Coll'aiuto
di Dio, che ci ha sempre assistito con tanta bontà, abbiamo terminata,
ormai, anche la seconda Visita Pastorale. Sono 421 Parrocchie, che abbiamo
potuto vedere a una a una, per la seconda volta. E noi le ricordiamo tutte,
sparse come sono, nella vasta Diocesi: dalla nostra ubertosa pianura
soleggiata e feconda, ai nostri laghi, alle valli ed alle montagne, fino ad
alcuni villaggi remoti ed impervii, che ricordiamo con speciale simpatia,
proprio perchè così lontani e così fuori da tutte le comodità della
vita.
Abbiamo goduto per un giorno la vostra ospitalità, sempre cortese, o
reverendi e carissimi Parroci, nostri principali cooperatori nella cura del
popolo che il Signore ci ha affidato, nelle vostre case per lo più modeste
e spesso disagiate: una giornata piena di sacre funzioni, di predicazioni
ripetute, di visite alla Chiesa, ai cari fanciulli del catechismo, agli
oratori, alle opere parrocchiali. Spesso abbiamo constatato i vostri sforzi,
i vostri sacrifici, coronati da Dio, per fornire alle vostre parrocchie
l'attrezzatura, spesso imponente e costosa, voluta dai tempi nuovi. Abbiamo
vedute le vostre popolazioni, ed abbiamo vissuto anche con esse una giornata
per lo più intensa segnata dalla loro corrispondenza: frequenza alle
funzioni ed alla parola di Dio, oltre il ricevimento rispettoso ed il
congedo affettuoso del Vescovo, proprio considerato come l'inviato del
Signore, il Padre delle anime, che parlava in nome di Dio, e che la nostra
gente ascoltava con attenzione, l'attenzione desiderosa di sapere, di
sentire volentieri anche gli ammonimenti rivolti al bene delle loro anime,
per il bene dei loro figli, per il buon andamento della parrocchia.
Lo diciamo con tutta verità. Sono state queste, per noi, le giornate più
gradite del nostro ministero episcopale, ormai lungo, giornate che non
dimenticheremo. E ci pareva di vedere che il Signore accompagnava l'opera
del suo Servo, lasciando nelle popolazioni un ricordo ed una impressione
salutare.
Ne ringraziamo il Signore, e ringraziamo voi pure, parroci e tutti i
sacerdoti, e tutti i fedeli, che il Vescovo sente di amare come figli, come
la sua famiglia. E preghiamo il Pastore Divino, che conservi e faccia
fruttificare nelle nostre popolazioni quello che Egli stesso vi ha seminato.
Ma dopo questa parola di ringraziamento, dopo matura riflessione, vi
vogliamo rivolgere una parola, che sia il frutto delle constatazioni fatte
in questa Visita Pastorale, e insieme un salutare ammonimento per il bene
delle vostre anime, che è il fine del ministero episcopale, come è stato
il fine stesso della Redenzione operata dal Salvatore. L'abbiamo fatto anche
dopo la prima Visita Pastorale, nella Quaresima del 1940. Lo facciamo anche
ora con sincerità e franchezza.
I
LA
CONDIZIONE RELIGIOSA DELLA NOSTRA GENTE BRESCIANA
Ci pare di
poter dire, con intimo conforto, che, in generale, la nostra gente è
attaccata alla sua fede ed alle pratiche della medesima. La grande
maggioranza frequenta la Messa festiva, adempie il precetto pasquale; il
catechismo dei fanciulli è frequentato, e nelle parrocchie più importanti
esso è continuato anche oltre il corso elementare. Si celebrano con
solennità e con buona partecipazione del pubblico le grandi feste
religiose; v'è frequenza notevole alle predicazioni straordinarie di
Missioni o cose simili. Anche il Congresso Eucaristico di quest'anno è
cominciato ed è in corso nelle diverse parrocchie, con esito che si può
dire confortante.
I nostri fedeli amano la loro Chiesa e le opere parrocchiali, e spesso
sostengono spese ingenti per restauri, decorazioni, e costruzioni di aule
catechistiche, oratori con relativi saloni, e simili.
