia quello giusto.
Mi scontro con quelli che la pensano in un modo diverso.
Hegel ognuno di questi tipi etici - psicologici li associa a un'opera
d'arte: l'edonista lo associa al Don Giovanni di Mozart, mentre il
romantico è tratto dai Masnadieri di Schiller (Karl Moor, il
protagonista, era un bandito che rubava ai ricchi per dare ai poveri
ritenendo quindi di fare la cosa giusta, anche se andava contro la legge).
Perciò è sbagliato porre la legge del cuore come legge morale.
Questo ci mette in evidenza il fatto che Hegel non è romantico.
Cavaliere della virtù: è esemplificato da Robespierre, detto
l'incorruttibile, perché nonostante si fosse trovato dal giugno del 1793
al luglio del '94 ad avere i pieni poteri, rimase comunque molto parco nei
costumi e non si arricchì. Inoltre era un uomo molto spietato, dal
momento che se uno era contro la rivoluzione lo faceva condannare a morte.
Il cavaliere della virtù ha una morale astratta, rigorosa (rigorosa nel
senso che segue sempre l'imperativo categorico, senza dare spazio al
piacere). Robespierre è una persona ammirevole dal punto di vista del
carattere (ma fu poi ghigliottinato e non riuscì a realizzare il suo
progetto politico).
Hegel vede nel cavaliere della virtù un'intolleranza e un manicheismo
simile a quella adolescenziale: o tutto è buono o tutto è cattivo.
Questa morale astratta è virtuosa sul piano personale, ma è dannosa sul
piano collettivo, rispetto all'efficacia dell'azione politica.
SISTEMA HEGELIANO
Il sistema è diviso in 3 parti:
o Logica: studia l'idea
o Filosofia della natura: studia la natura
o Filosofia dello spirito: studia lo spirito
Tutto il sistema l'abbiamo nell'"Enciclopedia delle scienze
filosofiche in compendio"(1817) in forma di riassunto.
Della logica abbiamo un libro enorme che è la "Scienza della
logica"(1812-1816).
Della filosofia della natura non c'è uno scritto che tratta
esclusivamente di quella, e ciò che sappiamo è tratto dall'enciclopedia.
La filosofia dello spirito si divide in 3 parti:
o Soggettivo, di non cui abbiamo nessuno scritto e anche qui ci rifacciamo
all'enciclopedia.
o Oggettivo, di cui abbiamo i "Lineamenti di filosofia del
diritto" pubblicato a Berlino nel 1821.
o Assoluto, di cui abbiamo le lezioni universitarie tenute a Berlino e
trascritte dai suoi studenti.
Quindi i punti che gli interessano maggiormente sono la logica, lo spirito
oggettivo e quello assoluto.
Alcuni hegeliani del '900 (Croce, Gentile e altri) sostennero che tesi e
antitesi erano nate per un'esigenza sistematica propria del tempo, che ora
non c'è più. Per esempio secondo Croce ciò che c'è di vivo di Hegel è
la sintesi, cioè la filosofia dello spirito.
LOGICA
É la scienza dell'idea dell'elemento astratto del pensiero, cioè è la
scienza che studia le idee in quanto tali. Secondo Hegel per capire a cosa
serve la logica è necessario ricorrere a una metafora: la logica studia
le idee come esse sono nella mente di Dio prima della creazione. Prima di
creare Dio aveva già un progetto (l'idea di com'è la realtà prima della
sua creazione). Fuori dalla metafora: modelli essenziali della realtà.
Dio ha avuto delle idee delle essenze indipendenti da come poi sarà
davvero la realtà.
È una metafora, un modo di dire, dal momento che Hegel era ateo.
Perciò per Hegel lo studio della logica è lo studio delle idee allo
stato puro, la logica è scienza in cui il pensiero conosce se stesso in
forma pura.
Tradizionalmente la logica era formale; quella di Aristotele lo era: la
validità del ragionamento è imposta da regole che non dipendono dai
contenuti. Anche la logica matematica è formale.
La logica hegeliana invece non è formale, ma è un'ontologia. Siccome si
occupa delle idee in sé, la logica si occupa di quei concetti che sono
alla base della realtà. Quindi si può dire che è un'ontologia o
prevalentemente un'ontologia, perché alcune categorie studiate riguardano
la gnoseologia. È quindi entrambe le cose. La logica hegeliana è
sostanzialmente un'ontologia perché studia "l'ossatura", lo
scheletro della realtà, ciò che vi è di essenziale nel reale.
Il procedimento è dialettico.
a) logica dell'essere: studia il concetto in sé, dottrina del pensiero
nella sua immediatezza (ontologia)
b) logica dell'essenza: studia il concetto per sé, studia il pensiero
nella sua riflessione o mediazione (gnoseologia)
c) logica del concetto: studia il concetto in sé per sé
Questo procedimento porta all'idea assoluta che è l'idea di idea.
Il concetto più generale che possiamo attribuire ad ogni cosa è il
concetto di essere, potremmo dire che tutto è essere. Quindi la tesi è:
"L'assoluto è essere".
Da qui parte la logica, da una costatazione generale che sembra ovvia.
Prendiamo quindi la tesi come una verità incontrovertibile. Secondo Hegel,
però, se noi analizziamo meglio il concetto di essere vediamo che in
questa frase non diamo un significato specifico all'essere: non posso
pensare allo stesso tempo che sia vivente o non vivente, materiale o
immateriale. Deve invece valere per tutto, ma in questo caso va a finire
che non vale per nulla, che èindeterminato (perché se per essere intendo
sia ciò che è immateriale sia ciò che è materiale non specifico
niente). È come dire quindi che tutto è nulla.
Essere e nulla quindi si equivalgono perché nessuno dei due dice niente e
non ha un significato specifico. Questo non vale per gli esseri specifici
e determinati: "questa casa, questo albero esistono", perciò
essendo due esseri non possono essere un nulla.
Il nostro intelletto si trova quindi di fronte a una contraddizione. Si
procede quindi trovando un concetto che toglie la contraddizione.
"Tutto è divenire", divenire nel senso di passaggio dalla
privazione alla forma con un sostrato che rimane immutato.
Es: la foglia in estate è verde, in autunno diventa gialla, ma la foglia
è sempre quella: il verde della foglia che prima era un essere ora è un
nulla, il giallo che prima era un nulla ora è un essere.
Quindi il concetto di divenire contiene essere e nulla, li presuppone.
Io non posso pensare il concetto di divenire senza un nulla che diventa
essere e viceversa. Passaggio fra essere e nulla.
LA FILOSOFIA DELLA NATURA
Come si passa dalla logica alla natura? Cioè da dove derivano gli enti
materiali se fino ad ora abbiamo analizzato solo idee immateriali?
