Prendiamo
l'argomento della Pastorale di questa Quaresima da un fatto doloroso che
non può sfuggire a nessun cristiano che pensi. Se sempre la Chiesa ha
avuto i suoi avversari, detrattori, persecutori, da un po' di tempo questo
fatto si va accentuando nel mondo, ed anche nella nostra nazione, che pure
è cattolica nella sua enorme maggioranza. Come è noto a tutti, vi sono
Nazioni a regime totalitario negatore di ogni libertà, nelle quali non
solo è permessa ed incoraggiata ufficialmente una propaganda apertamente
materialistica ed antireligiosa, che mira a distruggere la fede negli
animi della gioventù, ma la Chiesa Cattolica è apertamente perseguitata.
Come ebbe recentemente a denunciare il Papa nel suo discorso al popolo
romano il 20 febbraio di quest'anno, si sono strappate con la violenza e
con l'astuzia dal centro della cattolicità le chiese che le erano unite,
si sono imprigionati i vescovi greco - cattolici perchè si rifiutavano di
apostatare dalla loro fede; si sono perseguitati ed arrestati sacerdoti e
fedeli perchè rifiutavano di separarsi dalla loro Madre, la Chiesa
Cattolica; si è tolto ai genitori il diritto di educare i propri figli
nelle scuole cattoliche. E si è arrivati al punto di giudicare e
condannare a gravissime pene Pastori della Chiesa, come l'Arcivescovo di
Zagabria e il Cardinale Primate di Ungheria, violando ogni civile
libertà, come hanno dimostrato la protesta e l'indignazione di tutto il
mondo libero e civile.
Ma quello che, sotto un certo aspetto, più ci deve preoccupare perchè ci
tocca più da vicino, è il fatto che anche in mezzo a noi, in una nazione
dove ancora è viva la professione pressochè universale della fede
cattolica, si diffondono nelle masse, colla stampa e colla propaganda
orale, ingiurie ed accuse infondate contro la sua Gerarchia, prendendo di
mira anche direttamente, e potremmo dire di preferenza, la stessa persona
augusta del Sommo Pontefice, il Vicario di Gesù Cristo, presentato al
popolo come fautore di guerra e nemico delle legittime aspirazioni delle
classi popolari.
A questa iniqua propaganda, che minaccia di scuotere la fede delle nostre
popolazioni nella Chiesa, lasciataci da Cristo come colonna e maestra di
verità, dobbiamo opporci con ogni energia. Per questo abbiamo voluto
indirizzare questa nostra lettera ad illustrare al nostro popolo, - a voi
tutti che siete figli affezionati e fedeli della santa Chiesa, ed agli
altri figli nostri che forse hanno un poco ceduto alla iniqua propaganda,
- la natura della Chiesa e della sua Gerarchia, come Cristo l'ha
istituita, la sua funzione come continuatrice fra noi della sua opera
redentrice, la sua multiforme benemerenza per il vero bene delle classi
popolari e i nostri doveri verso di essa.
LA
CHIESA COME CRISTO L'HA FONDATA
La Chiesa
come la definisce il catechismo, è la società dei fedeli uniti dalla
medesima fede nella dottrina di Cristo, dalla partecipazione ai
Sacramenti, nella soggezione ai legittimi pastori stabiliti da lui.
Cristo nostro Salvatore, venendo incontro a quella che è la tendenza e il
bisogno della natura umana, ha voluto che i suoi fedeli, per approfittare
del frutto della Redenzione operata da lui, non restassero isolati,
abbandonati alle sole risorse individuali, ma formassero una società,
cioè come una grande famiglia, o secondo l'immagine cara all'Apostolo San
Paolo, un unico corpo, il corpo mistico di Cristo, di cui Egli è il capo
e tutti i fedeli le membra, perchè, come tutto il corpo dal capo riceve
la vita, così i fedeli, attraverso persone e istituzioni che egli ha
incaricato di rappresentarlo quaggiù, ricevono la vita soprannaturale,
che consiste essenzialmente nella fede e nella grazia.
