La Santa
Quaresima ci trova per la quarta volta in guerra, con tutti i disagi e le
conseguenze che sono proprie dello stato di guerra. Anzi, le condizioni
della Patria nostra si sono aggravate quest'anno per gli avvenimenti
dolorosi che tutti ricordiamo. Vi potrei ripetere le raccomandazioni già
fattevi altre volte, perchè tutti sappiamo compiere il duro dovere, di
disciplina, di sacrificio, di concordia, preparando quelle condizioni
morali di vita cristiana, che sole ci permetteranno di ricostruire per noi
e per la Patria nostra un avvenire meno grave, degno della nostra qualità
di cristiani e di italiani. Questi sono stati gli argomenti delle mie
lettere nelle passate quaresime e dei frequenti appelli che ho avuto
occasione di rivolgervi durante l'anno, quando le circostanze lo
esigevano.
Ora ho pensato di parlarvi della preghiera, il gran mezzo che il Signore
ci ha insegnato, per avere da Lui quello che le sole nostre forze non
riescono ad ottenere.
Quante volte ci siamo sentiti invitati alla preghiera! Ce ne ha fatto
invito ripetuto e pressante il Santo Padre nei suoi frequenti messaggi e
in lettere sempre piene di tanta fede e di paterna sollecitudine. A lui
hanno fatto eco i Vescovi e i sacerdoti, richiamandoci alla grande parola
di Cristo: " Oportet sem per orare et non deficere (Luc. 18,
1): bisogna pregar sempre senza stancarsi mai.
Ma la nostra preghiera deve essere fatta bene, come la vuole il Signore.
Così potrà davvero essere il mezzo potente per ottenere la sua
misericordia; il grido: " Domine, salva nos, perimus
(Matt., 8, 25): Salvaci, o Signore, che siam perduti ", che ottenga
anche a noi, come già agli Apostoli sul lago di Tiberiade, l'intervento
del Signore a liberarci dai pericoli gravissimi che ci incombono. E potrà
insieme esercitare una salutare influenza sul nostro spirito, disponendolo
a superare cristianamente la grande prova.
DUE ASPETTI DELLA PREGHIERA
Che cosa
è la preghiera, come ce l'ha insegnata Nostro Signore nel Vangelo, e come
è nella pratica della Chiesa?
La preghiera è una domanda che noi facciamo a Dio, per chiedergli qualche
cosa che rientra nei nostri bisogni e nei nostri desideri. Ma non è
soltanto questo. La preghiera è anche, anzi e prima di tutto una
elevazione della nostra anima a Dio, fatta per compiere un nostro dovere
verso di Lui, ed insieme per rinvigorire il nostro spirito, orientandolo
ad una visione superiore delle cose, ispirata alle verità della fede.
E' sotto questi due aspetti che noi la dobbiamo considerare e praticare,
perchè essa abbia tutta la sua grandezza ed efficacia, quella efficacia
che Dio le ha assicurato, facendone un mezzo potente per la nostra
salvezza. E' quello che molte volte non si fa, ed è appunto per questo
che spesso la nostra preghiera riesce meno gradita al Signore, e meno
efficace a nostro riguardo.
I
ELEVAZIONE
DELL'ANIMA A DIO
La
preghiera, ho detto, è in primo luogo elevazione dell'anima a Dio; cioè
della nostra intelligenza, della nostra volontà, del nostro cuore.
Non è dunque preghiera il pronunciare meccanicamente delle parole,, se
volete anche, molte parole, ma solo colle labbra, che seguono
inconsciamente quello che la memoria ha appreso, o che un libro
suggerisce, mentre la mente è lontana ed attende a tutt'altre cose; e non
avverte il senso di quello che il labbro dice. A queste preghiere soltanto
estèriori si può applicare il rimprovero fatto dal Signore al suo
popolo: " Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è
lontano da me " (Matt., 15, 8).
