Maurilio Lovatti, Giacinto
Tredici vescovo di Brescia in anni difficili,
Fondazione Civiltà
Bresciana, Brescia 2009, pag. 451, € 20
20 gennaio 2010 - Sala
della Gloria
Università Cattolica di
Brescia
Resoconto
della presentazione del libro col Vescovo di Brescia
di
Elena Salvi
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Il 20
Gennaio 2010 si è tenuta presso l'Università Cattolica di Brescia, in via
Trieste, la presentazione del libro Giacinto Tredici: vescovo di Brescia
in anni difficili. Alla presentazione sono convenuti: l'assessore alla
cultura avvocato Andrea Arcai, in rappresentanza del Comune di Brescia; il
dottor Luigi Morgano, direttore della sede dell'Università Cattolica di
Brescia; il professor Mario Taccolini, docente universitario di storia e
Direttore dell'Archivio storico diocesano; il vescovo di Brescia Sua Eccellenza
mons. Luciano Monari; mons. Giacomo Canobbio e l'autore del libro il
professor Maurilio Lovatti.
Ciascuno
dei relatori ha offerto una propria riflessione sulla figura di mons.
Giacinto Tredici, sottolineandone chi l'aspetto filosofico, chi quello più
pastorale-sacerdotale e chi l'essenza dell'uomo.
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Il primo
intervento era stato affidato all'Assessore alla Cultura, avv. Andrea Arcai che,
impossibilitato a venire, ha inviato un breve commento scritto, che poi è stato letto all'assemblea dal prof. Taccolini.
L'assessore Arcai ha dato rilievo alla forza di mons. Tredici che si e
trovato ad operare a Brescia in anni difficili quali quelli della Seconda
Guerra Mondiale, della ricostruzione fisica e spirituale del Dopoguerra,
della Guerra Fredda.
L.assessore ha fatto notare come il libro sia un'analisi storica puntigliosa
e ricca di note specifiche tipiche di una lezione ben fatta. Inoltre, ha
ricordato il motto di mons. Tredici "in fide lenitate" e il
suo forte impegno per la pacificazione. Il rimando al nostro presidente
Napolitano è immediato. Anch'egli in questi ultimi anni sta puntando
fortemente alla moderazione dei toni soprattutto della politica. Mons.
Tredici, come ha sottolineato l'assessore Arcai, ha chiamato tutti all'impegno
per il rispetto degli uomini e delle istituzioni.
Testo
del saluto dell'Assessore alla Cultura del Comune di Brescia
Il secondo
intervento e stato affidato al dottor Luigi Morgano, direttore della sede dell'Università
Cattolica di Brescia.
Nel suo breve discorso, il dott. Morgano ha analizzato il legame tra mons.
Giacinto Tredici e l'Università Cattolica del Sacro Cuore che lui
rappresenta. Per farlo è partito dalla constatazione della personalità
ancora attuale di mons. Tredici, capace di trattare temi complessi con
obiettività e serenità di giudizio oltre che con chiarezza di stile.
Inoltre, nel suo intervento, il dott. Morgano ha dato voce ad un brano
tratto dal discorso di mons. Tredici, pronunciato nel gennaio del 1922, in
occasione dell'inaugurazione della sede dell'Università Cattolica. In questo
discorso si legge la gioia di mons. Tredici per lo straordinario evento dell'istituzione
di un ateneo privato, libero dal monopolio statale dell'istruzione,
la gioia di un sogno diventato realtà. Da quel momento anche per i
cattolici si e aperta la possibilità di vivere e studiare in un luogo che
li rappresenti e che sia lontano dalle imposizioni statali. Inoltre, nel
discorso si legge la convinzione di mons. Tredici dell'importanza della
creazione di università nelle quali possano convivere pacificamente scienza
e fede.
In conclusione del suo intervento, il dott. Morgano ha ricordato, in accordo
con il pensiero di mons. Tredici, che l'università deve essere un luogo per
lo sviluppo del pensiero umano, della verità e della vita.
Testo
del saluto del Direttore dell'Università Cattolica di Brescia
Il terzo
intervento è stato affidato al professor Mario Taccolini.