Si può dire anche che sentono il bisogno e il desiderio dell'opera del
sacerdote: e lo sa il Vescovo quando per le condizioni numeriche del Clero
non può mandare subito il parroco in una parrocchia vacante, o il
coadiutore giovane per l'assistenza dei fanciulli e della gioventù.
Tutto questo conforta il cuore del Vescovo, quantunque egli debba constatare
con rammarico, che non manca, dappertutto, un numero più o meno grande di
persone che non sono così fedeli alle pratiche cristiane, o per negligenza,
o per affievolimento della fede, o per altri motivi. E questo avviene
specialmente nella città o nei centri numerosi, dove le distrazioni
domenicali ed i pericoli sono più insistenti.
UN PO' DI
ESAME CRITICO TRADIZIONE O CONVINZIONE?
Ma il
Vescovo non può accontentarsi di una constatazione sommaria, vorrei dire
statistica, relativamente confortante. Noi ci siamo posti ancora una
domanda, di cui già abbiamo fatto cenno dopo le constatazioni della prima
Visita Pastorale. La fede e la pietà cristiana delle nostre popolazioni è
proprio e sempre una fede di intima, profonda convinzione, capace di
resistere alle crisi eventuali e di conservarsi, o piuttosto, in alcuni, una
fede tradizionale, perchè hanno sempre creduto e fatto così anche i padri
e i padri dei padri, e non si è trovato motivo di cambiare?
La domanda ha la sua importanza, e grande, sia per stabilire la qualità
della fede della nostra gente, sia per fare opportune congetture intorno
alla sua stabilità, di fronte a circostanze speciali, o ad una propaganda
in senso contrario.
Ora, mentre non abbiamo motivo di dubitare per tanta parte delle nostre
popolazioni, che alla fede tradizionale aggiungono una conoscenza abbastanza
profonda della dottrina cristiana, e un desiderio di sapere congiunto ad una
lodevole frequenza alla catechesi dove le verità della fede sono ripetute e
commentate, abbiamo motivo per un giudizio diverso, o almeno per un
ragionevole dubbio, intorno alla fede di qualche parte della nostra
popolazione.
Come già dicevamo nella citata lettera dopo la prima visita pastorale, si
verifica spesso un fatto doloroso, quando alcuni dei nostri uomini o dei
nostri giovani lasciano il loro paese per recarsi altrove in cerca di
lavoro, dalla campagna alla città o ad altri centri di lavoro, o peggio
all'estero, dove si trovano fuori del loro sano ambiente di origine, o a
lato di compagni di lavoro che hanno fatto naufragi nella fede. Allora
avvengono spesso crisi nella fede di questi nostri uomini, i quali
abbandonano le pratiche della pietà cristiana. E se per molti la crisi è
momentanea, e la pratica cristiana ritorna quando essi rientrano
nell'ambiente più sano delle loro famiglie e nel luogo della loro prima
educazione, per altri pur troppo non è così. E' un fatto questo che può
avere molte spiegazioni, ma che lascia dubitare che manchi qualche cosa alla
conoscenza ed alla convinzione nella fede primitiva di questi nostri
fratelli.
PROPAGANDA
INSIDIOSA
A quel
fatto doloroso se n'è aggiunto un altro.
In questi anni, dopo le convulsioni della guerra e gli episodi della
liberazione, si ebbe un po' dappertutto, e anche fra le nostre popolazioni
operaie e contadine, una intensa propaganda di comunismo e socialismo di
tinta marxistica. Molta della nostra gente avvertì l'insidia e non aderì.
Ma una parte accettò l'insidiosa propaganda. Quei movimenti e quei partiti
si presentavano come amici del popolo, e specialmente della parte di esso
più povera e bisognosa, cioè dei lavoratori, in possesso non d'altro che
delle loro braccia, desiderosi di migliorare la loro condizione. E molti non
videro in essi che questo aspetto, certo seducente, ed accettarono di
mettersi fra le file di coloro che annunciavano la tanto desiderata riforma
della società, senza per questo intendere di rinunciare alla propria fede.
