Maurilio Lovatti, Giacinto
Tredici vescovo di Brescia in anni difficili,
Fondazione Civiltà
Bresciana, Brescia 2009, pag. 451, € 20
20 gennaio 2010 - Sala
della Gloria
Università Cattolica di
Brescia
Resoconto
della presentazione del libro col Vescovo di Brescia
di
Anna Mazzini e Alessia Paroli
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Mercoledì
20 gennaio 2010 alle ora 17.30 presso la Sala della Gloria dell'Università
Cattolica del Sacro Cuore a Brescia c'è stata la presentazione del libro di
Maurilio Lovatti, Giacinto Tredici vescovo di Brescia in anni difficili,
pubblicato dalla Fondazione Civiltà Bresciana.
Erano presenti il prof. Mario Taccolini, docente di storia
dell'Università Cattolica e direttore dell'archivio storico diocesano; Mons.
Giacomo Canobbio, Vicario Episcopale per la Cultura; Mons. Luciano
Monari, vescovo di Brescia, l'autore Maurilio Lovatti e il
direttore della sede bresciana dell'università, dott. Luigi
Morgano.
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Il saluto
dell' assessore di Brescia, avv. Andrea Arcai, assente per motivi
influenzali, è stato letto dal prof. Taccolini; nel testo del saluto è
presentata sinteticamente la figura di Giacinto Tredici, confrontandola con
la figura di Don Giacomo Vender, cappellano militare e parroco degli
sfrattati.
Giacinto Tredici, vescovo di Brescia dal 1933 al 1964, ebbe un ruolo guida
nella Città e insieme a Don Giacomo Vender rappresentò un personaggio
chiave negli anni del fascismo e della resistenza. Lungo i trent'anni
dell'episcopato di Tredici si viene configurando la fisionomia della chiesa
di Brescia, alla vigilia del Concilio Vaticano secondo.
Per
L'assessore Arcai, Maurilio Lovatti ha presentato l'intero panorama storico
di Tredici, scrivendo un libro di ben 451 pagine. Per l'avv. Arcai, l'autore
ha presente l'intero panorama del dibattito storiografico e informa
puntualmente di tutte le posizioni più recenti. Il libro, corredato da un
apparato fotografico, è ricco di note e ogni affermazione, ogni passo
citato, sono rintracciabili nell'apparato critico che lo corredano. È una
lettura che richiede un certo tempo, perché si tratta di tenere fra le mani
monsignor Tredici per oltre quattrocento dense pagine. Ma l'autore non è
solo uno storico di professione, è anche professore delle scuole secondarie
e questa serissima biografia ha il piglio narrativo e la gradevolezza di una
lezione ascoltata. Il libro racchiude pagine estremamente attuali che
esprimono la necessità di dialogo e la ricerca della pacificazione degli
animi, evidenziata dal motto di Tredici "con fede e dolcezza". Nel
libro, la figura di Giacinto Tredici viene rappresentata da un punto di vista
storico-culturale estremamente moderno e in grado di affrontare temi e
problematiche complesse con serenità e soprattutto razionalità.
Testo
del saluto dell'Assessore alla Cultura del Comune di Brescia
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Ha preso
poi la parola il direttore della sede bresciana dell'Università Cattolica, dott.
Luigi Morgano. Il titolo del volume, ha affermato Morgano, è inequivoco
presentando, dal punto di vista storico, la figura di SE Mons. Giacinto
Tredici: ne emerge una personalità particolarmente attuale, capace di
affrontare temi complessi con "obiettività e serenità di giudizio e
chiarezza di stile".
Richiama il capitolo 7, alle pagine 363 e 364, laddove si parla del rapporto
tra Mons. Tredici e l'Università Cattolica del Sacro Cuore e viene
ricordata la gioia con cui, nel gennaio del 1922, Mons. Tredici annuncia ai
lettori de La Scuola Cattolica, di cui è Direttore, l'istituzione
dell'Ateneo. La funzione pragmatica dell'Università Cattolica e della
scuola libera non era, per Mons. Tredici, la più importante: per lui, la
funzione apologetica rappresenta qualcosa di "più elevato e
grandioso". Come ampia e grandiosa deve essere l'idea che guida
l'Ateneo dei cattolici italiani e che lo sostiene laddove afferma che agli
avversari che parlano di antagonismo fra scienza e fede, l'università
cattolica deve mostrare in atto l'accordo tra l'una e l'altra, creando
"focolai scientifici apertamente cristiani", dove la scienza trovi
cultori appassionati e valenti, che si impongano col loro valore di
scienziati non meno che per la pratica esemplare di vita e di fede
cattolica.