Hegel diceva che la natura è l'idea nella forma dell'esser altro da sé,
cioè dalla mente di Dio alla realtà l'idea si è snaturata.
Dal punto di vista formale potrebbe essere contraddittorio e assurdo
perché noi percepiamo un divenire come cambiamento, ma ciò che diviene
non si snatura.
Es: se uno va al mare è pallido e si abbronza: non si snatura, perché
non cambia un caratteristica essenziale.
Hegel dice che la materia non è essenziale perché è un idealista e per
lui tutto è spirito.
Ma questo problema non è legato solo all'idealismo, perché se noi
poniamo un principio immateriale come origine del tutto, deve poi esserci
la materia da qualche parte. C'erano due correnti di pensiero:
o Aristotele e Platone dicevano che la materia era eterna (non ha origine
nel tempo)
o Plotino e i neoplatonici credevano che uno, anima del mondo e intelletto
fossero immateriali e credevano che la materia fosse mancanza di forma.
Hegel è più vicino ai neoplatonici perché ammirava Proclo, un discepolo
di Plotino.
La natura è quindi snaturata, ha perso la sua essenza. Hegel dice che la
natura è l'idea alienata, l'idea che si fa estranea a se stessa.
Abbiamo detto che l'idea perde la sua essenza, ma qual è la sua essenza?
E' l'universalità.
Perciò la natura è caratterizzata da Necessità perché tutto il
movimento delle particelle di materia avviene necessariamente (la natura
non è libera come lo spirito) e da Accidentalità (la natura ha perso
l'Universalità dell'idea.
Quindi ciò che non è spirito o idea allora è natura.
Dire che è necessità significa dire che tutto avviene necessariamente e
non c'è la libertà.
Dire che è accidentalità è come dire che se l'idea è universale, qui e
ora l'idea si esemplifica in questo ente o fatto. Introducendo
l'accidentalità si dice che c'è qualcosa nella natura che sfugge al
pensiero.
La natura tende a sfuggire alla ragione. La ragione non coglie ogni
sfumatura della realtà.
Hegel è contro l'idea del determinismo, la quale ritiene che tutta la
natura sia un meccanismo, un orologio. Secondo Hegel la natura ha in sé
qualcosa di indeterminato, quindi non è una macchina.
Siccome la natura è una polarità dello spirito, l'idea della natura
sfugge alla conoscenza razionale.
Secondo Hegel la filosofia della natura non sostituisce le scienze, ma ne
è alla base, le fonda. Hegel vuole analizzare solo cosa può conoscere
l'uomo della natura, cioè a dire che ruolo ha la natura nello spirito
umano.
La Natura si divide in Meccanica, Fisica e Fisica organica.
a)Meccanica: nel senso dato da Newton. È costituita da: dinamica,
cinematica e statica.
Secondo Hegel la meccanica è la tesi, ossia il modo più semplice e più
logico per comprendere ogni fenomeno fisico, spiegabile in termine di
forza, massa e movimento (accelerazione). La natura studiata dalla
meccanica è una natura che va spiegata con formule newtoniana, che sono
riducibili a poche variabili indipendenti. Perciò la tesi è "La
natura è meccanica". Con la meccanica newtoniana noi riusciamo a
spiegare tutti i fenomeni fisici usando poche variabili. Ci accorgiamo
però che alcuni fenomeni non sono riducibili alla meccanica di Newton,
come la luce, la chimica, il magnetismo. Questi fanno parte della
b)fisica (occorrono nuove spiegazioni). L'antitesi riguarda perciò la
natura che non può essere spiegata dalle variabili di Newton (massa,
forza, velocità). La fisica comprende anche la trattazione dei processi
chimici, che sono un mezzo indispensabile del prodursi della vita.
c)fisica organica la potremmo chiamare biologia o scienza dei viventi.
È la sintesi: l'essere vivente, studiato dalla fisica organica, per
essere compreso ha bisogno sia delle leggi fisiche sia delle leggi
chimiche. È come se dicesse che la biologia presuppone tutte le altre
scienze naturali.
Oggi uno dei punti più discussi in biologia è quello del riduzionismo:
la biologia è solo un assemblaggio di leggi fisiche e chimiche o vi sono
anche leggi biologiche specifiche irriducibili alla chimica o alla fisica?
(Se devo spiegare la fotosintesi clorofilliana riesco a spiegarla solo con
leggi fisiche e chimiche?).
Alcuni ritengono che ogni fenomeno può essere ricondotto esclusivamente
al livello di fisica e chimica, ma non abbiamo la conoscenza a sufficienza
per farlo, altri invece la pensano diversamente.
Oggi non si riesce a ricondurre tutto alla fisica e alla chimica.
Hegel sceglie l'idea antiriduzionistica, perché la sintesi mantiene ciò
che c'è di vero nella tesi e nell'antitesi, ma porta la conoscenza a un
livello superiore.
La Fisica organica studia la Natura geologica, la Natura vegetale e
l'Organismo animale.
Nella natura geologica il pianeta terra viene considerato come un essere
vivente (cosa un po' strana per noi, ma non nella tradizione delle scienze
della natura in Germania, che risentivano del vitalismo, del pensiero di
Goethe, ecc.), mentre la divisione in natura vegetale e organismo animale
è una divisione classica, abituale.
La concezione della terra e del cosmo come essere vivente era presente
nell'800 (ma anche nel Rinascimento ).
Per esempio si pensava che gli effetti di un terremoto si ripercuotesse
poi su tutta la terra.
Se mettiamo da parte la natura geologica, dobbiamo pensare alla fisica
organica come alla nostra biologia.
L'organismo animale è la sintesi; l'animale più ricco di complessità è
l'uomo perché ha l'intelligenza. Al vertice di tutto ci sta quindi
l'uomo, sede fisica dello spirito (pensiero). È così che passiamo alla
filosofia dello spirito.
FILOSOFIA DELLO SPIRITO
La filosofia dello spirito è la scienza "dell'idea, che ritorna in
sé dalla sua alterità".
Il passaggio da natura a spirito è l'uomo. L'uomo è il soggetto dello
spirito, il quale si incarna nella mente degli uomini. Lo spirito è
caratterizzato dalla libertà.
Secondo Hegel l'essenza dello spirito era la libertà. Cosa intende??
Hegel precisa che non intende per libertà una libertà di tipo giuridico.
Es: uno schiavo non è libero.
Inoltre non va intesa come una mancanza di coazione. Es: se io costringo
una persona a uscire dalla porta con la forza provoco un'azione coatta, se
invece la stessa persona esce dalla porta volontariamente, lo fa
liberamente.
