L'anno
scorso voi avete voluto molto gentilmente unire alla celebrazione del nostro
magnifico Congresso Eucaristico diocesano la commemorazione del
cinquantenario del mio sacerdozio. Lo avete fatto con tanta spontaneità e
fede, ed io ve ne sono riconoscente. Quel ricordo ha richiamato a me la
dignità e l'importanza piena di responsabilità del Sacerdozio, e mi ha
indotto ad un rinnovato esame di coscienza intorno ai gravi doveri che
quella dignità mi impone.
Ma io voglio ora, in occasione della consueta lettera pastorale per la
Quaresima, invitare anche voi, figli dilettissimi, a pensare al sacerdozio,
per conoscerne meglio la natura, sapere quello che dovete aspettarvi dal
sacerdozio per il vostro vivere cristiano, e che cosa voi stessi dovete al
sacerdozio, che ha nella Chiesa una parte che possiamo dire essenziale,
perchè voluta dallo stesso Divino Fondatore della Chiesa e Redentore delle
anime nostre.
CHE COSA
DICONO DEL SACERDOTE I SUOI NEMICI
In un paese
cristiano come il nostro, nessuno ignora l'esistenza del sacerdote. Tutti
l'incontrano per via e ne distinguono la presenza, non foss'altro, per
l'abito che porta! spesso devono dipendere da lui per documenti anagrafici
in occasione di matrimoni di nascite, di funerali; spesso ancora
l'incontrano sui loro passi per motivi di beneficenza, di raccomandazioni.
Ma che cosa pensano di lui?
Se volessimo chiederlo in certi ambienti, dove, pur troppo, insieme colla
ignoranza, si coltiva l'odio contro la religione, considerata, secondo la
nota espressione marxista, come l'oppio del Popolo, destinata a sopire ogni
aspirazione di progresso nelle masse popolari, noi troveremmo sulle labbra
di molti fratelli nostri la parola del disprezzo, dell'odio. Il sacerdote,
si dice, è un uomo fautore di ignoranza e di superstizione, è il difensore
interessato dei ricchi e loro strumento nell'asservimento del popolo dei
lavoratori. E così via, quando anche non si inventino a suo carico accuse
infamanti o si estendano a tutti i difetti o le colpe che possonO essere
state commesse da alcuno.
Anzi, l'odio fomentato nelle masse da certi suoi nemici, ha saputo più di
una volta armare la mano di fanatici negatori di Dio, e colpire a morte
sacerdoti intemerati, intenti al loro ministero di luce, di bontà, di pace.
Se poi volgiamo il nostro sguardo al di là dei confini della nostra
nazione, verso quella che si suoi chiamare la cortina di ferro, troviamo un
buon numero di sacerdoti, Vescovi, Cardinali, banditi dal posto dove
esercitavano il loro ministero, imprigionati, alcuni anche uccisi, come
nemici della patria e del progresso, perchè non hanno voluto piegarsi a
pretese che andavano contro la libertà e la dignità del loro ministero.
I sacerdoti che hanno saputo mantenersi fedeli alla loro vocazione ed alla
loro funzione sacerdotale - e sono la maggioranza - non si meravigliano di
questo trattamento. Così era stato predetto. Gesù Redentore, il Divino
Fondatore della Chiesa e del sacerdozio, mandandoli nel mondo a continuare
la sua missione ed a predicare il suo Vangelo, aveva detto loro: " Io
vi mando come agnelli in mezzo ai lupi. Hanno perseguitato me,
perseguiteranno anche voi " ( Luc., 10,3; Ioa., 15, 20). Queste auguste
parole, scritte nel Vangelo, sono state il conforto di innumerevoli
sacerdoti, che nel corso dei secoli sono stati disprezzati e perseguitati
per la loro fede e per il ministero da essi compiuto in mezzo alle anime
redente da Cristo. Offrendo a Dio le persecuzioni di cui erano oggetto,
rendevano la testimonianza della loro fede e del loro attaccamento al
Maestro, già perseguitato prima di loro.