Testo
del saluto del Direttore dell'Università Cattolica di Brescia
Il
prof. Mario Taccolini, dopo il saluto del Direttore e dopo aver
ringraziato il Dipartimento di scienze storiche e filologiche dell'università;
la Fondazione della Civiltà bresciana (il cui fondatore è mons. Antonio
Fappani) che ha edito il volume, e l’autore, introduce gli interventi
degli altri partecipanti in quest’ ordine: Mons. Luciano Monari, Mons.
Giacomo Canobbio e infine il prof. Lovatti.
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Taccolini
si pone tre interrogativi ai quali si limita a rispondere con sintetiche
argomentazioni: la scelta di questa sede, cioè dell'Università Cattolica
di Brescia, per la presentazione di questo volume; chi è l'autore; perché
ben 450 pagine.
È stata scelta proprio la Cattolica di Brescia, perché qui da sempre ci
sono stati studi scientifici e ricerche storiche da cui sono derivati grandi
risultati, consolidati nel tempo . Quindi questa sede risulta essere del
tutto pertinente.
Maurilio Lovatti, docente di liceo, insegna storia e filosofia al
Copernico, attivo ecclesialmente; si dedica soprattutto allo studio della
filosofia e della storia della filosofia. Maurilio Lovatti con quest'opera
si propone di "capire il presente con l' intelligenza del
passato", attraverso un principio ispiratore di natura pedagogica.
Questo volume è tra le mani anche dei suoi studenti liceali, è quindi
questa un'opzione da un lato etica-culturale con una valenza pedagogica,
dall'altro anche coraggiosa, essendo un libro impegnativo, se non altro per
la mole. Per comprendere il presente bisogna conoscere e capire con
intelligenza il passato civile e religioso: non si comprende la civiltà, il
presente bresciano senza comprenderne la storia religiosa. L'interesse
filosofico di Maurilio Lovatti emerge nella volontà di conoscere e di
capire l'intento teoretico di uno dei fondatori della rivista di filosofia
neoscolastica, cioè Giacinto Tredici, autore anche di un manuale di storia
della filosofia,
partendo dalla sua giovinezza, dalla sua formazione fino alla sua scomparsa
nell’agosto del 1964. L’autore
dunque ci dà una visione a 360° di Giacinto Tredici, del quale prima si
era solo brevemente trattato. Sono
quindi 450 pagine scritte per colmare una lacuna nella storia bresciana.
Taccolini, curatore del volume,
A servizio del vangelo (La
Scuola, Brescia 2005) testimonia come lo scarso spazio dedicato alla figura
di Tredici nella storia della diocesi bresciana fosse dovuto a mancanza di
studi storici documentati: lacuna che ora è stata finalmente colmata.
Mons.
Luciano Monari, vescovo di Brescia, spiega i motivi per cui ha letto
volentieri questo libro. Monari ricorda che il professor Lovatti gli mandava
i diversi capitoli del libro in bozza, grazie ai quali ha acquistato poco
alla volta un' immagine sempre più viva di Giacinto tredici, che prima
conosceva solo di nome.
Tredici pur essendo importante come Vescovo, ha suscitato l'interesse di
Monari soprattutto come figura di filosofo e di pensatore.
Monari rileggendo il libro si metteva nei panni di Tredici e si immaginava i
comportamenti più adatti e adeguati da tenere nelle varie situazioni. Cita
allora il capitolo nove, da cui emerge che Tredici, in sintonia col Papa, ha
una posizione nettissima contro la prima guerra mondiale, ma dall'altra
parte sottolinea il dovere dei cristiani di obbedire alle legittime
autorità, che invece avevano
deciso l'ingresso in guerra dell'Italia. Ciò aprì una lacerazione tra i
pastori che dovevano raccogliere il popolo cristiano in unità.
