Nella
lettera Pastorale per la Quaresima dell'anno scorso, quando ancora
imperversava la guerra e con ansia si aspettava la liberazione, vi abbiamo
parlato degli insegnamenti della Fede per quel tempo angoscioso e per il
prossimo domani, nel quale, a Dio piacendo, si sarebbe dovuto pensare alla
ricostruzione, non solo delle rovine materiali prodotte dalla guerra, ma
anche e più, delle coscienze sbandate a cagione di un paganesimo pratico
che si diffondeva sempre più nelle masse del nostro popolo. E per questo
richiamavamo tutti ad una migliore ed integrale osservanza della legge di
Dio, ad una maggiore purezza di costumi e ad un maggior senso di giustizia
e di carità.
Quei richiami, dettati allora dalla realtà come era e come si prospettava
nel prossimo avvenire, valgono ancora in questo tempo, per il quale
appunto erano dettati, il tempo cioè della ricostruzione, che ora è
faticosamente cominciato.
E' per questo che vogliamo, in questa lettera pastorale, ritornare sul
medesimo ordine di pensieri, soffermandoci ancora e più largamente sulla
santa legge di Dio. Siamo convinti che soltanto la legge di Dio,
conosciuta da tutti e da tutti osservata meglio che non sia stata fin qui,
può essere la base di salvezza per l'umanità, che, uscita dalla immane
bufera, sì avvia verso quella che sarà la sua sorte futura.
LIBERTA'
E LEGGE
La legge
è la regola della libertà.
La libertà è un dono di Dio, di cui l'uomo va giustamente fiero. Essa, a
differenza di quello che avviene di tutte le creature inferiori,
costituisce l'uomo padrone di se stesso e dei suoi atti, di cui dispone a
suo piacimento. Per questo la libertà, insieme colla intelligènza, forma
la speciale dignità dell'uomo, collocato al disopra degli altri esseri
materiali, ch'egli assoggetta a sè, indirizzandoli a scopi ch'egli stesso
stabilisce. Un regime che non volesse tener conto di questa prerogativa e
di questa dignità, negando all'uomo di potersi reggere da sè, senza che
lo richieda il diritto degli altri o il bene comune, sarebbe un regime
inumano, intollerabile.
Ma non si deve dire per questo che l'uomo abbia il diritto di usare della
sua libertà a suo piacimento, assecondando ogni suo desiderio o
capriccio. Libero per natura, deve usare della sua libertà per
indirizzarsi al bene, così da procurare il proprio perfezionamento e il
bene altrui; ma per abbassarsi al vizio e alla violenza, per assecondare
le sue passioni e danneggiare gli altri e la collettività. Questo forma
la sua grande responsabilità. Egli, perchè libero, capace di
determinarsi al bene o al male, ha l'obbligo morale di scegliere il bene e
di cooperare al bene comune dei suoi simili.
La guida provvidenziale, che lo deve indirizzare nell'uso buono e
legittimo della sua libertà, è la legge. Essa è un dettame autorevole,
che presenta alla libertà quello che è bene e quello che è male: il
bene come cosa da farsi, il male come cosa da evitarsi. E la volontà deve
inchinarsi al dettame della legge e seguire volonterosamente la via che da
quella le viene indicata.
Ecco che cosa è la legge, e quale la sua funzione verso la libera
volontà. Può sembrare, a prima vista, che vi sia una contraddizione, un
antagonismo fra la libertà e la legge. La libertà è indipendenza, la
legge è imposizione; la libertà è potersi determinare da sè, la legge
è una determinazione che viene dal di fuori. E invece no, non c'è
nessuna contraddizione o antagonismo; anzi, la legga è il compimento
naturale, necessario, della libertà. Appunto perchè la nostra volontà
è libera, e quindi ha la possibilità di determinarsi per il bene o per
il male, ha bisogno di una guida sicura che le indichi la via buona: e
questa guida è la legge. Seguendola, l'uomo non si priva della sua
libertà, che gli rimane intatta, perchè potrebbe disubbidire, ma ne usa
bene, evitando quello che sarebbe un male per lui e spesso un danno per i
suoi simili, ed arricchendosi invece di un merito. Quando invece si
ribella alla legge, usa sì della sua libertà, ma ne usa male, con danno
suo e spesso degli altri.
