Il
riscaldamento globale del pianeta continua a preoccupare. Stando ai recenti
dati ufficiali dell'Agenzia meteorologica giapponese, il 2014 è stato
l'anno più caldo dal 1891 in poi. Un riscaldamento costante che segna un
aumento di 0,63° C, rispetto alle medie del ventesimo secolo e di 0,27° C
rispetto al periodo 1981-2010. Il 2014 così supera anche il 1998, anno
ricordato come particolarmente caldo a causa dell'esplicarsi di un intenso
fenomeno di El Niño, che invece stavolta non c'è stato. Inoltre,
dal 1998 si sono registrati i 10 anni più caldi di questi ultimi 123 anni.
Le conseguenze del riscaldamento saranno precipitazioni ed inondazioni
eccezionalmente intense in alcuni Paesi, e siccità estrema in altri.
Questa notizia è stata riportata nei primi giorni dall'anno dai giornali e
da quasi tutti i tg. Spesso però, nel dare la notizia, si omettono le cause
del fenomeno e soprattutto non si dice cosa è necessario fare per fermare
il pericolo.
Il riscaldamento globale è causato dalle emissioni dell'uomo. A confermarlo
è una ricerca della University of Southampton pubblicata sulla rivista Nature
Geoscience. Lo studio, firmato da Philip Goodwin, Richard G. Williams e
Andy Ridgwell, chiarisce la relazione tra la CO2 immessa in atmosfera dalle
attività umane e l'aumento delle temperature registrato dalla fine del 1800
a oggi. Secondo gli esperti, anche se gli oceani assorbono parte
dell'anidride carbonica emessa dalle attività umane, l'inquinamento
generato ha effetti per secoli e incide pesantemente sull'aumento delle
temperature globali. Nello specifico, secondo le stime degli scienziati,
ogni milione di milioni di tonnellate di CO2 generate la temperatura aumenta
di un grado Celsius. Entro il 2100 la temperatura potrebbe aumentare di 4
gradi centigradi, causando milioni di danni e migliaia di vittime.
Per rallentare il riscaldamento è necessario che una grandissima parte
delle fonti fossili non sia utilizzata. Un gruppo di ricercatori dello
University College London ha calcolato le quantità di combustibili fossili
che possono ancora essere utilizzate entro il 2050 per riuscire a non
rendere irreversibile il fenomeno. I dati non faranno certo felici le lobby
del petrolio, del carbone e del gas e nemmeno la maggior parte dei governi
nazionali, ancora fortemente puntati allo sfruttamento di questo tipo di
risorse. Si parla dell'80% delle riserve di carbone (290 miliardi di
tonnellate), un terzo di quelle di petrolio (223 miliardi di barili) e la
metà di quelle di gas, che devono rimanere inutilizzate se non vogliamo che
i livelli di CO2 salgano a valori incontrollabili.
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