Il 25
aprile 1945, settant'anni fa, terminava per l'Italia la II guerra mondiale,
la più sanguinosa della storia dell'umanità, con oltre 50 milioni di
vittime. Per l'Italia, ai militari morti al fronte e alle vittime dei
bombardamenti aerei, si aggiungevano i caduti della guerra civile, che tra
il 1943 e il 1945 aveva contrapposto i partigiani ai tedeschi ed al regime
fascista loro alleato. Nella provincia di Brescia, dove oltre la metà dei
partigiani apparteneva alle Fiamme Verdi, composte e guidate da cattolici,
anche il clero è stato protagonista della resistenza: i sacerdoti
perseguitati dal nazismo e dal fascismo sono oltre un centinaio, tra
arrestati, costretti alla fuga, deportati, uccisi dai tedeschi, torturati,
colpiti negli affetti familiari.
Il vescovo di Brescia, mons. Giacinto Tredici, viveva con grande sofferenza
e consapevolezza la responsabilità di scelte drammatiche, che potevano
mettere in pericolo i sacerdoti ed i fedeli a lui affidati. Nel giugno del
1944, in seguito ad una richiesta di don Giacomo Vender e di don Giuseppe
Almici, appoggiata dai suoi vicari e dal segretario don Ernesto Pasini, dopo
una notte travagliata dal dubbio, autorizza padre Luigi Rinaldini della Pace
a prestare assistenza religiosa ai partigiani, con la qualifica di
"curato di tutte le parrocchie della diocesi." E' il primo
cappellano dei partigiani, nominato dal vescovo ben 5 mesi prima che la S.
Sede autorizzasse i vescovi lombardi a nominare cappellani per i partigiani
(24 novembre 1944). Padre Luigi Rinaldini perderà entrambi i fratelli:
Emiliano ucciso dai fascisti il 10 febbraio 1945 a Pertica Alta, Federico
arrestato il 19 agosto 1944 e deportato in Germania, muore il 27 marzo 1945.
La sorella Giacomina, anch'essa deportata in un lager in Germania, invece
sopravvive.
Oltre a padre Rinaldini, la resistenza bresciana vede luminose figure di
sacerdoti coraggiosi, che si impegnano direttamente nel movimento di
liberazione e sostengono ed aiutano quei giovani cattolici dei gruppi
parrocchiali e dell'AC che scelgono di partecipare attivamente alle
formazioni partigiane, "ribelli per amore", pur sapendo di
rischiare gravi persecuzioni, ma convinti di compiere il loro dovere di
sacerdoti e di cristiani. Come ha scritto il cardinale Schuster nella
lettera pastorale del 1945: "la lunga persecuzione sofferta durante
questi anni dal nostro Venerando Clero, è stata unicamente perché si è
trovato solo nel sostenere di fronte ai partiti allora dominanti i sacri
diritti di Dio e del popolo, della famiglia e della personalità umana,
contro l'assoluto statale e nazista che tutto voleva immolare alle proprie
ideologie d'uno Stato totalitario."
Alcune figure sono particolarmente significative. In primo luogo mons. Carlo
Manziana (1902-1997), amico di don Giovanni Battista Montini, il futuro
Paolo VI, padre della Pace, arrestato dai tedeschi il 4 gennaio 1944, dopo
un paio di mesi di detenzione è deportato nel lager di Dachau, dove
sopravvive quasi miracolosamente, date le sue condizioni di salute. Sarà
poi vescovo di Crema e parteciperà al Concilio. Don Giacomo Vender
(1909-1974) curato della parrocchia di S. Faustino in città, dopo
un'esperienza come cappellano militare, assiste alcuni reparti partigiani.
E' arrestato dalle SS il 6 gennaio 1944, è detenuto prima nel carcere di
Canton Mombello e poi a Verona. Rilasciato dopo un mese, è nuovamente
arrestato dai fascisti il 18 ottobre 1944, dopo mesi di carcere duro a
Brescia, è processato a Bergamo il 21 aprile 1945 e condannato a 20 anni di
reclusione. E' liberato dai partigiani il 27 aprile. Organizza una rete,
composta in gran parte da ragazze, per l'assistenza dei prigionieri
incarcerati.
Don Carlo Comensoli (1894-1976), parroco di Cividate Camuno, è vero e
proprio animatore della resistenza in val Camonica. Nel settembre del 1944
è costretto a scappare per sfuggire all'arresto. Il 25 marzo del 1945 è
arrestato dai fascisti della GNR e tradotto nel carcere di Brescia. Don
Carlo sarà liberato la sera del 25 aprile 1945, quando fascisti e tedeschi
stavano fuggendo precipitosamente da Brescia. Sempre in Val Camonica sono
particolarmente significative le figure di don Mario Marniga (1916-1985),
curato di Vezza d'Oglio e di don Giovanni Antonioli (1917-1992), parroco di
Ponte di Legno.
Nel periodo della Resistenza la Chiesa bresciana, almeno per quanto riguarda
i sacerdoti più coraggiosi e determinati e i suoi giovani, in prevalenza
studenti e lavoratori provenienti dai gruppi parrocchiali, s'impegna con
determinazione a difendere i diritti dei più deboli, degli oppressi dalla
dittatura fascista. L'esempio di quei giorni ormai lontani nel tempo non va
dimenticato. Il sacrificio di tante giovani vite (dei partigiani, ma anche
dei soldati anglo-americani) ci ha permesso di riconquistare la libertà
perduta con la dittatura fascista. Ma non solo: il coraggio e lo spirito di
servizio della chiesa bresciana d'allora sono per noi uno stimolo ed un
incoraggiamento per affrontare le sfide dell'oggi.
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