Perciò non dobbiamo pensare che lo spirito è libero perché non è
soggetto a coazione.
Inoltre non va inteso come libero arbitrio. Es: ho sonno, dormo. Ho fame,
mangio.
Questo tipo di libertà Hegel lo chiama "capriccio".
Libertà, così come la intendeva Hegel, stava invece a significare una
scelta razionale consapevole, che presuppone una conoscenza razionale
della realtà.
Es: riconosco di aver fame, però oggi ho mangiato tantissimo a pranzo e
quindi decido di non mangiare comunque.
In questo caso ho fatto una scelta libera.
Per Hegel libertà e razionalità tendono a coincidere.
Per Hegel lo spirito è un processo di crescita verso la libertà.
Lo spirito è libero quando sceglie e agisce con razionalità. Perciò la
libertà va di pari passo con la razionalità.
Tesi: spirito soggettivo - volontà umana immediata, in sé, in se stessa.
Antitesi: spirito oggettivo - volontà dell'uomo che essendo inserito in
formazioni sociali orienta la sua libertà tenendo conto della necessità
che gli derivano dal fatto che di essere inserito in una società.
Sintesi: spirito assoluto - insieme di arte, religione e filosofia.
Lo spirito assoluto è la dimensione infinita dello spirito, mentre
soggettivo e oggettivo sono le dimensioni finite dello spirito. Quella
finita riguarda i singoli individui, quella infinita (e quindi assoluta)
riguarda tutta l'umanità.
Es: se consideriamo il singolo uomo (come un'onda nel mare) vediamo che
nasce e muore, mentre se consideriamo l'umanità (il mare) non ha né
inizio né fine, è l'insieme di tutto.
Nell'arte, nella religione, nella filosofia i singoli artisti, religiosi e
filosofi si sentono come parte del tutto e pensano, sentono, scrivono,
dipingono condizionandosi e influenzandosi vicendevolmente.
Idea e natura sono momenti della comprensione umana e sono visioni
parziali del tutto.
Lo Spirito è una visione totale del tutto e al suo interno c'è la
libertà del singolo, ma anche quella in relazione alla società.
SPIRITO SOGGETTIVO: denominazione che mira a evidenziare come le
manifestazioni dello spirito qui studiate siano quelle proprie della
soggettività, considerata "astrattamente" nell'individuo: cioè
a prescindere dal tessuto di relazioni giuridiche, morali, socio -
economiche, politiche, in cui ogni uomo è comunque inserito, e che
costituiranno materia delle discipline dello spirito oggettivo.
Spirito soggettivo: si articola in Antropologia (ha per oggetto l'anima)
in Fenomenologia (ha per oggetto la coscienza) e Psicologia (razionale)
che mette in relazione i due momenti (è la sintesi).
a)L'antropologia ha per oggetto l'anima (intesa come originaria unità di
psiche e corpo), nel senso che Hegel vuole analizzare come il
comportamento dell'uomo viene influenzato da cause, condizioni e vincoli
di tipo somatico e ambientale. L'uomo è un animale, la mente umana è
condizionata da elementi fisici: Hegel analizza tutti i condizionamenti
che derivano dal clima, dal soma (come la pazzia). Cioè non cerca la
causa psicologica del comportamento, ma cerca le cause che derivano dal
corpo (soma), considerando quindi il cervello come entità materiale.
b)La fenomenologia analizza la coscienza, nella quale la conoscenza
dell'uomo è teoretica. Recupera la parte sulla coscienza sviluppata
nell'opera Fenomenologia dello Spirito, ma in questo caso rappresenta
un'antitesi perché riguarda la conoscenza teoretica in contrapposizione a
quella pratica.
c)La psicologia tratta del soggetto individuale, inteso come soggetto sia
di conoscenza (aspetto teorico), sia di attività pratica (aspetto
pratico). Il soggetto individuale è unità di anima (studiata
nell'antropologia) e coscienza (studiata nella fenomenologia).
Quotidianamente si ha una continua interazione tra momento conoscitivo e
pratico.
Per Hegel la libertà umana è caratterizzata proprio da questa
interazione. Qui la psicologia non è da intendere nel senso di analisi di
ogni singolo soggetto con le sue caratteristiche, ma deve essere intesa
come le caratteristiche della psiche umana comuni a tutti.
SPIRITO OGGETTIVO
L'opera che noi teniamo in considerazione per lo spirito oggettivo sono i
Lineamenti di filosofia del diritto, che non trattano solo del diritto, ma
anche di morale e eticità.
Secondo Hegel nello spirito oggettivo la libertà riceve la forma della
necessità: il volere singolo nella libertà diventa un tutt'uno con il
volere razionale.
La persona è un'entità singola, però dal momento che l'uomo si realizza
nelle formazioni sociali (famiglia, Stato) in cui è inserita, la libertà
del singolo individuo deve armonizzarsi con quella del gruppo.
Es: una persona che vive da sola in una casa isolata, ha sicuramente meno
vincoli di una persona che vive con la famiglia in un condominio, perché
quest'ultima ha una serie di limitazioni ulteriori.
Hegel dice che in superficie sembra che questi gruppi sociali
costituiscano una limitazione della libertà, ma siccome l'individuo si
realizza proprio se inserito in una formazione sociale, allora la sua
libertà non è limitata, ma si armonizza con quella del gruppo.
Perciò la libertà umana si adegua razionalmente alla necessità,
nonostante la presenza di questi limiti non viene sminuita, ma viene
esaltata. Proprio perché l'uomo è razionale e riesce ad esaltare la
propria libertà, riesce ad essere felice.
Lo spirito oggettivo studia la libertà del singolo individuo nelle
relazioni interpersonali. Sembra un negare la libertà incondizionata, ma
in realtà quest'antitesi è un miglioramento.
SPIRITO OGGETTIVO: si articola in Diritto (tesi), Moralità (antitesi)
e Eticità (sintesi).
Morale e etica che nella tradizione filosofica erano dei sinonimi, con
Hegel assumono connotazioni diverse. Per moralità si intende l'etica
fondata sul dovere, sull'intenzione (kantiana). C'è poi un livello più
alto, che è appunto occupato dall'eticità, che è la sintesi.
Hegel dice che.
a) nel diritto si studia la volontà libera in sé per sé, nel suo
concetto astratto e nella determinazione dell'immediatezza.
Il diritto è astratto e formale perché prescinde dall'intenzione. Se
consideriamo le leggi, ad esempio, ce n'è una che dice "bisogna
pagare le tasse". Dal punto di vista del diritto se pago la somma
sono a posto. Il diritto non valuta le motivazioni, cioè non si chiede
perché l'individuo paga (uno potrebbe pagare perché deve fare il suo
dovere, l'altro potrebbe pagare per evitare di finire in galera…).