Ed infatti abbiamo assistito, in un primo tempo, allo sforzo di molti di
quei propagandisti, di assicurare che si poteva partecipare a quel movimento
e a quei partiti ed essere ancora cristiani e cattolici. Ma non era così.
Alla base di quei sistemi c'è una ideologia prettamente materialistica, che
teneva conto soltanto della materia e delle sue leggi, negando Dio e l'anima
spirituale ed immortale. Metodo è la lotta di classe; termine una società
dove lo Stato è tutto, senza tener conto dei diritti della persona umana e
della sua coscienza. Difatti si vide che i capi di questi movimenti avevano
abbandonato la fede e ogni pratica cristiana; e dove essi erano riusciti ad
afferrare il potere, avevano osteggiato apertamente l'opera della Chiesa,
lino alla scristianizzazione della educazione, ed alla persecuzione della
Chiesa, resa priva di ogni libertà.
La Chiesa non poteva lasciar correre un così grave pericolo per la fede di
tanti suoi fedeli, ingannati dal miraggio di miglioramenti economici, ed
ammonì tutti, paternamente insieme e severamente, che abbracciando quelle
ideologie materialistiche si rinunciava alla fede, e anche solo dando con la
propria adesione e col proprio numero l'aiuto a coloro che sostenevano
quelle dottrine, si cooperava al male che essi facevano, favorendo negli
altri la perdita della fede e la persecuzione della Chiesa.
Molti ascoltarono docilmente le ammonizioni della Chiesa, e rifiutarono
l'adesione a quei movimenti insidiosi, cercando in altri modi i
miglioramenti economici e le rivendicazioni sociali. Ma abbiamo veduto un
certo numero di fedeli rimanere sordi agli avvertimenti di chi parlava loro
in nome di Dio e della fede, e continuare nella falsa posizione in cui si
erano messi.
CRISTIANI
A META'
Come ha
potuto avvenire questo disorientamento?
Noi possiamo compatire questi nostri fratelli che non hanno voluto vedere la
falsa posizione in cui si mettevano. Ma dobbiamo invitarli a riflettere che
alla base del loro atteggiamento c'è un doppio difetto che compromette la
loro fede.
In primo luogo essi hanno sopravvalutato il valore del loro interesse
materiale, dimenticando una parola di Cristo nel Vangelo:
" Che giova all'uomo di guadagnare anche tutto il mondo, se dovesse
aver danno per la sua anima? " (Matt. 16, 26). Qual danno maggiore che
la perdita della fede? ed anche solo appoggiare l'opera scristianizzatrice
dei suoi nemici? Deve bastare questa parola per richiamare ogni cristiano
alla fedeltà alla fede del suo battesimo.
In secondo luogo questi nostri fratelli hanno dimenticato il dovere che ha
ogni cristiano verso la Chiesa a cui appartiene, e coloro che nella Chiesa
hanno da Dio l'incarico di guidarci nella via della fede. E' una specie di
eresia che tende a diffondersi anche nelle nostre popolazioni, diffusa con
insistenza dai propagandisti dell'errore: compiere, sì, le pratiche
cristiane, la Messa, i Sacramenti, ma non tener conto della Chiesa che ci
insegna e ci ammonisce in nome di Dio. Dimenticano che Cristo nel Vangelo ha
dato agli apostoli e ai loro successori l'incarico di guidare i suoi seguaci
nella fede e preservarli dalle insidie dell'errore. Ed ha pure aggiunto:
" Se alcuno non vorrà ascoltare la Chiesa, consideratelo come un
infedele " (Matt. 18, 17).