La legge, in un certo senso, è per la libertà quello che è il binario
per la locomotiva, che le impone una direzione, ma senza toglierle il
movimento e neppure la iniziativa del medesimo, risparmiandole invece le
deviazioni che produrrebbero il disastro.
L'uso della libertà per sottrarsi alla legge e fare il male, è abuso, e
non merita più il nome onorato di libertà: è licenza. Pur troppo l'uomo
è capace di questi abusi. Quanti delitti, quante violenze si sono
compiute in tutti i tempi in nome della libertà! Ben venga dunque la
legge, in buona armonia con ogni onesta libertà, ad impedirle.
LA
LEGGE UMANA
Vi sono
leggi umane, perchè sono fatte dagli uomini. E sono vere leggi, cioè col
potere morale di imporsi alla nostra volontà, creando in essa il dovere
di sottomettersi a una determinata norma di agire. Esse sono una
necessità, quando gli uomini, come avviene in tutti i popoli civili,
vivono uniti gli uni agli altri, a formare quella speciale forma di
società, che si chiama la società civile, lo Stato. Data la necessità
della coordinazione di tutti al bene comune, la facile diversità dei
pareri, gli egoismi che potrebbero spingere ciascuno a cercare solo il
proprio vantaggio, con scapito del vantaggio degli altri, non si potrebbe
avere l'ordine e la comune prosperità senza una autorità che, quando sia
necessario, imponga a tutti una norma di agire, vietando quello che può
essere nocivo al bene comune, e comandando quello che invece si ritiene
necessario.
Ecco la legge, che è fatta dagli uomini, ma s'impone per una necessità
sociale. E siccome è Dio che nella sua provvidenza ha disposto la
convivenza degli uomini in società, da lui viene alle leggi umane la
forza di obbligare. Ed anche il diritto di imporre una sanzione, cioè una
pena per i trasgressori della legge. La minaccia della pena, sancita dalla
legge stessa nella sua promulgazione, serve a distogliere chi ne avesse
l'intenzione dalla volontà di trasgredirla. La sua esecuzione ha anche
l'effetto di incutere negli altri un salutare spavento, oltre che di
mettere il colpevole nella impossibilità di ripetere la trasgressione,
con danno della società.
IMPERFEZIONI
DELLE LEGGI UMANE
La legge,
come l'abbiamo ora descritta, è cosa pienamente ragionevole e necessaria
al bene della convivenza sociale. Ma, come tutte le cose umane, ha le sue
inevitabili imperfezioni.
Innanzi tutto, essa può sbagliare. Fatta da uomini, può risentire
l'influenza di loro falsi principi in materia di diritto e del pubblico
bene. O anche se poggiata su principi giusti, può darsi che non riesca
sempre a contemplare sufficientemente i singoli casi, ed imponga quindi
qualche volta gravami sproporzionati ad alcuni, o a non impedire
abbastanza le trovate di uomini scaltriti, che ne possono approfittare a
danno degli altri.
Inoltre - e questa è la condizione inevitabile di ogni legge umana - essa
non può influire direttamente che sulle azioni esterne degli uomini. Gli
atti interni, pensieri, sentimenti, propositi, come sfuggono alla
constatazione degli altri uomini, così non possono essere oggetto di una
regolamentazione della legge umana. Eppure quegli atti interni possono
essere anche intrinsecamente cattivi, e principi di corrispondenti azioni
esterne, che possono tornare di offesa e di danno alla società.
