Non si è
mai forse, da parecchio tempo in qua, usato fra noi del termine laico, laica
come in questi tempi: laica si vuole la scuola, laica la legislazione, laica
la politica. E con questa parola si vuole intendere ed affermare un
indirizzo contrario, ostile, o almeno estraneo a tutto quello che viene
dalla Chiesa Cattolica.
Ora è ben diverso, nella sua origine, il significato della parola laico.
Essa non include nessuna contrarietà alla Chiesa: anzi è un termine
prettamente ecclesiastico. La Chiesa Cattolica infatti insegna che i suoi
membri si dividono in due categorie: chierici o ecclesiastici, e laici (Cod.
D.C., can. 948). E mentre sono considerati ecclesiastici coloro dei suoi
membri che sono rivestiti di una speciale autorità, di insegnare la
dottrina di Gesù Cristo e dare la grazia da lui meritata colla Redenzione,
si chiamano laici i membri della Chiesa che non hanno quella autorità e
quell'incarico, pure appartenendo alla Chiesa stessa e godendone i frutti
spirituali.
Evidentemente non intendono così le cose coloro che tanto parlano di scuola
e di politica laica. Essi sono più o meno contrari ad ogni influenza
pubblica della Chiesa; e si chiamano spesso, e noi li chiameremo laicisti.
Di fronte a tante affermazioni di laicismo, intendo richiamarvi a poche
nozioni sul laicato (condizione dei laici nella Chiesa) e il laicismo
(coloro che vorrebbero negare o limitare l'influenza della Chiesa).
I
I LAICI
NELLA CHIESA
Come si è
detto, il laico è chi appartiene alla Chiesa senza avere in essa una
speciale autorità, cioè senza appartenere alla Gerarchia.
Il laico, per il fatto di appartenere alla Chiesa, nulla perde di quelle
prerogative che naturalmente gli spettano per il fatto di essere una persona
umana. Tali sono la sua dignità come un soggetto del consorzio umano; la
libertà, cioè la capacità di determinarsi da sè, salvo i limiti che alla
sua attività possono venire da una legge o da un diritto altrui; il diritto
di scegliersi una professione in cui esercitare la sua attività in
vantaggio proprio e della umana convivenza di cui fa parte. E in tutto
questo egli è guidato da una persuasione formatasi nella sua coscienza,
anche quando questa gli presenta un comando che gli viene da una legittima
autorità, o da una fede che gli presenta un insegnamento superiore, in
quanto è la sua coscienza che gli presenta quel comando legittimo, o
quell'insegnamento degno di essere seguito.
Per questo nessuno ha il diritto di considerare il laico credente menomato
nella sua dignità per il fatto di aderire ad una fede fondata su un
insegnamento divino, più di quello che dovrebbe dire di chi aderisce ad una
dottrina di altro genere, scientifica, sociale, politica, lasciandosi
guidare da persone di cui conosce o crede di conoscere la competenza.
E non solo il laico credente non è dalla sua fede menomato nella sua
dignità; anzi egli trova nel suo appartenere alla Chiesa un tesoro
inestimabile, un arricchimento delle sue possibilità naturali. Egli trova
un complesso di verità altissime, che mettono una mirabile armonia nei
problemi dell'universo, specialmente in quelli che riguardano la sua vita
spirituale, al di là delle capacità del mondo sensibile che lo circonda.
Da quelle verità egli apprende i veri valori della vita, il fondamento del
dovere morale che lo guida nelle sue determinazioni. Dalla sua fede egli
trova il conforto nelle difficoltà, e un sano ottimismo fondato in una
speranza che trascende le possibilità della vita umana. Egli sa di formare
coi fratelli che gli sono intorno nel mondo in cui vive, anche al di là dei
rapporti di famiglia, di lingua, di nazionalità, come ana immensa famiglia,
un mistico corpo di cui è capo il Divin Salvatore, e da lui affluiscono in
tutti i membri tesori di grazia, di orza, di bontà.
Questo è il laico credente, che sa di essere membro della Chiesa, nella
quale l'ha inserito fin dalla sua infanzia il Battesimo, nella quale, se per
quello che lo riguarda è stato fedele, lo ha sviluppato l'attività
santificatrice dei mezzi di grazia istituiti per lei da Gesù Salvatore.