La preghiera deve quindi essere anzitutto una elevazione dell'anima, anche
se a questa si aggiunge, come è naturale per l'intimo rapporto fra il
pensiero e la parola, il suono del labbro. E l'anima si eleva a Dio,
sottraendosi quasi per qualche momento alla considerazione delle cose
sensibili che ci circondano, e che occupano ordinariamente la nostra
attenzione. O anche, la preghiera può prendere inizio dalla stessa
visione delle cose sensibili, se di quelle usiamo, come un mezzo, una
scala per salire a Dio che le ha create ed ha lasciato in esse un vestigio
della sua esistenza e delle sue perfezioni. E' quello che faceva S.
Francesco d'Assisi, il quale non trovava necessario, per contemplare il
Signore, ritirarsi dal mondo, perchè tutte le creature, come i fiori, le
erbe del campo, gli uccelli, i pesci, il sole, l'acqua, gli servivano per
innalzarsi a Dio; ed anzi egli le chiamava in aiuto, perchè insieme colla
sua anima semplice ed ardente lodassero il Signore.
E che cosa fa la nostra anima quando così s'innalza a Dio? Lo contempla,
rappresentandoselo, per quanto le è possibile, nella sua mente. E non
pensiamo che questa sia una cosa difficile, riservata alle intelligenze
dotte, o consumate nello studio o nella meditazione. No: anzi Gesù ci ha
insegnato che Dio si rivela alle anime semplici, dei piccoli che lo
cercano e lo amano, spesso a preferenza di coloro che non lo cercano e non
seguono che se stessi e i propri gusti: " Abscondisti haec a
sapientibus et prudentibus et revelasti ea parvulis "
(Matt., 11,25, Luc., 10, 21).
Dio ci si presenta come l'essere perfettissimo, che s'innalza al di là di
ogni limite sopra le imperfezioni, le miserie, le cattiverie che vediamo
nel mondo.
Egli è il creatore di tutte le cose, che da lui hanno avuto l'essere e da
lui ne hanno la conservazione.
Egli è il legislatore, che a tutti gli esseri ha segnato la via da
seguire, ed in modo speciale alla creatura ragionevole, a cui ha fatto
conoscere la sua legge, sapientissima, santa, misura di ogni bontà nelle
creature che liberamente la osservano, e fonte di prosperità nei popoli
che ne seguono le direttive.
Egli è anche il giudice, a cui tutti renderanno conto della propria vita
e delle proprie azioni, esclusa ogni possibilità di inganno e di
evasione, e ne avranno infallibilmente la ricompensa od il castigo.
E soprattutto, Gesù nel suo messaggio evangelico ci ha insegnato che Dio
è Padre di tutti, Padre buono, che circonda noi suoi figli di una
provvidenza sollecita ed amorosa, colla quale ci viene incontro nei nostri
bisogni e nelle nostre aspirazioni. Gesù ce lo descrive nel Vangelo in
modo commovente: " Osservate gli uccelli dell'aria, che non seminano,
non mietono e non raccolgono nei granai: eppure il Padre vostro celeste li
nutre. Ora, non siete voi molto di più di essi? " (Matt., 6,26). E
ce lo mostra padre buono anche verso il peccatore, pronto a riceverlo ed
abbracciano anche dopo la colpa, se ritorna pentito; anzi, pronto ad
andargli incontro e cercarlo come una pecorella smarrita per riportarla
all'ovile.
E questa provvidenza paterna ed amorosa si manifesta, al di sopra di ogni
idea che noi potessimo farcene, nell'opera della elevazione all'ordine
soprannaturale e della redenzione dopo la caduta, redenzione che ci ha
ridonato la possibilità della salvezza e della vita eterna.
ADORAZIONE,
RINGRAZIAMENTO, PENTIMENTO
Questo è
Dio, come ci si presenta quando noi innalziamo la nostra mente a lui, alla
luce della fede.
Ora, davanti a lui la nostra anima non può rimanere indifferente.
