La voce del popolo, 28 settembre 2017 Supplemento per l'ingresso del vescovo mons. Pierantonio Tremolada, pag. 33-35
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Mons. Tredici: da Milano un precursore del Concilio
di Maurilio Lovatti
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Prima di mons. Pierantonio Tremolada sono stati sette i vescovi di origini milanesi chiamati a guidare la Chiesa bresciana. Il primo fu Raimondo da Velate, a Brescia tra il 1359 e il 1362. L'ultimo mons. Giacinto Tredici, ricordato in queste pagine.
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Giacinto Tredici nasce a Milano nel 1880, diventa sacerdote nel 1904 e per venti anni insegna filosofia e teologia nel Seminario milanese. In campo filosofico ha un ruolo significativo, è tra i fondatori della neoscolastica, partecipa a convegni internazionali e scrive una storia della filosofia ai tempi molto nota, che è tradotta anche in spagnolo e viene adottata come manuale in molti seminari del Sud America. Dopo la prima guerra mondiale, ha una crisi spirituale, in seguito anche alla morte in battaglia del fratello più piccolo, e chiede di lasciare l'insegnamento e di diventare parroco. Nel 1924 è accontentato e gli viene affidata S. Maria del Suffragio, grande parrocchia della periferia milanese. Nel 1930 il cardinale Schuster, arcivescovo di Milano lo sceglie come vicario generale della diocesi e nel dicembre del 1933, Pio XI lo nomina vescovo di Brescia. Come vescovo di Brescia diviene protagonista di una fase storica importantissima per la nostra città, che attraversa gli ultimi anni del regime fascista, la guerra, la Resistenza e poi gli anni della ricostruzione. Basti ricordare che per un paio di giorni, nell'aprile del 1945, fuggiti i tedeschi ed i fascisti e non ancora arrivati gli americani, egli si trova ed essere l'unica autorità riconosciuta della città. Egli
talvolta mostra convinzioni ed atteggiamenti che alla nostra sensibilità
contemporanea appaiono datati, troppo rigidi, talvolta perfino
conformisti. In diverse occasioni, traspare in lui una nostalgia per il
passato, per la religiosità del passato talvolta idealizzata; attribuisce
un valore sommo all'obbedienza al Pontefice, al rispetto della tradizione
e talvolta tale atteggiamento sembra rispondere ad un suo bisogno, forse
non del tutto consapevole, di rassicurazione. Tuttavia nella sua azione
pastorale vi è coraggio nel distaccarsi da opinioni allora largamente
diffuse ed una capacità d'innovazione sorprendente. Un altro
episodio che mostra il coraggio nell'intraprendere strade nuove è la
nomina di padre Luigi Rinaldini a cappellano delle formazioni partigiane
nel giugno 1944. In un primo momento Tredici aveva opposto un netto
rifiuto alla richiesta di autorizzare un cappellano per i partigiani, per
timore delle gravi conseguenze che sarebbero potute ricadere sui fedeli,
nel caso i tedeschi o i fascisti ne fossero venuti a conoscenza. Dopo una
sola notte di tormentate riflessioni, il giorno seguente i suoi vicari
riescono a convincerlo a cambiare idea. L'assenso della S. Sede alla
nomina dei cappellani per i partigiani, espressamente richiesto - a nome
dei vescovi lombardi - dal cardinal Schuster tramite la Nunziatura di
Berna, arriverà solo il 24 novembre, oltre cinque mesi dopo. Durante
tutto il periodo della Resistenza, Tredici incoraggia, difende e protegge
i sacerdoti e i laici antifascisti. Maurilio Lovatti
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La voce del popolo, 28 settembre 2017, supplemento, pag. 33-35
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