CHE COSA
E' IN REALTA' IL SACERDOTE
E'
l'intermediario fra l'uomo e Dio.
L'orgoglio umano ha tante volte dichiarato di respingere questo mediatore:
l'uomo ha la pretesa di trattare direttamente con Dio. Uno dei principi
fondamentali dei pretesi Riformatori del secolo XVI fu appunto questo:
rigettato il magistero della Chiesa, doveva essere lasciato alla azione
individuale, di ognuno, il diritto di interpretare la rivelazione divina, e
di ricavarne praticamente le direttive della vita. Una filosofia incredula
accentuò il principio, spingendolo fino alle estreme conseguenze,
rinnegando ogni rivelazione, per fare la ragione individuale arbitra del
proprio pensiero come delle proprie azioni. Qui scompare non solo il
sacerdote intermediario fra l'uomo e Dio, ma il concetto stesso di Dio. E'
la forma esasperata di un laicismo risorgente, che vorrebbe escludere dalla
vita individuale, come dall'ordinamento delle Nazioni, l'idea stessa di Dio,
della Chiesa, e conseguentemente del sacerdozio.
Ma il popoio cristiano, come sente il bisogno di Dio, autore, regolatore,
potenziatore in un ordine superiore della sua stessa vita, sente anche il
bisogno dell'intermediario, del sacerdote, come Dio stesso ha voluto.
Questa funzione di intermediario si attua in due sensi: il sacerdote porta a
Dio l'omaggio del popolo cristiano, e dispensa al popolo i doni di Dio.
Queste funzioni ci vengono espressamente indicate da due grandi formule
dell'Apostolo San Paolo, il magnifico espositore della Rivelazione cristiana
in quello che riguarda i nostri rapporti con Cristo e colla Chiesa.
IL
SACERDOTE RAPPRESENTANTE DEL POPOLO PRESSO DIO
Il
sacerdote, dice l'Apostolo, " scelto fra gli uomini, è stabilito per
essi in quello che si riferisce a Dio, e gli offre doni e sacrifici per i
peccati " (Hebr., 5, 1).
L'uomo deve certamente qualche cosa a Dio. Gli deve, oltre l'obbedienza,
l'omaggio della adorazione, che è riconoscimento della sua infinita
grandezza, della propria dipendenza da lui, creatore, legislatore, ultimo
fine. E' questo un atto essenzialmente spirituale: l'intelligenza che
riconosce, la volontà che si sottomette, il cuore che vuoi amare quel bene
infinito. Ma fin dai suoi remoti inizi l'umanità, fatta di spirito che
dipende abitualmente dai sensi e dal mondo esterno nelle sue manifestazioni,
trovò anche un segno esterno per esprimere questo omaggio a Dio, anche
perchè così l'omaggio potesse assumere l'aspetto di un atto collettivo, in
cui potessero convenire gli uomini, che non sono esseri isolati, ma uniti
fra loro da tanti rapporti di socievolezza. E' il sacrificio:
l'offerta di qualche cosa di proprio a cui l'uomo rinuncia, per indicare il
senso della sua dipendenza da Dio. Dio mostrò di gradire questo atto, che
sotto la sua diretta ispirazione venne regolato nella legge Mosaica
dell'Antico Testamento.
Ma il vero sacrificio, il supremo atto di culto veramente degno di Dio, a
cui tutti gli altri in qualche modo si riferiscono, fu quello compiuto da
Nostro Signore Gesù Cristo in Croce: è la stessa sua vita umana offerta a
Dio come riconoscimento del suo dominio su ogni cosa e come espiazione dei
peccati di tutti. Egli è il grande Sacerdote, a cui si applica la
definizione di San Paolo, scelto fra gli uomini perchè vero uomo nella
umanità da lui assunta in unione alla sua persona divina, costituito loro
rappresentante in ordine a Dio, per offrirgli in omaggio e riparazione se
stesso in sacrificio. Quel sacrificio ci ha redento.
