Mentre la
Nazione si trova impegnata in una gravissima impresa, da cui dipendono le
sue sorti future e la stessa civiltà, e tanti nostri fratelli combattono
con tanto loro sacrificio, pronti ad incontrare anche la morte, è dovere
di tutti cooperare perchè ad essi non manchi il necessario per resistere
ad arrivare alla vittoria che ci porterà la pace. Perciò si parla di un
fronte interno, cioè della resistenza di coloro che rimangono a casa
intenti al lavoro ed alle opere di assistenza: fronte interno che deve
cooperare con quelli che sono al fronte dove si combatte.
Ed a questo fronte interno, oltre il compito di assistere e di sostenere i
combattenti, si suoi dire che spetta un altro compito, quello di
preparare, coll'ordine e coi lavoro, la ricostruzione della economia e
della ricchezza della Nazione, quando sarà cessato lo sforzo della lotta
e tornata la pace.
Le autorità costituite, a cui spetta, attendono alla disciplina di questo
fronte interno. Per questo le norme severe, le numerose regolamentazioni
delle cose stesse che servono ai nostri bisogni quotidiani. Non è compito
del Vescovo occuparsene, se non per ricordare il dovere della disciplina,
che, se è una necessità per la salvezza e la prosperità della Patria,
assume per il cristiano il valore di ubbidienza alla legge divina e di
carità verso i nostri fratelli.
Ma v'è un altro fronte interno di cui è nostro dovere occuparci, per
dire a voi, figli dilettissimi, la parola di Fede: quella fede che si
fonda sulla verità che Dio ci ha rivelato, e di cui la Chiesa è maestra,
per mezzo dei sacri Pastori stabiliti dallo Spirito Santo. E' il fronte
dello spirito, che si ispira alle verità ed alla pratica della
religione.
NECESSITA' E IMPORTANZA DELLA RELIGIONE
La
religione, come è necessaria in tutti i momenti della nostra vita, così
è anche un elemento prezioso per sostenere la resistenza del soldato dove
si combatte, come dell'operaio nel campo del lavoro, dando un senso di
serenità e di fiducia che non si troverebbe altrove. Ed insieme la
religione crea idee ed abitudini di vita utili per quella ricostruzione
del dopo-guerra, che non deve essere soltanto materiale ed economica, ma
anche morale, se vogliamo che l'ordine nuovo sia un ordine veramente
umano, cioè tenga conto di tutti i bisogni e le aspirazioni dell'uomo, e
più di quelle più alte, che riguardano i valori dello spirito.
I nostri soldati al fronte, in generale, sentono l'importanza benefica
della religione, e seguono volentieri l'opera del Cappellano militare che
parla loro di Dio e li invita all'adempimento dei loro doveri religiosi; e
sentono tanto più questa importanza, quanto più si trovano lontano dagli
agi e dalle comodità della famiglia ed esposti a pericoli d'ogni sorta, e
d'ogni momento. Anche noi, per quanto ci troviamo lontani da pericolo e in
maggiori comodità, pure, di fronte al loro sacrificio ed alle necessità
della Patria, dobbiamo sentirci animati ad una fede più viva e ad una
pratica più fervente della religione.
La religione vera, diciamo, in tutta la sua interezza. La religione,
perchè sia veramente tale, non dev'essere soltanto un sentimento vago, o
ridursi a qualche cerimonia esteriore a cui si partecipa in qualche
occasione straordinaria, e neppure a qualche immagine o medaglietta sacra
portata indosso come un talismano, con una fiducia magari più o meno
superstiziosa.
No. La religione consiste in un complesso ben preciso di verità credute
con fermezza, che a loro volta determinano tutto un orientamento nella
nostra vita: in tutta la nostra vita, sentimenti, pensieri, opere.
Di alcune di queste verità voglio parlarvi in questa lettera pastorale,
per cavarne qualche utile conseguenza in questo momento grave; tanto più
che la verità e la pratica religiosa hanno la loro importanza benefica
non soltanto nel momento presente, ma sempre, per la salvezza delle nostre
anime.
I
DIO E
IL DOVERE DELLA PREGHIERA
La prima
verità religiosa, fondamento di tutte le altre, è l'esistenza di Dio.