Egli sa che alcune funzioni in questo organismo soprannaturale sono
riservate ad un ceto speciale, a cui egli non appartiene, a sacra Gerarchia.
Ma non per questo egli ha motivo di rammaricarsene. Perchè, se egli per
inclinazione sua o per vocazione speciale non vi si è inserito e non le
appartiene, sa che la sacra Gerarchia, per volontà di Dio, è al suo
servizio e al servizio di tutti suoi simili, per assisterlo e fornirgli il
necessario per far fruttificare i tesori di grazia che Dio ha concesso anche
a lui e a tutti fratelli. Egli sa che, se, secondo l'espressione evangelica,
molte sono le mansioni nella casa di Dio, tutti sono ugualmente chiamati al
banchetto divino della vita eterna.
L'APOSTOLATO
DEI LAICI
Non si deve
credere, per altro, che, se la custodia e l'insegnamento delle verità
cristiane sono nella Chiesa, per volontà del suo Divino Fondatore, affidate
ad una speciale categoria di persone, cioè alla Gerarchia, nulla spetti al
laico in servizio della Chiesa. C'è anche un apostolato dei laici, che vuoi
dire una funzione attiva anche propria di essi nell'organismo della Chiesa.
Ne ha parlato anche recentemente il Sommo Pontefice.
a) Una prima forma di apostolato è il buon esempio. Per il laico cristiano
la sua appartenenza alla Chiesa l'impegna a vivere secondo i suoi
insegnamenti: i quali non contengono soltanto una determinata dottrina
speculativa, ma contengono anche una pratica di vita. E' in primo luogo
l'esercizio dei doveri religiosi, che riguardano direttamente i nostri
rapporti con Dio, di cui la Chiesa si fa eco, ci accompagna in tutte le
nostre azioni, quelle comuni ad ogni genere di persone, e quelle particolari
allo stato in cui ognuno si trova. Di qui i doveri del proprio stato,
secondo le condizioni di famiglia, secondo lo stato e la professione di
ciascuno.
Il cristiano che vuole essere tale di fatto e non soltanto di nome, sente di
dover essere osservante in tutte le circostanze della vita. E questa vita
condotta sempre, apertamente, secondo i dettami della legge di Dio e della
Chiesa, è veramente una forma di apostolato. Le persone che lo avvicinano
vedono in lui descritta praticamente la vita cristiana, che anch'esse sono
chiamate a praticare. Si ha una testimonianza pratica resa al Vangelo di
Cristo, un invito agli altri a fame anch'essi la regola della propria vita.
E' la domanda angosciosa: " Cur isti et istae cur non ego? -
quello che hanno fatto costoro perchè non potrei, non dovrei farlo anch'io?" che segnò il momento della conversione di S. Agostino, che da anni
non si decideva a spezzare le catene del peccato.
Ecco il compito del buon padre, della buona madre di famiglia, del buon
professionista, del magistrato, del negoziante, dell'imprenditore,
dell'operaio, che vivendo apertamente la loro vita cristiana, la fanno amare
e diventano apostoli della fede da cui essi sono animati.
b) Un'altra
forma, più diretta e positiva, di apostolato dei laici può essere
l'insegnamento e l'educazione. Che dei buoni laici prestino la loro opera
nell'insegnare il catechismo o nell'impartire l'istruzione religiosa, o
insegnando altre materie di scuola lo facciano curando anche i rapporti
delle materie scolastiche colla religione cristiana, sono evidentemente
ottime forme di apostolato. Come lo è, e anche più, l'opera che si fa per
curare direttamente l'educazione dei fanciulli e dei giovani. Lo fanno, lo
devono fare perchè è un dovere specifico del loro stato, i genitori verso
i loro figli. Lo fanno gli educatori che ne hanno assunto l'incarico nei
collegi ed istituti simili.
c) Può
essere apostolato dei laici l'aiuto prestato secondo le possibilità a
svariate iniziative delle opere di assistenza, che facendo del bene nel nome
di Dio chiamano le anime a lui.
d) E' apostolato in modo speciale, anche per incarico direttamente avuto
dalla Gerarchia, l'Azione Cattolica, nelle sue diverse parti e nelle sue
propaggini, che tendono a formare coscienze pienamente e apertamente
cristiane e le avviano alle varie forme di apostolato specifico.
e) E ancora
è apostolato dei laici anche l'assumere direttamente la difesa della
religione e della Chiesa dalle insidie e dalle aperte opposizioni che le si
fanno. E in questo il laico cattolico dovrà usare la stampa, e con essa
tutti i mezzi leciti che sono a sua disposizione, compresi quelli che
vengono messi a disposizione di tutti i cittadini dalle forme organizzate
della società civile.