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Tredici
riflette sul concetto di Nazione e Nazionalismo, inserendoli in una
dimensione spirituale. Il rapporto tra culture e nazioni diverse non è un
motivo di oppressione e contrasto, ma di armonia e di arricchimento. In
questa riflessione di rifiuto dell'atteggiamento nazionalista e di
accettazione delle diverse identità culturali come momento di arricchimento
reciproco, traspare la modernità di Tredici.
Don Giacinto vede nella prima guerra mondiale il fallimento del diritto
internazionale, che si è quindi rivelato fragile. È quindi evidente la
necessità di consolidare il diritto internazionale "per bloccare
l'egoismo che il desiderio di potenza porta con sé".
Tredici fa riferimento alla sua visione positivista del diritto secondo cui
non esistono doveri o diritti legati alla natura umana, ma solo convenzioni
che nascono dall'accordo o dalla forza. Però dal momento che gli accordi si
possono modificare, le convenzioni sono deboli. Togliere la legge naturale
umana significa togliere i diritti e quindi anche i doveri, ciò che rimane
è la semplice volontà (che si spera sia buona). Tredici è convinto che
Mondo e Storia siano nelle mani di Dio così come lo è la guerra,
considerata da Giacinto uno strumento che conduce al male e non alla
crescita dell'uomo; è quindi nell'esperienza della guerra che bisogna
interrogarsi su ciò che Dio vuole dirci e su quale posizione prendere verso
essa. Tredici attribuisce alle cause della guerra la spensieratezza di vita
e l'irreligione, "due grandi torti riscontrati guardando in noi
stessi".
La spensieratezza di vita comporta una maggiore sete di godimento e quindi
una minore virtù; l'irreligione diventa un'apostasia ufficiale.
L'irreligiosità è una violazione dei diritti di Dio, una
"castrazione" della vocazione che l'uomo ha del trascendimento di
sé. Dio ci vuole togliere da questi due torti.
E' un invito ad assumersi maggiori responsabilità e a non dare spazio alla
sete di godimento. È necessario che nasca in noi stessi un atteggiamento di
responsabilità affinché si verifichi una crescita costruttiva dal punto di
vista umano.
Cancellare queste dimensioni significa avere un vuoto nella vita, se non
c'è Dio, al posto di Dio ci mettiamo volontà di potenza, leggerezza di
vita, che diventano un riferimento assoluto per la nostra esistenza.
Sempre
nel capitolo nono del libro, si parla delle clausole del trattato di
Versailles in cui la Germania si sarebbe potuta
attendere le reazioni punitive dell’Intesa e viceversa
quest’ultima avrebbe potuto prefigurarsi la futura reazione
tedesca. Il piano di Wilson che prevedeva il rispetto del principio di
nazionalità, fu sconvolto dagli interessi dei vincitori , in quanto questo
piano era sia di difficile applicazione in Europa, abitata da diversi gruppi
etnici, sia non coincideva con un ideale di pace punitiva, cioè non
premiava i vinti e non puniva gli sconfitti. Per Tredici si è fatta una
pace iniqua che ha giustificato la Germania, la quale avrebbe “covato”
la possibilità di rifarsi sulle potenze vittoriose. Mons. Luciano
Monari ha quindi letto con interesse il libro, perché ha suscitato in lui
degli interrogativi relativi al modo di pensare alla Storia e al significato
di appartenere ad uno Stato o ad una Nazione in una prospettiva più che
attuale.
A questo punto interviene mons. Giacomo Canobbio che prende in
considerazione la seconda parte del libro dove è esaminato il pensiero di
Giacinto Tredici.
Canobbio ricorda una citazione di mons. Figini, riguardo la successione di
Giacinto Tredici al prof. Minoretti nella cattedra di teologia a Milano,
dicendo che Tredici ha ereditato da Minoretti due caratteristiche importanti
: un'impagabile chiarezza di idee e uno straordinario equilibrio tra animo e
pensiero. L'autore, Maurilio Lovatti, si preoccupa di recuperare all'interno
degli scritti di Tredici (pochi, tra cui alcuni articoli per la rivista di
filosofia neoscolastica fondato dallo stesso Tredici insieme a Gemelli e
altri per la Scuola Cattolica) queste due caratteristiche, che secondo
Canobbio sono riscontrabili in diverse circostanze.