Ma se la redenzione fu compiuta dal sacrificio di Cristo in croce, rimane
ancora, in ogni tempo e in ogni luogo, il nostro dovere di rendere a Dio
l'omaggio della adorazione e della riparazione. Per questo il sacrificio
offerto da Cristo in croce si rinnova continuamente nella Chiesa, che è la
comunità dei fedeli da lui fondata. Ed è qui che interviene l'altro
sacerdote, che è infinitamente al di sotto della persona adorabile di
Cristo, ma per sua volontà lo rappresenta in mezzo ai fedeli, fatto suo
strumento per rinnovare la sua presenza fra noi e il suo sacrificio. E'
quello che avviene nella Santa Messa, che si offre continuamente sui nostri
altari. Qui il sacerdote rappresenta il popolo cristiano, che unito a Cristo
Signore offre a Dio le sue adorazioni, le sue riparazioni: atto perenne di
culto che da ogni parte della terra sale al trono dell' Altissimo.
A questa, che è la principale e incomparabile funzione del sacerdote come
rappresentante del popolo presso Dio, s'aggiunge l'altra, di guidare e
rappresentare ancora il popolo in tutte le altre pubbliche preghiere che la
Chiesa aggiunge, quasi circondandolo, al santo sacrificio, e che formano il
complesso della sacra liturgia.
IL
SACERDOTE DISPENSA AL POPOLO I DONI DI DIO E, PRIMO, LA SUA PAROLA
Comunicare
al popolo cristiano i doni di Dio. E' l'altro ufficio del sacerdote, che lo
rende vero intermediario fra Dio e il popolo. Lo afferma ancora l'Apostolo
San Paolo, che, alla prima definizione del sacerdote sopra citata, aggiunge
quest'altra: " Ognuno ci consideri come ministri di Cristo e
dispensatori dei misteri di Dio " (I Cor., 4, 1).
Il primo di questi doni di Dio che Dio ci dispensa per mezzo del sacerdote,
è la sua parola, la sua dottrina.
L'ha portata al mondo il Salvatore, fattosi nostro Maestro. Il Vangelo ce lo
descrive, intento a parlare ad una folla di gente che l'ascolta e lo segue
con avidità per sentire la sua parola: gente di ogni qualità e condizione.
Gli uni lo ascoltavano docilmente, e trovavano nella sua parola un pascolo
prezioso, che rispondeva ai bisogni della loro anima e l'innalzava in una
atmosfera superiore, al di sopra delle miserie della vita, e penetrante in
tutte le profondità dello spirito. Altri lo ascoltavano con animo inquieto,
con una reazione ostile, che di quando in quando si manifestava col
disprezzo, colla contraddizione, fino a diventare una aperta accusa, e a
preparare l'insidia per togliere di mezzo quel predicatore molesto. Erano i
tenaci assertori di una tradizione, nella quale si era adulterata la
rivelazione divina, adattata ad aspirazioni ed interessi umani, egoistici:
erano uomini abituati ad indulgere alle proprie passioni, abilmente nascoste
sotto una apparente e tenace fedeltà alle pratiche esteriori di una onestà
e di una religiosità resa vuota del suo migliore contenuto.
" Nessuno, dice il Vangelo, aveva mai parlato come questo uomo "
(Jo., 7, 46). Ed è per questo che la sua parola, alle volte semplice così
da rispondere alle aspettative dei piccoli ed ignoranti, alle volte profonda
nell'annunciare i misteri della vita divina, così da sconcertare i dottori
della legge, operava un benefico rivolgimento degli spiriti. Era un mondo
nuovo che si annunciava, in un momento in cui una civiltà, pure
materialmente e politicamente progredita (basta ricordare i nomi della
sapienza greca e della potenza romana), conteneva uno spaventoso vuoto, una
corruzione desolante negli orientamenti degli spiriti e delle coscienze.