Avviene oggi con relativa frequenza che, di fronte ad ammonimenti anche
severi del Papa o dei Vescovi, alcuni li rifiutano o non ne tengono conto,
perchè hanno sentito qualche cosa in contrario. Da chi? da propagandisti di
questo o di quel partito, che hanno svalutato le parole del Papa e dei
Vescovi. E i propagandisti dell'errore sanno che è qui che bisogna puntare;
scuotere la docilità dei fedeli. E per questo continuano in una campagna
astiosa, che con nessun rispetto verso l'augusta autorità del Vicario di
Gesù Cristo contraddice le sue parole, dando ad esse interpretazioni
maligne, quasi che egli sia l'esponente di interessi capitalistici e
reazionari, mentre dà come insegnamento assoluto e insindacabile ogni
parola che venga da altri, che rappresentano la lotta contro ogni idea
cristiana. E questa insidiosa propaganda va dicendo, per contestare il
proprio atteggiamento, che le cose politiche ed economiche sono fuori della
competenza della Chiesa e non entrano nel suo magistero. Cosa questa che in
un certo senso è vera; e la Chiesa non intende farsi maestra di politica e
di economia, e lascia che i popoli tengano quelle forme di governo che si
sono date. Ma quando si prende occasione di questioni politiche od
economiche per allontanare i fedeli della fede ed avviarli ad una concezione
materialistica della vita, che è la negazione della dottrina e della vita
cristiana, allora la Chiesa, in nome della sua divina missione, interviene e
fa sentire la sua parola ammonitrice.
E' quello che comprende la maggior parte della nostra popolazione cristiana.
E sa che questa docilità agli insegnamenti della Chiesa non rappresenta per
lei un giogo penoso e un attentato alla sua libertà, ma una amorevole
assistenza voluta dal Divin Fondatore della Chiesa, per preservarci
dall'errore nelle cose dell'anima nostra.
V'è però una parte della nostra gente che questo ha dimenticato, e si
lascia adescare dalla propaganda dell'errore. Ad essa va il nostro
avvertimento, nel vivo desiderio del loro bene, perché si mantengano
veramente, interamente cristiani, senza accomodamenti impossibili
coll'errore.
RIMEDI
Ai pericoli
sopra indicati, per conservare intera la fede della nostra gente, bisogna
opporre qualche opportuno rimedio. Ma non crediamo che sia necessario
escogitare cose sostanzialmente nuove; bisognerà potenziare al massimo, ed
eventualmente aggiornare alle nuove esigenze della vita i mezzi che già
sono a nostra disposizione, e che del resto entrano nella natura stessa
della fede e della vita cristiana, come il Salvatore l'ha stabilita. E
questi mezzi si possono ridurre ad uno, l'istruzione religiosa, che fu
quello già usato da Cristo; egli insegnava, ed insegnavano gli Apostoli,
disseminatisi nel mondo per portare la fede.
E' dovere di tutti procurarsi della nostra santa Religione una conoscenza il
più possibile completa.
Sarà questa, in primo luogo, l'opera del catechismo per tutti i nostri
fanciulli e giovinetti. L'imparino fin dai primi anni della loro infanzia,
ma continuino a seguirne l'insegnamento per tutto il tempo della loro
adolescenza, perchè l'insegnamento stesso progredisca in proporzione della
loro età ed intelligenza. E' questo un grave dovere dei genitori, a cui Dio
ha dato l'incarico della educazione dei figli; ed essi mancherebbero
gravemente se essi non lo procurassero, e non mostrassero di dare essi
stessi a tale insegnamento tutta. l'importanza che si merita.
A loro volta, i curatori d'anime, parroci e al loro fianco tutti i
sacerdoti, considereranno il catechismo come una delle loro mansioni
principali. E useranno tutti gli accorgimenti del loro zelo e di una sana ed
aggiornata pedagogia perchè l'insegnamento sia efficace. Quindi, ambienti
scolastici sufficienti e per quanto possibile accoglienti ed arredati;
preparazione degli insegnanti dal punto di vista della dottrina e della
didattica; testi didatticamente compilati in proporzione della età e
dell'indole dei giovani alunni; attrattive proporzionate perchè la scuola
del catechismo sia frequentata ed amata come si deve e con frutto. Parliamo
qui, dove è ancora vivo il ricordo di Mons. Pavanelli, che
nell'insegnamento del catechismo in forma di vera scuola è stato un
apostolo illuminato. Tutti si domandino se dovunque le nobili sue fatiche e
le tradizioni diocesane siano veramente osservate, per l'efficacia di questo
insegnamento tanto necessario.