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Le
circostanze individuate dal mons. Canobbio sono le seguenti:
Nell'ambito della discussione criteriologica (cioè sulle questioni
gnoseologiche) nella quale Giacinto Tredici difende le tesi relative
all'evidenza della scuola di Lovanio, dove insegnava Desirè Mercier e le
contrappone con tangibile dissenso a quelle di Masnovo e Olgiati. Infatti il
don Giacinto apprezza le tesi del Mercier in quanto avrebbero permesso alla
filosofia scolastica di fare propri i risultati delle scienze naturali. In
questa circostanza Tredici manifesta quindi un attenzione alla cultura
contemporanea.
Nel dialogo con Bernardino Varisco relativo all'unità dell'essere,
sviluppatosi sulla rivista filosofica neoscolastica, Tredici vuole difendere
la trascendenza, poiché vede in Varisco il rischio di panteismo; il dialogo
però alla fine, dopo anni, si interrompe perché i due interlocutori hanno
posizioni molto diverse.
Canobbio prende in considerazione la valutazione critica del modernismo da
parte di Tredici. Il Seminario diocesano di Milano era sospettato di
modernismo, (in particolare il cardinale Ferrari). Tredici difende con
estrema fermezza l'enciclica Pascendi emanata da Pio X nel 1907, ma
allo stesso tempo è critico nei confronti dei troppo zelanti difensori
delle posizioni cattoliche. Egli coglie in alcuni autori modernisti una
positività e si interroga sulle loro intenzioni
Tredici esamina il rapporto tra la teologia positiva e la teologia
scolastica (dibattito acceso a quel tempo). E quindi affronta i seguenti
temi:
Innanzitutto l'oggetto della teologia è il dato rivelato. Tredici riconosce
il valore della teologia positiva e lo recupera in Tommaso, insiste però
sulla teologia scolastica perché ragiona sulla base della concezione del
rapporto tra fede e ragione che gli viene dal Concilio Vaticano I e
dall'enciclica di Leone III Aeterni Patris (1879), che Tredici
vede come espressione più genuina del rispetto della ragione, e come
preparatoria per l'adesione alla fede (funzione apologetica della ragione).
Recupera questa impostazione perché intravede il rischio di cadere in una
forma di sentimentalismo cioè quando la fede perde l'oggettività del
contenuto che non può essere chiuso dalla ragione, nè precostituito dal
sentimento.
Canobbio esamina anche le circostanze in cui emerge la determinazione di
Tredici nel difendere le sue posizioni:
1) Nel caso di Galileo dice che bisogna riconoscere che ci fu un errore da
parte delle Congregazioni romane che lo hanno condannato (1633), così come
nel caso della condanna della dottrina copernicana (1616) giudicata
contraria alla fede; infatti secondo lo stesso Tredici non bisogna
confondere un dato scientifico con un dato di fede.
Queste riflessioni di Tredici avvengono nel 1909, anno di piena bufera
modernista, in cui era davvero coraggioso chi le pronunciava , dal momento
che spettava solo al papa ex cathedra giudicare la Chiesa.
2) Nel 1914 uscì un articolo della civiltà cattolica che condannava le
pretese dei sindacati. Tredici esprime il suo dissenso alla posizione della
Civiltà Cattolica, non temendo quindi di esprimere la sua solidarietà ai
sindacati. Risulta evidente l'influenza sul pensiero di Tredici da parte di
Tommaso, il quale trovava i diritti delle persone iscritti nella natura
umana.
3) Infine Canobbio tratta del rapporto tra Giacinto Tredici e padre Gemelli
autore di Medievalismo e Modernismo. Un rapporto conflittuale che
trovava come principale punto di contrasto il modernismo rifiutato
completamente da padre Gemelli. Tredici invece credeva che il cristianesimo
doveva fare i conti con la cultura moderna e non occorreva andare a
recuperare il Medioevo, pur essendo esso epoca di rielaborazione
intellettuale notevole.