E' questo sommariamente un programma di quello che può essere il laico, il
laicato cattolico, come la Chiesa lo intende. E' il cristiano che, grato
degli aiuti che Dio gli presta nella Chiesa a cui appartiene, sente l'onore
di poter fare qualche cosa che affianchi ed appoggi il compito di redenzione
che la Chiesa esercita per mandato divino, lieto di prestare il suo
contributo secondo le sue possibilità.
II
LAICISMO
E LAICISTI
Come ho
detto sopra, il laicismo tende a non riconoscere una influenza benefica
della religione e della Chiesa nella società, ed anche eventualmente a
combatterla. Io qui non intendo fare una storia dei movimenti di questo
genere o considerarne distintamente le gradazioni e le mosse politiche.
Richiamerò alcuni punti che sarà bene tenere presenti, come sintomi di un
pericolo che bisogna impedire si diffonda nelle coscienze e nel pubblico e
prepari una offensiva contro la Chiesa e la sua giusta influenza nella vita
civile.
LA RELIGIONE NELLA VITA PUBBLICA
Si è detto
tante volte, dal socialismo come dal liberalismo classico, che la religione
è un affare privato delle coscienze, e per questo non deve avere influenza
nella vita pubblica.
Ora chi dice questo trascura due considerazioni di massima importanza.
Innanzi tutto, dipende da Dio non solo l'individuo, perchè tutto ha
ricevuto da Dio e gli deve rendere l'omaggio della sua dipendenza e della
sua riconoscenza, ma anche la società di cui l'individuo fa parte. E' Dio
che ha dato all'uomo l'inclinazione alla vita sociale, che diventa anche una
necessità, perchè della vita comune l'uomo ha estremo bisogno. Come cosa
richiesta alla esistenza ed al benessere della società. Dio ha disposto che
vi sia nella società una autorità come elemento di ordine e di attività
associata; per cui si dice giustamente con S. Paolo che anche l'autorità è
da Dio. Ciò posto, mentre affermiamo che l'uomo individuo deve a Dio
l'omaggio del suo onore e della sua dipendenza (ed in questo consiste
sostanzialmente la religione), come potremmo ammettere che anche la società
non sia tenuta a rendere omaggio a lui?
Tanto più che la società ha bisogno della religione per il suo retto
funzionamento. La religione infatti si presenta a noi non solo come
l'esercizio di date funzioni di culto, ma anche come un complesso di norme
precettive che regolano l'attività dell'uomo in tutte le sue contingenze, e
che sono munite di una sanzione superiore da parte del Giudice a cui nulla
sfugge. Quelle norme Io spingono ad agire con giustizia ed equità, gli
impongono l'amore dei propri simili, il dovere di contribuire al benessere
comune anche con sacrificio proprio, l'educazione delle nuove generazioni, e
così via. Queste norme di vita associata sono già, in un certo modo, nel
fondo della coscienza di ognuno; ma è facile comprendere come esse assumono
maggior precisione, maggior forza incitante per il fatto che ci vengono
nella luce di un insegnamento divino, ed inculcate con insistenza dalla
Chiesa che ne fa oggetto continuo della sua predicazione.
Vorrà la società civile privarsi di un simile aiuto, che fonda la sua
efficacia non sopra sanzioni esteriori come la legge umana e una pena
esterna, ma su un dettame sacro che entra nella coscienza dell'uomo e del
cittadino e lo dispone ad operare al bene comune?
Di fronte a queste considerazioni si comprende come anche nazioni moderne e
civili hanno messo ancora a capo dei loro ordinamenti costituzionali il nome
di Dio supremo legislatore, e i governanti ne invocano la protezione in
occasioni solenni.
