A mente
fredda, ad oltre un mese dalla conclusione del vertice di Copenaghen
sull'ambiente, l'impressione rimane la stessa: un mezzo fallimento,
gravido d'inquietanti conseguenze sul futuro del pianeta. La lotta
all'effetto serra implica un uso diverso e più efficiente dell'energia:
più solare, più turbine a vento, più nucleare, edifici meglio isolati,
macchine elettriche e così via. Ma da Copenaghen è arrivato all'economia
solo un messaggio confuso, privo di certezze, che non fornisce al mondo
dell'industria quei vincoli su cui poter disegnare lo stimolo agli
investimenti nelle tecnologie meno inquinanti. Un unico numero è
contenuto nell'accordo: i grandi paesi emettitori di CO2 dichiarano di
voler evitare che la temperatura media del pianeta, nei prossimi decenni,
salga più di 2 gradi, il massimo, secondo gli scienziati, che si può
raggiungere senza che l´effetto serra scateni inondazioni e siccità. Il
problema è che le temperature non si fermano da sole.
L'unico risultato concreto ottenuto è lo stanziamento di 30 miliardi di
dollari nei prossimi tre anni, per aiutare i paesi poveri a ridurre le
emissioni. Un apposito fondo Onu, entro il 2020, disporrà di 100 miliardi
di dollari l´anno con lo stesso obiettivo. I soldi arriveranno dai
governi, dalle industrie e, probabilmente, anche dai proventi dei mercati
dei diritti alle emissioni dei Paesi industrializzati.
Per mantenere le temperature entro i 2 gradi bisognerebbe, entro il 2050,
arrivare a ridurre le emissioni almeno del 50%, rispetto al 1990. I grandi
Paesi emergenti non vogliono, tuttavia, porre limiti alla propria crescita
economica se, fin d´ora, i paesi ricchi non tagliano le loro emissioni
entro il 2020 del 25-40%, quota che gli scienziati ritengono necessaria
per stare nel limite dei 2 gradi.
I Paesi industrializzati, tuttavia, non hanno messo insieme neanche un
taglio del 20%. Il risultato è che non se n'è fatto nulla. L´impegno a
ridurre le emissioni è generale, ma generico. La situazione potrebbe,
però mutare in meglio, se a primavera il Congresso Usa approverà la
legge sul clima, consentendo ad Obama di rendere operativi i drastici
tagli alle emissioni (25% nel 2025, 30 nel 2030 e 83 nel 2050 rispetto ai
livelli 2005).
Se l'obiettivo di contenere l'aumento medio della temperatura sotto i due
gradi non sarà centrato, gli scenari saranno drammatici. Nell'ipotesi un
aumento di 3 gradi rispetto ad oggi, nella seconda metà del secolo, si
avranno conseguenze irreparabili: a causa dei monsoni aumenteranno gli
uragani; lo scioglimento dei ghiacciai e l'innalzamento dei mari
spazzeranno via decine di città costiere e di isole (solo in Italia
saranno minacciati 1733 Km di costa, circa il 23% del totale); l'aumento
del calore provocherà danni alla salute ed estinzioni di varie specie
naturali. Ma soprattutto saranno ulteriormente danneggiati i poveri del
terzo mondo.
Maurilio Lovatti
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