Paola Volonghi

 

 

 

appunti tratti dalle lezioni di filosofia del
 prof. Maurilio Lovatti 
(anno scolastico 2006-07)

 

Georg Hegel

 

 

LA VITA


Hegel nasce a Stoccarda nel 1770. Riceve nel ginnasio della propria città natale una formazione umanistica. Intraprende estese letture in campo filosofico e scientifico compiendo le prime prove di scrittura. Compie i suoi studi universitari all'università di Tubinga (la più prestigiosa università tedesca per quanto riguarda la teologia). A questo periodo risale il sodalizio di Hegel con i compagni di studi Hölderlin e Schelling: l'incontro e l'intenso confronto con loro, segnerà significativamente l'evoluzione del pensiero hegeliano. Si dedica alla lettura di Rousseau, Lessing, Kant.
Si reca a Berna nel 1793 dove si trattiene fino al 1796 svolgendo la professione di precettore. Dal 1797 assume di nuovo le funzioni di precettore presso una famiglia di ricchi commercianti di Francoforte. Tra le opere prodotte nella città renana ricordiamo "Frammento di sistema".
Gli scritti giovanili sono per noi di poca importanza, in quanto non ci dicono niente del Sistema. Tuttavia studiosi famosi, come Lukacs, li studiarono approfonditamente e gli attribuirono grande valore. Esteriormente questi scritti si presentano come analisi di tematiche prevalentemente religiose (è un aspetto di un metodo globale: nel cercare di comprendere una certa società, Hegel ritiene che si debba anche analizzarne la religione, l'economia e altri aspetti). Quindi l'aspetto religioso è visto solo in funzione di una comprensione globale per analizzare un'epoca storica. In questi primi scritti emerge la concezione della società come un tutto.
L'eredità dal padre, morto nel 1799, consente a Hegel di abbandonare il lavoro da precettore per intraprendere la carriera accademica.
La sede universitaria prescelta è quella di Jena, la più vivace e prestigiosa del mondo tedesco a cavallo fra i due secoli (circolo romantico di Jena). Hegel vi si trasferisce nel gennaio del 1801. Inizia a insegnare come libero docente e in seguito come professore straordinario. A Jena Hegel ritrova Schelling, con il quale sviluppa una intensa collaborazione, pubblicando insieme a lui una rivista "Il giornale critico di filosofia".
Il sodalizio con Schelling, però, si interrompe e del definitivo distacco reca chiara testimonianza la Prefazione alla "Fenomenologia dello spirito", pubblicata nel 1807.
Lasciata Jena soggiorna brevemente a Bamberg, lavorando come redattore presso il giornale del luogo. Si trasferisce poi a Norimberga per dirigervi il locale ginnasio (dove per altro si sposò). Lo scritto più importante di questo periodo è la "Scienza della logica", pubblicata tra il 1812 e il 1816.
Nel 1817 pubblica "Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio" (altre edizioni accresciute nel 1827 e 1830). Hegel passa l'ultimo periodo della sua vita come professore di filosofia all'università di Berlino (al tempo capitale della Prussia). Ormai filosofo affermato, svolge scrupolosamente la propria funzione di educatore, contribuendo alla formazione di generazioni di studenti. Dagli alunni vengono pubblicati postumi i testi dei corsi, "Lezioni". Il suo grande prestigio gli consente di svolgere un ruolo importante; in un certo senso è il filosofo ufficiale del Regno. L'opera più importante pubblicata da Hegel a Berlino sono i "Lineamenti di filosofia del diritto" (1821).
Hegel muore nel 1831, in seguito a un'infezione di colera, pochi giorni dopo aver ultimato la Prefazione alla seconda edizione della Logica.

LA DIALETTICA
Quando la ragione è usata per conoscere o si usa l'intelletto (facoltà del giudizio determinante) o la ragione.
L'Intelletto usa la logica formale (basata sul principio di non contraddizione e sul principio di bivalenza, o del terzo escluso).
La Ragione usa la dialettica.
Se ragioniamo su entità che non cambiano nel tempo (logica, matematica, fisica) usiamo l'intelletto, con il quale formuliamo giudizi che hanno verità immutabile nel tempo. La logica formale su cui si basano le dimostrazioni si basa sul principio di non contraddizione e il principio di bivalenza.
Oltre a conoscere queste verità immutabili abbiamo anche la necessità di conoscere verità che mutano nella storia (come nel caso in cui si forma una nuova religione, che porta valori che prima non c'erano). Per comprendere queste ragioni storiche, e quindi la realtà in mutamento, non è sufficiente la logica formale, ma per Hegel serve la dialettica. La filosofia procede utilizzando la dialettica, che prevede tre fasi:
o Tesi: si afferma una certa qualità X è A
o Antitesi: si nega X non è A
o Sintesi: si introduce un concetto nuovo per togliere la contraddizione X è B
Es: Tesi: il registro è blu
Antitesi: il registro non è blu
Sintesi: il registro è colorato
È un esempio sbagliato di dialettica, perché lo scopo della dialettica per Hegel è che il concetto che ricaviamo tramite la sintesi ci dia una nuova e più ricca conoscenza (e non devo solo togliere la contraddizione). In questo esempio non c'è un progresso della conoscenza.
Es: Tesi: X è innocente
Antitesi: X è peccatore
Sintesi: X è santo
Per innocente si intende una persona che non sa cos'è il male e quindi non lo può neanche commettere. Il santo invece pur sapendo cos'è il male non lo commette.
Anche questo però, nonostante ci dia una conoscenza in più, non è un esempio adeguato, perché Hegel vuole usare la dialettica per pensare il tutto, mentre l'esempio riguarda un individuo.
Il tutto Hegel lo chiama assoluto. Il termine assoluto deriva dal latino absolutus che significa "sciolto da", cioè "compiuto" nel senso di indipendente da ogni condizione esterna; è sinonimo di incondizionato. Nell'età dell'idealismo ricorre la tesi secondo cui "oggetto" della filosofia è l'"assoluto". Che cosa significa che oggetto della filosofia è l'assoluto? Tale indicazione rimanda all'esigenza di compiutezza sistematica del sapere cui la filosofia kantiano - idealista mira. Questa filosofia si propone infatti l'individuazione, descrizione, critica e sintesi rigorosa di tutte le funzioni operanti nel sapere umano, cogliendone la radice unitaria. La filosofia viene concepita come la disciplina fondativa della scientificità di tutte le altre forme di sapere; rispetto a essa le scienze sono prive della possibilità di giustificare i concetti e i procedimenti mediante i quali operano. Questi procedimenti possono essere fondati solo per mezzo del metodo trascendentale; l'analisi filosofica trascendentale mira quindi all'assoluto, vale a dire che affronta i problemi del senso e dell'origine incondizionata dei concetti con cui la coscienza comune e le scienze pensano la realtà.
È Fichte, meditando criticamente sul pensiero di Kant, che fa nascere l'insistenza terminologica idealistica sull'assoluto.
Es: Tesi: l'assoluto è idea
Antitesi: l'assoluto è natura
Sintesi: l'assoluto è spirito
La realtà è idea. Quindi ciò che vi è di essenziale nella realtà è l'idea, intesa come idea platonica.
Hegel divide il sistema in 3 parti:
o Idea, studiata nella scienza della logica
o Natura studiata nella filosofia della natura
o Sintesi studiata nella filosofia dello spirito
Per introdurre al punto di vista della logica, Hegel propone una metafora: come Dio prima di aver creato il mondo aveva in mente un ben preciso progetto (modello o lex aeterna), così la logica studia le idee nella mente di Dio prima della creazione.
Platone diceva che prima logicamente veniva l'idea di bellezza e poi tutte le varie cose belle (prima il modello poi la cosa).
o Dire che tutta la realtà è idea, è come dire che alla base della realtà c'è un fondamento puro, non materiale, come nel platonismo.
o Dire che tutto è natura è più semplice, perché tutto ciò che esiste appare come materiale (perlomeno ai sensi, perché la materia è ciò che costituisce il mondo fisico). Tutto ciò che esiste ci appare fatto di materia.
Queste due idee si contrappongono, allora si deve trovare una sintesi: l'assoluto è spirito, quindi la vera realtà. Per spirito intende, in un certo senso, la cultura dell'umanità (come l'uomo ha concepito la realtà) nelle varie epoche storiche.
Idea e natura diventano polarità nel pensiero dell'umanità (quello dinamico non statico).
Idea, natura, spirito costituiscono la fondamentale triade dialettica hegeliana.
Uno, intelletto, anima del mondo: triade neoplatonica (Plotino).
Padre, Figlio, spirito santo: triade cristiana.
C'è una differenza di fondo tra queste tre diverse triadi: in quella neoplatonica l'Uno è più importante, in quella cristiana il Padre è creatore di tutto, mentre in quella hegeliana la vera realtà è la sintesi (spirito).
Solo la filosofia dello spirito ci da una visione totale della realtà.


"FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO"

Nel 1806 scrive la "Fenomenologia dello spirito" (la leggenda racconta che scrisse le ultime pagine proprio quando si sentiva il rombo dei cannoni di Napoleone nella battaglia di Jena). E' pubblicata nel 1807. È un libro lungo, con un linguaggio oscuro, che risente degli influssi dello stile romantico (perciò anche se Hegel non è un romantico ne è comunque influenzato). Secondo i suoi progetti l'opera doveva essere un'introduzione al Sistema, nella seconda parte però tratta già dei contenuti.
Lo scritto era così impostato: prefazione, introduzione, Prima parte: coscienza, autocoscienza, ragione, Seconda parte: spirito, religione, sapere assoluto.
Fenomenologia indica la scienza dei fenomeni, ciò che appare. L'uomo arriva per gradi alla comprensione del tutto partendo dall'esperienza (certezza sensibile).
Quindi per Fenomenologia dello spirito si intende come lo spirito (la vera realtà) appare alla coscienza dell'uomo (o singolo o umanità); "scienza del manifestarsi" dello spirito.
La filosofia ci fa vedere un'immagine organica del tutto, con la quale si ha la verità. L'uomo per conoscere il tutto parte dai sensi e giunge al pensiero dimostrativo e filosofico. Questo è oggetto di studio della fenomenologia dello spirito.
Anche qui si procede con il metodo dialettico.
a)Coscienza: il punto di partenza è la certezza sensibile, ossia crediamo che sia vero ciò che i sensi ci attestano.
Hegel dice: basta riflettere un attimo e ci si accorge che questo non può essere il criterio supremo di verità. Infatti le cose cambiano, sono mutevoli. Per esempio: questa foglia adesso è verde, quest'autunno non sarà più verde, ma gialla. Oppure: "adesso è giorno", fra 12 ore la frase diventa falsa.
La certezza sensibile non è assoluta nel tempo (vale qui e ora) ma è solo un'apparenza di verità.
Si crea un'opposizione dialettica che si supera introducendo la percezione dell'intelletto, che è un concetto di ente (oggetto) che tende ad essere valido nel tempo. La coscienza è certa che la verità stia nella cosa percepita, intesa come il sostrato o la sostanza cui le proprietà sensibili ineriscono.
Es: se dico questa rosa è bella, fra tre giorni la frase non è più valida. Per evitare questa opposizione dialettica dobbiamo utilizzare dei concetti che mantengano la loro validità: il gatto è un mammifero.
Però anche la percezione dell'intelletto presenta delle contraddizioni:
es: prendiamo un chicco di sale. Il nostro pensiero lo percepisce come un unico ente. Però il chicco è da noi percepito come un insieme di proprietà (bianco, duro, forma cristallina, salato, piccolo).
Il nostro intelletto percepisce la stessa realtà come una e molteplice.
Secondo Hegel siamo di nuovo di fronte a una contraddizione: lo pensiamo come uno e come molteplice.
Per superare questa contraddizione si passa ad un terzo livello: l'intelletto (nel senso di Kant): il fondamento della verità non sta nei dati del molteplice sensibile, ma sta in una struttura a priori del soggetto (categorie).
È come se arrivasse alla conclusione kantiana della rivoluzione copernicana.
Se consideriamo l'uomo come singolo individuo non si può andare oltre. Al massimo si può arrivare a ciò che si fonda sui principi puri dell'intelletto (matematica e fisica).
La conoscenza umana si è sviluppata anche sul fatto che ci sono relazioni tra gli uomini. Hegel ritiene che al filosofo interessa anche quella conoscenza che evolve nel tempo. Per arrivare a questa conclusione bisogna considerare l'intera umanità. Questo vale anche per la cultura personale, o per le conoscenze che la persona acquisisce a scuola o in famiglia, che hanno alla spalle un patrimonio culturale comune (la nostra percezione della realtà, la nostra visione del mondo, risente delle conseguenze del cristianesimo, della rivoluzione francese, ecc.).
La percezione individuale avviene gradualmente nel singolo soggetto. Hegel è convinto che la conoscenza umana sia influenzata, oltre che dall'io penso, anche dal contesto culturale (che ci predispone ad interpretare la realtà in un modo piuttosto che in un altro).
Bisogna quindi passare b)all'autocoscienza, come una persona prende coscienza di sé attraverso le relazioni con gli altri. La parte sull'autocoscienza della Fenomenologia è dedicata alla ricostruzione delle tappe di carattere pratico attraverso le quali la coscienza acquista "certezza di sé".
Hegel pensa che si possa parlare di una società primitiva quando vi è la schiavitù (non l'agricoltura, come pensavano e pensano alcuni storici, o la scrittura). Secondo lui la prima cellula della società è il rapporto tra schiavo e padrone. Non è la famiglia, perché volendo ci poteva essere anche nei cacciatori - raccoglitori. Hegel nell'autocoscienza esamina le varie relazioni. L'idea di Hegel è che l'uomo attraverso queste relazioni prende coscienza di sé: siccome l'uomo è per natura un animale sociale (si esprime, si realizza e agisce all'interno di una società) allora non serve analizzare l'uomo astratto per capire chi siamo. L'uomo prenda coscienza di sé attraverso i rapporti sociali con gli altri. In ogni epoca questi rapporti si caratterizzano in maniera diversa.
Hegel sostiene che il rapporto schiavo - padrone si è formato perché entrambi avevano dei vantaggi: i vantaggi del padrone sono semplici da comprendere, lo schiavo invece trova vantaggio perché sotto il padrone trova il mantenimento, la protezione e ha salva la vita.
Secondo Hegel questa relazione crea al suo interno una sorta di contraddizione, perché da un lato il servo dipende in tutto e per tutto dal padrone, dall'altro con il passare del tempo anche il padrone diventa dipendente dal servo (perché non è più in grado di fare nulla). Questo rapporto comincia a diventare complesso e contraddittorio dal punto di vista giuridico.
Hegel individua nella società antica due forma di pensiero che sono una transizione verso il superamento della relazione servo - padrone. Queste due forme sono:
o Stoicismo: con la concezione della libertà come accettazione razionale della necessità, del destino, lo stoicismo nega ogni valore agli aspetti formali e giuridici ai fini della ricerca della felicità. Nel senso che la felicità è indipendente dall'essere servo o imperatore, come sosteneva lo stoico romano, ma nato in Frigia, Epitteto . La vera libertà è adeguarsi alle necessità, cioè accettare con la ragione il corso degli eventi ed è felice chi è virtuoso. Si può essere felici sia da servi sia da padroni.
o Scetticismo: corrente dell'età ellenistica, ma alcuni contenuti erano già stati proposti dal sofista Gorgia, rappresenta la negazione di ogni determinazione e di ogni contenuto particolare. Non esiste alcuna verità. Dire ciò è negare che tutto ciò che è abbia qualche valore. Quindi non c'è neanche la verità che esistono servi e padroni, ma tutto è relativo.
Sia lo stoicismo che lo scetticismo, pur non avendo la forza di abolire la schiavitù, sono il segno dell'indebolimento della base su cui si fondano le società antiche. Il superamento si ha con il cristianesimo in cui l'idea di schiavitù è messa da parte.
Hegel sostiene che nell'epoca medioevale la relazione dominante è la coscienza infelice.
Nel medioevo l'uomo era fortemente religioso (il modello era il santo, colui che imita Cristo). Questo desiderio di unirsi a Dio era molto radicato. La vita ultraterrena aveva un'importanza notevole. Secondo Hegel questa situazione provoca una sorta di scissione interiore: da una parte l'uomo aspira ad essere simile a Cristo, dall'altra è consapevole di essere peccatore e di essere quindi distante da Dio.
Questo sentimento porta a frustrazione (non è un termine hegeliano), come quando ci poniamo un alto ideale e poi non riusciamo a raggiungerlo.
Questa è la caratteristica essenziale della coscienza infelice: l'aspirazione a qualcosa che si è consapevoli di non poter mai raggiungere.
c)Ragione si divide in: Teoretica, Pratica e ragione come individualità reale In sé e per sé (rispettivamente tesi, antitesi e sintesi).Nella trattazione della ragion pratica Hegel delinea 3 figure: L'edonista, La legge del cuore e Il cavaliere della virtù.
La ragione teoretica è la comprensione scientifica della natura. Viene utilizzata da Hegel quando tratta di alcune scienze del tempo (che oggi non sono più considerate tali, come la fisiognomica).
La ragione pratica è la ragione che ci guida nell'agire morale (cos'è il bene per l'uomo).
Questi due momenti poi devono essere messi insieme: si ha così la ragione in sé e per sé che è la ragione in quanto tale che mette insieme il momento teoretico e pratico (politica) che noi di solito separiamo.
All'interno della ragione pratica c'è la distinzione di 3 figure etiche: Hegel dice che sono come tre forme di errore etico, tre forme sbagliate. Secondo lui sono errori necessari attraverso i quali si può concepire la vera morale.
Edonista: colui che persegue solo il piacere, è colui che ritiene che il valore più importante sia il piacere. Nel senso che tutte le scelte devono essere prese per massimizzare il piacere. Se riteniamo che il fine dell'etica sia la felicità, l'edonista dice che per raggiungerlo bisogna provare sempre più piacere.
Il piacere è la prima esperienza di vita che noi facciamo (il bambino prova piacere quando succhia il latte materno o mangia), strettamente connessa a quella del dolore. Sono la nostra prima esperienza etica.
È istintivo il fatto che noi abbiamo dei comportamenti che tendono a evitare il dolore e a raggiungere invece il piacere.
Possiamo quindi dire che il piacere è una cosa positiva, però non può essere la felicità perché è qualcosa di transitorio (se sono affamato e mangio, poi provo il piacere della sazietà; però poi questo piacere svanisce).
Hegel è convinto che questa è una situazione attraverso la quale passiamo tutti. E tutti sentiamo che il piacere è positivo.
La legge del cuore: la segue colui che pensa che la morale si fondi sul sentimento.
Hegel dice che i romantici pensano che la cosa che veramente conta è fare ciò che si sente e seguire il sentimento: essere autentici e fedeli a sé stessi è il valore più alto. Per il romanticismo è più importante il sentire del dovere o del sapere.
Quest'idea (che ancora oggi sopravvive in larghi settori del senso comune) secondo Hegel è sbagliata, perché il sentimento è soggettivo (perché dipende dall'esperienza personale, dall'educazione, ecc.) e quindi ne deriverebbe che ognuno può avere una sua morale. Si arriva in questo modo a una sorta di intolleranza che Hegel chiama delirio della presunzione, cioè credere che la propria morale sia quella giusta, soltanto perché la si sente tale.
Sarebbe come pensare che il mio modo di vedere le cose sia quello giusto. Mi scontro con quelli che la pensano in un modo diverso.
Hegel ognuno di questi tipi etici - psicologici li associa a un'opera d'arte: l'edonista lo associa al Don Giovanni di Mozart, mentre il romantico è tratto dai Masnadieri di Schiller (Karl Moor, il protagonista, era un bandito che rubava ai ricchi per dare ai poveri ritenendo quindi di fare la cosa giusta, anche se andava contro la legge). Perciò è sbagliato porre la legge del cuore come legge morale.
Questo ci mette in evidenza il fatto che Hegel non è romantico.
Cavaliere della virtù: è esemplificato da Robespierre, detto l'incorruttibile, perché nonostante si fosse trovato dal giugno del 1793 al luglio del '94 ad avere i pieni poteri, rimase comunque molto parco nei costumi e non si arricchì. Inoltre era un uomo molto spietato, dal momento che se uno era contro la rivoluzione lo faceva condannare a morte.
Il cavaliere della virtù ha una morale astratta, rigorosa (rigorosa nel senso che segue sempre l'imperativo categorico, senza dare spazio al piacere). Robespierre è una persona ammirevole dal punto di vista del carattere (ma fu poi ghigliottinato e non riuscì a realizzare il suo progetto politico).
Hegel vede nel cavaliere della virtù un'intolleranza e un manicheismo simile a quella adolescenziale: o tutto è buono o tutto è cattivo.
Questa morale astratta è virtuosa sul piano personale, ma è dannosa sul piano collettivo, rispetto all'efficacia dell'azione politica.

