Raffaele
Polella Il vecchio di
San Lorenzo
Come James
Stewart ne La Finestra Sul Cortile, anche la protagonista de Il
Vecchio di San Lorenzo, studentessa fuori sede residente nel quartiere
universitario di Roma, incuriosita dai vicini di casa scopre qualcosa di
inaspettato sull’anziano dirimpettaio. Come insegna Hitchcock, l’occhio
che guarda con attenzione da una finestra scopre più di quello che
normalmente appare.
Prendendo forse spunto dal celebre film del maestro inglese del giallo
Lovatti apre il suo romanzo che si snoda intorno alle indagini su un caso di
cronaca nera nella periferia di Roma.
Non ci sono eroi, né sparatorie, inseguimenti né avvenenti femmine. C’è
invece il fatto, per nulla scontato, di creare e portare avanti una storia
letterariamente credibile basandosi su personaggi ordinari, della porta
accanto si potrebbe dire. Anche i luoghi ed i fatti narrati sono del tutto
consueti, quasi anonimi (per lo meno nel bubbone di illegalità,
menefreghismo e miseria che è oggi Roma) e dunque l'intreccio è importante
per tenere vivo l'interesse. Cosa del tutto riuscita.
C’è l’indagine ufficiale, portata avanti dalla procura e l’indagine
ombra, condotta in maniera meno ortodossa ma altrettanto appassionata da
parte della ragazza. Arriveranno entrambe allo stesso punto?
Lo sfondo è la Roma dei giorni nostri, fatta di caos, incuria, ma anche di
cultura e di innumerevoli opportunità. La città corrotta e quella delle
baldorie del sabato sera, quella decadente e quella della legalità: una
miscellanea di cose e situazioni tra le quali si muovono commissario di
polizia e studentessa, alla ricerca della stessa verità, rivali e complici
uniti da un sottile filo che sul finale lascia aperta la possibilità di un
nuovo incontro tra i due (magari nel prossimo libro?).
Particolare e notevolissimo nell’opera è l'utilizzo che l’autore fa
degli oggetti comuni, quelli che ci circondano ogni giorno (biglietti,
scontrini, password, calendarietti...) che qui diventano architrave delle
indagini. Un uso abbondante di questi dettagli, un uso quasi ossessivo, che
però anziché stancare aggiunge volta per volta elementi utili alla trama e
l’aggancia alla realtà concreta del vissuto quotidiano. Tecnica
interessante che ha il risultato di rassicurare il lettore, inserendolo in
un ambiente familiare perché a diretto contatto con le cose in uso
quotidiano, un ambiente nel quale però ogni particolare apparentemente
banale ha un valore a se stante. Elemento non trascurabile per una storia
così ancorata all'oggi. Probabilmente ad altri lettori questo aspetto
potrà sembrare secondario, quasi scontato, io l'ho trovato invece
assolutamente coinvolgente. In un tratto mi è quasi sembrato d’essere
immerso in un gigantesco Monopoli, fatto di codici, iniziali, date,
indirizzi, ....imprevisti, probabilità. Un puzzle di minuziosi indizi
insomma. Dopo aver letto questo libro non si ha più insomma il coraggio di
gettar via uno scontrino con la noncuranza di prima, oltre al fatto di
riconoscere ancora una volta come oggi siamo tutti tracciati.
Anche la Capitale è usata in questo modo.
Per chi la conosce, con la lettura del libro inizia anche la caccia al
tesoro per le vie della città. Chi non è di Roma avrà invece forse la
sensazione d’esser quasi travolto da tutta questa toponomastica, per altro
chiamata in causa in modo sapiente: sarà allora il caso di farsi cullare
dalla corrente. Lovatti è indubbiamente un profondo conoscitore di Roma e
giustamente la usa ad libitum, dispensandone innumerevoli nelle
pagine vie e luoghi, spesso anonimi ai più.
Non ci sono il Colosseo e San Pietro ma Viale Libia e il Todis di Via dei
Volsci.
Una scelta coraggiosa.
D’altronde sia il Circo Massimo o sia Via dei Volsci... è comunque il
respiro enorme di questa immensa distesa di cose, un mare magnum fatto di
cemento in eterno movimento, quello capace di condizionare pensieri ed
azioni di chiunque e da sempre. Una Roma sconfinata quella de Il Vecchio di
San Lorenzo, fatta anche di distanze da percorrere a piedi o in bicicletta,
allontanandosi per un attimo dal caos del traffico e dai consueti percorsi
carrabili.
Da ultimo il finale del libro.
Ho trovato una scelta interessante ed originale quella di ...non dare un
chiaro finale all'indagine, lasciandola alle ricostruzioni (supposizioni)
della coppia non coppia. Mi ha ricordato un disco dei Queen che, in maniera
del tutto geniale, termina all'improvviso con una esplosione lasciando di
stucco e nel dubbio l'ascoltatore.
In fondo è il destino di questa città (e quindi anche della storia del suo
romanzo che vi è ambientato) quello di non arrivare più a nulla, di non
vedere mai un'opera veramente compiuta, un procedimento portato a termine,
una questione felicemente conclusa restando in un eterno dubbio, in un
equivoco al quale non si può e non si vuole dare nessuna risposta.
Il mio giudizio su Il Vecchio di San Lorenzo è in conclusione del tutto
positivo. Una trama interessante e ben dipanata, ambientata nella città di
tutti i giorni, dove però anche la cosa più banale e le persone
apparentemente più indifferenti, possono nascondere un mistero.
Un libro che mi sono divertito a leggere e che sicuramente consiglierei.
Raffaele
Polella
|