Ognuno di noi può avere diverse intenzioni, il diritto però considera
solo se il mio atto è conforme alla legge e si disinteressa dei motivi
per i quali è compiuto. Per Hegel il diritto è un insieme di regole che
la società si dà per impedire la conflittualità delle volontà.
Il diritto è posto come tesi perché è la più semplice manifestazione
delle regolamentazioni delle reciproche volontà.
Concetto di fondo a cui si ispira il diritto: "Sii te stesso, e
rispetta gli altri come persone". E' il principio che ci comanda di
rispettare tutti come persone, di trattare tutti allo stesso modo.
Nel trattazione hegeliana del diritto ci sono alcuni accenni sul lavoro
(sia nei Lineamenti, ma anche negli scritti giovanili e che verrà ripreso
nella parte sulla società civile).
Dice che il lavoro permette di togliere la causalità di prendere
possesso. Gli uomini primitivi sfruttavano la natura e non producevano
niente. L'agricoltura e l'allevamento garantiscono una certezza del
prodotto.
Il lavoro è un veicolo dell'autorealizzarsi della ragione del mondo.
L'uomo contribuisce al lavoro della natura. Il lavoro per l'uomo ha un
duplice aspetto:
o Positivo: l'uomo con il suo lavoro contribuisce alle trasformazioni
naturali.
o Negativo: alienazione del lavoro, in quanto il lavoro comporta fatica e
una cessione del proprio tempo (al posto di fare qualcos'altro di più
piacevole si usa una parte del proprio tempo per lavorare).
Con la società industriale c'è stata poi una separazione tra produzione
e bisogno, cioè la produzione astratta di merci. L'artigiano medioevale
produceva diversi oggetti, però era un lavoro creativo e legato al
bisogno (o proprio o del cliente); l'operaio, invece, non decide cosa
produrre e come produrre, il suo lavoro è monotono e per nulla creativo.
Nel caso dell'operaio non si vede il legame tra lavoro e bisogno, si tiene
in considerazione solo lo stipendio. Il lavoro dell'artigiano era invece
appagante, gratificante.
Il lavoro con il progredire della civiltà da un alto è positivo perché
si vive meglio, dall'altro però è negativo perché è alienante, più
faticoso e meno gratificante.
Si ha quindi una bivalenza del lavoro.
Sempre nella parte del diritto si ha la condanna della schiavitù (che in
America era ancora presente).
b) la moralità è considerata l'antitesi, perché la morale si
fonda sull'intenzione, mentre il diritto no. L'intenzione è ciò che
determina se l'atto è buono o cattivo (nel caso in cui segua l'imperativo
categorico).
Secondo Hegel l'intenzione è il principio interiore dell'atto, il motivo
per cui faccio qualcosa. L'intenzione è il proposito, il fine, della
volontà soggettiva, che non è detto che coincida con il bene oggettivo.
Es: potrei sbagliare valutando un'azione come buona, mentre in realtà non
lo è.
Da un lato Hegel ritiene che Kant tra tutti sia quello che ha trattato
meglio la morale, nel senso che la prospettiva deontologica con la quale
Kant tratta la morale è la strada giusta, dall'altro lato però per
questi stessi motivi ritiene che la morale kantiana si possa prestare ad
alcune critiche (nella Filosofia del diritto):
o La morale kantiana così rigorosa provoca nell'uomo una scissione
interiore. L'uomo può anche essere una brava persona, ma non sempre segue
l'imperativo categorico perché è suo dovere. Le ragioni che ci spingono
ad agire non sono solo l'intenzione. L'uomo si rende conto di non essere
mai adeguato a quello che dovrebbe essere (cioè seguire l'imperativo
categorico solo per dovere). Si ha quindi una sorta di frustrazione: si
punta troppo in alto, ma si ha sempre un senso di ineguatezza.
Uno potrebbe dire che il fatto che la morale kantiana provochi una
scissione non è necessariamente motivo di critica, per Hegel però è un
difetto, questo perché per lui la crescita dello spirito è una migliore
comprensione del mondo e ciò ci deve mettere in armonia con noi stessi e
non deve produrre scissioni interiori e dissonanze emotive.(come invece
per Hegel avviene seguendo l'etica kantiana).
o Hegel dice che siccome la morale kantiana è puramente formale e non
indica mai dei contenuti, dei valori oggettivi, e questo può portare a
una sua interpretazione arbitraria, ad un soggettivismo. L'imperativo
categorico prevede che la norma sia universalizzata (non specifica la
situazione).
Es: se dico che "l'arbitro non deve essere imparziale solo quando
gioca la mia squadra" in questo caso il precetto non è universale.
Per Hegel però abbiamo nel campo dell'universalità diversi gradi di
generalità:
- non mentire
- non mentire, salvo che per salvare la vita di un innocente.
- non mentire, salvo nel caso in cui dicendo la verità potresti far
soffrire una persona.
In questo caso non vado contro l'imperativo categorico, perché sto
parlando in generale, la regola è universalizzabile, non è valida solo
per casi particolari. Se dico che bisogna sempre pagare le tasse tranne
quando posso fallire pagandole, sto usando una formulazione universale dal
punto di vista logico.
Hegel non crede che Kant cadesse nel soggettivismo, crede però che c'è
il rischio che chi interpreta la morale kantiana, la possa interpretare a
suo vantaggio.
o Hegel dice che un difetto della morale kantiana sia che prescinde dal
bene morale oggettivo, cioè dalla realizzazione del proposito. Per Kant
quello che si ottiene ha poca importanza. Questo è un limite della morale
kantiana, perché agli uomini interessa anche autorealizzarsi. Hegel dirà
quindi che c'è bisogno di trascendere dalla moralità e passare a
qualcosa di più alto (che sarà la sintesi, cioè l'eticità).
Hegel aveva detto che Robespierre era incorruttibile, però nonostante
questo credeva che costui avesse raggiunto un risultato che a suo parere
non rappresentava il bene per la Francia.
Se consideriamo le cose dal punto di vista della morale, ne deduciamo che
la morale di Kant è ineccepibile (solo chi agisce con buone intenzioni
può essere considerato buono). Però se considero le cose dal punto di
vista del tutto, allora la morale di Kant è inadeguata perché non mi
garantisce il raggiungimento del bene oggettivo. Robespierre dal punto di
vista morale è buono, sul piano dell'eticità ha compiuto delle azioni
politicamente sbagliate.
Qui nasce la distinzione tra morale e eticità. La morale è un punto di
vista parziale, mentre l'eticità, per Hegel, tiene conto di tutto (sia
dell'aspetto del diritto, sia dell'aspetto della morale).
c) L'eticità è la sintesi dello spirito oggettivo.