Da questi
atteggiamenti di Tredici emerge la sua straordinaria capacità di dialogare,
infatti alla fine del discorso Canobbio cita anche una delle famose
affermazioni fatte da Giacinto:" le cose vere vere sono poche
poche" dimostrando come il fondamento base di Tredici fosse quello di
entrare in dialogo con tutti rispettando le idee opposte.
Infine
parla l' autore del libro. Fa presente che il suo volume non sarà di facile
commercializzazione a causa della complessità degli argomenti trattati. Con
la sua opera Maurilio Lovatti ha colmato una lacuna evidente nella
storia locale di Brescia, approfondendo, attraverso studi e ricerche, la
figura di Giacinto Tredici.
Il professore ha iniziato a interessarsi di Giacinto Tredici circa quattro
anni fa; questo suo lungo studio è servito a fare chiarezza sul personaggio
e a eliminare alcuni pregiudizi che gli erano stati attribuiti.
Lovatti richiama due esempi di pregiudizi diffusi nell'opinione pubblica
bresciana.
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In
primo luogo il Professore ha scoperto con grande stupore che la
Chiesa bresciana sotto la guida del Vescovo Tredici non ha mai avuto
cedimenti verso l'ideologia fascista, a differenza di quanto si è
creduto fino ad oggi, e la sua azione pastorale ha reso possibile un
contributo sostanziale alla lotta della resistenza al fascismo da
parte dell'intera Chiesa bresciana.
In secondo luogo rivela il fatto che Giacinto Tredici non fosse un
conservatore tradizionalista come molti credevano, ma anzi trattò
molti problemi di tipo ecumenico schierandosi spesso contro le
teorie più conservatrici della chiesa con coraggio e innovazione.
Fino ad oggi insieme ai pregiudizi erano ricordate anche le virtù
di Tredici ma è grazia al lavoro assiduo di Lovatti che ne emerge
una figura caratterizzata da pregi e difetti, quindi estremamente
realista i cui insegnamenti sono di un attualità straordinaria.
La conferenza si chiude con i ringraziamenti del professor Lovatti:
al comune di Brescia per aver diffuso nelle scuole questo libro, che
fornisce un' occasione di approfondimento, soprattutto per gli
argomenti di storia che si studiano in quinta superiore; alla Cassa
Padana per aver contribuito alla circolazione del volume fuori da
Brescia; a mons. Fappani, che con entusiasmo e determinazione ha
reso possibile la pubblicazione del libro, a mons. Osvaldo Mingotti
e a mons. Serafino Corti che hanno dato un contributo economico
all'edizione.
Infine al Vescovo, della cui partecipazione si sente onorato, che
nonostante i molteplici impegni diocesani e nazionale, è riuscito
ad essere presente, al prof. Taccolini e a tutti coloro che hanno
preso parte alla Conferenza.
L'avv. Cesare Trebeschi e don Gabriele
Scalmana
Mons. Antonio Fappani
Alla
presentazione del libro erano presenti, tra gli altri, mons. Antonio
Fappani, l'avv. Cesare Trebeschi, già sindaco di Brescia, don
Gabriele Scalmana, don Arturo Balduzzi, don Angelo Pizzetti, don
Samuele Battaglia, don
Luca Danesi, don Andrea Gregorini, il prof. Marco Paolinelli,
docente di filosofia all'Università Cattolica di Brescia, Marco
Fenaroli, Segretario generale provinciale della CGIL, il prof.
Franco Manni, il prof. Virginio Prandini e un gruppo di studenti della classe quinta A del Liceo
Copernico di Brescia
Un momento dell'incontro nella Sala
della Gloria in Cattolica
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Maurilio Lovatti, Giacinto
Tredici vescovo di Brescia in anni difficili, Fondazione Civiltà
Bresciana, Brescia 2009, pag. 451
Giacinto
Tredici, vescovo di Brescia in anni difficili
Maurilio
Lovatti Indice generale degli scritti
Maurilio
Lovatti Scritti di storia locale
Anna Mazzini e Alessia Paroli
Resoconto
della presentazione del libro col Vescovo di Brescia 20 gennaio 2010
Maurilio Lovatti, Giacinto Tredici
vescovo di Brescia in anni difficili, Fondazione Civiltà Bresciana,
Brescia 2009, pag. 451, € 20
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