Questa è la chiesa come noi la vediamo, e come la storia l'ha vista
conservarsi e svilupparsi attraverso i secoli. Il Vangelo ce la mostra
scaturire dalla istituzione di Cristo stesso.
E' Lui che, dopo d'avere insegnato alle turbe che gli si affollavano
intorno la sua dottrina, sceglie alcuni fra i suoi discepoli, gli
Apostoli, e li manda ad insegnare. "Andate ed ammaestrato tutte le
genti" (Mat., 28,19); "Predicate il Vangelo ad ogni creatura
" (Marc. 16, 15). E vuole che i suoi fedeli imparino da essi:
"Chi crederà sarà salvo, chi non crederà sarà condannato".
Essi, battezzando, rigenereranno i fedeli alla vita della grazia, ch'egli
ci ha meritato colla sua passione e morte. Essi distribuiranno in nome suo
il perdono dei peccati commessi (Mat., 28, 29; Giov., 20, 23). Ad essi è
dato l'incarico di guidare i fedeli nella osservanza della legge di Dio (Mat.,
28, 20); ad essi il potere di sciogliere e legare; a i fedeli l'obbligo di
obbedire alle loro disposizioni, sotto la minaccia di essere considerati
come pagani e peccatori.
Da queste parole di Cristo appare la Chiesa come una società affidata
alle cure di una gerarchia, gli Apostoli, e poichè avrebbe dovuto durare
sempre, anche i loro successori.
Dato il fine altissimo a cui questa società era indirizzata, cioè la
conservazione di una dottrina e di una vita divina che ci veniva da
Cristo, poteva sembrare umanamente debole il fondamento a cui si
appoggiava, uomini come gli Apostoli, soggetti come tutti gli uomini ad
errori, a difetti, che avrebbero potuto compromettere l'opera di Cristo.
Ma egli ha pensato anche questo, e viene loro incontro assicurando la sua
assistenza e il suo aiuto: " Io sarò con voi (con voi che insegnate,
che battezzate, che assolvete) fino alla fine del mondo" (Mat. 28,
20).
E perchè a questa assistenza divina corrispondesse anche un principio
visibile di unità, egli affida la sua Chiesa ad una Gerarchia, gli
Apostoli e poi i Vescovi, e a capo di questa gerarchia mette un capo, che
sarà il suo Vicario, Pietro e poi i suoi successori, i Pontefici Romani.
Anche questa divina investitura, che fa di Pietro e dei suoi successori i
capi supremi della Gerarchia nel reggere e insegnare, risulta chiara dal
Vangelo: " Tu sei Pietro, e su questa pietra io fonderò la mia
Chiesa " (Mat. 16, 18). "Pasci i miei agnelli, pasci le mie
pecorelle" (Giov. 21; 1.5-17). " Io ho pregato per te, Pietro,
perchè la tua fede non venga meno, e tu conferma i tuoi fratelli "
(Luc. 22, 32).
LA CHIESA NELLA STORIA
Questa
che abbiamo descritta è la Chiesa come Cristo l'ha istituita. Essa
incontrò subito le opposizioni del mondo che la circondava, prima nello
stesso popolo giudaico nel quale era sorta, poi nel mondo pagano, a cui
veniva ad annunciare una concezione di vita tanto diversa da quella che
era stata la sua: una vita fondata su un concetto di Dio perfettissimo e
creatore di ogni cosa, di una legge morale stabilita da lui che poneva un
freno alle inclinazioni perverse della natura viziata, di una redenzione
operata dal Figlio di Dio e che si attua con una unione di mente, di
cuore, di volontà con lui, di un giudizio divino a cui tutti saremo
sottoposti, e di una vita futura in cui ognuno avrà il premio o la pena
delle sue azioni buone o cattive.