Quella parola che usciva come un fiume benefico dalle labbra del Salvatore,
fu raccolta nelle pagine del Vangelo, perchè restasse anche per le
generazioni venture: - libro veramente divino, che ha attraversato i secoli,
in mezzo alle vicende più diverse che hanno visto perire tante altre
dottrine e istituzioni, ed è penetrato in tante diverse civiltà portandovi
un prezioso contenuto spirituale: - libro che forma ancora quello che di
meglio si trova nella civiltà presente, ricca di elementi materiali e
tecnici, ma vuota di spiritualità se non ci fossero gli elementi venuti dal
Vangelo.
Ma Gesù volle che il suo Vangelo fosse affidato ad un magistero vivente,
che continuasse il magistero già esercitato da lui, e pensasse ad
evangelizzare le masse dei suoi fedeli, spiegando il messaggio divino. E' il
magistero della Chiesa, da lui fondata come continuatrice dell'opera sua,
vivificata e garantita dalla sua indefettibile assistenza. E nella Chiesa,
elemento essenziale, il Sacerdozio, dal Pontefice Sommo, vicario perpetuo di
Cristo e centro di verità e di fecondità cristiana, ai Vescovi
continuatori dell'opera degli Apostoli, ai sacerdoti. E' la continuazione
pratica, perenne attraverso i secoli e in tutto il mondo, della missione
data da Cristo agli Apostoli: " Andate, ammaestrate tutte le genti.
Insegnate loro ad osservare tutto quello che io vi ho comandato. Ed ecco che
io sono con voi in tutti i giorni, lino alla fine del mondo " (Matt.,
28, 19, 20).
VALORE DI
QUESTA MISSIONE
Figli
dilettissimi, osserviamola questa opera benefica del sacerdote, che tutti
abbiamo avvicinato nella nostra vita, e che ci ha lasciato ricordi tanto
cari, come una impronta preziosa, come una spinta al bene.
Il sacerdote, fatto pargolo coi pargoli, li ammaestra nelle verità
fondamentali del catechismo, che sono una prima iniziazione a quelli che
saranno poi i grandi problemi della vita.
Nel giorno festivo, che è il giorno del Signore, quando specialmente il
cristiano si ricorda di essere tale, è il sacerdote che in chiesa commenta
la parola di Dio, facendo conoscere il Vangelo e spiegando la dottrina e la
morale cristiana. La parola del sacerdote invita a riflettere ai propri
doveri, doveri che ci accompagnano in tutte le circostanze della vita. Sono
i doveri individuali, familiari, professionali. Guai se, in mezzo
all'agitarsi vertiginoso di una attività che ci assorbe e quasi ci
impedisce di riflettere ai problemi della vita morale, non trovassimo sulla
nostra via il maestro e l'amico fedele, che i problemi morali ha studiato
alla luce del Vangelo e dell'insegnamento della Chiesa, e con franchezza e
insieme con fraterno interessamento per il nostro bene spirituale ci dice
quella parola, che forse nessun altro sa od osa dire, e che può determinare
nella nostra vita quelle riflessioni e quelle decisioni, dalle quali può
dipendere la nostra salvezza eterna.
E questo il sacerdote fa per una missione ricevuta, per il bene delle anime
e della stessa società, senza lasciarsi guidare da spirito di parte o di
vendetta. Come vorrei che lo comprendessero quei cari figli miei, a cui va
tutto il mio affetto paterno, che si sono lasciati adescare dalla propaganda
di un partito e di una ideologia, che col pretesto di discutibili vantaggi
materiali allontanano gli incauti dalle grandi verità della nostra fede, e
preparano, come già altrove è avvenuto, un regime di persecuzione per la
religione e la Chiesa. Riflettendo, essi vedrebbero negli ammonimenti della
Chiesa, che il sacerdote ripete, non una azione di partito, ma una parola
franca, che rientra nella sua missione e di predicare la legge di Dio e
guidare i fedeli sulla via della verità e della salvezza.
IL SACERDOTE
CI DISPENSA LA GRAZIA
L'altro
dono di Dio che il sacerdote dispensa, dopo quello della sua parola, è la
grazia. Dono prezioso, divino, che solo il cristiano è in grado di
apprezzare.
