Sono ancora
vive nell'opinione pubblica le drammatiche immagini della recente alluvione
in Sardegna, che ha causato 16 vittime, tra cui 4 bambini. Non è difficile
prevedere che simili disastri si ripeteranno sempre più frequentemente nei
prossimi anni: il surriscaldamento del pianeta provocato dal mancato
controllo delle emissioni d'ossido di carbonio causa sconvolgimenti
climatici crescenti in tante parti del mondo.
Però in Italia vittime e danni sono assurdamente moltiplicati dal dissesto
idrogeologico del territorio causato da abusivismo edilizio, estrazione
illegale d'inerti, disboscamento indiscriminato, cementificazione selvaggia,
abbandono delle aree montane e agricoltura intensiva. Lo si ripete ad ogni
emergenza: bisogna ridurre la cementificazione, fermare quegli otto metri
quadri al secondo di terra che vengono rimpiazzati, anche in quest'istante,
dall'asfalto (circa 250 mila Kmq l'anno). Promesse che però restano vane,
seguite al massimo da lacrime di coccodrillo dopo le tragedie. Le
costruzioni intanto aumentano senza sosta e senza relazione ai bisogni
effettivi: nel 1956 era urbanizzato il 2,8 per cento del territorio. Oggi è
il 7: più di due volte tanto. Consumare il suolo a questa velocità
contribuisce ad aumentare l'esposizione delle persone alle conseguenze dei
fenomeni naturali. Anche perché le costruzioni non hanno seguito per nulla
il passo della popolazione: nel 1961 l'Italia aveva 50 milioni di abitanti,
nel 2011 sono diventati 57. Il 12 per cento in più. Nello stesso periodo
però le case sono passate da 14 a 27 milioni. Con un aumento di circa il
100 per cento!
I costi di questi disastri li paghiamo tutti: la prevenzione costerebbe
all'Italia meno di quello che ci costa, ogni volta, l'emergenza, circa 50
miliardi di euro negli ultimi dieci anni. La prevenzione, però, oltre agli
investimenti per la messa in sicurezza dei corsi d'acqua (ci sono ben 12.873
chilometri quadrati di suolo a "criticità idraulica") dovrebbe
impedire lo scempio del territorio, andando a toccare precisi interessi: è
indispensabile non solo la lotta contro l'abusivismo edilizio nel Sud, ma
anche interventi ferrei sui piani regolatori per impedire ulteriore consumo
di territorio. Nel 2008 lo stesso ministero dell'Ambiente aveva valutato in
40 miliardi i fondi necessari a mettere in sicurezza il territorio. In 15
anni ne sono stati spesi 4,25. Ovvero 300 milioni l'anno: troppo poco. E
come se non bastasse nell'ultima legge di stabilità i finanziamenti a
questo scopo sono stati ridotti ancora, a un decimo: 30 milioni per il 2014!
|