Cristo stesso aveva personalmente incontrato questa opposizione da parte
dei suoi connazionali, che lo misero a morte. Era da aspettarsi, e Cristo
lo aveva predetto, che, come lui, la sua Chiesa trovasse l'opposizione del
mondo. Furono le persecuzioni sanguinose dei primi secoli, che sembrava
dovessero stroncare sul nascere la nuova istituzione. Ma la Chiesa superò
tutte le opposizioni; e mentre i migliori dei suoi figli e dei suoi capi
cadevano sotto la violenza delle persecuzioni, essa si difendeva e
penetrava in tutti gli strati della società, come un fermento nuovo, che
a poco a poco operò nel mondo una trasformazione profonda, nelle idee,
nella vita, nelle stesse istituzioni sociali. In mezzo a una società
corrotta che si avviava allo sfacelo, spuntò il fiore della santità:
esempi di purezza, di sacrificio, di amore, che il mondo non aveva mai
veduti prima, e che rappresentavano il più prezioso apporto alla nuova
civiltà che si veniva formando.
Lo storico che guarda al succedersi dei tempi ed allo sviluppo della
civiltà, non può non vedere questa insigne opera di risanamento e di
progresso morale operato dalla Chiesa attraverso i secoli: risanamento nel
campo delle idee, portate ad una concezione della vita tanto superiore a
quella delle religioni e delle filosofie antiche, e nel campo della vita
pratica, per il rifiorire caratteristico di quegli eroi di santità, che
non mancarono mai nella storia della Chièsa, a differenza di ogni altra
istituzione umana.
Nè questo fiorire di santità è venuto meno nella età moderna, che
sembra orientarsi, nella sua vita vertiginosa e meccanica, verso
tutt'altri ideali. Basta accennare alle figure radiose, così alte ed
insieme così popolari, di Don Bosco, il Cottolengo, Don Orione, Don
Guanella, Francesca Cabrini, e tanti altri.
Che se dal campo di quello che, per la sua risonanza, forma oggetto della
storia e delle statistiche, vogliamo passare a dare un pensiero a quello
che si verifica nel segreto delle singole coscienze, dobbiamo riconoscere
che la Chiesa non vien meno alla funzione assegnatale da Cristo, di
continuare la sua opera redentrice, a salvezza delle anime, mentre ad
essa, per la sua predicazione e l'amministrazione dei Sacramenti, tante
anime devono quello che hanno di buono nella loro vita spirituale, la
riabilitazione dopo la colpa, la salvezza finale nel momento della morte.
L'
ELEMENTO UMANO
E' vero
che, in mezzo a tanta luce e splendore di bene, non sono mancate e non
mancano nella Chiesa le ombre: cristiani, in alto e in basso nella scala
sociale, anche nella stessa categoria dei suoi ministri, che non hanno
raggiunto le vette sopra ricordate, ma hanno dato e danno prova di una
vita mediocre, volgare, ed anche spesso riprovevole.
Siamo ben lungi dal negare questo fatto, che dovrebbe far arrossire molti
cristiani, e agli occhi di molti sembra fare svanire la nota di santità
che si attribuisce alla Chiesa. Ma si deve notare che questo non dipende
da un difetto intrinseco della Chiesa e delle sue istituzioni essenziali,
ma dalla minor buona volontà di alcuni suoi membri, i quali, per
ignoranza, per debolezza o per cattiveria, resistono alla influenza
benefica che loro verrebbe dalla dottrina e dai mezzi di santità di cui
la Chiesa dispone.
E' il lato umano della Chiesa, che qualche volta sembra offuscare agli
occhi di chi osserva l'elemento divino, sempre fulgido di luce e fecondo
di bontà. Esso deve suonare vivace rimprovero a chi se ne rende
colpevole.