Hegel dice che nello spirito oggettivo in generale e nell'eticità in
particolare la libertà umana si libera dagli influssi limitativi
dell'impulso (dagli istinti, degli elementi individualistici) e si dirige
razionalmente verso il bene.
L'eticità è lo spirito oggettivo in sé per sé, realizzato, e si divide
in tre momenti: Famiglia, Società civile e Stato.
a) la famiglia è la sostanzialità immediata dello spirito,
fondata sull'amore. È una delle cellule fondamentali della società ed è
il primo momento in cui l'individuo non ha più come suo fine ultimo il
bene personale, ma quello collettivo.
Secondo Hegel la famiglia è la sostanza e le singole persone sono gli
accidenti. Il bene vero è quello della famiglia, le persone si realizzano
in quanto membri della famiglia.
Nella nostra mentalità è dato per scontato che i gruppi sono degli
strumenti per il bene individuale, Hegel invece la pensa nel modo
contrario: il fine è il bene della famiglia.
Questa cellula base è fondata sull'amore. Concetto preso dal
romanticismo: i romantici erano infatti stati i primi a credere che uomini
e donne dovessero stare insieme per volere personale (i matrimoni fino ad
allora erano decisi dai genitori). Possono essere diversi i motivi per cui
uno decide di sposarsi. Una persona accettando di entrare a far parte di
una famiglia, limita le sue libertà, ma questa limitazione è la sua
felicità. Occorre che questa rinuncia sia libera (Hegel crede quindi che
non sia giusto che il matrimonio sia deciso dai genitori).
Hegel quindi fa proprie alcuni idee romantiche sull'amore e va contro il
senso comune di allora.
Su altre cose è invece più tradizionalista:
o I genitori hanno diritto ai servigi dei figli.
o I figli devono obbedire sempre ai genitori e hanno come unico diritto
quello di essere mantenuti e educati.
o Ogni membro della famiglia ha come fine il bene della famiglia stessa.
o Se i figli non obbediscono devono essere puniti (il fine dei castighi è
non far prevalere la loro natura animale); le punizioni fisiche sono
educative.
o Mentre l'uomo si realizza nel lavoro e nella lotta politica (vita
sociale), la donna si realizza come madre all'interno della famiglia.
o È contrario al divorzio.
Per Hegel la famiglia può essere considerata come un unico individuo. I
suoi membri, nel rapporto con l'esterno, costituiscono un tutt'uno.
b) la società civile può essere vista come antitesi della
famiglia, perché Hegel la vede come uno scontro di interessi
contrapposti. Se la famiglia rappresenta l'unità immediata dello spirito
etico, la società civile corrisponde invece a una momento di smembramento
e di dispersione di quell'unità semplice.
La famiglia si basa sulla collaborazione e non c'è egoismo, la società
civile è basata sulla competizione (l'imprenditore tende a pagare di meno
il lavoratore per guadagnare di più e viceversa).
La società civile è atomistica:la compatta unità dello spirito etico si
presenta come dissolta e frammentata in una pluralità di atomi: sono gli
individui (e i nuclei familiari), cioè i "soggetti economici
privati" della fase concorrenziale del capitalismo, la cui volontà e
il cui agire appaiono determinati soltanto all'interesse particolare,
senza che vi si manifesti una purché minima dimensione collettiva. Ogni
atomo, in pratica, persegue il proprio interesse, disinteressandosi del
bene comune. Ecco perché da sola la società civile non potrebbe
esistere; Hegel non condivide la tesi di Mandeville, esposta con la
metafora delle api, secondo la quale a vizi privati possono corrispondere,
o addirittura derivare, pubbliche virtù .
Nella trattazione della società civile è incluso il punto di vista
dell'economia e della sociologia, vengono analizzati i vari rapporti
sociali.
Da un punto di vista economico nella società si distinguono tre classi:
1. Classe sostanziale: coloro che lavorano e producono sfruttando la
terra.
2. Classe industriale: coloro che si occupano della produzione nelle
industrie, sia operai che imprenditori, comprende anche il commercio.
3. Classe generale o universale: coloro che lavorano nei servizi pubblici,
quindi funzionari e dirigenti dello Stato (la burocrazia), così definita
perché si prende cura degli interessi di tutti.
Da qui derivano i nostri settore primario, secondario e terziario.
Marx non concepisce le classi in questo modo, perché secondo lui tra
operaio e proletario ci sono interessi diversi. Hegel non considera invece
quest'aspetto.
Secondo Hegel siccome nella società civile ogni soggetto agente tende
sempre al proprio bene, lo Stato pone ordine al disordine della società
civile.
c) lo Stato è una sintesi, perché da un lato regola la società
civile, dall'altro cerca di indirizzare i singoli al bene comune. La
società civile senza lo Stato porterebbe all'anarchia. Per Hegel lo Stato
è indispensabile per dare valore alla società civile e alla famiglia. La
libertà, l'essenza dell'eticità, si attua compiutamente nello Stato, di
cui famiglia e società civile si rivelano come momenti.
Lo Stato viene definito da Hegel come "L'idea universale in quanto
genere", "Assoluto potere", "Spirito che si dà la
propria realtà nel processo della storia universale", "La
realtà dell'idea etica", "Modo di incedere di Dio nel
mondo".
Per Hegel lo Stato rappresenta il vertice dell'eticità e l'eticità è il
vertice dello spirito oggettivo. Perciò lo Stato è la cosa che ha più
valore.
Hegel intende sottolineare il valore assoluto dello Stato rispetto alla
relatività dell'individuo.
Noi oggi prevalentemente pensiamo che la persona sia ciò che ha più
valore e che lo Stato sia un mezzo per far sì che la persona si realizzi.
La concezione di Hegel dello Stato viene chiamata concezione dello Stato
etico: Hegel credeva che lo Stato avesse una funzione prevalentemente
educativa. La nostra concezione è diversa: noi non pensiamo che lo stato
debba educare i cittadini, ma che serva a regolare, a garantire dei
servizi….
Se prendiamo in considerazione i totalitarismi del '900, vediamo che
questi hanno attribuito una funzione etica allo Stato, il quale aveva
quindi il compito di trasmettere una certa ideologia e mentalità.
Noi invece consideriamo l'idea di uno Stato etico negativamente.
Probabilmente perché siamo influenzati da ciò che è accaduto nel '900 e
siamo quindi consapevoli dei rischi che comporta uno Stato etico.
Hegel invece non ne era consapevole e vedeva perciò nello Stato etico
solo gli aspetti positivi: se non ci fosse lo Stato che orienta la
società civile, questa diventerebbe un'anarchia.