Nel suo discorso ha dapprima rilevato la convergenza alla presentazione del
libro di tre importanti istituzioni bresciane: l'Archivio storico diocesano
di recente costituzione e di contiguità anche fisica con l'Università; il
Dipartimento di Scienze Storiche e Filologiche che si occupa della storia
nelle sue molteplici sfaccettature temporali; e la Fondazione Civiltà
Bresciana, con il suo presidente mons. Antonio Fappani, editore del libro.
Nel prosieguo dell'intervento, il prof. Taccolini si è posto l'obiettivo di
dare risposta a tre importanti domande: perché la scelta dell'Università
Cattolica per la presentazione del libro; chi è l'autore; e infine perché
è stato scritto questo libro.
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I motivi
della scelta della sede dell'Università Cattolica per la presentazione del
volume sono essenzialmente due: il primo riguarda l'impegno che l'Università
ha sempre profuso nella ricerca storica e negli studi con esiti proficui e
prolungati nel tempo, grazie anche ad una produzione scientifica
consolidata; il secondo riguarda l'impegno che l'Università Cattolica ha
sempre avuto nell'interloquire da storici e studiosi con la cultura e la
storia della terra bresciana. Questo è stato possibile grazie ad una forte
impostazione scientifica del Dipartimento di Scienze Storiche, dell'Archivio
storico della Resistenza bresciana e dell'età contemporanea, e dell'Archivio
della storia del movimento sociale cattolico bresciano. Le due motivazioni addotte
dimostrano la coerenza tra l'impegno sempre profuso e l'opera su Giacinto
Tredici.
L'autore, il professor Maurilio Lovatti, é un docente di storia e filosofia
al Liceo Copernico, uno studioso di filosofia morale e storia della
filosofia, e un laico attivo, soprattutto in parrocchia e in ambito
ecclesiale. Il suo istinto
pedagogico, tipico della sua professione-missione, lo porta a cercare di
capire il presente con l'intelligenza del passato. Il professor Taccolini ha
inoltre sottolineato come il suo spirito lo si veda chiaramente anche nell'aver
affidato ai suoi studenti di quinta liceo copia del libro, mossa azzardata
per la consistenza dell'opera, ma anche coraggiosa e basata sulla
consapevolezza che, guardando a figure importanti del passato, si può
diventare donne e uomini maturi. Dall'opera emerge che l'aspetto civile e
religioso sono molto legati, per capire Brescia non si può prescindere
dalla sua storia religiosa.
Il professor Taccolini ha ricordato che l'intento iniziale dell'autore era
quello di comprendere il pensiero di mons. Tredici, che era uno dei
fondatori e tra i principali esponenti della Rivista di Filosofia
Neoscolastica, nonché autore di un importante manuale di storia della
filosofia, dunque di capirne l'impianto teoretico. Ma poi, non potendo
prescindere dalla persona di mons. Tredici, lo studio si è allargato all'uomo,
al sacerdote, al vescovo. L'autore dunque si è occupato anche della
giovinezza, del sacerdozio, della vita pastorale e dell'insegnamento di
mons. Tredici, fino alla sua scomparsa nel 1964.
Due sono le ragioni che hanno spinto l'autore alla stesura del libro.
Innanzitutto, ha rilevato il professor Taccolini, perché era necessario
colmare una lacuna. Il volume sulla Diocesi di Brescia della
collana di Storia delle Diocesi Lombarde edito dall'Editrice La Scuola
nel 1992, dedica nel capitolo sulla Chiesa Bresciana nell'età contemporanea,
XIX-XX secolo, solo poche pagine (7/8) al vescovo Giacinto Tredici,
ovviamente non sufficienti per descrivere appieno il personaggio. La
trilogia A servizio del Vangelo edita nel 2005 relativa all'opera di
evangelizzazione a Brescia, nel
terzo volume sull'età contemporanea, dedica circa 25/30 pagine alla figura
del vescovo Tredici, anche in questo caso non sufficienti a darne una
visione completa. Per il resto si trovano solo sprazzi all'interno di
commemorazioni, come quella offerta da mons. Giammancheri. Dunque, ha
sottolineato il professor Taccolini, il libro del professor Lovatti ha
permesso di conoscere in profondità mons. Tredici. In secondo luogo, il
motivo che ha spinto a redigere questo corposo libro è stato, secondo il
professor Taccolini, il riconoscere che i trent'anni dell'episcopato di
mons. Tredici hanno definito la Chiesa bresciana alla vigilia del Concilio
Vaticano II, promuovendo importanti precorrimenti dell'ideologia conciliare.
