“Se non ci si
sbarazzerà del vicolo cieco del clericalismo e dello spirito di casta che
necessariamente lo connota, nessuna riforma della Chiesa potrà rivelarsi
duratura né reale e fruttuosa”. Così, senza peli sulla lingua,
Brunetto Salvarani, teologo e giornalista, inizia la sua riflessione su
religione e chiesa nella nostra epoca. Il libro si può dividere in due
parti: nei primi cinque capitoli troviamo una analisi delle dinamiche in
corso, mentre gli ultimi tre e le conclusioni si basano, come dichiara
l'autore “soprattutto su auspici, impressioni e speranze di chi scrive”.
La nostra è un'epoca postcristiana, il che non significa che il
cristianesimo sia stato cancellato o che abbia perso ogni influenza sulla
cultura o sulla società, ma che nelle civiltà occidentali la
disponibilità ad accettare la fede cristiana non è più garantita
dall'ambiente. Si è interrotta la normale trasmissione della fede alle
nuove generazioni. Col passare del tempo, sempre meno il cristianesimo
potrà contare sul sostegno di privilegi sociali. Le chiese si svuotano, i
giovani sono sempre meno, i sacerdoti e i religiosi diminuiscono sempre
più. La maggioranza dei cittadini europei vive “come se Dio non ci
fosse”, non dedica alcun interesse alla questione dell'esistenza di
Dio. All'ostilità della cultura laica dei secoli XVIII e XIX, si è passati
all'indifferenza del secolo XXI. Nonostante ciò nel mondo il cristianesimo
è professato dal 33,2% della popolazione (i mussulmani sono il 22,4%). Sono
in crescita i cristiani africani, asiatici e sudamericani e in diminuzione
quelli europei. Tra qualche decennio “l'espressione un cristiano bianco”
suonerà come “un curioso ossimoro, tipo un buddhista svedese”,
possibile, ma stravagante.
Nell'Occidente secolarizzato la figura del praticante (legato alla
parrocchia, alle comunità territoriali) tenderà a scomparire, sostituita
dal pellegrino (cioè un “nomade dello spirito”, colui che si
connota per una “pratica individuale e volontaria, autonoma, modulabile
e mobile, non di rado ritenuta socialmente eccezionale e fuori
dall'ordinario”).
Non è possibile riassumere gli ultimi tre capitoli, così densi e ricchi di
suggestioni e di proposte, dedicati rispettivamente alla conoscenza della
Bibbia, alla figura storica di Gesù, alle sue radici ebraiche e
all'attualità del suo messaggio e infine, l'ultimo, alle virtù teologali.
E' indispensabile almeno qualche breve cenno alle riflessioni impegnative
che l'autore sviluppa sulle tre virtù teologali (la fede, la speranza e la
carità). La fede, che pure è un dono di Dio, per risultare efficace deve
essere accolta individualmente e professata comunitariamente. Salvarani ci
ricorda che la fiducia verso qualcuno è una componente essenziale dalla
natura umana, che senza una fede elementare almeno nel fatto che vale la
pena di vivere non sarebbe possibile nemmeno sopravvivere, che tutti abbiamo
avuto fiducia in qualche persona (i genitori, un amico, il partner, ad
esempio). La speranza non è solo una virtù, è anche “un sentimento
umanissimo e indispensabile ad ogni esistenza”. E' da sempre la più
trascurata delle virtù, ma Sant'Agostino ci ricorda che “è solo la
speranza che ci fa propriamente cristiani”. La speranza non è
illusorio e ingenuo ottimismo. Soprattutto in un'epoca post-cristiana come
la nostra, richiede di essere corroborata dal coraggio e di essere vissuta
non individualmente, ma volta alla salvezza dell'intera umanità. La
carità, quella autentica del buon Samaritano, consiste nel farsi prossimo
soprattutto dei più svantaggiati. Salvarani afferma che è sulla carità
ospitale che “la Chiesa del prossimo futuro sarà misurata nella
qualità della sua testimonianza evangelica”. E conclude: “il
giorno in cui nello straniero si riconoscerà un ospite, allora qualcosa
sarà mutato nel mondo”.
Brunetto Salvarani, Senza
Chiesa e senza Dio. Presente e futuro dell'Occidente post-cristiano,
Laterza, Bari Roma 2023, pp. 226, euro 20.
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