E' in
corso in tutta Italia, fino al 4 luglio, la raccolta delle firme per i tre
referendum contro la privatizzazione dell'acqua, promossi dal Forum
italiano dei movimenti per l'acqua, che raggruppa varie associazioni del
mondo cattolico, ambientalista, del volontariato e da decine e decine di
gruppi locali per l'acqua pubblica (in provincia di Brescia sono tra i
promotori il Centro missionario diocesano e gli animatori di pastorale del
creato).
Nel 2009 è stata approvata (con 302 deputati a favore e 263 contrari,
dopo che il governo aveva posto la fiducia) la legge che, nell'ambito di
norme volte a ridurre la presenza dei Comuni nelle società che operano
nei servizi pubblici, contiene la privatizzazione della gestione delle
reti idriche. La scelta di affidare ai privati la gestione dell'acqua era
motivata ufficialmente sia dall'esigenza di favorire una maggior
concorrenza, sia dall'aspettativa che l'intervento dei privati potesse
portare quei 60 miliardi d'investimenti necessari per risistemare tubature
e fogne: causa le perdite delle reti distributive, perché arrivino 100
litri nelle case italiane in media bisogna immetterne 159 (ma in Lombardia
ne bastano 129, mentre in Puglia ne servono 180). Un disegno di legge
d'iniziativa popolare per regolamentare l'uso pubblico dell'acqua, con
oltre 400.000 firme, era stato presentato lo scorso anno, ma la
maggioranza parlamentare lo ha tranquillamente ignorato.
Secondo le associazioni dei consumatori, nel giro di 3 anni, è previsto
un aumento medio del 30% delle tariffe. Così l´onere per le famiglie
potrebbe passare dai 268 euro d'esborso medio del 2009, considerando un
consumo annuo di 200 metri cubi d´acqua, ai 348 euro l'anno del 2012. Ma
non è solo un problema economico: la gestione dell'acqua da parte di
grandi società private allontana i consumatori dai livelli decisionali e,
soprattutto al Sud, dove è potente la criminalità organizzata,
l'affidare a società private la gestione di delicati servizi pubblici
porta a gravi infiltrazioni criminose, all'aumento della corruzione, a
pesanti conseguenze per i cittadini.
L'acqua non può essere considerata solo come un bene economico. Su questo
non possono esserci dubbi e tutta la recente dottrina sociale della Chiesa
lo conferma: l'acqua è un bene pubblico, destinato a tutti, sul quale
nessuno ha diritto di guadagnare. I proventi della bolletta dell'acqua
devono essere usati per mantenere e migliorare gli impianti. Ma firmare
per i referendum non basta! Ognuno deve fare ogni giorno la sua parte per
evitare sprechi: i bresciani consumano mediamente 97 litri d'acqua al
giorno, mentre in molti Paesi dell'Africa le persone non hanno nemmeno il
minimo considerato indispensabile, cioè 5 litri al giorno!
Maurilio Lovatti
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