 

SISTEMA HEGELIANO

Il sistema è diviso in 3 parti:
o Logica: studia l'idea
o Filosofia della natura: studia la natura
o Filosofia dello spirito: studia lo spirito
Tutto il sistema l'abbiamo nell'"Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio"(1817) in forma di riassunto.
Della logica abbiamo un libro enorme che è la "Scienza della logica"(1812-1816).
Della filosofia della natura non c'è uno scritto che tratta esclusivamente di quella, e ciò che sappiamo è tratto dall'enciclopedia.
La filosofia dello spirito si divide in 3 parti:
o Soggettivo, di non cui abbiamo nessuno scritto e anche qui ci rifacciamo all'enciclopedia.
o Oggettivo, di cui abbiamo i "Lineamenti di filosofia del diritto" pubblicato a Berlino nel 1821.
o Assoluto, di cui abbiamo le lezioni universitarie tenute a Berlino e trascritte dai suoi studenti.
Quindi i punti che gli interessano maggiormente sono la logica, lo spirito oggettivo e quello assoluto.
Alcuni hegeliani del '900 (Croce, Gentile e altri) sostennero che tesi e antitesi erano nate per un'esigenza sistematica propria del tempo, che ora non c'è più. Per esempio secondo Croce ciò che c'è di vivo di Hegel è la sintesi, cioè la filosofia dello spirito.


LOGICA

É la scienza dell'idea dell'elemento astratto del pensiero, cioè è la scienza che studia le idee in quanto tali. Secondo Hegel per capire a cosa serve la logica è necessario ricorrere a una metafora: la logica studia le idee come esse sono nella mente di Dio prima della creazione. Prima di creare Dio aveva già un progetto (l'idea di com'è la realtà prima della sua creazione). Fuori dalla metafora: modelli essenziali della realtà.
Dio ha avuto delle idee delle essenze indipendenti da come poi sarà davvero la realtà.
È una metafora, un modo di dire, dal momento che Hegel era ateo.
Perciò per Hegel lo studio della logica è lo studio delle idee allo stato puro, la logica è scienza in cui il pensiero conosce se stesso in forma pura.
Tradizionalmente la logica era formale; quella di Aristotele lo era: la validità del ragionamento è imposta da regole che non dipendono dai contenuti. Anche la logica matematica è formale.
La logica hegeliana invece non è formale, ma è un'ontologia. Siccome si occupa delle idee in sé, la logica si occupa di quei concetti che sono alla base della realtà. Quindi si può dire che è un'ontologia o prevalentemente un'ontologia, perché alcune categorie studiate riguardano la gnoseologia. È quindi entrambe le cose. La logica hegeliana è sostanzialmente un'ontologia perché studia "l'ossatura", lo scheletro della realtà, ciò che vi è di essenziale nel reale.
Il procedimento è dialettico.
a) logica dell'essere: studia il concetto in sé, dottrina del pensiero nella sua immediatezza (ontologia)
b) logica dell'essenza: studia il concetto per sé, studia il pensiero nella sua riflessione o mediazione (gnoseologia)
c) logica del concetto: studia il concetto in sé per sé
Questo procedimento porta all'idea assoluta che è l'idea di idea.
Il concetto più generale che possiamo attribuire ad ogni cosa è il concetto di essere, potremmo dire che tutto è essere. Quindi la tesi è: "L'assoluto è essere".
Da qui parte la logica, da una costatazione generale che sembra ovvia.
Prendiamo quindi la tesi come una verità incontrovertibile. Secondo Hegel, però, se noi analizziamo meglio il concetto di essere vediamo che in questa frase non diamo un significato specifico all'essere: non posso pensare allo stesso tempo che sia vivente o non vivente, materiale o immateriale. Deve invece valere per tutto, ma in questo caso va a finire che non vale per nulla, che èindeterminato (perché se per essere intendo sia ciò che è immateriale sia ciò che è materiale non specifico niente). È come dire quindi che tutto è nulla.
Essere e nulla quindi si equivalgono perché nessuno dei due dice niente e non ha un significato specifico. Questo non vale per gli esseri specifici e determinati: "questa casa, questo albero esistono", perciò essendo due esseri non possono essere un nulla.
Il nostro intelletto si trova quindi di fronte a una contraddizione. Si procede quindi trovando un concetto che toglie la contraddizione. "Tutto è divenire", divenire nel senso di passaggio dalla privazione alla forma con un sostrato che rimane immutato.
Es: la foglia in estate è verde, in autunno diventa gialla, ma la foglia è sempre quella: il verde della foglia che prima era un essere ora è un nulla, il giallo che prima era un nulla ora è un essere.
Quindi il concetto di divenire contiene essere e nulla, li presuppone.
Io non posso pensare il concetto di divenire senza un nulla che diventa essere e viceversa. Passaggio fra essere e nulla.