Di più, le sanzioni delle leggi umane sono spesso insufficienti, in
quanto che facilmente si può sperare di evaderle, e spesso non contengono
una sufficiente riparazione del male commesso.
Chi non lamenta oggi il crescere spaventoso della delinquenza d'ogni
specie, dal furto alla rapina, all'omicidio, alla borsa nera che sottrae
al consumo dei meno abbienti i mezzi di sussistenza più necessari alla
vita? Ne è seriamente compromessa la pubblica tranquillità, la stessa
incolumità delle persone e il soddisfacimento dei bisogni più gravi.
Questi difetti inevitabili delle leggi umane ci richiamano ad una legge
superiore, divina.
LEGGE DIVINA, LEGGE NATURALE
Che al di
là, al disopra delle leggi umane vi sia un'altra legge, che ha autore Dio
stesso, l'hanno affermato in ogni tempo le menti migliori che hanno
scrutato le ragioni ultime delle cose, e lo conferma la coscienza di ogni
uomo ragionevole ed onesto, dotto ed indotto, che, prima ancora di
conoscere le leggi del proprio paese, sente di dover considerare come
proibite alcune azioni perchè cattive, di doverne compiere altre perchè
buone e doverose. Così tutti spontaneamente riprovano l'omicidio, la
frode, la calunnia, ed approvano invece l'amor filiale, la fedeltà, la
beneficenza, e così via.
Anzi, non solo ognuno sente nella propria coscienza una legge che comanda
e proibisce, prima di conoscere o di considerare l'esistenza di leggi
umane, ma le menti più elette e le coscienze più oneste sentono di poter
riprovare come ingiuste anche alcune delle leggi fatte dagli uomini,
perchè offensive di un diritto preesistente: come leggi tiranniche che
pretendessero di sopprimere o limitare senza ragione sufficiente l'onesta
libertà di pensare, di agire, di manifestare la propria opinione. Segno
questo evidente che, al disopra delle leggi fatte dagli uomini, si ammette
un'altra legge, la quale stabilisce diritti e doveri, che la stessa legge
umana non può sopprimere.
Questa legge superiore alle leggi umane è la legge naturale, o divina.
Naturale; perchè è insita nella nostra natura di creature ragionevoli, e
si fa conoscere ad esse senza bisogno d'altro che di una intelligenza e di
una coscienza onesta. Divina, perchè soltanto Dio, autore della natura,
ha potuto imporle questa legge.
Come è anteriore alle leggi umane, la legge naturale è il loro
fondamento, perchè da essa le leggi umane traggono la regola e il valore;
perchè è la legge naturale che stabilisce nella società umana
l'esistenza di una autorità che può colle sue leggi dirigere l'attività
dei cittadini; ed è ancora essa che traccia i principi generali, di cui
le leggi umane stabiliranno le applicazioni concrete.
La pretesa di ogni forma di assolutismo di Stato, che faccia lo Stato
fonte unica e illimitata del diritto, è da riprovarsi come ingiusta e
fonte di ogni tirannia.
L'esistenza di questa legge naturale rientra nel disegno della sapienza di
Dio creatore e della sua Provvidenza. Come infatti Dio nella sua sapienza
governa tutto il mondo materiale con leggi, le leggi fisiche, che
determinano e mantengono l'ordine che in esso si riscontra, così governa
anche il mondo dello spirito, cioè della intelligenza e della volontà,
con una legge, la legge morale, che stabilisce la differenza del bene e
del male, del vizio e della virtù, e ci impone di fare il bene, di
evitare il male.
La legge di Dio ha la sua sanzione proporzionata, immancabile, che si
esplica nel premio e nel castigo che Dio darà nella vita futura secondo i
meriti di ognuno, ma si anticipa in modo solo iniziale ed imperfetto anche
nella vita presente, cioè colle buone o cattive conseguenze che
ordinariamente fanno seguito all'esercizio del bene o del male, e colla
testimonianza della coscienza, di soddisfazione per il dovere compiuto, di
rimorso per il male.