LA CHIESA
CATTOLICA NELLA NAZIONE ITALIANA
La
religione si presenta a noi, per volontà del suo Divino Fondatore,
organizzata in una società, la Chiesa, munita di carismi soprannaturali e
di benemerenze di un valore inestimabile. Essa promulga ed insegna quei
dettami di onestà, individuali e civili, che sopra si sono accennati,
mentre conferisce ai suoi fedeli aiuti sacri che avvalorano i propositi di
compiere generosamente il proprio dovere, per il bene proprio e della
comunità.
Questa Chiesa, che è la forma concreta della religione, è un patrimonio
prezioso della grande maggioranza della nazione italiana, che ha l'alto
onore di essere la più vicina al centro principale della sua attività. E
possiamo dire grande maggioranza, perchè, se anche vi è, purtroppo, fra
noi una minoranza che non pratica i doveri della vita cristiana, anch'essa,
in una forma generale, ne riceve l'influsso.
Naturalmente, questa influenza della Chiesa nella vita pubblica non riguarda
le singole organizzazioni della vita civile, che sono determinate dallo
Stato per mezzo dei suoi organi legislativi, secondo gli ordinamenti che
esso stesso si è dato, e che la Chiesa lascia alla sua competenza. Ma è
sull'animo dei singoli cittadini che essa influisce, coltivando quei
sentimenti di onestà, di ordine, di giustizia, di amore che, assecondati
dai singoli possono rendere buona e degna la convivenza civile, e in un
certo senso entrano a dare una impronta generale al clima morale della
nazione. E siccome in regime democratico le leggi promanano dagli stessi
cittadini attraverso i legislatori da essi eletti, è naturale che la
concezione cristiana che i cittadini hanno della vita della nazione si
rifletta nel tenore delle leggi, anche se la cosa possa suscitare i lamenti
dei laicisti.
Vi sono nella vita della società civile situazioni e problemi che
interessano insieme la società civile che cura il benessere temporale e la
Chiesa che dirige e fomenta la vita spirituale delle medesime persone, che
sono insieme i cittadini della Nazione e i fedeli della Chiesa. Per questo
caso i due organismi, Chiesa e Stato, si intendono con reciproco animo di
autonomia e insieme di collaborazione, e ne vengono quelle convenzioni ed
ordinamenti che rispecchiano la competenza associata dei due organismi e dei
due poteri, che sono i Concordati.
Il Concordato che ora vige in Italia, mentre ha risolto dolorosi contrasti
sorti fra la Chiesa e lo Stato nazionale, ha creato una situazione in cui è
riconosciuta alla Chiesa la sua posizione di indipendenza che le conviene
per la sua alta autorità, a cui i buoni cittadini guardano con riverenza ed
affetto, mentre lo Stato mantiene tutta la sua autorità nella sfera che lo
riguarda.
Naturalmente, è dovere di ogni cittadino cattolico di adoperarsi con ogni
mezzo a sua disposizione perchè questo accordo fra la Chiesa e la Nazione
Italiana sia mantenuto e rispettato, e la Chiesa possa continuare nella suo
funzione di conservare ed insegnare il patrimonio della Divina Rivelazione
che le è stato affidato, a vantaggio delle nostre anime e della Nazione
stessa, che delle grandi verità da essa custodite ha estremo bisogno.
IL
PROBLEMA DELLA SCUOLA
Quella
tendenza a cui ho accennato, che vorrebbe togliere ostacolare l'influenza
della religione e della Chiesa nella vita pubblica, e che ama chiamarsi
laicismo, si agita in questi tempi specialmente su due punti. Primo, la
scuola.
La scuola, nei suoi diversi gradi e indirizzi, è l'ambiente nel quale si
preparano alla vita gli uomini di domani, i futuri cittadini Tutti vedono
l'importanza fondamentale della scuola. E non ci meravigliamo se tante
persone sono occupate e tante spese si incontrano perchè essa funzioni
bene, e funzioni per tutti, nei limiti del possibile.
