La voce del popolo, 1 settembre 2022, pag. 25

 

Il laburismo cattolico esiste?

Laburismo cattolico. Idee per le riforme (edizioni Scholè) è l'ultimo libro di Flavio Felice e del bresciano Roberto Rossini

 

di Maurilio Lovatti 

 

 

Esiste un laburismo cattolico come cultura politica ispirata ai valori di solidarietà e giustizia sociale? O il laburismo cattolico è stato solo un insieme disorganico di atteggiamenti e di proposte che ha caratterizzato nell'ultimo secolo l'azione di quei cattolici più sensibili alla questione sociale?
Quali idee il laburismo cattolico può proporre attualmente alla politica per le riforme?
A queste domande tenta di rispondere il libro sul laburismo cattolico di Flavio Felice (professore ordinario di Storia delle dottrine politiche all'Università del Molise) e Roberto Rossini (portavoce dell'Alleanza contro la povertà in Italia, già presidente nazionale delle ACLI).
La prima parte del libro offre una accurata ricostruzione storica della genesi e dello sviluppo del laburismo cattolico a partire dal giudizio articolato (nel 1925) di don Luigi Sturzo sul programma riformista del partito laburista inglese e che prosegue con l'analisi del Manifesto della Scuola di Friburgo (1936), il piano Beveridge (1942) e il Codice di Camaldoli (1943). Queste elaborazioni sono valutate alla luce dei principi della dottrina sociale della Chiesa, come il personalismo, la solidarietà, la sussidiarietà, la partecipazione.
Particolare attenzione è riservata al periodo dell'Assemblea Costituente e della ricostruzione in Italia. Gli autori esaminano con rigore e chiarezza le idee di Giorgio La Pira, Giuseppe Dossetti, Achille Grandi e Giulio Pastore nel confronto con Alcide De Gasperi e le proposte della maggioranza della DC sui temi economico sociali, con particolare attenzione alle proposte delle ACLI e della componente cristiana del sindacato negli anni del dopoguerra, alla luce del personalismo e dell'umanesimo integrale di Maritain.
La parte più interessante del libro, a mio giudizio, è la seconda, nella quale gli autori abbandonano la scrittura a quattro mani (conseguenza di una ricostruzione storica e culturale condivisa) per proporre due distinti paradigmi sul tema della “declinazione di una cultura politica ispirata alla dottrina sociale della Chiesa e che sappia affrontare le grandi sfide del presente”. Due prospettive, “non necessariamente inconciliabili”, ma certamente distinte sul piano culturale e metodologico.
Il modello adottato da Flavio Felice è quello dell'economia sociale di mercato. In questa visione, che si oppone allo statalismo e ad ogni forma di pianificazione dell'economia, si auspica uno Stato forte, autorevole e imparziale, che prescrive le “regole del gioco economico” e pone in atto solo “interventi conformi all'economia di mercato” (cioè tali da non alterare i meccanismi di formazione dei prezzi basati sul principio della libera concorrenza). Compito dello Stato in economia è la lotta ai monopoli e agli oligopoli. La solidarietà è attuata dallo Stato attraverso forme di sostegno al reddito dei meno abbienti. Solo con questi saldi principi è possibile sconfiggere le tre “malebestie” che ci assillano: lo statalismo, la partitocrazia e lo spreco del denaro pubblico.
Invece Roberto Rossini segue la prospettiva dell'economia civile, che nasce dall'esigenza di modificare l'attuale modello di sviluppo basato sul profitto. Sulla base delle indicazioni di Papa Francesco (Laudato si e Fratelli tutti) ritiene indispensabile una “politica economica attiva” nella consapevolezza che “non tutto si risolve con la libertà di mercato”. L'uguaglianza sociale si realizza nella “redistribuzione come principio di equità il cui attore fondamentale è lo Stato” e con la realizzazione dell'ideale di fraternità (che presuppone la cultura del dono e di relazioni personali fiduciarie). Esempi concreti di questo nuovo modello di sviluppo sono le imprese “socialmente responsabili e i soggetti del Terzo settore” che perseguono”un interesse pubblico pur a partire dal privato”.
Posso osservare che la differenza fondamentale tra il punto di vista di Felice e quello di Rossini risale al rapporto tra liberalismo e liberismo economico, questione già posta in Italia quasi un secolo fa nel confronto tra Luigi Einaudi e Benedetto Croce. Per Einaudi, come per Flavio Felice, un autentico liberale deve essere anche un liberista in economia. Per Croce, come per Rossini, i valori fondanti del liberalismo (libertà fondamentali, stato di diritto, separazione dei poteri) non implicano il liberismo in economia.


Maurilio Lovatti

 

La voce del popolo, 1 settembre 2022, pag. 25

 

 

 

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