La recente
inondazione di Genova, oltre a causare vittime e circa 200 milioni di danni,
ha giustamente indignato la pubblica opinione, e non solo per la mancata
preallerta. I soldi per la messa in sicurezza del torrente Bisagno erano
disponibili da 30 mesi e così pure il progetto dei lavori, che però non
sono stati eseguiti per il ricorso al TAR delle ditte partecipanti alla gara
d'appalto e per la lentezza dei tribunali amministrativi. Questa vicenda
segnala l'urgente necessità di modifiche legislative per garantire la
rapida esecuzione dei lavori utili alla protezione civile, anche stabilendo
scadenze temporali brevissime per le decisioni su ricorsi relativi agli
appalti.
Al di là di questo caso specifico, non va dimenticato che in Italia la
maggior parte di vittime e danni dovuti al dissesto idrogeologico del
territorio sono causati da abusivismo edilizio, estrazione illegale
d'inerti, disboscamento indiscriminato, cementificazione selvaggia,
abbandono delle aree montane e agricoltura intensiva. Si ripete ad ogni
emergenza: bisogna ridurre la cementificazione, fermare quegli otto metri
quadri al secondo di terra che vengono rimpiazzati dall'asfalto o dal
cemento (circa 250 mila Kmq l'anno). Promesse che però restano vane,
seguite al massimo da lacrime di coccodrillo dopo le tragedie. Le
costruzioni intanto aumentano senza sosta e senza relazione ai bisogni
effettivi: nel 1956 era urbanizzato il 2,8 per cento del territorio. Oggi è
il 7: più di due volte tanto. Consumare il suolo a questa velocità
contribuisce ad aumentare l'esposizione delle persone alle conseguenze dei
fenomeni naturali. Anche perché le costruzioni non hanno seguito per nulla
la crescita della popolazione: nel 1961 l'Italia aveva 50 milioni
d'abitanti, nel 2011 sono diventati 57. Il 12 per cento in più. Nello
stesso periodo però le case sono passate da 14 a 27 milioni. Con un aumento
di circa il 100 per cento!
I costi di questi disastri li paghiamo tutti: la prevenzione costerebbe
all'Italia meno di quello che ci costa, ogni volta, l'emergenza, circa 50
miliardi d'euro negli ultimi dieci anni. La prevenzione, però, oltre agli
investimenti per la messa in sicurezza dei corsi d'acqua (ci sono circa 12
mila chilometri quadrati di suolo a "criticità idraulica")
dovrebbe impedire lo scempio del territorio, andando a toccare precisi
interessi: è indispensabile non solo la lotta contro l'abusivismo edilizio
nel Sud, ma anche interventi ferrei sui piani regolatori per impedire
ulteriore consumo di territorio.
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