Una difficoltà interpretativa del sistema hegeliano riguarda la
collocazione politica di Hegel.
Per alcuni Hegel è un liberale, che però si trova a vivere in uno Stato
assolutistico (il regno di Prussia) e non può quindi esserlo in modo
esplicito.
Per altri la concezione politica di Hegel è la miglior difesa
dell'assolutismo.
Una tradizionale difesa del dell'assolutismo la troviamo con Von Haller
(teorico della restaurazione), il quale credeva che il sovrano non avesse
nessun dovere, ma solo dei diritti. Perciò tutto il potere veniva dal
sovrano ed era il popolo al servizio del sovrano (perché la sua autorità
proveniva direttamente da Dio).
Queste concezioni non avevano però una grande credibilità per l'opinione
pubblica. La riflessione hegeliana era sicuramente più credibile.
Abbiamo quindi una divergenza interpretativa:
o Hegel è liberale.
o Difesa razionale dell'assolutismo.
Vediamo ora i motivi.
Hegel credeva che lo Stato ideale fosse la monarchia costituzionale, di
cui però rifiuta la legittimazione per diritto divino, criticando i
teorici restauratori come Haller. La monarchia costituzionale si articola
in 3 poteri:
o Legislativo: "Potere di deliberare e stabilire l'universale".
Se prendiamo una legge vediamo che non si fa riferimento a casi
particolari o a nomi propri, ma tratta di casi universali. La legge
stabilisce infatti casi generali. Le leggi hanno quindi un carattere di
universalità. Perciò il potere legislativo è il potere di determinare
l'universale, cioè di approvare le leggi. Per fare le leggi ci deve
essere "l'assemblea delle classi": due camere che tengono sedute
pubbliche, i cui deputati non hanno vincolo di mandato. Secondo Hegel
quest'assemblea non deve essere eletta a suffragio universale o censitario,
ma in base alle classi sociali (rappresentanti dei vari settori). Questo
perché è probabile che col suffragio universale, man mano che passa il
tempo, la percentuale dei votanti diminuisca, perché su tanti milioni di
persone il singolo si sente poco importante. Se invece i votanti hanno la
percezione di essere significativi nella scelta, costoro sono più
coinvolti nella votazione.
o Governativo: "Potere della sussunzione delle sfere particolari e
dei casi singoli sotto l'universale".
Sussunzione è il mettere un concetto particolare sotto un concetto più
ampio.
È il compito del governo: applicare ai singoli casi le leggi universali.
Per esempio la nomina dei commissari esterni agli esami di Stato è fatta
dai delegati del ministro, nella fattispecie i Direttori regionali del
ministero dell'istruzione, il quale fa parte del governo.
Il potere giudiziario per Hegel sta all'interno del potere governativo.
o Del sovrano: "Potere della decisione ultima della volontà, è il
culmine della totalità dello Stato".
Il potere dello sovrano si articola in tre momenti:
a) Autodeterminazione astratta: è la promulgazione delle leggi.
b) Autodeterminazione particolare: è la nomina di ministri e funzionari.
Sono però poteri simbolici, perché la legge è già stata decisa dal
Parlamento e i ministri sono già stati nominati.
c) Autodeterminazione o momento della decisione ultima: può essere intesa
in due modi.
Da una parte ci sono quelli che credono che Hegel sia liberale e perciò
interpretano questo potere come parziale diritto di veto: se il sovrano
ritiene che la legge non sia conforme al bene dello Stato, la può
rinviare alle camere, se le camere riapprovano la legge (anche senza
modifiche) il sovrano è costretto a firmarla.
Quelli invece che credono che la concezione politica di Hegel sia la in
effetti una difesa dell'assolutismo, interpretano questo potere come
qualcosa che permette al sovrano di bloccare le leggi e non farle entrare
in vigore, senza l'obbligo di promulgarle anche dopo la seconda
approvazione delle camere. In questo caso quindi il sovrano avrebbe pieni
poteri.
In conclusione di potrebbe dire che se il potere del sovrano viene
interpretato come potere supremo, allora lo Stato costituzionale
progettato da Hegel assomiglia a una monarchia assoluta. Se viene
interpretato nell'altro modo la posizione di Hegel è vista più vicina a
quella costituzionale.
Lo stesso Hegel aveva dei comportamenti ambigui, a volte era filo
monarchico a volte no…e questo talvolta gli faceva comodo e gli
permetteva di mantenere un grande prestigio e un ruolo quasi
istituzionale, nonostante vivesse in una monarchia assoluta.
CONCEZIONE DELLA STORIA
Hegel era convinto che la storia era una storia di stati, popoli non di
singoli individui.
Hegel credeva che la storia fosse solo apparentemente irrazionale e
contraddittoria. A fronte di questa apparente caoticità della storia,
c'è una razionalità intrinseca dello storia. Il genere umano progredisce
verso la razionalità.
La storia dell'umanità è la storia dello spirito, la cui caratteristica
è la libertà che è legata alla razionalità.
Quindi c'è una tendenza razionale dell'uomo a conseguire una maggiore
libertà e quindi una maggiore razionalità. Questo progresso non è
lineare.
Come un titolo in borsa che ha frequenti alti e bassi, perciò non può
essere definito in crescita continua, ma si dice che ha una tendenza a
crescere, se nel lungo periodo aumenta considerevolmente il suo valore.
È un esempio che Hegel non avrebbe considerato valido, perché per lui il
progresso non era assimilabile ad una quantità misurabile.
Per Hegel il progresso umano non è costantemente continuo, ma ha la
tendenza alla crescita (maggiore libertà, maggiore razionalità).
In ogni civiltà abbiamo popoli dominanti o Stati guida che meglio
incarnano il progresso. La maggior parte degli individui normali incarna
lo spirito dell'epoca.
Ci sono però degli individui particolari, che Hegel definisce individui
storico - cosmici, che svolgono un ruolo importante nelle fasi di
cambiamento. Per esempio Napoleone, che nel 1806 a Jena aveva sconfitto
gli austro - prussiani. Napoleone ha influito molto sulla storia, non
tanto per le vittorie militari, ma per le varie riforme (codice civile,
prefetti…).
Questi individui storico - cosmici come riescono a ottenere queste
trasformazioni?
Entra qui in gioco l'astuzia della ragione, una sorta di provvidenza
laica. È una forza naturale che opera nella storia e fa sì che la storia
si serva di questi individui per accrescere la libertà e quindi la
razionalità, ma questo fino a che questi sono utili.