Il quarto
intervento è stato affidato a Sua Eccellenza mons. Luciano Monari,
vescovo di Brescia.
Sua Eccellenza mons. Monari, dopo essersi congratulato per l'opera che gli
ha permesso di arricchirsi della cultura di Brescia, della sua storia e
della sua identità, ha espresso la propria soddisfazione per aver letto il
libro. Il volume, con cui e venuto a contatto nel suo costituirsi grazie
alle varie bozze a lui pervenute, gli ha permesso, infatti, di approfondire
la figura di Giacinto Tredici che lui conosceva solo marginalmente.
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Sua
Eccellenza ha ricordato che ciò che lo ha maggiormente stimolato è stato
il Tredici vescovo e filosofo. In esso egli si è immedesimato, cercando di
capire come si sarebbe comportato lui proprio in quei momenti difficili che
mons. Tredici ha dovuto affrontare.
Nel suo intervento mons. Monari ha portato in luce la forza e il carisma di
mons. Tredici analizzandone la posizione nei confronti della Prima Guerra Mondiale, tramite alcuni
riferimenti presi dal capitolo 9 dell'opera. In quegli anni, ha ricordato
Sua Eccellenza, c'era una forte contrapposizione tra la posizione di netto
contrasto alla guerra di Papa Benedetto XV e l'atteggiamento dei cristiani,
tenuti all'obbedienza alle legittime autorità civili che invece spingevano
allo scontro bellico. Dunque vi era una forte lacerazione all'interno del
popolo cristiano e in particolare tra i pastori che dovevano garantire unità
all'intero popolo. Tra i vescovi e gli esponenti cattolici di maggior
rilievo vi erano posizioni non univoche, ne è un esempio il contrasto
ideologico tra mons. Tredici e Padre Gemelli.
Per avvalorare la complessità e la saggezza di mons. Tredici, mons. Monari
ha riproposto alcune riflessioni di mons. Tredici sulla situazione
socio-politica dell'Italia negli anni precedenti e durante la Prima Guerra Mondiale.
La prima è una riflessione sul concetto di nazione e sul nazionalismo.
Mons. Tredici contrasta fortemente il marxismo e il socialismo, come anche
il nazionalismo che trasforma tutto in volontà di supremazia, ovvero in
egoismo. Per mons. Tredici il concetto di nazione deve essere legato al
concetto di cultura. Il confronto tra diverse nazioni deve basarsi, dunque,
sugli aspetti culturali e la diversità non deve portare al contrasto, ma
all'arricchimento reciproco. Inoltre mons. Tredici aborre la guerra, in
particolare quando essa non è fatta per tutelare i diritti delle persone,
ma per esplicare le energie nazionali, quasi come fosse un esercizio sportivo. Se
non si supera questo concetto, la guerra non potrà mai essere uno strumento
di crescita dell'umanità e della cultura umana.
In secondo luogo, mons. Monari ha riportato la convinzione che mons. Tredici
aveva circa il fallimento del diritto internazionale e delle convenzioni tra
gli Stati. Secondo mons. Tredici, il diritto internazionale così come è
concepito dal positivismo è fragile nella misura in cui prevalgono gli
interessi dei singoli sui patti e le convenzioni stipulate. L'unico modo per
dare forza a tale diritto è trasformarlo, secondo questa errata
prospettiva, in un diritto che considera i diritti e i doveri fondati solo
su convenzioni, che nascono dall'accordo, anche se esso può essere mutato.