Ma il catechismo che i nostri fanciulli e i nostri giovani imparano non deve
essere soltanto una lezione appresa per la scuola, e magari ripetuta con
esattezza meccanica nel giorno delle interrogazioni. Deve mettere solide
radici nella loro intelligenza e diventare parte importante della loro vita.
Per questo all'insegnamento delle singole verità della fede e della morale
cristiana deve congiungersi una progressiva conoscenza dei fondamenti della
medesima. Sarà una apologetica dapprima elementare, che darà di ogni
verità imparata la ragione, nelle parole del Vangelo o in un argomento
della ragione, e poi, nelle ultime classi del catechismo, un po' di
apologetica vera e propria, chiara, semplice, ma ben fondata.
Inoltre si cerchi di unire sempre all'insegnamento del catechismo la pratica
della vita cristiana. La Messa e la partecipazione alla vita liturgica, non
ridotta alla presenza materiale e forzata, nè a una ripetizione meccanica
di formule di preghiera, ma guidata così da lasciar posto alla riflessione
e a una certa spontaneità. Una conclusione pratica delle singole lezioni
del catechismo, che guidi gli alunni a vivere cristianamente in conformità
alla verità dogmatica o al precetto morale che hanno imparato, a
partecipare ai bisogni dei fratelli, alla vita della Chiesa considerata
nella sua pratica e nella sua gerarchia.
L'istruzione religiosa non deve finire con quello che si suoi chiamare il
catechismo, fatto per la fanciullezza e per l'adolescenza. La Chiesa ha nel
suo programma una istruzione religiosa che accompagna il cristiano in tutte
le sue età. La spiegazione del Vangelo alla Messa festiva, e poi per tutti
una istruzione proporzionata alla loro età e condizione, la catechesi,
nella quale si espone e si commenta organicamente tutta la dottrina
cristiana. E' quella che il nostro popolo suoi chiamare la Dottrina. Essa
mette alla disposizione dei fedeli che sono capaci di comprenderla il tesoro
della sapienza cristiana. Essa ha fatto, da gran tempo, una preziosa
tradizione della nostra chiesa bresciana, ed ancora vi sono i buoni
cristiani che sentono il dovere di procurarsi questo tesoro di cultura
religiosa, e premunirsi da quel grande nemico della nostra fede che è
l'ignoranza religiosa. Noi vogliamo qui invitare tutti i fedeli a
frequentare questa cattedra di verità, che per la maggior parte è il solo
modo di avere una cognizione sufficiente della fede. Essa dovrebbe entrare
per tutti come una parte della santificazione della festa.
Pur troppo però, oggi la fisionomia della domenica si è mutata, e troppe
distrazioni allontanano tanti della nostra gente dalla spiegazione della
Dottrina cristiana, con scapito della loro vita cristiana e della loro fede.
I nostri Parroci la devono considerare come un loro preciso dovere, e
cercheranno di renderla sempre meglio preparata e corrispondente alle
necessità dei tempi.
Se sarà necessario, tenteranno qualche opportuno cambiamento di orario, in
corrispondenza delle mutate esigenze della vita della domenica nelle loro
popolazioni. Ma non si fermeranno qui. Per quelli che non possono
frequentare la nostra catechesi domenicale, e che comunque di fatto non la
frequentano, bisognerà trovar modo di organizzare un'altra forma di
istruzione religiosa. Sappiamo che vi sono in città e altrove corsi di
conferenze religiose per studenti, per professionisti; sappiamo che per
quelli che non sanno resistere alle attrattive dello sport domenicale in
alcune parrocchie si tiene per essi l'istruzione religiosa in giorni o ore
diverse dalla catechesi che si fa per tutti. Noi benediciamo tutte queste
iniziative; esse devono conservarsi, moltiplicarsi, adeguarsi alla qualità
delle persone a cui si indirizzano.