La grazia ci innalza all'ordine soprannaturale, ci conferisce una speciale
amicizia con Dio, ci dà la capacità di meritarci la vita eterna. E' il
dono con cui Dio aveva coronato l'opera della creazione dell'uomo. Perduta
per il peccato originale, la redenzione di Nostro Signore Gesù Cristo ce
l'ha rimeritata, e ce la distribuisce per mezzo dei Sacramenti. Ed ecco che
ritorna sulla nostra via il sacerdote che ce li amministra e ci introduce
nei misteri della grazia.
Il Battesimo ce l'ha data una prima volta: è stata una rinascita ad una
vita nuova di ordine superiore, secondo l'espressione usata da Cristo stesso
nel Vangelo (Io., 3, 3). La grazia allora ricevuta era un germe prezioso
destinato a fiorire poi in una vita di virtù e di grazia. La Penitenza ci
ha ridonata la grazia, se perduta col peccato: una risurrezione preziosa sul
modello della risurrezione di Gesù Cristo, frutto della infinita paterna
misericordia di Dio. L'Eucarestia, Cristo misteriosamente presente sotto le
apparenze del pane per diventare il cibo delle anime nostre, rinvigorisce in
noi la vita della grazia, la rende più forte, feconda di buone opere. Il
Matrimonio benedice e santifica l'unione degli sposi, divenuti sorgente di
nuovi figli di Dio. L'Estrema Unzione conforta la malattia del cristiano,
per renderla più sopportabile e meritoria, e disporlo a scambiare la vita
presente colla vita eterna del cielo.
E' tutto un magnifico edificio di vita soprannaturale. E sempre è il
sacerdote che viene a noi, prepara in noi le vie di Dio, e ci conferisce il
suo dono. Quanti ricordi preziosi e cari nella nostra vita, confortata dalla
presenza e dalla parola accogliente del ministro di Dio! Presenza non temuta
e fuggita, come avviene per molti che del Cristianesimo non hanno compreso,
o hanno perduta pel non uso la vera nozione, ma desiderata, accolta con
animo lieto e riconoscente, come si accoglie un padre, un amico buono, e
come è veramente, un ministro di Dio.
Portato dal suo ministero ad avvicinare i suoi fratelli nei momenti di
maggior bisogno, egli ne conosce le necessità, le angustie, i dolori, ed è
sempre pronto a venir loro incontro col consiglio, coll'aiuto della sua
carità. Ama i giovani che egli vuole avviare sulla via del bene, i
pèccatori che aspettano la sua mano che li riconduca al Signore, i miseri
ed i lavoratori, di cui conosce le condizioni e i bisogni, pronto ad
avviarli verso un miglioramento delle loro condizioni sociali.
Che avverrebbe del popolo cristiano se non avesse il sacerdote? Il nostro
popolo, che vive la vita cristiana, lo sa: esso desidera il sacerdote, lo
domanda con insistenza, come una benedizione di Dio, mette in lui le sue
migliori speranze. Lo sa il Vescovo, che riceve le sue insistenze quando,
per necessità di cose o per scarsezza di sacerdoti, trasloca un sacerdote e
forse non subito può mandare chi bene lo sostituisca. Solo dove, colla
ignoranza religiosa, è scossa o perduta la fede, il sacerdote trova
indifferenza, o peggio, ostilità.
SANTITA'
PROPRIA DI UN TANTO MINISTERO
Di fronte a
un ministero tanto alto e tanto pieno di responsabilità, chi prova una viva
trepidazione è proprio lui, il sacerdote, che misura le sue capacità e le
confronta colla missione che gli è conferita, di intermediario fra Dio e il
popolo cristiano, interprete dei suoi bisogni spirituali, distributore dei
doni di Dio, guida verso la salvezza. Egli per il primo sente che una
missione così alta, divina, dovrebbe trovare in lui una santità
corrispondente. Ed è proprio sempre il sacerdote all'altezza della sua
missione?