Egli è l'Essere perfettissimo, eterno, immenso, infinitamente al disopra
di tutte le nostre imperfezioni e miserie. Ma quanto è lontano da noi per
la sua perfezione, altrettanto è a noi vicino, intimamente presente a
tutte le cose, perchè Egli le ha create e continuamente le conserva. Le
forze fisiche della natura e le leggi meravigliose che le governano sono
opera sua; sua è la legge morale che impone alla creatura il suo dovere e
glielo fa sentire nell'intimo della coscienza.
A questo Dio, grande, onnipotente, ma che è anche infinitamente buono;
che circonda la sua creatura prediletta di tante attenzioni; che vuole
esser chiamato Padre, e lo è veramente, perchè dopo averci data la vita
ce la conserva e sostenta con tanta amorosa sollecitudine, - a questo Dio
noi ricorriamo colla preghiera nei nostri bisogni. Ce l'ha insegnato
Nostro Signor Gesù Cristo, il Maestro Divino. Ed è un istinto potente
dell'anima, che nei momenti più difficili ci fa giungere le mani ed
innalzare al cielo lo sguardo supplichevole in atteggiamento di
implorazione. " Dacci oggi il nostro pane quotidiano ", diciamo
ogni giorno nella preghiera insegnataci da Gesù, specialmente quando il
cielo minaccioso, o la siccità, o il cattivo andamento della stagione
sembra mettere in pericolo il raccolto, o la mancanza di lavoro minaccia
di privarci dei mezzi per provvedere al nostro bisogno. " Non
c'indurre in tentazione ", ripetiamo pensando ai pericoli che
circondano la nostra vita morale, ed alla possibilità d'una caduta.
" Liberaci dal male ", è l'altra invocazione che il Maestro ci
ha posto sul labbro di fronte a qualunque pericolo, a qualunque che
c'incomba.
E' dunque la preghiera, figli dilettissimi, che deve sgorgare dal nostro
labbro, e più erompere dal profondo dell'anima anche più del consueto,
in questo momento così grave, quando noi stessi, i nostri cari, la
Patria, ci troviamo in grave necessità.
Dobbiamo chiedere a Dio che protegga i nostri soldati combattenti, li
aiuti a compiere intero il loro dovere, e se questo dovrà esser per il
miglior bene, li faccia tornare coll'onore della Vittoria.
Dobbiamo chiedere che benedica i nostri campi e fecondi l'opera dei nostri
lavoratori, perchè non manchi alla nazione il necessario per vivere e per
sopperire a tutti i suoi bisogni.
Dobbiamo pregare perchè Dio illumini i Capi dei popoli, che hanno la
responsabilità delle decisioni, affinchè vedano bene quello che è utile
per i loro popoli e per l'umanità intera, e scclgano opportunamente la
miglior via per giungervi. Pregare perchè, al di là della violenza della
guerra, Egli voglia preparare le con dizioni degli animi per una pace
giusta e duratura, che sia davvero una utile e tranquilla convivenza dei
popoli.
E intanto dobbiamo pregare Dio che sollevi e conforti tutti i sofferenti,
e sostenga l'animo di tutti per la necessaria resistenza fino al momento
della vittoria e della pace.
Sono, queste, le necessità pubbliche e private della Patria in armi. Esse
devono essere l'oggetto dei propositi di tutti noi e delle cure dei
governanti. Ma devono entrare anche nelle nostre preghiere, fervide,
insistenti. Perchè sta scritto, ed è parola dello Spirito Santo: "
Se il Signore non fabbrica la casa, invano si affaticano i fabbricanti. Se
i] Signore non custodisce la città, invano veglia la guardia " (Salmo
126, 1).
Pregano così le nostre popolazioni? tutti coloro che veramente vogliono
la salvezza della Patria nel duro cimento? Forse non come si dovrebbe. Ed
è male. Trascurare la preghiera può essere indizio di poca fede e di
indifferenza religiosa, e questa non è cosa fatta per attirarci le
benedizioni divine.
LA PREGHiERA NON DEPRIME GLI ANIMI
Ad alcuni
sembra che la preghiera non sia l'atteggiamento virile proporzionato al
momento, cioè allo sforzo che la Nazione sta facendo per ottenere il
raggiungimento dei suoi scopi. Pensano che la preghiera sia espressione di
debolezza d'animo o che debba inclinare verso una specie di quietismo e di
inerzia, come di chi non consideri suo compito l'agire, ma si voglia
rifugiare nell'aiuto che ci dovrebbe venire dall'alto.
