La voce del popolo, 27 giugno 2013, pag. 17

CARCERE

 

 

Le proposte

Brescia "anticipa" il governo

 

di Maurilio Lovatti 

 

 

Il 13 giugno il governo ha presentato un emendamento al disegno di legge delega sulle pene detentive non carcerarie e sulla messa alla prova. Prevede che per i delitti puniti con la reclusione fino a sei anni il giudice possa applicare gli arresti domiciliari. Il testo prevede che il giudice nell'applicare i domiciliari debba tenere conto dei criteri indicati nell'articolo 133 del codice penale, che riguarda la gravità del reato e la sua valutazione agli effetti della pena, escludendo così dalla misura i casi di maggior allarme sociale.

Se approvato, l'emendamento costituirà una prima sostanziosa misura per svuotare parzialmente le carceri italiane sovraffollate, che spesso versano in condizioni disumane per un paese civile: infatti la Corte europea dei diritti umani ha condannato nel gennaio 2013 l’Italia per il trattamento inumano e degradante inflitto alla sua popolazione carceraria. La condanna si basa sul fatto che le carceri italiane contano ad oggi circa 66 mila detenuti, pur avendo una capacità totale di soli 47mila posti. La proposta del governo intende affrontare questa situazione senza ricorrere ad amnistie o indulti, che sono giustamente invisi alla pubblica opinione e che intaccano il principio della certezza dalla pena.

Nella stessa direzione, tesa a sostituire per i reati minori la detenzione con pene alternativa, si sono collocate le conclusioni del recente convegno diocesano sul tema "una giustizia diversa" al quale ha partecipato il nostro vescovo Luciano con una profonda riflessione teologica sulla giustizia salvifica divina nell'Antico Testamento e nella Lettera ai Romani. In quell'occasione Luciano Eusebi, ordinario di diritto penale alla Cattolica, e uno dei massimi esperti italiani in tema di giustizia riparativa, aveva indicato possibili vie (sanzioni economiche, mediazione penale, giustizia riparativa) per ridurre significativamente la popolazione carceraria, senza intaccare la certezza della pena e senza danni per la convivenza civile. Vie praticabili per cercare di migliorare la situazione del pianeta carcere, obiettivo anche dei recenti interventi governativi.

 

 

Maurilio Lovatti

 

 

La voce del popolo, 27 giugno 2013, pag. 17

 

 

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ITALIA

Passi avanti verso le pene detentive non carcerarie  


L'emendamento costituirà una prima sostanziosa misura per svuotare parzialmente le carceri italiane sovraffollate che spesso versano in condizioni disumane per un paese civile

 

 

 

Il 13 giugno il governo ha presentato un emendamento al disegno di legge delega sulle pene detentive non carcerarie e sulla messa alla prova. Prevede che per i delitti puniti con la reclusione fino a sei anni il giudice possa applicare gli arresti domiciliari. Il testo prevede che il giudice nell'applicare i domiciliari debba tenere conto dei criteri indicati nell'articolo 133 del codice penale, che riguarda la gravità del reato e la sua valutazione agli effetti della pena, escludendo così dalla misura i casi di maggior allarme sociale.

Se approvato, l'emendamento costituirà una prima sostanziosa misura per svuotare parzialmente le carceri italiane sovraffollate, che spesso versano in condizioni disumane per un paese civile: infatti la Corte europea dei diritti umani ha condannato nel gennaio 2013 l’Italia per il trattamento inumano e degradante inflitto alla sua popolazione carceraria. La condanna si basa sul fatto che le carceri italiane contano ad oggi circa 66 mila detenuti, pur avendo una capacità totale di soli 47mila posti. La proposta del governo intende affrontare questa situazione senza ricorrere ad amnistie o indulti, che sono giustamente invisi alla pubblica opinione e che intaccano il principio della certezza dalla pena.

Nella stessa direzione, tesa a sostituire per i reati minori la detenzione con pene alternativa, si sono collocate le conclusioni del recente convegno diocesano sul tema "una giustizia diversa" al quale ha partecipato il nostro vescovo Luciano con una profonda riflessione teologica sulla giustizia salvifica divina nell'Antico Testamento e nella Lettera ai Romani. Il prof. Francesco Botturi, docente di filosofia morale e prorettore della Cattolica di Milano, ha sviluppato gli aspetti etici, mentre il prof. Ivo Lizzola di Bergamo quelli educativi. Le proposte concrete per la riforma delle leggi penali per introdurre la giustizia riparativa sono state formulate dal prof. Luciano Eusebi, ordinario di diritto penale alla Cattolica, nonché uno dei massimi esperti italiani sulla materia. Eusebi ha sottolineato che la durezza delle pene di per sé non serve a ridurre i reati (negli Usa, dove in molti stati c'è la pena di morte, gli omicidi in proporzione agli abitanti sono 7 volte di più che in Europa!) e che tolta la criminalità organizzata (circa il 10% dei carcerati), i reati sessuali e quelli dovuti all'ira, la gran parte dei reati deriva da motivazioni economiche. Molti crimini economici oggi puniti col carcere, potrebbero essere sanzionati da pene pecuniarie rapportate al reddito (in Germania ciò avviene già per circa i ¾ dei reati). Ampliando gli istituti della "messa alla prova" (anche dopo la condanna in primo grado) e della mediazione penale (adesso c'è solo per i minori) e la giustizia riparativa è possibile ridurre significativamente la popolazione carceraria, senza intaccare la certezza della pena e senza danni per la convivenza civile. Contro i reati economici vanno introdotte anche nuove norme per prevenirli. Ovviamente la carcerazione va mantenuta intatta per la criminalità organizzata e per i gravi delitti, come gli omicidi.

Il dramma del pianeta carcere è stato efficacemente descritto da don Virgilio Balducchi, ispettore generale dei cappellani carcerari italiani, che ha riportato anche episodi tratti dalla sua esperienza sul campo. Infine sono seguite comunicazioni sulle esperienze in atto a Brescia nel campo della mediazione penale. Salvaguardare la dignità del colpevole, che deve essere giustamente punito, ma nel rispetto della persona umana e senza intenti vendicativi, oltre ad essere aiutato a riabilitarsi, deve essere un impegno di tutta la comunità cristiana.

 

Maurilio Lovatti

(per la commissione diocesana

 Giustizia e pace)

 

 

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