Battaglie Sociali, periodico delle ACLI bresciane, marzo 2025, pag. 25

 

Il laico esperimento di Rosati

E' morto a 95 anni lo storico presidente delle ACLI

Maurilio Lovatti

 

 

Il 14 ottobre dello scorso anno, è morto a Roma Domenico Rosati, ottavo presidente nazionale delle ACLI dal 1976 al 1987. Aveva 95 anni.
Nato nel 1929, originario di Vetralla in provincia di Viterbo, laureato in legge, specializzatosi alla Facoltà di giornalismo dell'università Pro Deo, aveva iniziato a collaborare a tempo pieno con le ACLI dal novembre 1951, quale addetto stampa e coordinatore del settimanale Azione Sociale, allora in fase di preparazione, quando presidente era ancora Ferdinando Storchi. Direttore del settimanale fino al 1960, aveva lavorato poi come capo ufficio stampa del ministro del lavoro Fiorentino Sullo, e successivamente alla Cassa Mutua dei commercianti fino al 1968. Consigliere nazionale delle ACLI dal 1959, entra nella Presidenza nazionale nel 1968. Dopo il congresso di Cagliari (1972) è eletto vicepresidente.
Quando diviene presidente nazionale delle ACLI, nel 1976, ha 46 anni. Succede a Marino Carboni che si era dimesso per candidarsi alle elezioni del Senato, ed è eletto all'unanimità dal Consiglio nazionale.
L'elezione di Rosati avviene sulla base di un documento approvato all'unanimità dal Consiglio nazionale, che definisce alcuni punti fermi sull'ispirazione cristiana del movimento e il rapporto coi vescovi, nel quale si afferma l'impegno delle ACLI a “vivere nella comunità ecclesiale, dando un contributo alla ricerca che in essa è in atto, con la propria autenticità, con la propria scelta […] di classe ed anticapitalistica […] In questo spirito le ACLI, mentre riaffermano il pluralismo, ritengono legittimo, anche in questo campo, l'esercizio della funzione dei Vescovi, ribadendo il dovere dell'ascolto, dell'attenzione e della necessaria riflessione”. In sostanza Rosati e la Presidenza nazionale si impegnano a continuare e completare il processo di riconciliazione col mondo cattolico e la Gerarchia, dopo la deplorazione di Paolo VI del 1971, mantenendo però ferma la scelta anticapitalista, il principio del pluralismo politico dei cattolici (affermato dal Congresso di Torino del 1969) e la gestione unitaria delle ACLI.
Durante la sua presidenza, a partire dal convegno di Vallombrosa del 1979, prende forma l'idea delle ACLI come protagoniste della attivazione di un “movimento della società civile” per la riforma della politica, fondato sulla convinzione che questa non sia una competenza esclusiva dei partiti, dei sindacati e delle istituzioni. Nel congresso di Bari (dicembre 1981) le ACLI ribadiscono la propria natura di movimento educativo e sociale che non si esaurisce nella pur importante e qualificante erogazione di servizi ai lavoratori, e individuano tre finalità principali per la società civile: l'impegno per la pace, per la “pianificazione globale” (nel senso della Laborem exercens di Giovanni Paolo II) e per la diffusione dei poteri.
Come ha scritto nel libro Il laico esperimento (una sorta di bilancio della sua attività aclista) per spiegare le ragioni della sua giovanile adesione al movimento, le ACLI gli sembravano in grado di soddisfare le sue “due istanze psicologicamente pressanti: da un lato l'esigenza di cercare una risposta ai problemi drammatici dell'ingiustizia e della disuguaglianza, dall'altro la possibilità di farlo senza entrare in conflitto con i fondamenti di una fede religiosa che non avrei potuto vivere se fosse stata sinonimo di conservazione sociale e di indifferenza politica.”
A questi ideali si è sempre mantenuto fedele nel corso della sua lunga vita.

Maurilio Lovatti


 

Battaglie Sociali, marzo 2025, pag. 25

 

indice degli articoli

Maurilio Lovatti main list of papers