Purtroppo non mancano in lui i difetti; cd ogni sacerdote lo riconosce, e
recita ogni giorno il "mea culpa ", non solo come un rito
liturgico, ma come intima, dolorosa convinzione. Sono però, ordinariamente,
i difetti che anche il popolo cristiano comprende e perdona. Essi non gli
tolgono la sua fiducia, e sono ordinariamente compensati da una vita di
dedizione al bene del popolo e di sacrificio.
Qualche volta però si grida allo scandalo. Spesso avviene che si tratta di
calunnia o di esagerazione dei malevoli, dei suoi nemici: e ve ne sono
sempre di nemici del sacerdote. Ma può avvenire che qualche volta il fatto
sia vero. Il primo a confondersi è lui stesso il sacerdote; il primo a
piangere è il suo Vescovo, e con lui piangono i buoni. Frutto delle miserie
che tutti portiamo con noi. Ma lo possiamo dire: si tratta di casi isolati.
Voi, diletti figli della Chiesa Bresciana, conoscete i vostri sacerdoti, e
sapete che, nella grandissima maggioranza, essi sono degni, sia pure
attraverso a difetti, che non tolgono la loro onorabilità, la stima di cui
il popolo li circonda. Per ottenere che Dio tenga lontano da noi una simile
disgrazia, e per riconoscenza per il bene che i nostri sacerdoti ci fanno,
tutti dobbiamo pregare per loro, ed invocare dal Signore il dono di santi
sacerdoti.
PER AVERE
SACERDOTI BUONI E SUFFICIENTI LE VOCAZIONI
E'
veramente un dono di Dio la presenza di un numero sufficiente di sacerdoti,
e sacerdoti degni.
Il Vescovo, padre del sacerdozio, ogni anno, con animo trepidante e insieme
pieno di intima gioia, impone le mani su un certo numero di giovani che
diventano sacerdoti. E' una giornata di festa per la Chiesa dei Santi
Faustino e Giovita. Lo dice l'abbraccio affettuoso con cui, a funzione
finita, il Vescovo si congeda, benedicendoli, dai nuovi sacerdoti, che egli
in nome di Dio ha ordinato. Lo dicono i volti commossi e raggianti di gioia
dei parenti, dei conoscenti, dei compaesani, che hanno assistito al sacro
rito, così pieno di maestà. Lo dicono i conoscenti, i compaesani, che con
festa tanto cara e imponente partecipano alla prima santa Messa dei nuovi
sacerdoti, e gli altri che accolgono festanti il nuovo sacerdote che viene
mandato dal Vescovo a cominciare il suo ministero.
Ma come sempre, ai suoi doni il Signore vuole la nostra cooperazione. Se
vogliamo sacerdoti sufficienti e ben preparati, dobbiamo tutti adoperarci
per procurarceli.
Cooperano alla preparazione di buoni sacerdoti le buone famiglie cristiane,
che sanno veramente vivere il sacramento di Matrimonio che le ha formate;
dove il buon esempio di vita veramente cristiana dato dai genitori, e la
educazione da essi con diligenza impartita fanno crescere figli virtuosi,
pii, puri, che amano veramente il Signore e sono bene preparati alla
chiamata della vocazione.
Cooperano al sorgere e al coltivarsi delle vocazioni sacerdotali i nostri
oratori, dove i fanciulli vivono bene, lontani dai pericoli, bene formati
dal catechismo frequentato con diligenza ed amore.
Cooperano i gruppi del piccolo clero, ben coltivati dal sacerdote, con
decoro, con devozione, con conoscenza ed amore delle sacre funzioni.
Cooperano i gruppi di fanciulli cattolici e di aspiranti, che dall'Azione
Cattolica imparano l'amore alla vita cristiana ed anche a forme, sia pure
infantili, di apostolato.
Cooperano alle vocazioni sacerdotali anche buone maestre e buoni maestri
profondamente cristiani, che sanno tenere le loro classi bene ordinate, e
mentre insegnano le diverse materie scolastiche, sanno col loro esempio,
colla loro bontà, colle loro iniziative geniali e piene di fede, far amare
ai fanciulli la virtù, la pietà, la fede, l'amore per il Signore e per la
Santa Chiesa.
