La voce del popolo, 7 novembre 2008, pag. 6

OPINIONI

 

 

 

Ambiente

L'Italia e l'Europa si dividono

di Maurilio Lovatti 

 

 

In ottobre nell'Unione Europea si sono intensificate le riunioni per definire un piano per la difesa dell'ambiente. Gli obiettivi essenziali per il 2020 sono la riduzione del 20% delle emissioni d'anidride carbonica (principale causa dell'effetto-serra), l'aumento del 20% nell'efficienza energetica e, contestualmente, garantire che almeno il 20% della produzione energetica sia da fonti rinnovabili, come il solare, l'eolico o l'idroelettrico.
L'Italia e la Polonia hanno pubblicamente manifestato il loro dissenso sul piano proposto dalla Commissione europea, ma dietro di loro altri Paesi dell'Est sono titubanti. Il governo italiano e la Confindustria temono che il raggiungimento di questi obiettivi comporti costi insostenibili per le imprese (dai 18 ai 25 miliardi di euro l'anno, secondo il governo; dai 9,5 ai 12,3 secondo l'Unione europea). L'Italia si trova in difficoltà anche perché fino ad oggi non ha rispettato il protocollo di Kyoto, che prevede per noi una riduzione del 6,5% delle emissioni di Co2 entro il 2012 (rispetto al 1990) e rischia pesanti sanzioni per un comportamento che si traduce in una sorta di "concorrenza sleale" rispetto agli altri Stati europei virtuosi. Per noi bresciani va aggiunto che, nella nostra provincia, l'emissione di Co2 è tra le più alte in Italia (pari a circa 8,5 tonnellate annue pro-capite), dovuta in gran parte al comparto industriale.
Due osservazioni s'impongono: in primo luogo, a fronte dei costi non trascurabili per le imprese richiesti dal piano europeo (resi ancor più rilevanti dall'aggravarsi della crisi economica) occorre tener presente che le misure di risparmio energetico e per la riduzione delle emissioni possono essere una fonte di sviluppo economico e un'opportunità per quelle imprese capaci di investire in nuove tecnologie. Le politiche per l'ambiente non vanno considerate solo come un costo aggiuntivo per il sistema delle imprese, anche se è vero che per l'arretratezza culturale e la scarsa efficienza della pubblica amministrazione non tutte le opportunità saranno ben sfruttate in Italia. Inoltre il tanto criticato meccanismo sanzionatorio previsto dall'Europa per le imprese che non rispettano i parametri ambientali, anche se può essere "pesante" per alcuni settori dell'economia italiana, è in fondo giusto, perché evita che gli operatori virtuosi siano danneggiati.
Rimane il paradosso che i governi dei due Paesi più cattolici d'Europa (Italia e Polonia) siano di fatto coloro che maggiormente ostacolano le politiche ambientali in Europa, mentre negli ultimi anni la Chiesa cattolica ha ripetutamente e sempre più fermamente richiamato i fedeli e l'umanità tutta a adoperarsi, negli stili di vita personali, come nelle scelte collettive, per salvaguardare il creato, consegnarlo intatto alle future generazioni ed evitare una catastrofe ecologica, che ci minaccia in mancanza di decisi interventi correttivi dell'attuale sviluppo economico.

 

Maurilio Lovatti

 

 

La voce del popolo, 7 novembre 2008, pag. 6

 

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