La voce del popolo,
30 maggio 2024, pag. 27
Un
Piano B per il Paese Italia
15
autori, tra cui il bresciano Roberto Rossini, attraverso 17 distinti
vocaboli, intendono contribuire a plasmare un nuovo paradigma sociale
recensione di Maurilio Lovatti
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Nei giorni scorsi, alla
libreria delle Paoline in città è stato presentato il recentissimo volume
intitolato Piano B. Erano presenti due dei 15 autori: Leonardo Becchetti,
docente universitario di economia politica, e Roberto Rossini,
presidente del Consiglio comunale di Brescia e già presidente nazionale
delle ACLI. Si tratta di un volume collettivo scritto da personalità
dell'area cattolico democratica: tra questi due ex ministri (Marta
Cartabia e Enrico Giovannini), diversi studiosi di fama come Luigino
Bruni e Mauro Magatti, e altri protagonisti come Luca
Jahier e Marco Bentivogli.
Cosa significa Piano B? Gli autori, con 17 distinti vocaboli,
intendono contribuire a plasmare un nuovo paradigma sociale per rigenerare
l'Italia. Non serve un nuovo partito cattolico, ma dei principi e valori
condivisi per potenziare la presenza e l'iniziativa della società civile.
Un piano per cambiare l'Italia non sulla base di ideologie o “grandi
narrazioni” (come il liberismo, il marxismo, il sovranismo), ma
valorizzando la cittadinanza attiva e la diffusione virtuosa, generativa, di
valori condivisi basati sul personalismo e sul perseguimento consapevole del
bene comune. Nella società contemporanea italiana ed europea, si sono
realizzati gli ideali di libertà e uguaglianza di fronte alla legge, ma è
stata dimenticata la fraternità. A fronte di una società che assolutizza
l'io, il Piano B si propone di valorizzare la persona nelle sue relazioni
generative.
Non è possibile riferire sulle 17 parole chiave (Costituzione,
generatività, sussidiarietà, complessità, sostenibilità, beni comuni,
casa, comunicazione, contribuzione, educazione, Europa, generazioni,
giustizia, innovazione, investimento, lavoro e welfare) che costituiscono i
principi fondamentali del Piano B. Mi limiterò a tre esempi: sostenibilità
(Giovannini), contribuzione (Rossini) ed Europa (Jahier).
La sostenibilità è un principio di giustizia tra le generazioni: lo
sviluppo sostenibile e quello che consente alla generazione attuale di
soddisfare i propri bisogni senza pregiudicare la possibilità alle
generazioni future di fare altrettanto. Bisogna cioè lasciare il mondo non
peggio di come lo abbiamo trovato. Afferma Enrico Giovannini: “immaginare
che il PIL possa crescere all'infinito in uno spazio finito (la Terra) è
semplicemente stupido”. Con 50 anni di ritardo rispetto agli allarmi degli
scienziati, negli ultimi anni si è diffusa la consapevolezza
dell'insostenibilità del nostro modello di sviluppo. Quanto di positivo è
stato fatto (come lo sviluppo delle rinnovabili o l'inserimento in
Costituzione della tutela ambientale) non è sufficiente: serve una
conversione ecologica che modifichi in profondità gli stili di vita e che
subordini lo sviluppo della produzione alla giustizia sociale.
La contribuzione non riguarda solo la fiscalità (il dovere dei
cittadini di pagare le tasse e il compito dello Stato di ridurre le
disuguaglianze) ma ogni forma di collaborazione per perseguire il bene
comune. Scrive Roberto Rossini: “il paradigma economico che
vogliamo costruire prevede sia la competizione che la cooperazione in un
clima di reciproca fiducia e libertà: la dissipazione e lo spreco possono
lasciare spazio alla sobrietà, alla giusta misura, alla circolarità,
all'integrazione”.
Infine l'Europa, tema attualissimo: “l'Europa non è un'appendice
geografica, né un incidente della storia – scrive Luca Jahier –
ma uno straordinario progetto politico volto a riconciliare, a fare la pace
e condividere valori, risorse e istituzioni per il progresso comune.”
Neppure la Brexit e poi “la devastazione della pandemia hanno fatto
deragliare questo progetto”. L'Europa, con un bilancio comune pari solo al
2% della spesa di tutti gli Stati membri, è riuscita a produrre norme
comuni (oggi il 55% delle legislazioni nazionali si basa sulla legislazione
europea) e, ad esempio, a collaborare ai progetti di cooperazione e sviluppo
(è il primo donatore mondiale, con il suo 46% degli aiuti). I tanti
risultati ottenuti non devono far calare l'attenzione sulle possibilità di
miglioramento, in particolare per quanto riguarda la transizione ecologica e
digitale dell'economia, la gestione e l'integrazione degli immigrati e la
necessità di riformare il sistema istituzionale comunitario, a partire
dall'abolizione del diritto di veto dei singoli Stati.
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