LA FILOSOFIA DELLA NATURA

Come si passa dalla logica alla natura? Cioè da dove derivano gli enti materiali se fino ad ora abbiamo analizzato solo idee immateriali?
Hegel diceva che la natura è l'idea nella forma dell'esser altro da sé, cioè dalla mente di Dio alla realtà l'idea si è snaturata.
Dal punto di vista formale potrebbe essere contraddittorio e assurdo perché noi percepiamo un divenire come cambiamento, ma ciò che diviene non si snatura.
Es: se uno va al mare è pallido e si abbronza: non si snatura, perché non cambia un caratteristica essenziale.
Hegel dice che la materia non è essenziale perché è un idealista e per lui tutto è spirito.
Ma questo problema non è legato solo all'idealismo, perché se noi poniamo un principio immateriale come origine del tutto, deve poi esserci la materia da qualche parte. C'erano due correnti di pensiero:
o Aristotele e Platone dicevano che la materia era eterna (non ha origine nel tempo)
o Plotino e i neoplatonici credevano che uno, anima del mondo e intelletto fossero immateriali e credevano che la materia fosse mancanza di forma.
Hegel è più vicino ai neoplatonici perché ammirava Proclo, un discepolo di Plotino.
La natura è quindi snaturata, ha perso la sua essenza. Hegel dice che la natura è l'idea alienata, l'idea che si fa estranea a se stessa.
Abbiamo detto che l'idea perde la sua essenza, ma qual è la sua essenza? E' l'universalità.
Perciò la natura è caratterizzata da Necessità perché tutto il movimento delle particelle di materia avviene necessariamente (la natura non è libera come lo spirito) e da Accidentalità (la natura ha perso l'Universalità dell'idea.
Quindi ciò che non è spirito o idea allora è natura.
Dire che è necessità significa dire che tutto avviene necessariamente e non c'è la libertà.
Dire che è accidentalità è come dire che se l'idea è universale, qui e ora l'idea si esemplifica in questo ente o fatto. Introducendo l'accidentalità si dice che c'è qualcosa nella natura che sfugge al pensiero.
La natura tende a sfuggire alla ragione. La ragione non coglie ogni sfumatura della realtà.
Hegel è contro l'idea del determinismo, la quale ritiene che tutta la natura sia un meccanismo, un orologio. Secondo Hegel la natura ha in sé qualcosa di indeterminato, quindi non è una macchina.
Siccome la natura è una polarità dello spirito, l'idea della natura sfugge alla conoscenza razionale.
Secondo Hegel la filosofia della natura non sostituisce le scienze, ma ne è alla base, le fonda. Hegel vuole analizzare solo cosa può conoscere l'uomo della natura, cioè a dire che ruolo ha la natura nello spirito umano.
La Natura si divide in Meccanica, Fisica e Fisica organica.
a)Meccanica: nel senso dato da Newton. È costituita da: dinamica, cinematica e statica.
Secondo Hegel la meccanica è la tesi, ossia il modo più semplice e più logico per comprendere ogni fenomeno fisico, spiegabile in termine di forza, massa e movimento (accelerazione). La natura studiata dalla meccanica è una natura che va spiegata con formule newtoniana, che sono riducibili a poche variabili indipendenti. Perciò la tesi è "La natura è meccanica". Con la meccanica newtoniana noi riusciamo a spiegare tutti i fenomeni fisici usando poche variabili. Ci accorgiamo però che alcuni fenomeni non sono riducibili alla meccanica di Newton, come la luce, la chimica, il magnetismo. Questi fanno parte della
b)fisica (occorrono nuove spiegazioni). L'antitesi riguarda perciò la natura che non può essere spiegata dalle variabili di Newton (massa, forza, velocità). La fisica comprende anche la trattazione dei processi chimici, che sono un mezzo indispensabile del prodursi della vita.
c)fisica organica la potremmo chiamare biologia o scienza dei viventi.
È la sintesi: l'essere vivente, studiato dalla fisica organica, per essere compreso ha bisogno sia delle leggi fisiche sia delle leggi chimiche. È come se dicesse che la biologia presuppone tutte le altre scienze naturali.
Oggi uno dei punti più discussi in biologia è quello del riduzionismo: la biologia è solo un assemblaggio di leggi fisiche e chimiche o vi sono anche leggi biologiche specifiche irriducibili alla chimica o alla fisica? (Se devo spiegare la fotosintesi clorofilliana riesco a spiegarla solo con leggi fisiche e chimiche?).
Alcuni ritengono che ogni fenomeno può essere ricondotto esclusivamente al livello di fisica e chimica, ma non abbiamo la conoscenza a sufficienza per farlo, altri invece la pensano diversamente.
Oggi non si riesce a ricondurre tutto alla fisica e alla chimica.
Hegel sceglie l'idea antiriduzionistica, perché la sintesi mantiene ciò che c'è di vero nella tesi e nell'antitesi, ma porta la conoscenza a un livello superiore.
La Fisica organica studia la Natura geologica, la Natura vegetale e l'Organismo animale.
Nella natura geologica il pianeta terra viene considerato come un essere vivente (cosa un po' strana per noi, ma non nella tradizione delle scienze della natura in Germania, che risentivano del vitalismo, del pensiero di Goethe, ecc.), mentre la divisione in natura vegetale e organismo animale è una divisione classica, abituale.
La concezione della terra e del cosmo come essere vivente era presente nell'800 (ma anche nel Rinascimento ).
Per esempio si pensava che gli effetti di un terremoto si ripercuotesse poi su tutta la terra.
Se mettiamo da parte la natura geologica, dobbiamo pensare alla fisica organica come alla nostra biologia.
L'organismo animale è la sintesi; l'animale più ricco di complessità è l'uomo perché ha l'intelligenza. Al vertice di tutto ci sta quindi l'uomo, sede fisica dello spirito (pensiero). È così che passiamo alla filosofia dello spirito.


FILOSOFIA DELLO SPIRITO

La filosofia dello spirito è la scienza "dell'idea, che ritorna in sé dalla sua alterità".
Il passaggio da natura a spirito è l'uomo. L'uomo è il soggetto dello spirito, il quale si incarna nella mente degli uomini. Lo spirito è caratterizzato dalla libertà.
Secondo Hegel l'essenza dello spirito era la libertà. Cosa intende??
Hegel precisa che non intende per libertà una libertà di tipo giuridico. Es: uno schiavo non è libero.
Inoltre non va intesa come una mancanza di coazione. Es: se io costringo una persona a uscire dalla porta con la forza provoco un'azione coatta, se invece la stessa persona esce dalla porta volontariamente, lo fa liberamente.
Perciò non dobbiamo pensare che lo spirito è libero perché non è soggetto a coazione.
Inoltre non va inteso come libero arbitrio. Es: ho sonno, dormo. Ho fame, mangio.
Questo tipo di libertà Hegel lo chiama "capriccio".
Libertà, così come la intendeva Hegel, stava invece a significare una scelta razionale consapevole, che presuppone una conoscenza razionale della realtà.
Es: riconosco di aver fame, però oggi ho mangiato tantissimo a pranzo e quindi decido di non mangiare comunque.
In questo caso ho fatto una scelta libera.
Per Hegel libertà e razionalità tendono a coincidere.
Per Hegel lo spirito è un processo di crescita verso la libertà.
Lo spirito è libero quando sceglie e agisce con razionalità. Perciò la libertà va di pari passo con la razionalità.
Tesi: spirito soggettivo - volontà umana immediata, in sé, in se stessa.
Antitesi: spirito oggettivo - volontà dell'uomo che essendo inserito in formazioni sociali orienta la sua libertà tenendo conto della necessità che gli derivano dal fatto che di essere inserito in una società.
Sintesi: spirito assoluto - insieme di arte, religione e filosofia.
Lo spirito assoluto è la dimensione infinita dello spirito, mentre soggettivo e oggettivo sono le dimensioni finite dello spirito. Quella finita riguarda i singoli individui, quella infinita (e quindi assoluta) riguarda tutta l'umanità.
Es: se consideriamo il singolo uomo (come un'onda nel mare) vediamo che nasce e muore, mentre se consideriamo l'umanità (il mare) non ha né inizio né fine, è l'insieme di tutto.
Nell'arte, nella religione, nella filosofia i singoli artisti, religiosi e filosofi si sentono come parte del tutto e pensano, sentono, scrivono, dipingono condizionandosi e influenzandosi vicendevolmente.
Idea e natura sono momenti della comprensione umana e sono visioni parziali del tutto.
Lo Spirito è una visione totale del tutto e al suo interno c'è la libertà del singolo, ma anche quella in relazione alla società.

SPIRITO SOGGETTIVO: denominazione che mira a evidenziare come le manifestazioni dello spirito qui studiate siano quelle proprie della soggettività, considerata "astrattamente" nell'individuo: cioè a prescindere dal tessuto di relazioni giuridiche, morali, socio - economiche, politiche, in cui ogni uomo è comunque inserito, e che costituiranno materia delle discipline dello spirito oggettivo.
Spirito soggettivo: si articola in Antropologia (ha per oggetto l'anima) in Fenomenologia (ha per oggetto la coscienza) e Psicologia (razionale) che mette in relazione i due momenti (è la sintesi).
a)L'antropologia ha per oggetto l'anima (intesa come originaria unità di psiche e corpo), nel senso che Hegel vuole analizzare come il comportamento dell'uomo viene influenzato da cause, condizioni e vincoli di tipo somatico e ambientale. L'uomo è un animale, la mente umana è condizionata da elementi fisici: Hegel analizza tutti i condizionamenti che derivano dal clima, dal soma (come la pazzia). Cioè non cerca la causa psicologica del comportamento, ma cerca le cause che derivano dal corpo (soma), considerando quindi il cervello come entità materiale.
b)La fenomenologia analizza la coscienza, nella quale la conoscenza dell'uomo è teoretica. Recupera la parte sulla coscienza sviluppata nell'opera Fenomenologia dello Spirito, ma in questo caso rappresenta un'antitesi perché riguarda la conoscenza teoretica in contrapposizione a quella pratica.
c)La psicologia tratta del soggetto individuale, inteso come soggetto sia di conoscenza (aspetto teorico), sia di attività pratica (aspetto pratico). Il soggetto individuale è unità di anima (studiata nell'antropologia) e coscienza (studiata nella fenomenologia). Quotidianamente si ha una continua interazione tra momento conoscitivo e pratico.
Per Hegel la libertà umana è caratterizzata proprio da questa interazione. Qui la psicologia non è da intendere nel senso di analisi di ogni singolo soggetto con le sue caratteristiche, ma deve essere intesa come le caratteristiche della psiche umana comuni a tutti.