LEGGE
DIVINA POSITIVA
La legge
divina non è solo quella che si manifesta a tutti e ciascuno nella
intimità della coscienza e nel consenso del genere umano. Dio ha voluto
manifestarci anche positivamente la sua volontà, nella sua rivelazione.
La rivelazione divina contiene preziose verità che hanno coronato ed
innalzato il complesso delle conoscenze a cui arriva colle sue forze la
nostra ragione. Ma contiene anche comunicazioni non meno preziose intorno
alla volontà di Dio a nostro riguardo. E' la sua legge, sparsa nella sua
parola scritta che è la Sacra Scrittura, e culminante in due codici
divini: il Decalogo ed il Vangelo: il Decalogo promulgato da Dio sul Sinai
per il popolo eletto; il Vangelo che contiene gli ammaestramenti raccolti
dalla viva voce di Gesù, il Redentore venuto a portarci la salvezza. Essi
sono diventati il codice della umanità, e a quelli l'umanità si rifugia
fidente per trovare il fondamento, la garanzia del suo bene più vero, il
bene dello spirito, che domina ogni altro elemento della sua civiltà.
Colla sua legge scritta Dio ha voluto confermare la legge naturale, di cui
l'uomo può perdere la percezione, perchè accecato dalle passioni o
distratto da una vita troppo assorbita da una attività tutta esteriore e
materiale; ed insieme l'ha resa più completa e determinata nelle sue
prescrizioni.
Non v'è nulla di più venerando e insieme di più semplice, di più
aderente alle esigenze della nostra natura, delle prescrizioni contenute
nei dieci Comandamenti. Non s'è mai udita al mondo parola più elevata,
più capace di innalzare l'umanità ad un alto livello di bontà e di
purezza, come quella che il Vangelo ci ha conservato.
DOVERI
VERSO DIO
Ci
vengono innanzi tutto indicati i nostri doveri verso Dio.
Non è giusto che, dopo d'aver avuto da lui l'esistenza e la
conservazione, con una provvidenza sapiente ed amorosa, più che paterna,
noi lo dimentichiamo come se non esistesse, come se fosse un estraneo col
quale non avessimo nulla a che fare; peggio, che gli preferiamo una
creatura. Ecco, da parte nostra, l'adorazione:
riconoscerlo per quello che è, perfettissimo, infinito, nostro creatore e
signore, e insieme riconoscere il nostro niente, la nostra dipendenza da
lui. Di fronte alle aberrazioni degli uomini, che a lui avevano sostituito
creature, idoli più o meno mostruosi, o la personificazione delle forze
della natura, facendole oggetto di adorazione e di culto, Dio mette in
guardia il suo popolo, e lo richiama ad una concezione monoteistica, più
degna, della divinità.
Espressione della nostra riverenza verso Dio deve essere il rispetto verso
il suo nome e tutto ciò che si riferisce a lui e ce lo può
rappresentare, ed il culto reso a lui, anche in modo esteriore e
sensibile, come conviene alla nostra natura, fatta di anima e di corpo.
Questi doveri elementari verso Dio, che dovevano regolare la pratica
religiosa del popolo ebreo, conservano ancora, conserveranno sempre, tutta
la loro ragione d'essere, la loro attualità. Quanti sono che si dicono
anche cristiani, e vivono come se Dio non esistesse, forse senza mai un
pensiero a lui, di adorazione, di riconoscenza, di preghiera, di
deplorazione dei propri peccati, di cui gli dovranno pure rendere conto. E
come pur troppo, invece della parola di riverenza e di lode, troviamo
sulla bocca di molti, di troppi, la bestemmia, che è l'oltraggio volgare,
empio, irragionevole, che nessuna circostanza, nessun pretesto giustifica.