Ma ricordiamo a tutti i fedeli che, in un modo o in un altro, hanno il
dovere di procurarsi abitualmente un supplemento di cultura religiosa
proporzionata alla loro mentalità. Trascurandolo, mancherebbero contro la
loro fede di cristiani, privandola della difesa contro le offensive del
dubbio o della incredulità, e togliendo a se stessi il vantaggio della sua
benefica influenza come direttiva della vita.
II
LA VITA
CRISTIANA DELLA NOSTRA GENTE
Un'altra
domanda ci siamo fatta riflettendo sulle constatazioni della Visita
Pastorale. Alla fede della nostra gente corrisponde sempre una vita
veramente, integralmente cristiana?
La domanda ha la sua ragione d'essere, perchè il Cristianesimo non è
soltanto un sistema di nozioni astratte intorno a Dio e ai nostri rapporti
con Lui. Con la sua dottrina che ci dà le ragioni stesse della nostra
esistenza, con una legge altissima e completa che ci designa i nostri
doveri, il Cristianesimo investe tutta la nostra attività. La fede senza le
opere corrispondenti non è la vera fede come la intende il Salvatore che ce
l'ha data; " la fede senza le opere è una fede morta ", come dice
l'Apostolo (Giac. 2-20, 26).
E' quello che molte volte ci manca; e gli avversari della nostra fede
qualche volta ce ne fanno rimprovero: un rimprovero che nelle loro mani pur
troppo diventa spesso un argomento contro la verità o almeno l'efficacia
della stessa fede.
LA
SANTIFICAZIONE DELLA FESTA
Abbiamo
già accennato sopra che anche dove i nostri parroci vedono le Chiese
affollate alle Messe domenicali, calcolando e facendo i confronti, devono
concludere che vi è sempre un certo numero di persone, spesso notevole, che
mancano a questo che è il primo nostro dovere religioso. Pur troppo le
distrazioni sono molte, i pretesti non mancano ; per molti la festa è
diventata, più che altro, una giornata di sollievo e di divertimento, e
sembra dimenticata la sua funzione religiosa, il grande comandamento della
legge di Dio: " Ricordati di santificare la festa".
Bisogna che in tutti rientri la persuasione che il primo dovere del
cristiano rimane in tutto il suo valore e nessuno ce ne ha dispensato. E il
sollievo e divertimento, che pure è cosa lecita ed onesta, non deve essere
a scapito del gran dovere religioso.
Su questo punto noi vogliamo confidare che il Congresso Eucaristico
diocesano, che già è in corso, e possiamo dire, già ottiene buoni
risultati, ed è appunto diretto principalmente ad inculcare a tutti il gran
precetto della Messa come santificazione del giorno festivo, abbia ad
ottenere il suo frutto: il frutto di un ritorno di tutti al gran dovere
della pietà cristiana, la Messa domenicale, e con la Messa, la
partecipazione Pasquale alla mensa Eucaristica, anch'essa disertata da non
pochi.
IL BUON
COSTUME
I costumi,
anche solo per quello che appare agli occhi di tutti, non sono per molti
come li vuole la legge di Dio, sacra per oeni cristiano. La constatazione è
di tutti.
La gioventù dovrebbe crescere sana, serena, lieta se volete, ma educata al
rispetto di se stessa, nella purezza che ne è il migliore ornamento, la
vera sanità dell'anima e del corpo insieme per prepararsi, attraverso al
matrimonio, alla famiglia, intesa come il sacrario delle virtù più belle,
con un amore benedetto da Dio, destinato al mutuo perfezionamento e alla
trasmissione della vita, in una prole che continui nel tempo le tradizioni e
le virtù dei genitori.