L'AZIONE DELLA CHIESA VERSO LE CLASSI LAVORATRICI
Ma alla
Chiesa si fa spesso un altro appunto. Essa ha potuto avere una funzione
utile per la salvezza delle anime; ma, si dice, non ha fatto nulla per il
benessere sociale, specialmente per elevare la condizione delle classi
lavoratrici. Non è forse vero che, dopo tanti secoli di Cristianesimo, vi
sono ancora tante ingiustizie e disuguaglianze sociali, contro le quali
tentano di reagire altri movimenti e partiti che non si ispirano alla
Chiesa? Invece si fa accusa alla Chiesa di aver favorito, i grandi, i
ricchi, contribuendo a tener sottomessi i poveri e diseredati della
fortuna.
L'accusa è lanciata largamente, specialmente ai nostri tempi, e molti ne
restano presi e tentati di abbandonare la Chiesa e la fede dei loro padri,
per aderire ad altri movimenti.
Ora qui è il caso di intenderci bene, per mettere le cose a posto.
E' vero che il fine principale della Chiesa non è quello che può essere
proprio di un partito rivoluzionario, che si proponga di sconvolgere colla
violenza l'ordinamento della società. Nè spetta ad essa promulgare leggi
concrete, che introducano riforme nell'ordinamento sociale dei popoli.
Quelli che muovono alla Chiesa l'accusa, sono poi quelli che vogliono che
la Chiesa non faccia della politica.
Compito della Chiesa è però di insegnare le norme morali che devono
regolare le azioni degli uomini anche nei loro rapporti vicendevoli, per
una convivenza che sia conforme alla legge di Dio. Essa quindi può e deve
enunciare principi generali, ai quali poi si dovranno ispirare le
eventuali riforme sancite dalle leggi civili. In questo senso la Chiesa
può influire sulle leggi sociali.
Questo la Chiesa ha fatto e fa, anche se non sempre i suoi insegnamenti
sono seguiti.
Essa ha sempre ricordato agli uomini il comando di Nostro Signore Gesù
Cristo, di amarsi a vicenda e venirsi fraternamente incontro nei bisogni
di ciascuno, specialmente verso quelli che per la loro più misera
condizione più hanno bisogno di aiuti. E chi spassionatamente risale la
storia delle relazioni fra le classi sociali, deve riconoscere l'azione
benefica della Chiesa nei miglioramenti delle classi cosiddette inferiori.
Quando essa comparve al mondo, fondata da Cristo, trovò il mondo diviso
in due classi contrapposte, padroni e schiavi. Questa obbrobriosa
istituzione della schiavitù metteva migliaia e milioni di uomini, colle
loro famiglie, a completa disposizione di altri uomini, che ne potevano
usare a loro piacimento, sfruttando il loro lavoro senza riconoscere in
essi alcun diritto, neppure alla vita, e solo dando ad essi quel
sostentamento che voleva dire la conservazione della loro vita perchè il
padrone ne potesse continuare lo sfruttamento, come si fa con una
macchina, che si conserva in efficienza perchè possa continuare a
produrre. Tale istituzione era riconosciuta nelle leggi dei popoli, anche
civili, come Roma e la Grecia ed era considerata legittima anche dai più
grandi filosofi della antichità, compresi i due grandi luminari, Platone
ed Aristotele.
Il primo colpo contro la schiavitù venne dalla predicazione che la Chiesa
fece della uguaglianza di tutti gli uomini, perchè fratelli, figli del
medesimo Padre che è nei cieli. Non fu un decreto che abolisse senz'altro
la schiavitù. Le leggi continuarono ad essere emanate dallo Stato, e la
schiavitù continuò ancora sotto la sua protezione. Man mano però che la
società evolveva, la coscienza cristiana di tutti imponeva ai padroni un
trattamento più umano, fraterno, col rispetto della responsabilità dello
schiavo e della sua famiglia, sicchè, se ne rimase il nome, non era più
in sostanza la schiavitù del mondo antico.