SPIRITO OGGETTIVO
L'opera che noi teniamo in considerazione per lo spirito oggettivo sono i Lineamenti di filosofia del diritto, che non trattano solo del diritto, ma anche di morale e eticità.
Secondo Hegel nello spirito oggettivo la libertà riceve la forma della necessità: il volere singolo nella libertà diventa un tutt'uno con il volere razionale.
La persona è un'entità singola, però dal momento che l'uomo si realizza nelle formazioni sociali (famiglia, Stato) in cui è inserita, la libertà del singolo individuo deve armonizzarsi con quella del gruppo.
Es: una persona che vive da sola in una casa isolata, ha sicuramente meno vincoli di una persona che vive con la famiglia in un condominio, perché quest'ultima ha una serie di limitazioni ulteriori.
Hegel dice che in superficie sembra che questi gruppi sociali costituiscano una limitazione della libertà, ma siccome l'individuo si realizza proprio se inserito in una formazione sociale, allora la sua libertà non è limitata, ma si armonizza con quella del gruppo.
Perciò la libertà umana si adegua razionalmente alla necessità, nonostante la presenza di questi limiti non viene sminuita, ma viene esaltata. Proprio perché l'uomo è razionale e riesce ad esaltare la propria libertà, riesce ad essere felice.
Lo spirito oggettivo studia la libertà del singolo individuo nelle relazioni interpersonali. Sembra un negare la libertà incondizionata, ma in realtà quest'antitesi è un miglioramento.
SPIRITO OGGETTIVO: si articola in Diritto (tesi), Moralità (antitesi) e Eticità (sintesi).
Morale e etica che nella tradizione filosofica erano dei sinonimi, con Hegel assumono connotazioni diverse. Per moralità si intende l'etica fondata sul dovere, sull'intenzione (kantiana). C'è poi un livello più alto, che è appunto occupato dall'eticità, che è la sintesi.
Hegel dice che.
a) nel diritto si studia la volontà libera in sé per sé, nel suo concetto astratto e nella determinazione dell'immediatezza.
Il diritto è astratto e formale perché prescinde dall'intenzione. Se consideriamo le leggi, ad esempio, ce n'è una che dice "bisogna pagare le tasse". Dal punto di vista del diritto se pago la somma sono a posto. Il diritto non valuta le motivazioni, cioè non si chiede perché l'individuo paga (uno potrebbe pagare perché deve fare il suo dovere, l'altro potrebbe pagare per evitare di finire in galera…). Ognuno di noi può avere diverse intenzioni, il diritto però considera solo se il mio atto è conforme alla legge e si disinteressa dei motivi per i quali è compiuto. Per Hegel il diritto è un insieme di regole che la società si dà per impedire la conflittualità delle volontà.
Il diritto è posto come tesi perché è la più semplice manifestazione delle regolamentazioni delle reciproche volontà.
Concetto di fondo a cui si ispira il diritto: "Sii te stesso, e rispetta gli altri come persone". E' il principio che ci comanda di rispettare tutti come persone, di trattare tutti allo stesso modo.
Nel trattazione hegeliana del diritto ci sono alcuni accenni sul lavoro (sia nei Lineamenti, ma anche negli scritti giovanili e che verrà ripreso nella parte sulla società civile).
Dice che il lavoro permette di togliere la causalità di prendere possesso. Gli uomini primitivi sfruttavano la natura e non producevano niente. L'agricoltura e l'allevamento garantiscono una certezza del prodotto.
Il lavoro è un veicolo dell'autorealizzarsi della ragione del mondo. L'uomo contribuisce al lavoro della natura. Il lavoro per l'uomo ha un duplice aspetto:
o Positivo: l'uomo con il suo lavoro contribuisce alle trasformazioni naturali.
o Negativo: alienazione del lavoro, in quanto il lavoro comporta fatica e una cessione del proprio tempo (al posto di fare qualcos'altro di più piacevole si usa una parte del proprio tempo per lavorare).
Con la società industriale c'è stata poi una separazione tra produzione e bisogno, cioè la produzione astratta di merci. L'artigiano medioevale produceva diversi oggetti, però era un lavoro creativo e legato al bisogno (o proprio o del cliente); l'operaio, invece, non decide cosa produrre e come produrre, il suo lavoro è monotono e per nulla creativo. Nel caso dell'operaio non si vede il legame tra lavoro e bisogno, si tiene in considerazione solo lo stipendio. Il lavoro dell'artigiano era invece appagante, gratificante.
Il lavoro con il progredire della civiltà da un alto è positivo perché si vive meglio, dall'altro però è negativo perché è alienante, più faticoso e meno gratificante.
Si ha quindi una bivalenza del lavoro.
Sempre nella parte del diritto si ha la condanna della schiavitù (che in America era ancora presente).
b) la moralità è considerata l'antitesi, perché la morale si fonda sull'intenzione, mentre il diritto no. L'intenzione è ciò che determina se l'atto è buono o cattivo (nel caso in cui segua l'imperativo categorico).
Secondo Hegel l'intenzione è il principio interiore dell'atto, il motivo per cui faccio qualcosa. L'intenzione è il proposito, il fine, della volontà soggettiva, che non è detto che coincida con il bene oggettivo.
Es: potrei sbagliare valutando un'azione come buona, mentre in realtà non lo è.
Da un lato Hegel ritiene che Kant tra tutti sia quello che ha trattato meglio la morale, nel senso che la prospettiva deontologica con la quale Kant tratta la morale è la strada giusta, dall'altro lato però per questi stessi motivi ritiene che la morale kantiana si possa prestare ad alcune critiche (nella Filosofia del diritto):
o La morale kantiana così rigorosa provoca nell'uomo una scissione interiore. L'uomo può anche essere una brava persona, ma non sempre segue l'imperativo categorico perché è suo dovere. Le ragioni che ci spingono ad agire non sono solo l'intenzione. L'uomo si rende conto di non essere mai adeguato a quello che dovrebbe essere (cioè seguire l'imperativo categorico solo per dovere). Si ha quindi una sorta di frustrazione: si punta troppo in alto, ma si ha sempre un senso di ineguatezza.
Uno potrebbe dire che il fatto che la morale kantiana provochi una scissione non è necessariamente motivo di critica, per Hegel però è un difetto, questo perché per lui la crescita dello spirito è una migliore comprensione del mondo e ciò ci deve mettere in armonia con noi stessi e non deve produrre scissioni interiori e dissonanze emotive.(come invece per Hegel avviene seguendo l'etica kantiana).
o Hegel dice che siccome la morale kantiana è puramente formale e non indica mai dei contenuti, dei valori oggettivi, e questo può portare a una sua interpretazione arbitraria, ad un soggettivismo. L'imperativo categorico prevede che la norma sia universalizzata (non specifica la situazione).
Es: se dico che "l'arbitro non deve essere imparziale solo quando gioca la mia squadra" in questo caso il precetto non è universale.
Per Hegel però abbiamo nel campo dell'universalità diversi gradi di generalità:
- non mentire
- non mentire, salvo che per salvare la vita di un innocente.
- non mentire, salvo nel caso in cui dicendo la verità potresti far soffrire una persona.
In questo caso non vado contro l'imperativo categorico, perché sto parlando in generale, la regola è universalizzabile, non è valida solo per casi particolari. Se dico che bisogna sempre pagare le tasse tranne quando posso fallire pagandole, sto usando una formulazione universale dal punto di vista logico.
Hegel non crede che Kant cadesse nel soggettivismo, crede però che c'è il rischio che chi interpreta la morale kantiana, la possa interpretare a suo vantaggio.
o Hegel dice che un difetto della morale kantiana sia che prescinde dal bene morale oggettivo, cioè dalla realizzazione del proposito. Per Kant quello che si ottiene ha poca importanza. Questo è un limite della morale kantiana, perché agli uomini interessa anche autorealizzarsi. Hegel dirà quindi che c'è bisogno di trascendere dalla moralità e passare a qualcosa di più alto (che sarà la sintesi, cioè l'eticità).
Hegel aveva detto che Robespierre era incorruttibile, però nonostante questo credeva che costui avesse raggiunto un risultato che a suo parere non rappresentava il bene per la Francia.
Se consideriamo le cose dal punto di vista della morale, ne deduciamo che la morale di Kant è ineccepibile (solo chi agisce con buone intenzioni può essere considerato buono). Però se considero le cose dal punto di vista del tutto, allora la morale di Kant è inadeguata perché non mi garantisce il raggiungimento del bene oggettivo. Robespierre dal punto di vista morale è buono, sul piano dell'eticità ha compiuto delle azioni politicamente sbagliate.
Qui nasce la distinzione tra morale e eticità. La morale è un punto di vista parziale, mentre l'eticità, per Hegel, tiene conto di tutto (sia dell'aspetto del diritto, sia dell'aspetto della morale).
c) L'eticità è la sintesi dello spirito oggettivo.
Hegel dice che nello spirito oggettivo in generale e nell'eticità in particolare la libertà umana si libera dagli influssi limitativi dell'impulso (dagli istinti, degli elementi individualistici) e si dirige razionalmente verso il bene.
L'eticità è lo spirito oggettivo in sé per sé, realizzato, e si divide in tre momenti: Famiglia, Società civile e Stato.
a) la famiglia è la sostanzialità immediata dello spirito, fondata sull'amore. È una delle cellule fondamentali della società ed è il primo momento in cui l'individuo non ha più come suo fine ultimo il bene personale, ma quello collettivo.
Secondo Hegel la famiglia è la sostanza e le singole persone sono gli accidenti. Il bene vero è quello della famiglia, le persone si realizzano in quanto membri della famiglia.
Nella nostra mentalità è dato per scontato che i gruppi sono degli strumenti per il bene individuale, Hegel invece la pensa nel modo contrario: il fine è il bene della famiglia.