Pur troppo la bestemmia è ancora tanto diffusa fra noi, così da
costituire quasi una triste prerogativa del popolo italiano, anche a
differenza di altri popoli. Dovremmo tutti vergognarcene e sentirci
offesi, e non sarà mai abbastanza lodato ogni sforzo, ogni iniziativa
destinata a sradicare il triste vizio, come la vigilanza dei genitori e
degli educatori, per impedire che i nostri fanciulli e i nostri giovani la
apprendano dalla bocca dei compagni negli ambienti del loro lavoro e dei
loro convegni.
E non cesseremo dal ricordare a tutti l'obbligo di santificare il giorno
del Signore, destinato ad onorare lui ed a provvedere ai bisogni della
nostra anima, assorbita negli altri giorni dalle preoccupazioni della vita
quotidiana. Pur troppo, da una parte la trascuratezza della pratica
religiosa, e dall'altra tante distrazioni che orientano per altre
direzioni la nostra gioventù, tendono a trasformare il giorno festivo in
giorno di dissipazione, quando non anche di peccato.
VERSO
SE STESSI E VERSO GLI ALTRI
La legge
di Dio segue l'uomo anche nei rapporti con se stesso e coi suoi simili.
A se stesso l'uomo deve il rispetto verso la sua natura come Dio gliel' ha
data. Quindi la conservazione della sua vita e lo sviluppo armonico di
tutte le sue facoltà, del corpo e dello spirito, usate ciascuna per lo
scopo fissato dalla natura, cioè da Dio stesso. Questo importa, per lo
spirito, il procurarsi una sufficiente conoscenza delle verità della
fede, e di quelle altre nozioni che siano necessarie per l'adempimento.
dei doveri del proprio stato, e la cura di mantenere il dominio della
ragione sulle passioni. E per il corpo, la sobrietà, perchè
l'intemperanza nel cibo e nella bevanda non nuoccia alla salute e all'uso
della ragione, e la purezza, contro l'abuso delle inclinazioni del senso,
che devono essere mantenute nei limiti delle funzioni a cui devono
servire. Sobrietà e purezza, che rappresentano la sanità dell'anima e
del corpo insieme, mentre gli eccessi contrari sono la rovina del corpo e
una vergognosa schiavitù dell'anima.
Nei rapporti cogli altri, la legge di Dio vuole che ne sia rispettata la
vita e l'incolumità personale. La vita è un dono di Dio: un sacro
deposito, che ognuno deve conservare, usandone per fare del bene, fino al
momento di restituirlo a Dio stesso, che ci dovrà giudicare del modo con
cui ne avremo usato. " Non ucciderai! "è stato detto ad ognuno.
Solo la necessità della legittima difesa propria o della Patria, quando
non vi sia altro mezzo per provvedervi sufficientemente, potrà permettere
all'uomo di armarsi contro altri uomini. Ma questo non dovrebbe mai
verificarsi fra uomini e nazioni, che sanno di essere stati messi al mondo
accanto ad altri uomini e ad altre nazioni per cooperare al bene di tutti,
non per sopraffarsi colla violenza. Al primo uomo che sparse il sangue del
suo simile Dio lanciò la sua maledizione, e il nome di Caino rimase
oggetto di orrore, come del maledetto da Dio. E perchè la passione non
trascini l'uomo sulla via del delitto, Cristo nel suo Vangelo ha proibito
anche il risentimento, l'odio, lo spirito di vendetta, ed ha comandato
invece l'amore, il perdono, il compatimento, l'aiuto vicendevole, come tra
fratelli, figli del medesimo Padre che è nei cieli, che tutti ama e
sopporta, e fa sorgere il sole tanto pei buoni come per i cattivi (Matt.,
V, 45).