Nel Medio Evo, quando l'idea cristiana si era ormai affermata fino ad
informare le leggi e i costumi dei popoli vediamo sorgere ed affermarsi
nei liberi comuni quell'artigianato, che rappresentò una vera
emancipazione del lavoro, considerato come una appartenenza della libera
personalità del lavoratore stesso.
Quando, in pieno evo moderno, coll'introdursi delle macchine e l'aumentare
vertiginoso della produzione, si produssero i grandi concentramenti di
capitali, resi onnipotenti di fronte alle masse lavoratrici, e queste
cominciarono ad organizzarsi per difendere il loro diritto ad un giusto e
ragionevole trattamento, la Chiesa venne incontro a queste rivendicazioni,
deplorando le misere condizioni dei lavoratori e riconoscendo il loro
diritto di farsi valere per ottenere condizioni migliori, più umane, più
corrispondenti alla loro dignità di persone ed ai loro bisogni, e
riconobbe il diritto di associarsi per avere maggior forza nelle loro
rivendicazioni di fronte alla onnipotenza del capitalismo dominante, più
che se ciascuno dovesse difendersi da sè. Così già più di mezzo secolo
fa Leone XIII nella immortale enciclica Rerum Novarum ammetteva
pubblicamente le giuste rivendicazioni degli operai e la legittimità dei
sindacati come mezzi per farle valere.
E Pio XI nella sua enciclica Quadragesimo anno, sviluppando la
dottrina del suo predecessore, non solo riconosceva il diritto ad una
giusta retribuzione del lavoro, ma auspicava anche una evoluzione del
contratto stesso di lavoro, dalla forma del puro salariato verso una
specie di contratto di società, con una equa compartecipazione agli utili
della azienda.
E il suo successore Pio XII felicemente regnante non manco di ribadire
ripetutamente la necessità di introdurre nell'ordinamento della società
quelle riforme che, senza violare i diritti di ognuno, attenuino la troppo
grande differenza fra le condizioni economiche delle diverse classi
sociali. E affermando la legittimità della proprietà privata, - quasi
espansione e difesa della personalità umana e utile fonte di iniziativa,
per promuovere e incrementare la produzione e con essa la ricchezza
comune, - affermava la necessità di un ordinamento sociale che rendesse
facile il diffondersi della piccola proprietà anche nelle classi
lavoratrici, aprendo la via a ragionevoli riforme che rendessero possibile
un certo sminuzzamento della proprietà stessa. E insieme, tanto egli come
i suoi predecessori, sopra ricordati, affermarono con insistenza la
funzione sociale della proprietà, nel senso che secondo l'insegnamento di
San Tommaso, la proprietà dei beni materiali può appartenere in
particolare ad alcuno, ma l'uso di tutti i beni materiali è ordinato alle
necessità di tutti.
Con questi insegnamenti, ripetuti e ribaditi con forza da quando cominciò
a presentarsi acuta la questione sociale, la Chiesa ha mostrato di
prendersi cura affettuosa degli interessi delle classi lavoratrici e di un
migliore assetto economico della società. Ai poteri competenti prenderne
atto e procedere alle corrispondenti attuazioni.
PERCHE'
LA CONDANNA DI CERTI SISTEMI
Da quello
che si è detto si comprende che, se la Chiesa ha condannato e condanna il
marxismo nelle sue diverse manifestazioni, non è per la cura che esso si
prende degli interessi delle classi proletarie, e neppure per certe
critiche che esso fa ad inconvenienti propri dell'ordinamento attuale
della società. La ragione della riprovazione della Chiesa sta in questo,
che quei sistemi si fondano su una concezione materialistica della vita,
che porta alla negazione dello spirito, e quindi di Dio e della religione,
e ad una organizzazione totalitaria della società, che offende la
libertà e la dignità della persona umana. Quello che è avvenuto e che
avviene in tutti i paesi dove progressivamente si è instaurato un regime
comunista, è la giustificazione migliore dell'atteggiamento della Chiesa.