Questa cellula base è fondata sull'amore. Concetto preso dal romanticismo: i romantici erano infatti stati i primi a credere che uomini e donne dovessero stare insieme per volere personale (i matrimoni fino ad allora erano decisi dai genitori). Possono essere diversi i motivi per cui uno decide di sposarsi. Una persona accettando di entrare a far parte di una famiglia, limita le sue libertà, ma questa limitazione è la sua felicità. Occorre che questa rinuncia sia libera (Hegel crede quindi che non sia giusto che il matrimonio sia deciso dai genitori).
Hegel quindi fa proprie alcuni idee romantiche sull'amore e va contro il senso comune di allora.
Su altre cose è invece più tradizionalista:
o I genitori hanno diritto ai servigi dei figli.
o I figli devono obbedire sempre ai genitori e hanno come unico diritto quello di essere mantenuti e educati.
o Ogni membro della famiglia ha come fine il bene della famiglia stessa.
o Se i figli non obbediscono devono essere puniti (il fine dei castighi è non far prevalere la loro natura animale); le punizioni fisiche sono educative.
o Mentre l'uomo si realizza nel lavoro e nella lotta politica (vita sociale), la donna si realizza come madre all'interno della famiglia.
o È contrario al divorzio.
Per Hegel la famiglia può essere considerata come un unico individuo. I suoi membri, nel rapporto con l'esterno, costituiscono un tutt'uno.
b) la società civile può essere vista come antitesi della famiglia, perché Hegel la vede come uno scontro di interessi contrapposti. Se la famiglia rappresenta l'unità immediata dello spirito etico, la società civile corrisponde invece a una momento di smembramento e di dispersione di quell'unità semplice.
La famiglia si basa sulla collaborazione e non c'è egoismo, la società civile è basata sulla competizione (l'imprenditore tende a pagare di meno il lavoratore per guadagnare di più e viceversa).
La società civile è atomistica:la compatta unità dello spirito etico si presenta come dissolta e frammentata in una pluralità di atomi: sono gli individui (e i nuclei familiari), cioè i "soggetti economici privati" della fase concorrenziale del capitalismo, la cui volontà e il cui agire appaiono determinati soltanto all'interesse particolare, senza che vi si manifesti una purché minima dimensione collettiva. Ogni atomo, in pratica, persegue il proprio interesse, disinteressandosi del bene comune. Ecco perché da sola la società civile non potrebbe esistere; Hegel non condivide la tesi di Mandeville, esposta con la metafora delle api, secondo la quale a vizi privati possono corrispondere, o addirittura derivare, pubbliche virtù .
Nella trattazione della società civile è incluso il punto di vista dell'economia e della sociologia, vengono analizzati i vari rapporti sociali.
Da un punto di vista economico nella società si distinguono tre classi:
1. Classe sostanziale: coloro che lavorano e producono sfruttando la terra.
2. Classe industriale: coloro che si occupano della produzione nelle industrie, sia operai che imprenditori, comprende anche il commercio.
3. Classe generale o universale: coloro che lavorano nei servizi pubblici, quindi funzionari e dirigenti dello Stato (la burocrazia), così definita perché si prende cura degli interessi di tutti.
Da qui derivano i nostri settore primario, secondario e terziario.
Marx non concepisce le classi in questo modo, perché secondo lui tra operaio e proletario ci sono interessi diversi. Hegel non considera invece quest'aspetto.
Secondo Hegel siccome nella società civile ogni soggetto agente tende sempre al proprio bene, lo Stato pone ordine al disordine della società civile.
c) lo Stato è una sintesi, perché da un lato regola la società civile, dall'altro cerca di indirizzare i singoli al bene comune. La società civile senza lo Stato porterebbe all'anarchia. Per Hegel lo Stato è indispensabile per dare valore alla società civile e alla famiglia. La libertà, l'essenza dell'eticità, si attua compiutamente nello Stato, di cui famiglia e società civile si rivelano come momenti.
Lo Stato viene definito da Hegel come "L'idea universale in quanto genere", "Assoluto potere", "Spirito che si dà la propria realtà nel processo della storia universale", "La realtà dell'idea etica", "Modo di incedere di Dio nel mondo".
Per Hegel lo Stato rappresenta il vertice dell'eticità e l'eticità è il vertice dello spirito oggettivo. Perciò lo Stato è la cosa che ha più valore.
Hegel intende sottolineare il valore assoluto dello Stato rispetto alla relatività dell'individuo.
Noi oggi prevalentemente pensiamo che la persona sia ciò che ha più valore e che lo Stato sia un mezzo per far sì che la persona si realizzi.
La concezione di Hegel dello Stato viene chiamata concezione dello Stato etico: Hegel credeva che lo Stato avesse una funzione prevalentemente educativa. La nostra concezione è diversa: noi non pensiamo che lo stato debba educare i cittadini, ma che serva a regolare, a garantire dei servizi….
Se prendiamo in considerazione i totalitarismi del '900, vediamo che questi hanno attribuito una funzione etica allo Stato, il quale aveva quindi il compito di trasmettere una certa ideologia e mentalità.
Noi invece consideriamo l'idea di uno Stato etico negativamente. Probabilmente perché siamo influenzati da ciò che è accaduto nel '900 e siamo quindi consapevoli dei rischi che comporta uno Stato etico.
Hegel invece non ne era consapevole e vedeva perciò nello Stato etico solo gli aspetti positivi: se non ci fosse lo Stato che orienta la società civile, questa diventerebbe un'anarchia.
Una difficoltà interpretativa del sistema hegeliano riguarda la collocazione politica di Hegel.
Per alcuni Hegel è un liberale, che però si trova a vivere in uno Stato assolutistico (il regno di Prussia) e non può quindi esserlo in modo esplicito.
Per altri la concezione politica di Hegel è la miglior difesa dell'assolutismo.
Una tradizionale difesa del dell'assolutismo la troviamo con Von Haller (teorico della restaurazione), il quale credeva che il sovrano non avesse nessun dovere, ma solo dei diritti. Perciò tutto il potere veniva dal sovrano ed era il popolo al servizio del sovrano (perché la sua autorità proveniva direttamente da Dio).
Queste concezioni non avevano però una grande credibilità per l'opinione pubblica. La riflessione hegeliana era sicuramente più credibile.
Abbiamo quindi una divergenza interpretativa:
o Hegel è liberale.
o Difesa razionale dell'assolutismo.
Vediamo ora i motivi.
Hegel credeva che lo Stato ideale fosse la monarchia costituzionale, di cui però rifiuta la legittimazione per diritto divino, criticando i teorici restauratori come Haller. La monarchia costituzionale si articola in 3 poteri:
o Legislativo: "Potere di deliberare e stabilire l'universale".
Se prendiamo una legge vediamo che non si fa riferimento a casi particolari o a nomi propri, ma tratta di casi universali. La legge stabilisce infatti casi generali. Le leggi hanno quindi un carattere di universalità. Perciò il potere legislativo è il potere di determinare l'universale, cioè di approvare le leggi. Per fare le leggi ci deve essere "l'assemblea delle classi": due camere che tengono sedute pubbliche, i cui deputati non hanno vincolo di mandato. Secondo Hegel quest'assemblea non deve essere eletta a suffragio universale o censitario, ma in base alle classi sociali (rappresentanti dei vari settori). Questo perché è probabile che col suffragio universale, man mano che passa il tempo, la percentuale dei votanti diminuisca, perché su tanti milioni di persone il singolo si sente poco importante. Se invece i votanti hanno la percezione di essere significativi nella scelta, costoro sono più coinvolti nella votazione.
o Governativo: "Potere della sussunzione delle sfere particolari e dei casi singoli sotto l'universale".
Sussunzione è il mettere un concetto particolare sotto un concetto più ampio.
È il compito del governo: applicare ai singoli casi le leggi universali.
Per esempio la nomina dei commissari esterni agli esami di Stato è fatta dai delegati del ministro, nella fattispecie i Direttori regionali del ministero dell'istruzione, il quale fa parte del governo.
Il potere giudiziario per Hegel sta all'interno del potere governativo.
o Del sovrano: "Potere della decisione ultima della volontà, è il culmine della totalità dello Stato".
Il potere dello sovrano si articola in tre momenti:
a) Autodeterminazione astratta: è la promulgazione delle leggi.
b) Autodeterminazione particolare: è la nomina di ministri e funzionari. Sono però poteri simbolici, perché la legge è già stata decisa dal Parlamento e i ministri sono già stati nominati.
c) Autodeterminazione o momento della decisione ultima: può essere intesa in due modi.
Da una parte ci sono quelli che credono che Hegel sia liberale e perciò interpretano questo potere come parziale diritto di veto: se il sovrano ritiene che la legge non sia conforme al bene dello Stato, la può rinviare alle camere, se le camere riapprovano la legge (anche senza modifiche) il sovrano è costretto a firmarla.
Quelli invece che credono che la concezione politica di Hegel sia la in effetti una difesa dell'assolutismo, interpretano questo potere come qualcosa che permette al sovrano di bloccare le leggi e non farle entrare in vigore, senza l'obbligo di promulgarle anche dopo la seconda approvazione delle camere. In questo caso quindi il sovrano avrebbe pieni poteri.
In conclusione di potrebbe dire che se il potere del sovrano viene interpretato come potere supremo, allora lo Stato costituzionale progettato da Hegel assomiglia a una monarchia assoluta. Se viene interpretato nell'altro modo la posizione di Hegel è vista più vicina a quella costituzionale.
Lo stesso Hegel aveva dei comportamenti ambigui, a volte era filo monarchico a volte no…e questo talvolta gli faceva comodo e gli permetteva di mantenere un grande prestigio e un ruolo quasi istituzionale, nonostante vivesse in una monarchia assoluta.