Come suona bene, a conforto e speranza, questa parola divina, mentre
l'umanità è appena uscita da una guerra spaventosa di stragi e di
rovine, di cui porta e porterà per molto tempo i segni e le conseguenze,
e mentre, anche a guerra finita, non è finita la triste vicenda di
vendette e di rapine, e si sparge ancora sangue fraterno!
La legge di Dio comanda anche il rispetto della proprietà altrui, frutto
del lavoro o di una legittima trasmissione; mentre, ad attenuare i troppo
gravi contrasti e differenze sociali, che mettono molti nella indigenza di
fronte a pochi ricchi che nuotano nell'abbondanza, comanda a costoro di
compensare convenientemente il lavoro degli operai, e di provvedere ai
bisogni di tutti considerandosi come depositari dei beni di fortuna per
amministrarli in vantaggio di tutti.
LA
FAMIGLIA E LA SOCIETA' CIVILE
L'uomo
non può vivere da solo, come un selvaggio, privo della possibilità di
provvedere convenientemente ai suoi bisogni. Dio lo ha posto accanto ad
altri uomini suoi simili, unito ad essi nella famiglia e nella società
civile. Perchè questi due organismi naturali possano funzionare
rettamente, rendendo possibile e meno disagiata la vita, Dio li ha muniti
di leggi sapienti, aderenti alla loro natura, che ne sono la garanzia.
La famiglia, fondata sull'amore e sulla stima vicendevole dell'uomo e
della donna, è destinata a trasmettere convenientemente la vita, e a
curare colla vita del corpo delle nuove generazioni anche la formazione
delle loro anime alla virtù mediante l'educazione. Le leggi della
famiglia, come Dio l'ha voluta, sono: la fedeltà, che unisce in una
unione intima ed indissolubile l'uomo e la donna, diventati principio di
trasmissione della vita; la purezza, che tempera e modera le inclinazioni
dei sensi, perchè le sorgenti della vita non siano profanate; l'amore dei
coniugi fra di loro e dei genitori e dei figli, che li renda solleciti gli
uni degli altri, e renda il nido familiare pronto alla sua funzione,
conforto nelle necessità, scuola di virtù.
Fondamento della magnifica istituzione, che le dà un carattere sacro come
sacra è la sua funzione di trasmettere la vita a creature di Dio, e le
assicura le sue benedizioni, è il sacramento del matrimonio.
Guai se la famiglia non si attiene alla sua natura, come Dio l'ha voluta
ed alle leggi sapienti di cui l'ha munita! Perde tutta la sua bellezza, il
suo profumo, la sua funzione, e diventa un campo di contese e di
ignominie, scuola di vizio alle nuove generazioni, con tanto danno delle
anime, ed anche della società, che da essa attende cittadini formati alla
virtù ed invece li riceve inquinati in radice.
La società civile è anch'essa una condizione di vita per gli uomini, che
vi trovano la possibilità di una vita sufficientemente fornita del
necessario. Ad essa tutti si sentono inclinati dalla stessa natura, che fa
loro sentire il bisogno dell'aiuto altrui, e insieme la possibilità di
portare alla comune convivenza il proprio utile contributo.
Anche la società civile ha le sue leggi. Essa stessa se le dà,
proporzionale alle condizioni dei tempi. E siccome in regime democratico
le leggi si fanno col contributo di tutti i cittadini, noi tutti siamo
chiamati, in questo momento così grave della storia della Patria nostra e
del mondo, a darle una nuova costituzione, cioè una legge fondamentale
che la regga per il bene di tutti. Per questo ognuno di noi deve sentire
il dovere di dare il suo voto, scegliendo secondo coscienza persone e
programmi, da cui si possa sperare il vero bene della Patria.