Uomini e popoli, mentre sono convinti di operare per i propri scopi
individuali e collettivi, agiscono in realtà, pur senza averne
consapevolezza, quali strumenti della realizzazione dello scopo universale
della ragione, immanente nella storia: questa eterogenesi dei fini (nel
senso che i fini non sono quelli posti dagli uomini) è denominata da
Hegel astuzia della ragione.
Perciò nel momento in cui l'individuo ha interessi che entrano in
contrapposizione con il bene comune, la fortuna, e quindi l'astuzia della
ragione, lo abbandona.
Fino a che Napoleone fa ciò che anche l'astuzia della ragione vuole, la
fortuna lo assiste, nel momento in cui va oltre (vuole conquistare la
Russia) rimane da solo e viene sconfitto.
L'astuzia della ragione è paragonabile al concetto di Provvidenza
cristiana.
Nei Promessi Sposi viene spesso ripetuto che Dio non consente mai un
dolore per i suoi figli se non in vista di un bene maggiore (che la
momento non è conoscibile). Perciò chi ha la fede, anche negli eventi
dolorosi vede il lato positivo.
Come la Provvidenza cristiana guida l'umanità verso il bene, così
l'astuzia della ragione guida l'umanità verso maggiore libertà e
razionalità, quindi verso il bene.
Ci sono però anche delle differenze.
L'umanità è guidata verso il bene, ma è la storia stessa, la necessità
intrinseca agli avvenimenti e alle loro reciproche relazioni, che porta a
favorire gli individui storico - cosmici che agiscono per il bene
dell'umanità non intenzionalmente.
La fede nel discorso di Hegel non c'entra, perciò l'astuzia della ragione
può essere capita razionalmente.
Hegel dice "La nottola (gufo) di Minerva spicca il volo sul far del
crepuscolo".
Come gli uccelli notturni volano solo di notte, così la ragione può
capire l'astuzia della ragione, e quindi il senso oggettivo dello sviluppo
di una civiltà o di una cultura, solo alla fine di una stagione storica,
quando l'epoca storico è conclusa.
"Il reale è razionale".
Siccome la storia è ordinata, col passare delle epoche la società umana
diventa sempre più razionale. Quindi le istituzioni irrazionali
scompaiono, quelle razionali si rafforzano.
Però se reale e razionale tendono a coincidere non è detto che ogni
"capriccio", ossia ogni agire umano capriccioso, sia razionale.
Allo stesso modo non è detto che ogni struttura sociale sia razionale.
Solo alla fine di un'epoca si capisce che una certa struttura che si è
affermata è razionale.
Perciò reale non è tutto ciò che capita. Reale per Hegel è solo ciò
che è essenziale, strutturale, in una determinata civiltà o epoca
storica. Le strutture sociali essenziali della realtà sono razionali.
Perciò fra tutte le forme di organizzazione sociale, reali sono quelle
che rimangono e si affermano come razionali. Solo in questo senso, Hegel
può affermare che tutto ciò che è reale è razionale.
SPIRITO ASSOLUTO
É la sintesi dello spirito.
Hegel chiamava spirito soggettivo e spirito oggettivo anche spiriti
finiti, mentre lo spirito assoluto lo definito come spirito infinito.
L'oggetto dello spirito finito è la persona, l'oggetto dello spirito
infinito è l'umanità. Perciò nelle manifestazioni dello spirito
assoluto, che sono arte, religione e filosofia, non è determinante il
singolo ma l'umanità in generale o l'insieme di quelle persone che si
sono occuppate di questi ambiti (artisti, teologi e filosofi).
Se prendiamo in considerazione la filosofia, per le evoluzioni del
pensiero contano poco gli aspetti soggettivi del filosofo, indole,
carattere, educazione, ecc., ma conta di più il fatto che lui è inserito
in un divenire del pensiero. Nel pensiero di un filosofo è più
importante lo stato oggettivo dei problemi piuttosto che le inclinazioni
personali.
Arte, Religione e Filosofia hanno per oggetto l'assoluto.
È una triade che si distingue dalle altre, perché se le altre erano
momenti diversi dello spirito che avevano contenuti diversi, questi tre
ambiti hanno lo stesso contenuto, lo stesso oggetto.
Perché dunque ci appaiono diversi, se l'oggetto è sempre lo stesso?
Perché arte, religione e filosofia hanno sì tutte lo stesso oggetto,
però cambia il modo di percepire l'assoluto.
L'essenza dell'arte è l'intuizione sensibile dell'assoluto.
L'essenza della religione è la rappresentazione dell'assoluto.
L'essenza della filosofia è il pensiero dell'assoluto.
Nell'arte si intuisce, nella religione si rappresenta, nella filosofia si
pensa.
Lo spirito assoluto è il vertice, ma nonostante questo Hegel non gli ha
dedicato uno scritto. Le notizie che noi abbiamo riguardo questi tre
ambiti ci vengono dalle lezioni all'università di Berlino, che sono state
tramandate dai suoi studenti ("Lezioni di storia della
filosofia", "Lezioni di filosofia dell'arte", ecc.).
Le lezioni, a differenza degli scritti, sono molto chiare e ricche di
esempi.
a) Arte: è intuizione dell'assoluto.
Nel momento in cui l'artista crea l'opera d'arte, ossia vede con gli occhi
della mente come vuole produrre un quadro, una scultura, una poesia, ha
un'intuizione dell'assoluto.
L'assoluto è colto intuitivamente, non tramite ragionamenti.
Secondo Hegel in un'opera d'arte si possono distinguere: Forma e
Contenuto.
La forma è la tecnica, il modo con cui l'opera d'arte esprime un certo
contenuto.
Il contenuto è l'intuizione dell'assoluto che viene comunicata agli
altri.
Abbiamo tre periodi dell'arte:
o Arte primitiva (es: incisioni rupestri).
o Arte classica (Fidia come modello).
o Arte romantica (contemporanea a Hegel).
Nell'arte primitiva il contenuto è povero, la forma abbastanza adeguata
(per esempio nelle incisioni rupestri siamo in grado di distinguere le
funzioni dei vari uomini disegnati).
In particolare nello scultore Fidia, in generale nell'arte classica, si è
raggiunta la massima perfezione formale, si ha una perfetta
compenetrazione tra forma e contenuto.
Nell'arte romantica il contenuto è molto ricco, ma la forma è un po'
decaduta rispetto a quella classica. I romantici hanno un contenuto
talmente ricco che la forma non è adeguata. Perciò si ha una
preponderanza del contenuto rispetto alla forma.