Dapprima, di fronte a tanta grandezza, le viene naturale l'adorazione, che
è appunto il riconoscimento della grandezza infinita di Dio e della
nostra infinita piccolezza in confronto altri. E coll'adorazione la lode,
che potrà prendere gli accenti ispirati dei Salmi o degli inni della
liturgia, o potrà contenersi in un muto atteggiamento di ammirazione.
Poi l'anima sente tutta la grandezza dei benefici che ha ricevuto e riceve
continuamente, ed esprime quel sentimento cosi naturale ed umano,
quantunque troppo spesso trascurato, che è la riconoscenza.
A cui si aggiunge, di fronte alla coscienza dei peccati commessi, che sono
offesa della Maestà infinita di Dio, il pentimento e la riparazione. Ed
un analogo sentimento di riparazione si estende anche al ricordo delle
ingiuriose dimenticanze e delle offese di cui Dio è oggetto da parte di
tante altre creature, non meno colpevoli di noi.
Ecco che cosa è, cosa deve essere innanzi tutto la preghiera, questa
elevazione della nostra anima a Dio. Le anime generose, che vivono
intensamente la loro fede, vi si abbandonano facilmente, vorrei dire
spontaneamente, facendo eco alle adorazioni ed alle lodi che rendono a
Dio, contemplato in tutta la sua chiarezza ed il suo splendore, gli Angeli
ed i Santi del cielo.
Ma tutti dobbiamo sentirla come un dovere, almeno come ce lo consente la
nostra imperfezione e miseria. Dio gradirà il nostro omaggio filiale, e
possiamo pensare che così egli sarà più disposto ad accogliere ed
esaudire la nostra preghiera, anche quando passerà ad esporgli i nostri
bisogni, chiedendogli di venirci in aiuto.
VISIONE
SUPERIORE DELLE COSE
Ma c'è
un altro vantaggio, tutto nostro, della preghiera fatta cosi. Quando ci
saremo abituati a intrattenerci con Dio al lume della fede, sapremo
considerare a quel medesimo lume anche le cose del mondo, gli avvenimenti
della vita, colle tribolazioni e i dolori che ci affliggono, e che alle
anime mondane, prive di questa luce, strappano tante volte il lamento e la
bestemmia. E pensando a Dio creatore e signore dell'Universo, alla sua
Provvidenza che ci ha circondato da tante cure, alla bontà con cui tante
volte ci ha perdonato e ci prepara un Paradiso, vedremo tutto il torto che
il mondo gli fa dimenticandolo ed offendendolo, e vedremo più facilmente
i disegni della Provvidenza, che anche attraverso le tribolazioni ed i
mali causati dagli uomini vuol chiamarci a vivere un po' la vita dello
spirito, pensando alla vita eterna, e meritandocela colla rassegnazione e
coll'esercizio della carità verso i fratelli che soffrono con noi.
Allora la nostra mente vedrà più chiaro nelle vicende umane, e non ci
scandalizzeremo delle sofferenze e delle tribolazioni. Il nostro animo
ritroverà la pace, e noi ci rialzeremo dalla preghiera fatta così,
confortati e rinfrancati, per riprendere e continuare animosamente le
nostra vita e il nostro dovere.
II
PREGHIERA
DI DOMANDA
Se la
preghiera è principalmente elevazione della nostra anima a Dio, in atto
di omaggio riverente, essa è anche una domanda filiale e fiduciosa che
noi facciamo a Dio, di quello che può essere utile o necessario per noi e
per le persone od opere che ci sono care. "Domandate, ci dice il
Maestro Divino, e vi sarà dato "(Matt., 7,7).
La preghiera così intesa ha un posto speciale nei disegni della
Provvidenza divina, e mentre è utile a noi, torna anch'essa di onore a
Dio.
Egli è la causa prima di tutte le cose, e tutte le conserva. Egli si
prende cura in modo speciale della creatura ragionevole, l'uomo; in lui ha
stampato un'impronta più bella della sua perfezione, da lui si aspetta la
sua gloria estrinseca. In quest'opera della sua Provvidenza, Dio non ha
certo bisogno della nostra preghiera per conoscere quello che ci può
essere utile, nè delle nostre suppliche per decidersi a venirci in aiuto.