Non è così.
Certo, la preghiera fatta a Dio poggia sulla persuasione di una nostra
debolezza ed insufficienza. Ma chi vorrà negare di sentirsi debole, o
potrà escludere il timore che ci manchi qualche cosa nello sforzo immane
che stiamo compiendo? Abbiamo bisogno della collaborazione di tutti;
abbiamo bisogno che non manchino i raccolti, che le stagioni siano
favorevoli, che nessuno dei cittadini manchi al suo dovere: dalla mancanza
di tutto questo potrebbe venire un danno gravissimo. Ed è per questo che
noi ci rivolgiamo a Colui da cui tutto dipende, che ha in mano i tempi e
le stagioni, che influisce sulle coscienze dei singoli, e gli chiediamo
che benignamente ci conceda tutto quello che ci è necessario.
E non è neppur vero che la preghiera induca alla neghittosità,
svalutando l'attività di ciascuno nell'aspettativa dell'intervento di
Dio. La preghiera del cristiano non è fatta così. Quando il contadino
recita ogni mattina il suo Pater noster, e rivolge a Dio la domanda
" dacci oggi il nostro pane quotidiano ", non per questo smette
il suo lavoro, ma anzi va più fidente al suo campo e lavora da mattina a
sera e sparge volentieri il suo sudore, nella speranza che Dio benedica il
suo lavoro e lo renda fecondo. Dio che ci invita a rivolgere a Lui la
nostra preghiera filiale, è il medesimo che ci ha dato la mente e le
braccia per pensare e lavorare, e mentre ci farebbe rimprovero del nostro
tempo sciupato nell'ozio, interviene a benedire il nostro lavoro. E a noi
il nostro stesso lavoro diventa più volonteroso e fidente, l'accettazione
dei sacrifici e delle privazioni più facile e serena, quando sappiamo che
al di sopra di noi c'è un Padre buono e potente, a cui ci siamo rivolti
perchè benedica e potenzi noi, il nostro lavoro, le nostre sofferenze.
Preghiera dunque, assidua, costante, devota. Ecco un primo dovere, che
sarà un prezioso elemento soprannaturale, cristiano, di quel fronte
interno, che è necessario in questo momento di guerra, e guerra di
proporzioni così vaste. La Chiesa ci mette sul labbro questa preghiera
nella sua liturgia: " O Dio, che spezzi le guerre ed espugni colla
potenza del tuo braccio quanti assalgono coloro che sperano in te, concedi
il tuo aiuto a noi tuoi servi che imploriamo la tua misericordia, perchè,
repressa la violenza dei nostri nemici, ti sciogliamo un inno incessante
di lode. Per Gesù Cristo nostro Signore " (Messale Romano, Messa
tempore belli). Ed ancora: "Onnipotente sempiterno Iddio, che reggi
il corso dei cieli e della terra, accogli clemente le suppliche del tuo
popolo, e concedi ai nostri giorni il beneficio della tua pace"
(Messale Romano, Messa della Il Domenica dopo l'Epifania).
II
SECONDO
DOVERE, LA PENITENZA
Dopo che
alla preghiera, la nostra fede ci invita allo spirito di penitenza, in
conseguenza di un'altra verità non meno fondamentale della prima.
Dio è il nostro creatore, che si prende cura di noi colla sua provvidenza
paterna. Ma è anche il nostro legislatore. Egli ci ha dato la sua santa
legge, e a questa legge noi dobbiamo la nostra ubbidienza. Ribellandoci,
invece di meritare la sua benevolenza e i suoi benefici, ci meritiamo i
suoi castighi. Il massimo castigo che Dio infligge per il peccato è
l'eterna dannazione; ma non è detto che Dio non punisca anche in questa
vita.
Figli carissimi, non avete mai pensato, sotto il peso di questa guerra
gigantesca che comprende ormai buona parte del mondo, di vedere in essa il
castigo di Dio per tanti peccati che si commettono in tutto il mondo?