Come sottolinea anche Sua Santità Benedetto XVI, il pericolo è quello del
relativismo, in quanto eliminando la matrice naturale si tolgono i diritti e
i doveri naturali facendo emergere solo la volontà dei singoli, fatto
inquietante.
In terzo luogo mons. Monari ha riportato alcune riflessioni di mons. Tredici
sul significato della guerra. Il mondo e la storia sono nelle mani di Dio,
ma molti si chiedono se la guerra sia un suo volere. Mons. Tredici, invece,
parte dalla considerazione che Dio, attraverso la guerra, ci vuole dare un
messaggio che ogni cristiano dovrebbe cogliere con responsabilità e
decisione. Secondo mons. Tredici, due sono i grandi torti che si sono
trasformati in colpe nazionali: la spensieratezza di vita e l'irreligione.
Per spensieratezza di vita si intende l'incapacità di godere della virtù.
Ciascuno dovrebbe assumersi la responsabilità delle cose del mondo,
allontanando da sé la sete di godimento, di sensazioni forti, desiderate senza pensare
alle conseguenze che esse portano con sé. Bisogna evitare che la leggerezza
dei singoli divenga la pesantezza di qualcun altro. Un'altra piaga è l'irreligione.
Il mondo non accenna a modificare il contrasto con il diritto di Dio. Dio
dovrebbe essere la meta ultima del cammino dell'uomo, perdere questa
aspirazione significa riempire il vuoto con qualcosa di effimero che non
porta però alla pienezza di vita.
Infine, in quarto luogo, mons. Monari ha riportato le
riflessioni di mons. Tredici sulla fine della guerra e sulle condizioni
poste dal trattato di Versailles. Mons. Tredici le ha fortemente contestate
perché non le riteneva adeguate, ma anzi pericolose, in quanto
giustificatrici della reazione della Germania oppressa dalle condizioni
imposte. Secondo mons. Tredici sussisteva il rischio di una reazione tedesca
nei confronti delle altre potenze per i torti subiti.
Il quinto intervento e stato affidato a mons. Ciacomo Canobbio.
Mons. Canobbio ha dato inizio al suo intervento citando parte di un discorso
del teologo milanese Carlo Figini inerente al legame tra Tredici e Minoretti.
Mons. Tredici riteneva Carlo Minoretti, docente della facoltà di teologia,
un uomo dotato di un'impagabile chiarezza di idee oltre che di equilibrio
nell'animo e nel pensiero. Mons. Tredici è succeduto a Minoretti e, secondo
Figini, ne ha ereditato non solo la cattedra, ma anche le doti. Infatti,
secondo Figini, mons. Tredici ha affrontato il suo magistero con serenità
di mente, ha agito con l'obiettivo di conoscere la realtà del pensiero
degli avversari e si e distinto per la sua capacita di vedere il
buono anche nei sistemi errati.
Mons. Canobbio ha continuato nella sua analisi della figura di mons.
Tredici, soffermandosi sul suo impegno nell'insegnamento. Mons. Tredici ha,
infatti, insegnato filosofia e storia della filosofia presso il seminario di
Monza. Nel 1916, quando già insegnava teologia, ha assunto anche la carica di
direttore della rivista "La scuola cattolica" del
Seminario diocesano milanese.
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Pochi,
pero, sono gli scritti che ci rimangono di mons. Tredici: alcuni articoli
sulla Rivista di filosofia neoscolastica fondata con Gemelli, alcuni articoli,
a partire dal 1910, sulla rivista "La Scuola cattolica" e nel 1909 la
pubblicazione del Corso di storia della filosofia, edito dall'Editrice
Fiorentina di Firenze.
Nel proseguo del suo intervento, mons. Canobbio ha riportato alcune
circostanze che fanno emergere le caratteristiche del pensiero e dell'insegnamento
di mons. Tredici. La prima circostanza riguarda la difesa della tesi di
Desiré Mercier sulla criteriologia gnoseologica, cioè quell'ambito del
pensiero filosofico che definisce che cosa accade quando noi conosciamo.