Ma egli gradisce il nostro ricorso filiale, ed ha stabilito di tenerne
conto nella distribuzione dei suoi favori. Cosicchè si può dire che, di
via ordinaria, la preghiera è il gran mezzo per ottenere gli aiuti di
Dio, sia materiali che spirituali.
LE PROMESSE EVANGELICHE
Ce ne
assicura Gesù nel Vangelo: " Chiedete e vi sarà dato; cercate e
troverete; picchiate e vi sarà aperto. Perchè chiunque chiede riceve;
chi cerca, trova, e a chi picchia sarà aperto " (Matt., 7, 7-8). E
per mettere la cosa in evidenza, prende la similitudine di un padre di
fronte alla domanda di un suo figliuolo. " E chi è mai tra voi che,
quando il figlio suo gli chiede del pane, gli dia un sasso? o richiesto di
un pesce, gli dia una serpe? Ora se voi, pur essendo cattivi, sapete dare
buone cose ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli
darà cose buone a quelli che gliele domandano? " (Ivi, 9-11).
Non poteva il Salvatore esporre in modo più evidente e sicuro
l'importanza e l'efficacia della preghiera per ottenere i favori di Dio. E
dopo d'averci insegnato questo, egli stesso ha voluto darcene la prova,
assecondando le insistenze di coloro che venivano a pregarlo, fino a
compiere per questo dei miracoli. Così avvenne per la guarigione del
figlio del centurione per le suppliche del padre suo, della figlia della
Cananea, del cieco di Gerico, dei dieci lebbrosi, del paralitico e di
tanti altri casi che il Vangelo ci racconta anche nei particolari.
Per avvalorare poi le sue raccomandazioni e renderci più facile
l'esercizio della preghiera ha voluto egli stesso insegnarci a pregare,
dandoci quella preziosa preghiera, che appunto perchè insegnata da lui,
diciamo domenicale.
Che soave conforto nei nostri bisogni in mezzo alle molteplici
tribolazioni della vita, è il sapere che disponiamo di un mezzo così
potente per attirare su di noi la benevolenza e la misericordia del
Signore! E che deplorevole noncuranza del nostro bene sarebbe la nostra,
se, in possesso di un mezzo così potente ed insieme così facile, noi non
ne usassimo al tempo opportuno, e il nostro labbro restasse muto davanti
al Padre celeste, al benefattore divino!
LE OBBIEZIONI
Ma qui
viene spontanea una obbiezione. Come si può affermare l'efficacia della
preghiera, se molte volte avviene che le nostre preghiere, che forse ci
avevano fatto concepire tante speranze, rimangono non esaudite? Quante
volte in questi anni di guerra ci siamo rivolti al Signore colle nostre
preghiere, e lo stesso hanno fatto tanti altri, e lo ha fatto il Papa,
Vicario di Cristo, invitando tutti i fedeli del mondo ad unirsi a lui in
quest'opera santa. Eppure la guerra ha continuato, e non se ne vede la
fine. Ed ha seminato tanti lutti nelle famiglie e tante distruzioni.
Il fatto è vero, e pur troppo esso è motivo di scandalo per molti, che
ne riportano mancanza di fiducia, e sono scossi nella fede.
Ma la stessa fede ci dà la spiegazione della apparente dolorosa
contraddizione fra le promesse contenute nel Vangelo e la realtà della
vita.
Sta l'efficacia della preghiera, come l'ha affermata il Vangelo. Se molte
volte avviene che invece la nostra preghiera rimanga non esaudita, è
perchè non preghiamo bene, cioè la nostra preghiera manca di qualche
condizione necessaria.