Dovunque, non soltanto si è vista la soppressione della libertà del
lavoratore, che si è trovato di fronte ad un capitalismo di Stato non
meno duro del capitalismo che ha dominato fin qui, ma si ebbe la
propaganda ufficiale della irreligione e dell'ateismo, e la soppressione
pratica della libertà della Chiesa, quando questa non voglia mettersi
supinamente al seguito del totalitarismo imperante.
Lo ricordino tanti dei nostri fedeli cristiani, che sotto il miraggio di
miglioramenti economici che non sono impediti di ricercare in altro modo e
con altri metodi, arrischiano di farsi complici e responsabili della
scristianizzazione della patria nostra.
UNA
OBBIEZIONE CHE HA SAPORE DI MONITO
Si fa
spesso una obbiezione. Se è vero che tali sono i principii sociali del
Cristianesimo, perchè dopo tanti secoli di predicazione cristiana non se
n'è ottenuta l'attuazione?
Certo non avrebbe dovuto essere così, e si sarebbe stati in diritto di
aspettarci qualche cosa di meglio. Ma nel darci ragione di uno stato di
fatto che è doloroso, bisogna tener conto di diversi coefficienti.
Innanzi
tutto bisogna riconoscere che si richiede ordinariamente una lunga
evoluzione perchè certe riforme che involgono problemi talvolta poderosi
possano attuarsi.
Poi si
noti che riforme di questo genere, perchè divengano leggi della società
civile, devono essere formulate non dalla Chiesa ma dallo Stato, e gli
stati moderni non sono quelli che ammettano tanto facilmente l'influenza
della Chiesa, sia pure l'influenza di dottrine e di massime di carattere
sociale.
Ma poi
bisogna riconoscere che pur troppo vi sono molti cristiani, quindi figli
della Chiesa, i quali preferiscono il proprio egoistico tornaconto agli
insegnamenti che la Chiesa fa sentire a tutti. Una volta messisi nel mondo
degli affari, prendono la mentalità corrente dell'affarismo e dimenticano
di portare anche in questo campo la loro mentalità cristiana, che
dovrebbe essere fatta di amore e di comprensione verso i diritti e le
necessità degli altri. Ad essi va un meritato rimprovero, con richiamo
alla responsabilità che si assumono per il discredito che, sia pure
ingiustamente dalla loro insensibilità viene alla Chiesa. Dovrebbero
tutti quelli che hanno una parte nel fenomeno della produzione e
distribuzione della ricchezza, ricordare che al giudizio di Dio, come ci
è descritto nel Vangelo, il Giudice non domanderà loro quanto hanno
prodotto in merci o in capitali, ma se hanno avuto comprensione dei
bisogni dei deboli, e ne hanno tenuto conto nella esplicazione della loro
attività economica, anche a costo di rendere un po' minore la somma degli
utili del capitale.
Ma non
tutti sono così. E la forza delle idee si fa sentire, e lo farà tanto
più, quanto più penetrerà la persuasione che anche il mondo economico
non sfugge al carattere di responsabilità morale che è proprio di ogni
attività umana. Ed è da confidare che la predicazione della dottrina
sociale della Chiesa, mentre colla sua giusta temperanza pone in guardia
contro esagerazioni che sarebbero nocive, sarà una forza preziosa per
avviare la coscienza pubblica verso un assetto migliore della società.
LA
CHIESA E LA PACE
Altra
accusa che si fa, specialmente in questi tempi così agitati dal ricordo e
dal timore della guerra, alla Chiesa e alla stessa persona augusta del
Papa, è che l'una e l'altro siano stati o si rendano responsabili della
guerra, di cui sarebbero fautori, sia pure per l'interesse di altri.
L'accusa è pur troppo diffusa dalla stampa comunista fra le masse
popolari.
Non c'è nulla di più falso e di più iniquo di questa accusa.