Purtroppo pare che su questo punto le buone tradizioni vadano
affievolendosi. Cause sono una soverchia libertà di tratto, promiscuità
pericolose non sufficientemente evitate, una stampa avvelenatrice,
divertimenti scandalosi, cinematografi che spesso sono il trionfo e la
scuola del vizio. Le conseguenze sono quali naturalmente possono derivare da
questo genere di vita: giovinezze sciupate, matrimoni profanati, discordie,
e le nuove generazioni che minacciano di continuare a peggiorare una
condizione di cose che è già preoccupante. Le statistiche che registrano
le natalità illegittime e altri delitti contro il matrimonio e la famiglia
sono indici di una situazione di cui tutti devono preoccuparsi seriamente.
Pur troppo la nostra gente non è immune da queste tristezze. E il Vescovo
fa sentire la sua voce, come un grido di allarme, in nome della sanità
morale della nostra gente, e chiama a raccolta tutti quelli che possono
influire per una bonifica morale di un ambiente che va peggiorando:
genitori, educatori e tutti coloro che possono frenare l'immoralità
pubblica, che forma l'ambiente viziato in cui crescono le nuove generazioni.
PER UNA
CONVIVENZA PIU PACIFICA E CONCORDE
Altro
elemento fondamentale della vita cristiana è quello che riguarda i rapporti
fra uomini e uomini, classi e classi sociali. Dio ha stabilito questi
rapporti in una forma che è insita nella stessa nostra natura, ed è
perfezionata dagli insegnamenti del Vangelo. Tutti sentiamo di essere
imperfetti, singolarmente insufficienti, bisognosi gli uni degli altri. Egli
ci ha fatti così, perchè ci vedessimo costretti ad aiutarci a vicenda, con
uno spirito di volonterosa collaborazione, come una magnifica collaborazione
regge il mondo fisico nella sua immensità. E questa collaborazione è
regolata da due grandi leggi che reggono socialmente la convivenza umana:
giustizia e carità: cioè, dare a ciascuno quello che gli spetta, e in più
andare incontro ai bisogni dei nostri simili per venir loro in aiuto.
Ma non è tale molte volte la vita delle nostre popolazioni. A dire vero,
contrasti fra gli uomini ce ne sono sempre stati; ma ora par di veder
diffondersi anche fra la nostra gente quello che pur troppo è diventato un
male comune: invece della collaborazione la discordia, invece dell'amore
l'odio: l'odio di classe, che per molti che lo vanno predicando è un
programma esplicitamente affermato come un mezzo di riforma sociale: odio
che è favorito dalle difficoltà economiche, e dalle condizioni di disagio
in cui molti si trovano. In momenti critici di competizioni fra lavoratori e
datori di lavoro abbiamo assistito anche ad atti di violenza; ma anche al di
là di quegli episodi fortunatamente isolati, non è difficile sentire sulla
bocca degli uni e degli altri parole che sembrano venire da sentimenti che
si potrebbero qualificare come odio.
Ma non dev'essere così. Gli uni e gli altri devono trattarsi con mutua
comprensione, per venire ad intese ragionevoli. La Chiesa, interprete del
Vangelo, ha una parola da dire a tutti.
Ai poveri che sono portati a lamentarsi in confronto di quelli che
posseggono, essa ricorda che non è praticamente possibile una assoluta
eguaglianza di tutti. La impediscono tante circostanze che formano la
realtà; come diverse capacità di lavoro, diverse abitudini di sobrietà e
di risparmio. Tanto che anche dove si è voluto attuare un collettivismo che
dovrebbe rappresentare la soppressione delle disuguaglianze, non si è
potuto ottenerlo che a costo della pratica soppressione di ogni libertà di
scelta e di lavoro, colla esclusione della stessa possibilità a cui ognuno
naturalmente aspira di acquistarsi col suo risparmio un po' di agiatezza e
di indipendenza mediante una sia pur piccola proprietà. Senza contare che
anche in quel regime affiorano sempre le disuguaglianze sociali, spesso
grandissime, non foss'altro, fra dirigenti e la\oratori.