E' noto che i cattolici italiani domandano la libertà della scuola, cioè
di poter aprire e gestire scuole proprie con carattere apertamente
cristiano, nelle quali l'insegnamento della scienza sia dato in armonia
colla religione e la fede della nostra gioventù, che è in grande
maggioranza cristiana. E questo per evitare il pericolo, tutt'altro che
ipotetico, che dovendo i giovani delle nostre famiglie cattoliche
frequentare le lezioni di insegnanti di tutt'altre idee, abbiano a sentirsi
turbati nella loro fede e nelle convinzioni religiose: cosa non improbabile
data la loro età e impreparazione a discussioni difficili e incresciose fra
scolari ed insegnanti.
Che queste aspirazioni nostre, di avere nostre scuole, inappuntabili
nell'insegnamento scientifico, e insieme sicuramente e francamente in
armonia colla nostra fede, sia cosa tutt'altro che impossibile, lo prova con
luce meridiana il fatto della Università Cattolica del Sacro Cuore, che sta
a pari colle altre Università italiane in tutto quello che riguarda
l'insegnamento della scienza, mentre sa coltivare nei giovani la fede e la
cultura religiosa.
Purtroppo, come è noto, la stessa sicurezza non possiamo sempre avere nelle
scuole di Stato, dove ci possono essere insegnanti di ogni idea, non ostante
la presenza in esse di esimii e a noi cari professori, del cui insegnamento
ci possiamo sicuramente fidare, ai quali volentieri esprimiamo la nostra
riconoscenza.
D'altra parte, non si vede perchè lo Stato debba avere il monopolio
dell'insegnamento, riservato alle proprie scuole, mentre fuori di esse ci
possono essere scuole ed insegnanti competenti, che hanno la fiducia delle
famiglie cristiane.
La Costituzione dello Stato Italiano ammette la libertà della scuola, e noi
ne vogliamo approfittare, contro la pretesa dei laicisti di oggi, come di
ieri e di sempre, che vedono nella scuola libera un valido baluardo in
difesa della religione e della fede e della loro influenza nella società, e
perciò la vorrebbero abolire o renderle impossibile l'esistenza.
Per questa scuola apertamente cristiana, per la quale fin dal suo tempo
tanto ha lottato il nostro campione Giuseppe Tovini, i cattolici italiani,
colla benedizione della Chiesa, fanno sacrifici. Esempio magnifico
l'Università Cattolica sopra ricordata, che da molti anni ormai vive per le
offerte dei fedeli d'ogni condizione, ed ora audacemente si accinge ad
aggiungere alle altre sue facoltà di insegnamento anche quella, tanto
impegnativa, di medicina. Ma non sarebbe cosa fuori di posto che lo Stato,
il quale paga le sue scuole, intervenisse, sia pure parzialmente, a
sussidiare anche le nostre scuole private, quando siano bene ordinate, visto
l'enorme dispendio che esse gli risparmiano, e che dovrebbe assumersi a
proprio carico se dovesse provvedere a costruire e mantenere scuole e pagare
professori anche per il numero ingente di alunni che invece frequentano le
nostre scuole.
Mentre noi favoriremo le nostre scuole apertamente cristiane, non possiamo
disinteressarci di gran parte della gioventù che affluisce alle scuole
statali. Per questo il Concordato ha stabilito che anche in quelle scuole
non manchi, sia pure limitato, l'insegnamento religioso, riconosciuta la
facoltà di esserne dispensati ai figli delle famiglie che lo richiedessero.
IL
DIVORZIO
Altro punto
sul quale pare vogliano pronunciarsi le diverse categorie di laicisti è la
introduzione del divorzio nella legislazione italiana.
Il divorzio, cioè lo scioglimento del Matrimonio, è un attentato contro la
natura stessa del matrimonio, oltre che contro la legge evangelica.
Non è necessario spendere molte parole per far rilevare la dignità e la
importanza del matrimonio, considerato come fondamento della famiglia, in
ordine specialmente alla procreazione ed alla educazione della prole.
La Bibbia ci presenta il matrimonio come la prima istituzione disposta da
Dio per l'esistenza e il benessere della umanità. Nel Vangelo Gesù Cristo
ha riaffèrmato la natura e l'importanza del matrimonio, affermandone, colla
unità, anche la indissolubilità, revocando una tacita dispensa data al
popolo ebreo, e pronunciando quelle parole solenni, che la Chiesa molto
opportunamente ricorda nel rito della celebrazione del matrimonio: Quod
Deus coniunxit homo non separet - L'uomo non osi separare quello che Dio
ha congiunto.