La guerra è il flagello di cui tutti sentono lo spavento, come ne hanno
esperimentato i danni orribili. Ed è una vera onta per l'umanità che non
si siano risolte le competizioni dei popoli e gli interessi e le ambizioni
dei grandi senza ricorrere a un mezzo così iniquo e sproporzionato.
Perché la guerra, lungi dal sistemare la convivenza dei popoli, ha
lasciato tante distruzioni, tante ingiustizie, e pur troppo tanti germi di
contese future. Nessuno più di chi predica la dottrina di pace e di amore
portata da Cristo sente tutto l'errore per un flagello così grande. Ed il
Papa ha fatto di tutto per impedirlo prima, per lenirne poi le
conseguenze. Il primo suo messaggio il giorno dopo la sua elevazione,
mentre il mondo già vedeva l'imminenza del flagello, fu un invito alla
pace. Altro invito accorato Egli fece sentire ai capi delle Nazioni pochi
giorni prima dello scoppio della guerra invitando tutti a leali intese,
lanciando quel motto che tutto il mondo sentì: " Nulla è perduto
con la pace, tutto può esserlo con la guerra ". E scoppiato il
conflitto, si ripeterono periodicamente i suoi inviti, ai quali egli
aggiungeva le condizioni che sole avrebbero potuto costituire le garanzie
di una stabile pacifica convivenza fra i popoli e di tranquillità e
concordia nell'interno delle singole nazioni. I suoi messaggi Natalizi del
tempo di guerra sono pieni di inviti ed ammonimenti. Si può dire che era
l'unica parola di pace e di amore che echeggiasse nel mondo in quegli anni
sciagurati di violenza e di odio.
E i suoi inviti e i suoi ammonimenti continuarono sempre e continuarono
dopo finita la guerra, salutando ogni iniziativa che possa rappresentare
un tentativo di unione fra i popoli e di organizzazione di un pacifico
modo di intendersi e di risolvere le controversie internazionali. E ai
suoi messaggi il Santo Padre aggiungeva la preghiera, chiamando più di
una volta tutti i fedeli, e specialmente i bambini, ad unirsi nella
supplica al Re della pace.
Solo una voluta dimenticanza di queste memorabili manifestazioni della sua
volontà di pace, o un perverso travisamento delle sue parole e delle sue
iniziative può spiegare l'iniqua propaganda che giornali e partiti fanno
fra le masse popolari, per presentare il Papa come fautore della guerra.
IL PAPA
E LA CARITA'
All'opera
per impedire e far cessare la guerra, il Papa, vero Vicario di Cristo che
ha predicato la carità, ha aggiunto sollecitudini, che si direbbero
infinite, per alleviare le sofferenze prodotte dalla guerra, e venire
incontro ai bisogni ed alla miseria di tanti sofferenti sparsi nel mondo.
E possiamo dire che, se le sua carità fu veramente universale, l'Italia
nostra, perchè più vicina alla sua residenza ed insieme più colpita
dalla sventura, ebbe un posto tutto speciale nei soccorsi della sua
carità.
Durante la guerra l'opera paterna del Padre comune organizzò la ricerca
delle notizie di tanti dispersi nella prigionia, lontani dalla
possibilità di comunicare colle proprie famiglie. Le visite ai campi di
prigionieri da parte dei suoi rappresentanti in ogni parte del mondo
portarono spesso il conforto della buona parola paterna e il soccorso
materiale di cibi, vesti ed altro.
E dopo la guerra, la storia non potrà dimenticare il fatto grandioso del
Pontefice, e dopo di lui dei Vescovi, fattisi distributori di soccorsi
d'ogni sorta. Tanti, d'ogni parte del mondo, fornirono al Santo Padre i
rifornimenti di cui essi potevano disporre, e il Santo Padre, o
direttamente o per mezzo della Commissione Pontificia costituita a questo
scopo, mandò dovunque soccorsi, che arrivarono provvidenzialmente ai
bisognosi, con speciale riguardo ai bambini. Il fatto grandioso fu ed è a
conoscenza di tutti. E tanti, fra coloro stessi che per partito preso si
son fatti denigratori del Papa e della Chiesa, hanno goduto, essi e i loro
bambini, della carità paterna del Papa; come, durante il turbine della
guerra, molti furono, fra gli uomini politici che ora lo osteggiano,
coloro che goderono della ospitalità del Papa e della Chiesa, in
conventi, collegi, e nello stesso Vaticano.