Nel mondo moderno l'arte conosce una fase di "dissoluzione", che
ha fatto parlare di "morte dell'arte". Questa espressione, non
hegeliana, deve essere correttamente intesa: essa non significa che per
Hegel con la modernità la produzione artistica sia destinata ad
arrestarsi (egli anzi afferma di sperare che in futuro l'arte conosca un
ulteriore affinamento); la metafora significa piuttosto che l'arte
"sopravvive a se stessa", essendosi nel mondo moderno esaurita
la possibilità di esprimere compiutamente il vero in forma sensibile,
poiché l'arte non è più la forma privilegiata e più alta per accedere
all'assoluto.
In questa triade, quindi, la forma più alta dell'arte è la seconda (arte
classica).
Siamo di fronte ad una apparente contraddizione : Hegel ci ha sempre detto
che in ogni manifestazione dello spirito vi è in generale crescita e
progresso, in questo caso assistiamo invece a una caduta nel periodo
romantico, rispetto a quello classico.
Lui però intendeva dire che nel mondo classico la massima forma di
espressione umana dell'assoluto si ha nell'arte, nel mondo medioevale è
nella religione, nel mondo moderno è nella filosofia.
L'arte perciò nell'epoca moderna non ha più il ruolo centrale che aveva
nell'età classica.
Secondo Hegel si può fare una classificazione seguendo i vari tipi di
arte:
o Architettura
o Scultura
o Pittura
o Musica
o Poesia
Sono dei gradi che rappresentano l'avvicinarsi al pensiero. Più si sale
nella scala e meno contano gli elementi estranei alla pura espressione del
bello. Cioè: se uno costruisce una casa, questa può essere anche bella,
se però non è abitabile non consegue il suo scopo abitativo (perciò
l'architettura ha un vincolo). Il quadro è vincolato a rappresentare la
realtà. Man mano che si sale prevale l'elemento estetico, perciò
l'architettura, scultura, pittura sono più impure, musica e poesia sono
più pure. Pure nel senso che il ruolo fondamentale è svolto dal momento
estetico.
b) Religione: "È l'assoluto nella forma della
rappresentazione e del sentimento" dove per sentimento si intende il
senso del sacro.
All'epoca di Hegel vi erano correnti che concepivano la religione come
fatto attinente al sentimento, pura espressione del senso del sacro
(romanticismo o altre correnti di pensiero).
Quando l'uomo prova l'esperienza del sacro sta provando un'esperienza
religiosa.
L'essenza dell'esperienza religiosa, per Hegel, è però la
rappresentazione: alcune verità potenzialmente concettuali vengono
presentate sotto una forma di narrazione.
Es: le Scritture sono piene di racconti, parabole…. Non sono un
trattato, non hanno la forma logica del ragionamento, ma del racconto.
Secondo Hegel la religione attraverso delle immagini fa capire ai fedeli
delle verità che altrimenti non risulterebbero accessibili. Perciò la
religione ha una funzione pedagogica, che permette al credente di
avvicinarsi al pensiero.
Hegel vede nella religione una sorta di avvicinamento alla filosofia.
Nel corso degli anni si sono susseguite diverse religioni (superstizioni,
politeismo, monoteismo, cristianesimo sono solo alcune), ma secondo Hegel
il cristianesimo è quella più alta, la migliore, quella destinata ad
affermarsi in futuro. Questo perché il cristianesimo si avvicinava di
più alla filosofia: spiegava in maniera semplice delle verità
filosofiche:
o Incarnazione: Dio (puro spirito) assume la natura umana. Dio è anche
uomo, si spoglia dalla natura divina e assume quella umana. Questa è una
metafora che ci avvicina alla comprensione del passaggio hegeliano
dall'idea alla natura.
o Trinità: Padre, Figlio (logos) e Spirito Santo anticipano la triade
hegeliana Idea, Natura e Spirito.
Il cristianesimo è come un'anticipazione della filosofia idealista. Nel
mondo medioevale il cristianesimo era la maniera più alta per raggiungere
l'assoluto.
Rimane comunque una sorta di progresso:
Età antica (arte), poi Età medioevale (religione) e infine Età moderna
(filosofia). Ognuna è dominante nella sua epoca.
L'arte e la religione sono nell'epoca moderna delle espressioni
subordinate dello spirito assoluto.
Es: Aristotele aveva distinto sapere, onore e piacere. Se uno sa che la
felicità è il sapere, non deve abbandonare le altre due, ma deve
subordinarle al sapere.
c) la filosofia ha sì più valore, ma ciò non vuol dire che arte
e religione debbano scomparire. Lo stesso contenuto ideale, che l'arte
coglie in forma sensibilmente intuitiva e la religione in forma di
rappresentazione, è oggetto di conoscenza concettuale da parte della
filosofia. Nella filosofia, dunque, l'autoconoscersi dello spirito
consegue la sua forma assoluta.
La filosofia è la forma più alta del sapere e viene a coincidere con la
storia della filosofia.
Nell'età antica c'era unità immediata tra certezza e verità. Nell'età
da Cartesio a Kant c'era opposizione. Nell'età contemporanea a Hegel c'è
unità mediata tra certezza e verità. Abbiamo già affrontato questo
tema.
All'interno dell'idealismo troviamo:
Tesi (idealismo etico): Fichte
Antitesi: (idealismo estetico): Schelling
Sintesi: (idealismo assoluto): Hegel.
Abbiamo visto che lo spirito assoluto si divide in arte (tesi), religione
(antitesi) e filosofia (sintesi). Due correnti di pensiero:
- raggiunta la sintesi le altre due non sono più importanti e possono
essere abbandonate
- tesi e antitesi sono indispensabili per la sintesi
Questo ragionamento può essere applicato anche a idea, natura e spirito.
Quando Hegel muore i suoi discepoli si sono divisi in destra hegeliana e
sinistra hegeliana.
Negli anni 30 dell'800 erano due le dispute principali:
o Religione (1831-39): il problema era: se la filosofia è la forma più
alta, il vero filosofo deve essere credente o no?
Destra: la religione è uno dei tre momenti, indispensabili per accedere
all'assoluto: allora un vero filosofo deve essere anche religioso (così
come si interessa dell'arte). Perciò il filosofo deve essere un credente.
Deve incorporare nella filosofia ciò che c'è di meglio nell'arte e nella
religione.
Sinistra: il vero filosofo non ha bisogno di un surrogato di verità
fornite dalla religione: il filosofo ha raggiunto un livello superiore.
Una volta che la filosofia è capita, la religione può essere messa da
parte.
Aspetto politico (1840-45):
Destra: siccome tutto ciò che è reale è razionale, allora il filosofo
deve difendere ciò che esiste perché razionale. (Il filosofo è
conservatore).
Sinistra: proprio perché tutto ciò che è reale è razionale, il
filosofo deve rifiutare tutto ciò che percepisce come irrazionale (che va
contro la ragione, come la monarchia assoluta). Il filosofo è riformista.
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