In primo luogo può accadere che quello che noi domandiamo, e forma
l'oggetto dei nostri desideri, agli occhi di Dio, che vede meglio di noi,
risulti non essere un vero bene, specialmente in ordine alla salvezza
dell'anima, che è il vero e massimo nostro bene. In tal caso, quando in
Paradiso potremo tutto vedere nei disegni della Provvidenza, saremo grati
alla paterna bontà di Dio, che, per il nostro vero bene, non ha
soddisfatto il nostro desiderio; come un padre, che non dà in mano al suo
bambino, anche a costo di lasciarlo piangere, un arma pericolosa, di cui
potrebbe usare a suo danno. Quante volte, riflettendo, vediamo noi stessi
che la prosperità, le ricchezze, la fortuna, sono state per alcuno la
vera occasione della perdita dell'anima!
Più spesso accade che Dio non concede quello che noi gli domandiamo,
perchè la nostra condotta non lo merita. Forse, mentre noi recitiamo una
preghiera, o ci inchiniamo davanti a un altare per chiedere a Dio che
benedica e prosperi qualche nostra intrapresa, la nostra anima - è in
disgrazia di Dio, perchè ha peccato gravemente contro la sua legge, e non
se ne dà pensiero, anzi intende continuare nel suo triste stato,
aggiungendo peccati a peccati. E potremo pretendere che, in questo stato
di cose, Dio accolga la nostra domanda? Non è già una grande sua
misericordia che egli non ci castighi subito come meritiamo, colla eterna
dannazione, e ci conceda ancora un po' di tempo per pensare ai casi
nostri? E non è anzi, in quelle circostanze, la stessa sventura da cui
vorremmo essere liberati, una grazia del Signore, che ci chiama a pensieri
di fede e a penitenza?
Miei cari, ecco perchè gli inviti che ripetutamente ci vengono fatti dai
Pastori della Chiesa, - quelli che anch'io vi ho molte volte ripetuto -,
alla preghiera, perchè il Signore ponga fine alle presenti calamità e
faccia tornare la pace, sono sempre congiunti con un invito pressante ad
una vita più buona, più onesta, più cristiana. E' così che potremo
sperare che il Signore accolga le nostre preghiere.
Pur troppo però, se non mancano anime buone e generose, che accompagnano
il fervore della pietà con una vita buona, non si. può dire che in
generale il pubblico costume abbia migliorato da quel tenore di vita
materialistico, pagano, che fu tante volte denunciato. Il piacere a tutti
i costi, anche contro i dettami dell'onestà e della purezza, che sono la
salvaguardia della sanità morale della giovinezza e della famiglia; il
guadagno senza limiti, speculando spesso sulle strettezze e sul bisogno,
acuito dalle condizioni della guerra; la violenza, spinta fino alla
vendetta ed al sangue; la bestemmia del nome santo di Dio; la profanazione
del giorno festivo, sembrano continuare, come e più di prima, anche sotto
il flagello della tribolazione. Avremo, con questo, diritto di lamentarci,
se Dio non interviene a sospendere i mali che ci affliggono? Non dovremmo
temere invece che Dio permetta alle cause seconde, che in questo caso sono
le male volontà degli uomini, di continuare nella loro opera
devastatrice?
Oh! se tutti ricorressimo assiduamente e bene alla preghiera come il
Salvatore ce l'ha raccomandata nel Vangelo, con fiducia nella bontà del
Signore, ed insieme con un generoso sforzo di vita buona, degna della
nostra qualità di cristiani e di figli di Dio la preghiera stessa ci
renderebbe migliori ed insieme ci otterrebbe la misericordia di Dio a
sollievo dei mali che ci affliggono, a salvezza della Patria diletta che
si trova in un momento così grave, e del mondo intero che ha bisogno di
pace.
Raccogliamo l'invito, in questa santa Quaresima, tempo di maggior
preghiera e penitenza. Voglia il cielo che essa ci prepari ad una Pasqua
veramente di risurrezione e di pace.
Vi benedico nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo.
Brescia,
20 febbraio 1944.
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