Mons. Tredici difende le tesi di Mercier e della scuola di Lovanio, in
contrasto con quelle di Masnovo e Olgiati. Egli lo fa sottolineando
l'importanza per la filosofia scolastica di fare propri senza contraddizione
tutti i risultati delle scienze naturali, quindi pone l'attenzione alla
cultura emergente, attenta alle scienze naturali.
La seconda circostanza riportata da mons. Canobbio si concentra sul dialogo
a distanza, pubblicato sulla rivista di Filosofia Neoscolastica, tra mons.
Tredici e il filosofo bresciano Bernardino Varisco sull'unità dell'essere. Nello
scambio di opinioni, mons. Tredici difende la trascendenza opponendosi al
rischio di panteismo derivante dalla filosofia di Varisco. Ciò che mons.
Canobbio ha sottolineato è la capacita di mons. Tredici di intessere un
vivace dialogo con il suo avversario, senza mai demonizzarlo; infatti, il
rapporto tra i due si interrompe quando le posizioni si fanno troppo
differenti e il rischio di scadere in uno scontro personale è alto. Come ha
ricordato mons. Canobbio, il modo di agire di mons. Tredici punta alla
comprensione del pensiero dell'altro e alla scoperta dei punti di contatto e
di divergenza.
La terza circostanza riportata da mons. Canobbio è relativa alla
valutazione critica di mons. Tredici nei confronti del modernismo che nei
primi anni del '900 cominciava a diffondersi tra i teologi e i filosofi
cattolici. Anche il
seminario di Milano ne fu coinvolto per le tendenze moderniste ingiustamente
attribuite da alcuni zelanti al card. Ferrari. Mons. Tredici si trova a
difendere l'enciclica Pascendi Gregis del 1907, ma anche a criticare
fortemente le posizioni troppo ottusamente cattoliche che vedevano nel
modernismo solo aspetti negativi, di perdizione. Mons. Tredici non smentisce
la sua indole vedendo anche nel modernismo qualcosa di buono. Nel 1924 mons.
Tredici lascia l'insegnamento per diventare parroco e poi vicario generale.
In quegli anni il dibattito tra teologia e teologia scolastica è forte: il
modernismo ha posto il problema della ricerca storico-critica. Tale
dibattito pone il dubbio su quale sia il rapporto tra l'indagine razionale
ed esegetica e la fede cristiana. Nel 1910 mons. Tredici scrive un'opera su
quale sia l'oggetto della teologia, ovvero il “dato rivelato”. In questa
opera Tredici recupera da Tommaso il valore della teologia positiva, anche
se sembra che nella Summa non si trovi accenno alla teologia positiva.
Mons. Tredici è favorevole alla teologia positiva, ma soprattutto alla
teologia scolastica, in quanto basa il rapporto tra fede e ragione in
coerenza con la concezione della costituzione Dei Filius del 1870,
che è una costituzione dogmatica sulla fede cattolica, e sull'enciclica di
Leone XIII Aeterni Patris, del 1879, che riforma gli studi teologici.
Secondo questi scritti emerge la funzione preparatoria alla fede della
filosofia scolastica, che mons. Tredici considera la più adatta per il
rispetto della ragione. La filosofia scolastica, infatti, secondo Tredici,
prepara all'adesione alla fede, ma poi considera anche la scienza. La scelta
di mons. Tredici di recuperare questi due importanti scritti è legata al
rischio del sentimentalismo; egli teme che la fede diventi come un moto
dello Spirito che perde l'oggettività del contenuto. Secondo mons. Tredici,
la fede non dovrebbe né chiudersi alla ragione né legarsi al sentimento.
A seguito dell'analisi delle varie circostanze, mons. Canobbio ha
sottolineato quanto mons. Tredici fosse uomo rispettoso, ma determinato nel
difendere le sue posizioni. Per avvalorare questa sua affermazione, mons.
Canobbio ha richiamato altri tre esempi concreti.
Il primo esempio riguarda l'interpretazione di mons. Tredici del caso
Galileo. Nel suo manuale di storia della filosofia, mons. Tredici dedica
alcune pagine al caso Galileo, riconoscendo l'errore delle Congregazioni
romane. Mons. Tredici sostiene, in primo luogo, che la sentenza, per essere
considerata infallibile, avrebbe dovuto essere formulata dal Papa e, in
secondo luogo, che le congregazioni romane confusero la scienza con la fede.