E' necessario che queste cose si sappiano e si ricordino, per rintuzzare
una propaganda di denigrazione e di odio che si diffonde fra le masse del
nostro popolo.
CONCLUSIONE:
UN DOVERE E UN MONITO
Figli
dilettissimi, vi abbiamo richiamato brevemente la natura della Chiesa e di
coloro che nella Chiesa rappresentano l'opera del suo Divino Fondatore e
Capo vivente, Gesù Cristo. Vediamo di conoscerla bene e farla conoscere,
perchè tutti la possano amare come si merita e partecipare dell'opera sua
salvatrice. E difendiamola dai suoi denigratori, come si difende la madre
da chiunque attenti al suo onore.
Ed insieme, tutti che abbiamo avuto dal Signore la grazia di appartenere
alla sua grande famiglia, al suo mistico corpo, ricordiamoci di un grande
dovere, di cui molti pur troppo non si rendono conto. L'appartenere alla
Chiesa di Gesù Cristo, come sacerdoti o come fedeli, non è soltanto
avere il proprio nome scritto sui libri di anagrafe della propria
parrocchia, o frequentare qualche volta il tempio per compiere i nostri
doveri religiosi. No: appartenere alla Chiesa, come è una grazia di Dio,
così ci impegna tutti quanti a vivere in modo corrispondente a questa
nostra qualità, in chiesa, in casa, al lavoro, nella professione,
nell'esercizio di tutti i nostri doveri. In difetto di ciò, mentre non
parteciperemmo integralmente di suoi effetti di grazia, commetteremmo una
grave colpa contro la Chiesa a cui apparteniamo. Perchè molti, giudicando
dalla nostra condotta poco cristiana, ne ricaverebbero un giudizio
sfavorevole alla Chiesa stessa.
E' questa l'origine di alcune accuse che le si fanno, di fronte al popolo
che ci osserva. E specialmente, vorrei dire, in questo momento di
convulsioni sociali, è necessario che gli appartenenti alla Chiesa
informino i loro giudizi e il loro modo di fare a quella che si chiama la
dottrina sociale della Chiesa, cioè la sua dottrina intorno ai rapporti
fra le classi sociali. Per questo, mentre i lavoratori devono attingere
dalla loro appartenenza alla Chiesa il dovere di dare coscienziosamente il
proprio lavoro, con spirito di collaborazione per il bene di tutti, i
detentori della proprietà e datori di lavoro non devono mostrarsi restii
a giuste riforme, che tendono ad elevare le condizioni delle classi
inferiori e diminuire le distanze troppo grandi fra la loro condizione e
quella degli altri.
Solo così si è veramente cristiani, e si difende praticamente la Chiesa
dalle accuse dei suoi nemici e di quei suoi figli che si lasciano sedurre
da essi.
Ed a quelli dei nostri figli che per promesse di miglioramenti materiali
si inducono a sostenere coloro che denigrano e combattono la Chiesa,
ricordiamo la loro responsabilità ed incoerenza. Non si può dirsi veri
cristiani quando si favoriscono coloro che cercano di scristianizzare le
masse popolari.
Vi benediciamo nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo. E
vi auguriamo la Santa Pasqua. Confidiamo specialmente che il risveglio
cristiano che si è notato in città nei giorni benedetti dalla Santa
Missione abbia ad avere la sua conferma e il suo sviluppo nella frequenza
ai Sacramenti, ora che la Chiesa per il nostro bene ce lo comanda.
Brescia,
Quaresima del 1949.
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