CONCEZIONE DELLA STORIA
Hegel era convinto che la storia era una storia di stati, popoli non di singoli individui.
Hegel credeva che la storia fosse solo apparentemente irrazionale e contraddittoria. A fronte di questa apparente caoticità della storia, c'è una razionalità intrinseca dello storia. Il genere umano progredisce verso la razionalità.
La storia dell'umanità è la storia dello spirito, la cui caratteristica è la libertà che è legata alla razionalità.
Quindi c'è una tendenza razionale dell'uomo a conseguire una maggiore libertà e quindi una maggiore razionalità. Questo progresso non è lineare.
Come un titolo in borsa che ha frequenti alti e bassi, perciò non può essere definito in crescita continua, ma si dice che ha una tendenza a crescere, se nel lungo periodo aumenta considerevolmente il suo valore.
È un esempio che Hegel non avrebbe considerato valido, perché per lui il progresso non era assimilabile ad una quantità misurabile.
Per Hegel il progresso umano non è costantemente continuo, ma ha la tendenza alla crescita (maggiore libertà, maggiore razionalità).
In ogni civiltà abbiamo popoli dominanti o Stati guida che meglio incarnano il progresso. La maggior parte degli individui normali incarna lo spirito dell'epoca.
Ci sono però degli individui particolari, che Hegel definisce individui storico - cosmici, che svolgono un ruolo importante nelle fasi di cambiamento. Per esempio Napoleone, che nel 1806 a Jena aveva sconfitto gli austro - prussiani. Napoleone ha influito molto sulla storia, non tanto per le vittorie militari, ma per le varie riforme (codice civile, prefetti…).
Questi individui storico - cosmici come riescono a ottenere queste trasformazioni?
Entra qui in gioco l'astuzia della ragione, una sorta di provvidenza laica. È una forza naturale che opera nella storia e fa sì che la storia si serva di questi individui per accrescere la libertà e quindi la razionalità, ma questo fino a che questi sono utili.
Uomini e popoli, mentre sono convinti di operare per i propri scopi individuali e collettivi, agiscono in realtà, pur senza averne consapevolezza, quali strumenti della realizzazione dello scopo universale della ragione, immanente nella storia: questa eterogenesi dei fini (nel senso che i fini non sono quelli posti dagli uomini) è denominata da Hegel astuzia della ragione.
Perciò nel momento in cui l'individuo ha interessi che entrano in contrapposizione con il bene comune, la fortuna, e quindi l'astuzia della ragione, lo abbandona.
Fino a che Napoleone fa ciò che anche l'astuzia della ragione vuole, la fortuna lo assiste, nel momento in cui va oltre (vuole conquistare la Russia) rimane da solo e viene sconfitto.
L'astuzia della ragione è paragonabile al concetto di Provvidenza cristiana.
Nei Promessi Sposi viene spesso ripetuto che Dio non consente mai un dolore per i suoi figli se non in vista di un bene maggiore (che la momento non è conoscibile). Perciò chi ha la fede, anche negli eventi dolorosi vede il lato positivo.
Come la Provvidenza cristiana guida l'umanità verso il bene, così l'astuzia della ragione guida l'umanità verso maggiore libertà e razionalità, quindi verso il bene.
Ci sono però anche delle differenze.
L'umanità è guidata verso il bene, ma è la storia stessa, la necessità intrinseca agli avvenimenti e alle loro reciproche relazioni, che porta a favorire gli individui storico - cosmici che agiscono per il bene dell'umanità non intenzionalmente.
La fede nel discorso di Hegel non c'entra, perciò l'astuzia della ragione può essere capita razionalmente.
Hegel dice "La nottola (gufo) di Minerva spicca il volo sul far del crepuscolo".
Come gli uccelli notturni volano solo di notte, così la ragione può capire l'astuzia della ragione, e quindi il senso oggettivo dello sviluppo di una civiltà o di una cultura, solo alla fine di una stagione storica, quando l'epoca storico è conclusa.
"Il reale è razionale".
Siccome la storia è ordinata, col passare delle epoche la società umana diventa sempre più razionale. Quindi le istituzioni irrazionali scompaiono, quelle razionali si rafforzano.
Però se reale e razionale tendono a coincidere non è detto che ogni "capriccio", ossia ogni agire umano capriccioso, sia razionale. Allo stesso modo non è detto che ogni struttura sociale sia razionale.
Solo alla fine di un'epoca si capisce che una certa struttura che si è affermata è razionale.
Perciò reale non è tutto ciò che capita. Reale per Hegel è solo ciò che è essenziale, strutturale, in una determinata civiltà o epoca storica. Le strutture sociali essenziali della realtà sono razionali.
Perciò fra tutte le forme di organizzazione sociale, reali sono quelle che rimangono e si affermano come razionali. Solo in questo senso, Hegel può affermare che tutto ciò che è reale è razionale.