Il secondo esempio riguarda il tema di sindacati. Sulla rivista Civiltà
Cattolica comparve un articolo di condanna delle pretese dei sindacati
sul quale mons. Tredici dissentì. Infatti in una lettera a Toniolo, egli
non condanna i sindacati perché li riteneva i sostenitori dei diritti naturali
delle persone, diritti ascrivibili proprio alla natura umana in quanto tale.
Il terzo esempio riportato da mons. Canobbio riguarda il rapporto tra mons.
Tredici e Padre Gemelli. Quest'ultimo, in occasione dell'avvio della rivista
Vita e pensiero, scrisse un articolo dal titolo Medioevalismo
e modernismo, nel quale denigrava il modernismo e l'annessa cultura
moderna. Mons. Tredici contesta la posizione di Padre Gemelli ritenendo che
non dovesse esistere un contrasto tra cristianesimo e cultura moderna, perché
per vivere oggi non serve guardare solo al passato.
In conclusione del suo intervento, mons. Canobbio ha riportato due
frasi-motto di mons. Tredici che ne definiscono anche la personalità:
"In fide et lenitate" e "Le cose vere vere sono poche
poche", un invito a soffermarsi e a unirsi solo sulle cose autentiche,
senza artificiali contrapposizioni.
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Infine,
il sesto intervento è affidato all'autore, il professor Maurilio
Lovatti.
Nel suo brevissimo intervento, oltre a salutare e ringraziare sia i
convenuti, ed in particolare il Vescovo, sia quanti hanno contribuito
alla realizzazione dell'opera (mons. Fappani, l'editore, mons. Corti
e mons. Mingotti, la Cassa Padana e il Comune di Brescia che diffonderà il libro
nelle scuole bresciane) il professor Lovatti si e concentrato
sulla figura di mons. Tredici quale vescovo di Brescia durante il
periodo del fascismo e della guerra. Il professore ha sottolineato
come mons.
Tredici mai si sia fatto influenzare dalle spire del fascismo,
favorendo invece la Resistenza e non ostacolando i giovani dirigenti
dell'Azione Cattolica che vi parteciparono quasi tutti. Inoltre, il professor Lovatti ha
ricordato come mons. Tredici non ebbe timore di introdurre
innovazioni e cambiamenti, favorendo cosi l'impegno consapevole dei laici nella
Chiesa, non come meri esecutori delle direttive della gerarchia. Era
favorevole all'ecumenismo e in alcuni ambiti fu precursore del
rinnovamento conciliare.
Alla
presentazione del libro erano presenti, tra gli altri, mons. Antonio
Fappani, l'avv. Cesare Trebeschi, già sindaco di Brescia, don
Gabriele Scalmana, don Arturo Balduzzi, don Angelo Pizzetti, don
Samuele Battaglia, don
Luca Danesi, don Andrea Gregorini, il prof. Marco Paolinelli,
docente di filosofia all'Università Cattolica di Brescia, Marco
Fenaroli, Segretario generale provinciale della CGIL, il prof.
Franco Manni, il prof. Virginio Prandini e un gruppo di studenti della classe quinta A del Liceo
Copernico di Brescia.
L'avv. Cesare Trebeschi e don Gabriele
Scalmana
Mons. Antonio Fappani
Un momento dell'incontro nella Sala
della Gloria in Cattolica
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Maurilio Lovatti, Giacinto
Tredici vescovo di Brescia in anni difficili, Fondazione Civiltà
Bresciana, Brescia 2009, pag. 451
Giacinto
Tredici, vescovo di Brescia in anni difficili
Maurilio
Lovatti Indice generale degli scritti
Maurilio
Lovatti Scritti di storia locale
Elena Salvi Resoconto
della presentazione del libro col Vescovo di Brescia 20 gennaio 2010
Maurilio Lovatti, Giacinto Tredici
vescovo di Brescia in anni difficili, Fondazione Civiltà Bresciana,
Brescia 2009, pag. 451, € 20
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