Per questo la Chiesa, mentre raccomanda la prudenza e una conveniente
preparazione ad un atto di tanta importanza, e stabilisce per il suo
benestare alcuni impedimenti alla sua valida celebrazione, una volta
stabilita la validità del matrimonio celebrato, lo dichiara indissolubile.
Quelli che qualche volta si chiamano nella stampa incompetente annullamenti
di matrimonio concessi dalla Chiesa Cattolica, sono invece dichiarazioni, in
base ad una accurata indagine, di una nullità fin dal momento della
celebrazione, per la esistenza di qualche impedimento o la mancanza di
qualche elemento necessario.
La Chiesa da secoli mantiene l'affermazione di questa indissolubilità, e
riprova l'introduzione del divorzio avvenuta in molte nazioni. L'Italia non
ha ammesso il divorzio nella sua legislazione. E i tentativi fatti più di
una volta per introdurlo non riuscirono per la resistenza dell'anima ancora
sana della Nazione.
Sono note le obbiezioni che si fanno a questa dottrina della Chiesa,
considerata troppo rigorosa. Si tratta di inconvenienti intervenuti nella
vita coniugale (infedeltà, discordie, assenza prolungata di uno dei
coniugi, ecc.). Sono senza dubbio circostanze dolorose. Quante cose dolorose
nella vita! Ma qui c'è un principio da salvare, la indissolubilità del
vincolo matrimoniale, così connessa colla necessità che sul matrimonio si
fondi e si sviluppi una famiglia come Dio la vuole, organo benedetto di
trasmissione ed educazione della vita.
Si pensi alla condizione dei figli di fronte alla discordia dei genitori ed
all'abbandono di uno di essi. E poi c'è il fatto, provato ad esuberanza,
della triste esperienza delle nazioni che hanno voluto ammettere questa
pratica dissolvitrice. Il divorzio, presentato prima come un rimedio
eccezionale per casi estremi, sotto la spinta delle passioni si fa sempre
più frequente, fino a costituire una piaga e un allarme contro la solidità
e il benessere delle famiglie.
Ed e un fatto constatato che, se l'Italia è fra le poche nazioni che non
hanno accolto il divorzio nelle proprie leggi, è anche quella dove
l'istituto familiare è ancora più sentito e rispettato, nonostante, pur
troppo, tante dolorose eccezioni. Non è dunque, la sua tradizione
antidivorzista, una condizione di inferiorità, ma anzi una prerogativa che
la colloca al disopra delle altre nazioni, come indizio di sanità
familiare.
I cattolici italiani, per rispetto alla dignità ed alla prosperità
dell'istituto del matrimonio, si opporranno ancora, come già hanno fatto
altre volte, alla introduzione del divorzio. E mentre, naturalmente, come
cattolici si opporranno al divorzio per il matrimonio celebrato come
sacramento, come cittadini pensosi del benessere della Patria e della
famiglia che ne è la istituzione fondamentale si opporranno a qualunque
specie di divorzio. Sempre pronti, invece, a quei provvedimenti che,
mantenendo saldo l'istituto familiare, vengano incontro alle necessità
delle famiglie, e specialmente delle famiglie povere e numerose.
Del resto io credo che per le anime pensose una efficace propaganda contro
il divorzio è costituita dalle narrazioni che una stampa compiacente fa su
larga scala delle indegne avventure divorzistiche troppo frequenti fra certe
dive e certi divi che danno spettacolo tanto miserevole di sè.
Fratelli e
figli miei, vi ho brevemente presentato la posizione dei laico nella Chiesa,
in tutta la sua dignità. La Chiesa gli dà la sua assistenza spirituale e
lo invita a vivere intensamente la vita cristiana, cooperando all'apostolato
della Gerarchia. E vi ho messo in guardia contro i tentativi di svalutare o
impedire l'influsso benefico della Chiesa nella società.
Vi benedico tutti e vi auguro di vivere bene il sacro tempo di Quaresima e
di prepararvi ad una vera Pasqua di risurrezione.
Brescia,
16 febbraio 1958
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