Tutti cooperatori, questi, sui quali la Chiesa fa il suo assegnamento, e che
io qui pubblicamente ringrazio, come li ringraziano i nostri sacerdoti, che
sanno di avere, anche per mezzo loro, sentita la chiamata del Signore.
IL
SEMINARIO!
Con tutti
questi mezzi ed altri ancora che rimangono nascosti nelle vie della
Provvidenza, si manifestano le vocazioni al sacerdozio, cioè le chiamate
del Signore. Ma rimane lo sviluppo di queste chiamate, cioè la preparazione
al sacerdozio, che richiede lungo tempo e cure diligenti. E' questo il
compito del Seminario, che io devo in modo particolarissimo raccomandare a
tutti voi.
E' facile comprendere quante cose si richiedano per una conveniente
preparazione al sacerdozio, negli anni critici della giovinezza. Si richiede
un lungo corso di studio: studio delle scienze sacre, perchè il sacerdote
possa essere maestro di esse in mezzo al popolo cristiano; studio anche
delle scienze profane, perchè non manchi al sacerdote quella media coltura
che possiede una parte della società fra la quale verrà a trovarsi nel suo
ministero. Si richiede una buona formazione alla disciplina e a tutte le
virtù proprie del suo stato. Dove potrà il giovane avere questa lunga,
profonda preparazione?
Prima che la Chiesa regolasse in modo definitivo questo punto importante di
disciplina ecclesiastica, la preparazione dei futuri sacerdoti avveniva,
secondo le circostanze, per mezzo di qualche istituto o presso qualche
volonteroso sacerdote che se ne prendeva la cura, senza una direzione unica
che coordinasse e dirigesse le diverse istituzioni. Evidentemente però
così la preparazione era lasciata alle diverse iniziative ed a circostanze
varie. I risultati erano bene spesso insufficienti. Fu merito del Concilio
di Trento (1545-1563) l'aver ordinato definitivamente questa funzione così
importante. Quel Concilio, tanto benemerito per aver preso solennemente la
difesa del dogma cristiano e promossa la vera riforma della disciplina in un
momento tanto critico della storia della Chiesa, si prese cura del problema
della formazione del clero, e decretò l'erezione dei Seminari nelle singole
diocesi, o in speciali raggruppamenti di diocesi quando fosse necessario. In
questi seminari, sotto la direzione del Vescovo, si sarebbe provveduto alla
necessaria preparazione di studio e di educazione dei futuri sacerdoti. E
dopo quella saggia disposizione la Chiesa curò sempre, a costo anche di
tanti sacrifici, l'erezione dei Seminari, perchè corrispondessero veramente
ad uno scopo così importante.
IL
SEMINARIO BRESCIANO
La nostra
diocesi fu tra le prime a corrispondere alle nuove direttive della Chiesa
per la costruzione del Seminario. Il mio venerato predecessore Mons.
Domenico Bollani (1559-1579), che aveva preso parte personalmente al
Concilio di Trento, intraprese subito l'erezione del primo seminario, come
contemporaneamente faceva a Milano, in proporzioni naturalmente più vaste,
S. Carlo Borromeo, di cui egli godeva, l'amicizia. E prima di morire,
superando gravi difficoltà d'ogni- sorta, Mons. Bollani riuscì a fornire
alla diocesi il Seminario, da lui affidato alla direzione e cura di santi
sacerdoti, che non mancarono alla diocesi in quel tempo pure tanto
difficile. L'organizzazione poi della educazione e degli studi dei
seminaristi si modellò sulle regole con molta sapienza compilate da S.
Carlo.
Il primo nostro seminario, iniziato dal Bollani e poi ampliato in seguito,
fu l'edificio che ora è occupato dall'Ospedale Militare in Brescia.