Tuttavia la Chiesa ricorda ai ricchi che, se le disuguaglianze sono
inevitabili, è anche vero che quando le differenze sono portate ad un
limite esagerato di ricchezze sterminate in mani di pochi, e miseria
sconfortante nei più, un senso di giustizia sociale che è insito nella
uguaglianza di natura di tutti gli uomini e nella destinazione dei beni
creati ai bisogni di tutti, esige che vi sia uno scambio che faccia un po'
circolare la ricchezza da quelli che la possiedono in abbondanza a quelli
che ne sono privi.
E questo avviene in diversi modi:
1. Col
dovere di coscienza di chi più ha, di soccorrere efficacemente chi manca
del necessario. E' un dovere di carità che ci viene espressamente imposto
dal Vangelo, naturalmente, in proporzione della possibilità di chi dà e
della necessità di chi riceve. Alla luce di questo precetto, uno che
abbonda del superfluo non può star quieto in coscienza se ha vicino a sè
uno che manca del necessario per vivere.
2. Altro
mezzo di giusta perequazione usa la legge civile, in nome di un criterio di
giustizia sociale ed insieme di ordine pubblico, con gravami fiscali che
pongano prevalentemente a carico dei più abbienti le pubbliche necessità;
disposizione questa, a cui gli abbienti non hanno diritto di opporsi o di
evadere.
3. E non è
neppure da escludersi che, con la dovuta moderazione la legge civile, per
venire incontro ai bisogni delle masse proletarie, stabilisca dei limiti
alla stessa proprietà, che è certo un diritto naturale, ma non un diritto
illimitato, e subordinato alla possibilità che ne possano partecipare altri
che ne sono privi.
Aggiungeremo, che in vista della destinazione, da parte della Provvidenza,
di tutti i beni materiali al sostentamento di tutti gli uomini, i detentori
del capitale debbono sentire il dovere di non lasciarli inerti o usarne
soltanto come mezzo di proprio godimento, ma debbono, secondo le
possibilità, destinarli, come fonte di nuova produzione e di lavoro,
provvedendo così ai bisogni di tutti e contribuendo a diminuire il triste
fenomeno della disoccupazione.
Son questi ed altri analoghi principii, che provengono dalla natura delle
cose e da un senso di carità e giustizia secondo le norme del Vangelo,
principi applicati con un senso di responsabilità e di moderazione nei
rapporti fra ricchi e poveri, datori di lavoro e lavoratori considerati non
come macchine, ma come persone che dispongono del proprio lavoro come mezzo
di sostentamento e come aspirazione a migliorare gradualmente con esso la
propria condizione e tenore di vita, non dovrebbe essere impossibile
intendersi, e risolvere con mutua soddisfazione le eventuali divergenze, con
vantaggio di tutti, e stabilire quella cooperazione che è voluta da Dio e
dalla legge stessa di natura, oltre che dagli insegnamenti del Vangelo. Non
sarà il paradiso in terra, perchè il paradiso in terra non c'è e Dio ce
lo riserva come premio nella vita futura; ma sarà una convivenza migliore,
più pacifica, a vantaggio di tutti.
Carissimi, abbiamo intitolato questa lettera che abbiamo scritto, dopo la
seconda Visita Pastorale con le parole "La nostra gente come è e come
la vorremmo". Abbiamo ricordato sommariamente il bene che v'è nelle
nostre popolazioni, che dovremo cercare di mantenere, ed anche condizioni
che fanno pensare. Vi abbiamo indicato con franchezza i rimedi, che
affidiamo alla riflessione ed alla buona volontà di tutti, sacerdoti e
fedeli. Il Signore ci aiuti ad essere sempre degni di Lui, e di quel grande
suo dono che è la nostra Fede. Il Congresso Eucaristico indetto quest'anno,
e che già si sta svolgendo con buoni risultati, in attesa della grande
settimana cittadina nel settembre venturo, sarà una bella occasione per un
risveglio salutare di vita integralmente cristiana.
Vi benediciamo nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo, e vi
auguriamo, piena di gioia e di bene, una buona Santa Pasqua.
Brescia,
2 marzo 1952.
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