Vi possono essere varietà nelle forme di governo. Ma vi sono alcune norme
generali da cui la società civile non può prescindere, se vuol
raggiungere lo scopo assegnatole dalla natura e da Dio, che è il vero
benessere temporale di tutti, benessere materiale e spirituale. E'
necessaria la collaborazione di tutti al bene comune, che importa la
disposizione di ognuno a rinunciare alle proprie mire egoistiche; e la
disciplina nella subordinazione alla legittima autorità, che sola può
rendere possibile quella collaborazione. Disciplina però, che deve essere
di esseri ragionevoli, di persone che hanno una propria responsabilità, e
non possono rinunciare ad una onesta libertà, e non devono diventare come
tante macchine, prive della propria personalità, in mano di uno Stato
totalitario. Per questo una buona costituzione deve escludere quelle forme
di totalitarismo che hanno fatto la loro triste prova, e noi non dobbiamo
permettere che ritornino, sotto qualunque forma, ad informare le
istituzioni della Patria.
La costituzione di una Nazione cristiana come è la nostra, deve
riconoscere la dipendenza dalla legge di Dio, e non rifiutare a Lui, come
qualche volta si è fatto, l'omaggio della propria venerazione e
riconoscenza. Deve affermare il fondamento della famiglia come Dio l'ha
voluto, poggiato sulla santità e l'indissolubilità del matrimonio; il
diritto dei genitori cristiani ad avere l'insegnamento religioso nelle
scuole dove devono mandare i loro figliuoli per apprendere le nozioni
necessarie alla vita. Deve riconoscere la Chiesa, depositaria, in nome di
Dio, dei mezzi di salvezza per tutti noi, e mantenere con essa rapporti di
vicendevole rispetto e collaborazione, pure nella distinzione e
indipendenza delle relative funzioni.
Questi sono postulati della dottrina sociale della Chiesa, che ogni fedele
deve avere presente, e volere che siano attuati, ora che si tratta di
stabilire quella che sarà la legge fondamentale dello Stato. E' dovere di
ogni buon cristiano, quando eserciterà il suo ufficio di cittadino dando
il suo voto, di scegliere fra i programmi e le persone che gli vengono
presentati quelli che gli diano affidamento sicuro, che questi principi
saranno attuati.
Come ha le sue leggi la vita dello Stato, hanno le proprie anche le
amministrazioni minori, comuni e province; anche per queste ognuno ha il
dovere di procurare col suo voto l'elezione di persone oneste e abili, che
sappiano bene amministrare, ispirandosi alla loro coscienza cristiana.
VERSO
LA SOCIETA' INTERNAZIONALE
La legge
divina va più in là della organizzazione della società civile, o dello
Stato, perchè nessuna forma di attività umana le può sfuggire.
Vi sono al mondo molte Nazioni, molti Stati, i quali hanno fra loro
relazioni varie, di vicinanza, di coltura, di scambi di materie prime e di
prodotti. Queste relazioni possono svolgersi pacificamente; ma possono
anche dar luogo a soprusi, a violenze, e a quella suprema violenza che è
la guerra, di cui abbiamo pur troppo esperimentate le tragiche rovine.
Come nella società civile v'è una organizzazione giuridica ed una
autorità, che dirime autorevolmente le controversie tra i cittadini senza
che questi ricorrano alla forza per farsi ragione da sè non ci dovrà
essere una organizzazione delle Nazioni, che analogamente risolva le loro
controversie, senza che queste ricorrano alla violenza della guerra?