Soppresso quel seminario in seguito ai rivolgimenti che seguirono la
rivoluzione francese e il dominio napoleonico, un altro distinto Vescovo
nostro Mons. Gabrio Maria Nava, otteneva per il seminario il convento
annesso alla chiesa di San Pietro in Castello, prima che vi tornassero i
Carmelitani. Ma la soluzione, insufficiente, non poteva essere che
provvisoria. Più tardi Mons. Gerolamo Verzeri acquistò il palazzo
Santangelo, che, riordinato ed ampliato, e ultimamente restaurato dal mio
venerato predecessore Mons. Giacinto Gaggia, è ancora il nucleo principale
del Seminario diocesano, mentre un benemerito sacerdote, Mons. Pietro
Capretti, acquistava l'ex-convento annesso alla Chiesa del Santo Corpo di
Cristo (detta volgarmente di S. Cristo), per istituirvi sotto la sua
direzione il provvidenziale ospizio dei chierici poveri, che divenne poi,
unito al Seminario Santangelo, la sede del Seminario minore.
IL
SEMINARIO NUOVO!
Ora siamo a
questo punto. Mentre il Seminario Santangelo, attualmente sede del Liceo e
della Teologia, può continuare a compiere abbastanza bene la sua funzione
(salvo un opportuno cambiamento nella distribuzione delle classi) l'altro
piccolo Seminario di Santo Cristo risulta affatto insufficiente al cresciuto
numero dei seminaristi in corrispondenza all'aumento della popolazione e
delle parrocchie della diocesi. Si pensi che abbiamo tre sezioni della prima
e seconda classe della scuola media, oltre la doppia sezione di altre
classi. Di più il vecchio fabbricato del piccolo seminario è fatiscente e
assolutamente inadatto alle esigenze moderne di un istituto di educazione
come è il Seminario di una diocesi vasta ed importante come la nostra.
Conseguenza di questa situazione è la urgente necessità di provvedere un
nuovo seminario, che, aggiunto al seminario Santangelo, possa bastare ai
bisogni della diocesi. Tale è stata anche la deliberazione della Sacra
Congregazione dei Seminari, in seguito ad una visita fatta a nome della
Santa Sede.
Mentre si sono studiati e si studiano da persone competenti i progetti per
l'opera che ci sta tanto a cuore, già è stato lanciato alla Diocesi un
appello, che io ora rinnovo solennemente. Sarà un avvenimento importante
per la diocesi, per la fede e la formazione cristiana delle nostre
popolazioni: un'opera che si aggiunge alle altre opere con cui si provvede
alle necessità delle singole parrocchie, che vanno attrezzandosi per le
necessità della vita moderna. A quelle opere mancherebbe la possibilità di
corrispondere allo scopo per cui furono erette, se mancasse un clero
sufficiente e ben preparato che ne fosse l'anima.
L'opera del Seminario deve dunque entrare nel programma di ogni fedele, di
tutte le parrocchie, della Azione Cattolica, degli istituti religiosi e di
tutte le istituzioni bresciane, che devono sentire il dovere di contribuirvi
con tutte le loro forze. Il nuovo Seminario dirà ai Bresciani di domani la
fede, la buona volontà, la generosità dei Bresciani d'oggi, tutti, nessuno
eccettuato.
Dio benedica l'opera nostra, che è opera sua, e ci faccia superare tutte le
difficoltà.
Figli dilettissimi, vi ho parlato del sacerdote, nostro rappresentante
presso Dio e dispensatore a noi dei suoi doni spirituali, di cui tutti
sentiamo il bisogno e l'importanza. Rispettatelo, amatelo,, seguite i suoi
insegnamenti, le sue direttive, che vengono a voi in nome della Chiesa che
tutti ci affratella. E vi ho parlato del Seminario, il grande istituto che
provvederà la nostra Chiesa di un sacerdozio sufficiente e preparato, in
proporzione ai nostri bisogni. Ascoltate la parola del Vescovo, che vi parla
in nome della Chiesa e di Dio.
Che il Signore ci benedica tutti.
Brescia,
Quaresima del 1953.
|