SPIRITO ASSOLUTO


É la sintesi dello spirito.
Hegel chiamava spirito soggettivo e spirito oggettivo anche spiriti finiti, mentre lo spirito assoluto lo definito come spirito infinito.
L'oggetto dello spirito finito è la persona, l'oggetto dello spirito infinito è l'umanità. Perciò nelle manifestazioni dello spirito assoluto, che sono arte, religione e filosofia, non è determinante il singolo ma l'umanità in generale o l'insieme di quelle persone che si sono occuppate di questi ambiti (artisti, teologi e filosofi).
Se prendiamo in considerazione la filosofia, per le evoluzioni del pensiero contano poco gli aspetti soggettivi del filosofo, indole, carattere, educazione, ecc., ma conta di più il fatto che lui è inserito in un divenire del pensiero. Nel pensiero di un filosofo è più importante lo stato oggettivo dei problemi piuttosto che le inclinazioni personali.
Arte, Religione e Filosofia hanno per oggetto l'assoluto.
È una triade che si distingue dalle altre, perché se le altre erano momenti diversi dello spirito che avevano contenuti diversi, questi tre ambiti hanno lo stesso contenuto, lo stesso oggetto.
Perché dunque ci appaiono diversi, se l'oggetto è sempre lo stesso?
Perché arte, religione e filosofia hanno sì tutte lo stesso oggetto, però cambia il modo di percepire l'assoluto.
L'essenza dell'arte è l'intuizione sensibile dell'assoluto.
L'essenza della religione è la rappresentazione dell'assoluto.
L'essenza della filosofia è il pensiero dell'assoluto.
Nell'arte si intuisce, nella religione si rappresenta, nella filosofia si pensa.
Lo spirito assoluto è il vertice, ma nonostante questo Hegel non gli ha dedicato uno scritto. Le notizie che noi abbiamo riguardo questi tre ambiti ci vengono dalle lezioni all'università di Berlino, che sono state tramandate dai suoi studenti ("Lezioni di storia della filosofia", "Lezioni di filosofia dell'arte", ecc.).
Le lezioni, a differenza degli scritti, sono molto chiare e ricche di esempi.
a) Arte: è intuizione dell'assoluto.
Nel momento in cui l'artista crea l'opera d'arte, ossia vede con gli occhi della mente come vuole produrre un quadro, una scultura, una poesia, ha un'intuizione dell'assoluto.
L'assoluto è colto intuitivamente, non tramite ragionamenti.
Secondo Hegel in un'opera d'arte si possono distinguere: Forma e Contenuto.
La forma è la tecnica, il modo con cui l'opera d'arte esprime un certo contenuto.
Il contenuto è l'intuizione dell'assoluto che viene comunicata agli altri.
Abbiamo tre periodi dell'arte:
o Arte primitiva (es: incisioni rupestri).
o Arte classica (Fidia come modello).
o Arte romantica (contemporanea a Hegel).
Nell'arte primitiva il contenuto è povero, la forma abbastanza adeguata (per esempio nelle incisioni rupestri siamo in grado di distinguere le funzioni dei vari uomini disegnati).
In particolare nello scultore Fidia, in generale nell'arte classica, si è raggiunta la massima perfezione formale, si ha una perfetta compenetrazione tra forma e contenuto.
Nell'arte romantica il contenuto è molto ricco, ma la forma è un po' decaduta rispetto a quella classica. I romantici hanno un contenuto talmente ricco che la forma non è adeguata. Perciò si ha una preponderanza del contenuto rispetto alla forma.
Nel mondo moderno l'arte conosce una fase di "dissoluzione", che ha fatto parlare di "morte dell'arte". Questa espressione, non hegeliana, deve essere correttamente intesa: essa non significa che per Hegel con la modernità la produzione artistica sia destinata ad arrestarsi (egli anzi afferma di sperare che in futuro l'arte conosca un ulteriore affinamento); la metafora significa piuttosto che l'arte "sopravvive a se stessa", essendosi nel mondo moderno esaurita la possibilità di esprimere compiutamente il vero in forma sensibile, poiché l'arte non è più la forma privilegiata e più alta per accedere all'assoluto.
In questa triade, quindi, la forma più alta dell'arte è la seconda (arte classica).
Siamo di fronte ad una apparente contraddizione : Hegel ci ha sempre detto che in ogni manifestazione dello spirito vi è in generale crescita e progresso, in questo caso assistiamo invece a una caduta nel periodo romantico, rispetto a quello classico.
Lui però intendeva dire che nel mondo classico la massima forma di espressione umana dell'assoluto si ha nell'arte, nel mondo medioevale è nella religione, nel mondo moderno è nella filosofia.
L'arte perciò nell'epoca moderna non ha più il ruolo centrale che aveva nell'età classica.
Secondo Hegel si può fare una classificazione seguendo i vari tipi di arte:
o Architettura
o Scultura
o Pittura
o Musica
o Poesia
Sono dei gradi che rappresentano l'avvicinarsi al pensiero. Più si sale nella scala e meno contano gli elementi estranei alla pura espressione del bello. Cioè: se uno costruisce una casa, questa può essere anche bella, se però non è abitabile non consegue il suo scopo abitativo (perciò l'architettura ha un vincolo). Il quadro è vincolato a rappresentare la realtà. Man mano che si sale prevale l'elemento estetico, perciò l'architettura, scultura, pittura sono più impure, musica e poesia sono più pure. Pure nel senso che il ruolo fondamentale è svolto dal momento estetico.
b) Religione: "È l'assoluto nella forma della rappresentazione e del sentimento" dove per sentimento si intende il senso del sacro.
All'epoca di Hegel vi erano correnti che concepivano la religione come fatto attinente al sentimento, pura espressione del senso del sacro (romanticismo o altre correnti di pensiero).
Quando l'uomo prova l'esperienza del sacro sta provando un'esperienza religiosa.
L'essenza dell'esperienza religiosa, per Hegel, è però la rappresentazione: alcune verità potenzialmente concettuali vengono presentate sotto una forma di narrazione.
Es: le Scritture sono piene di racconti, parabole…. Non sono un trattato, non hanno la forma logica del ragionamento, ma del racconto.
Secondo Hegel la religione attraverso delle immagini fa capire ai fedeli delle verità che altrimenti non risulterebbero accessibili. Perciò la religione ha una funzione pedagogica, che permette al credente di avvicinarsi al pensiero.
Hegel vede nella religione una sorta di avvicinamento alla filosofia.
Nel corso degli anni si sono susseguite diverse religioni (superstizioni, politeismo, monoteismo, cristianesimo sono solo alcune), ma secondo Hegel il cristianesimo è quella più alta, la migliore, quella destinata ad affermarsi in futuro. Questo perché il cristianesimo si avvicinava di più alla filosofia: spiegava in maniera semplice delle verità filosofiche:
o Incarnazione: Dio (puro spirito) assume la natura umana. Dio è anche uomo, si spoglia dalla natura divina e assume quella umana. Questa è una metafora che ci avvicina alla comprensione del passaggio hegeliano dall'idea alla natura.
o Trinità: Padre, Figlio (logos) e Spirito Santo anticipano la triade hegeliana Idea, Natura e Spirito.
Il cristianesimo è come un'anticipazione della filosofia idealista. Nel mondo medioevale il cristianesimo era la maniera più alta per raggiungere l'assoluto.
Rimane comunque una sorta di progresso:
Età antica (arte), poi Età medioevale (religione) e infine Età moderna (filosofia). Ognuna è dominante nella sua epoca.
L'arte e la religione sono nell'epoca moderna delle espressioni subordinate dello spirito assoluto.
Es: Aristotele aveva distinto sapere, onore e piacere. Se uno sa che la felicità è il sapere, non deve abbandonare le altre due, ma deve subordinarle al sapere.
c) la filosofia ha sì più valore, ma ciò non vuol dire che arte e religione debbano scomparire. Lo stesso contenuto ideale, che l'arte coglie in forma sensibilmente intuitiva e la religione in forma di rappresentazione, è oggetto di conoscenza concettuale da parte della filosofia. Nella filosofia, dunque, l'autoconoscersi dello spirito consegue la sua forma assoluta.
La filosofia è la forma più alta del sapere e viene a coincidere con la storia della filosofia.
Nell'età antica c'era unità immediata tra certezza e verità. Nell'età da Cartesio a Kant c'era opposizione. Nell'età contemporanea a Hegel c'è unità mediata tra certezza e verità. Abbiamo già affrontato questo tema.
All'interno dell'idealismo troviamo:
Tesi (idealismo etico): Fichte
Antitesi: (idealismo estetico): Schelling
Sintesi: (idealismo assoluto): Hegel.
Abbiamo visto che lo spirito assoluto si divide in arte (tesi), religione (antitesi) e filosofia (sintesi). Due correnti di pensiero:
- raggiunta la sintesi le altre due non sono più importanti e possono essere abbandonate
- tesi e antitesi sono indispensabili per la sintesi
Questo ragionamento può essere applicato anche a idea, natura e spirito.

Quando Hegel muore i suoi discepoli si sono divisi in destra hegeliana e sinistra hegeliana.
Negli anni 30 dell'800 erano due le dispute principali:
o Religione (1831-39): il problema era: se la filosofia è la forma più alta, il vero filosofo deve essere credente o no?
Destra: la religione è uno dei tre momenti, indispensabili per accedere all'assoluto: allora un vero filosofo deve essere anche religioso (così come si interessa dell'arte). Perciò il filosofo deve essere un credente. Deve incorporare nella filosofia ciò che c'è di meglio nell'arte e nella religione.
Sinistra: il vero filosofo non ha bisogno di un surrogato di verità fornite dalla religione: il filosofo ha raggiunto un livello superiore. Una volta che la filosofia è capita, la religione può essere messa da parte.


  Aspetto politico (1840-45):
Destra: siccome tutto ciò che è reale è razionale, allora il filosofo deve difendere ciò che esiste perché razionale. (Il filosofo è conservatore).
Sinistra: proprio perché tutto ciò che è reale è razionale, il filosofo deve rifiutare tutto ciò che percepisce come irrazionale (che va contro la ragione, come la monarchia assoluta). Il filosofo è riformista.

 

 

N. B. Gli appunti sono stati presi durante le lezioni e non sono stati rivisti, ne integrati con le spiegazioni del manuale di filosofia in adozione

 

 

 

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