Ciò sembra in contrasto colla sovranità ed indipendenza che ogni Stato
si attribuisce, e che ha evidentemente un fondamento ragionevole ed una
funzione utile per lo sviluppo delle caratteristiche che ciascun popolo,
ciascuna convivenza nazionale ha dalla natura, dalla sua cultura, dalla
tradizione, dalla storia. Ma la ragione stessa, in nome della solidarietà
di tutti gli esseri umani, e meglio ancora, in nome del precetto generale
di Cristo che ci comanda di amarci, e di aiutarci a vicenda al di là di
ogni frontiera, di ogni interesse, di ogni differenza di razza, vuole che
vi sia fra le nazioni un vincolo, una organizzazione, anche a costo di
incidere sulla loro assoluta sovranità, così che si possano dirimere
autorevolmente le controversie fra le nazioni senza ricorrere al barbaro
mezzo della guerra. Qualche cosa si è tentato in questo senso dopo la
prima guerra mondiale colla Società delle Nazioni, uscita dal trattato di
Versailles. Ma essa ebbe un esito sfortunato, frutto di quella mancanza di
spirito veramente umano e cristiano che caratterizzò tutto quel trattato
e quella pace. Dopo il cataclisma più grave della seconda guerra
mondiale, è sorta un'altra organizzazione internazionale,
l'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), col patto che tutte le Nazioni
le sottopongano le controversie che potrebbero presentare il pericolo di
una guerra, e che essa possa intervenire contro uno stato che si facesse
aggressore. Sarà un organismo veramente vitale? Potrà compiere
effettivamente la sua missione, alla quale tutti i popoli guardano con
speranza e con ansia?
Il problema è estremamente difficile, e già l'umanità ha visto con
timore sorgere le prime difficoltà e le prime discordie di interessi
contrastanti delle nazioni più potenti, e nel contrasto di opposte
ideologie. Che cosa potrà impedire che si scatenino ancora le forze del
male per i contrasti, talvolta inevitabili, di interessi e di prestigio?
Durante gli ultimi episodi della guerra immane da cui l'umanità è appena
uscita, è comparso un terribile strumento di forza e di distruzione, al
di là di ogni precedente e di ogni previsione, la bomba -atomica. Il suo
uso in un'altra guerra vorrebbe dire distruzioni senza confronto più
grandi; sarebbe la distruzione della umanità. Tutti i popoli pensano ad
essa con terrore. Che proprio da questo terrore debba dipendere l'unica
speranza della esclusione di una guerra futura? Chi potrà garantire
l'umanità che, ridotti all'uso della violenza, i popoli non possano
essere trascinati ancora in una gara spaventosa di chi arriverà prima ad
usura il potente mezzo di distruzione?
Siamo a questo punto. E' il fallimento di una civiltà materialistica,
fondata sulla forza e sul progresso della scienza, la quale, senza una
regola d'ordine superiore, non è riuscita che ad apprestare i più
potenti mezzi di distruzione.
Non deve essere così, se al timore del terribile ordigno si sostituirà o
si aggiungerà un altro timore, a cui ci ha educato, con tanta maggiore
dignità e speranza la nostra fede, il timor di Dio, e la sua santa legge:
ed insieme un grande precetto di amore, che Cristo ha dato alla umanità,
l'amore degli uomini fra di loro, destinati ad essere fratelli e non
nemici: amore fondato su un altro amore più grande ancora, l'amore di
Dio.
Voglia il Signore che, di fronte al fallimento di tutti gli altri mezzi,
l'umanità riconosca il salutare dominio di Dio e della sua santa legge, e
si dia a potenziare, al di là delle bombe, delle trincee e dei carri
armati, la coscienza cristiana. L'appello, come di una necessità per la
salvezza della umanità, è stato lanciato ripetutamente dal Vicario di
Cristo; ora lo abbiamo sentito anche dalla bocca di alcuni dei potenti da
cui dipendono le sorti della pace nel mondo. Possa entrare questa
persuasione nella coscienza di tutti, e preparare efficacemente quella
ricostruzione generale, che tutti aspettano dopo tante rovine.
Figli
dilettissimi, vi abbiamo richiamato alla considerazione della legge di
Dio. Essa è l'unica nostra salvezza. Facciamo che essa domini veramente
sovrana nelle nostre coscienze e in tutta la nostra vita, per la dignità
e salvezza eterna delle nostre anime, e per la prosperità vera della
nostra vita presente.
Dio ci benedica tutti, e fecondi i nostri buoni propositi.
Brescia,
prima Domenica di Quaresima del 1946.
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