Apostasia di individui e di nazioni, che non vogliono riconoscere il
dominio di Dio e cercano di sradicare l'idea stessa di Dio dalla mente
dalla coscienza degli uomini. Ed anche tra i popoli cristiani, la
bestemmia, la profanazione del giorno del Signore, la trascuranza dei
doveri religiosi, il decadimento della famiglia - col disconoscimento dei
suoi grandi doveri, la fedeltà degli sposi e la buona educazione dei
figli -, la scostumatezza, colla ricerca sfrenata del piacere anche a
costo di abbrutirsi, l'ingiustizia e la frode nei rapporti economici,
l'abbandono della carità insegnataci da Cristo per dar luogo a odii ed
inimicizie. Non vi pare che questa odiosa serie di peccati e di delitti
rappresenti con troppa verità quella che è diventata la vita di tanti in
ogni parte del mondo? e che anche le nostre popolazioni, per quanto in
diversa misura, ne abbiano la loro parte?
Ed allora, se vogliamo che Dio ci guardi con benevolenza e ci protegga nel
momento grave che attraversiamo, dobbiamo alla preghiera aggiungere la
riparazione. Questa riparazione prende nel linguaggio cristiano un nome
comprensivo, a noi noto per la predicazione che ne ha fatto Gesù Cristo
nel Vangelo: penitenza.
La quale penitenza, come la intende il Vangelo, comprende tre cose. Primo
il pentimento, che contenga la deplorazione sincera da parte della nostra
coscienza di ogni disordine che torni di offesa a Dio. Poi l'espiazione,
che ci faccia prendere le angustie e le tribolazioni della vita come una
riparazione delle offese arrecate da noi e da altri alla legge di Dio. E
finalmente il proposito di una vita migliore e più degna, nell'osservanza
esatta della legge divina.
Il mondo non comprende questo linguaggio cristiano, che pure è così
profondamente vero, alla luce di Dio e delle sue disposizioni. Ma pure noi
sentiamo che i migliori per altra via se volete e per altri motivi,
vengono sostanzialmente alle medesime conclusioni, ed affermano la
necessità di una vita più austera, cioè più mortificata: perchè solo
così, cioè abituandosi a rinunciare al soddisfacimento delle proprie
voglie, i cittadini sapranno sopportare serenamente quelle privazioni e
quei sacrifici che si rendono necessari perchè la Patria possa continuare
nella sua resistenza.
S'aggiunga che l'austerità della vita prende in questo momento anche il
significato di rispetto verso i nostri fratelli, che lontano di qui, al
fronte di guerra, espongono ogni giorno la vita per la nostra difesa.
Vorremmo, figli dilettissimi, che tutti sentissero queste esigenze del
momento, in nome della fede e della disciplina civile, e non si dovesse
invece qualche volta deplorare il fatto di spettacoli indecenti, dove pur
troppo accorre un pubblico immemore della sua dignità e della gravità
del momento.
III
Preghiera,
dunque, penitenza. Sarà questo il contributo specificamente cristiano che
noi daremo allo sforzo che fa in questo momento la Patria, mentre nulla
rifiuteremo di quei compiti di ordine materiale ed economico, che formano
l'attuale disciplina civile della azione.
Ma dalla nostra fede religiosa noi attingiamo anche elementi preziosi per
la ricostruzione del dopo-guerra, alla quale porteremo il nostro
contributo spirituale, mentre siamo pronti a partecipare a tutta la
impostazione tecnica e materiale che sarà data, e già fin d'ora si
prepara, all'opera grandiosa.
UN SANO
OTTIMISMO
1.
Innanzi tutto, la nostra fede nella Provvidenza amorosa di Dio ci dà la
possibilità di mantenersi in un sano e sereno ottimismo. Non nel senso
che non ci dobbiamo aspettare momenti gravi e difficili, quando l'immane
sforzo guerresco già porta a tutti difficoltà, e gravi difficoltà; ma
nella fiducia cristiana, che la Provvidenza voglia continuare la
benevolenza colla quale ha sempre favorito la Patria nostra, anche nei
suoi momenti più gravi:
persuasi che essa vorrà, come suole, dalle vicende della guerra ricavare
quello che potrà giovare al nostro bene futuro, dei singoli come della
Nazione.
Questa fiducia avrà in noi tanto maggior fondamento, se ci sforzeremo di
mantenere alla Patria nostra quella prerogativa che ha fatto la sua gloria
migliore, cioè l'attaccamento alla fede cattolica e la moralità delle
nostre masse. Pur troppo l'una e l'altra, la fede e la moralità, come
abbiamo detto sopra, mostrano molte volte segni di decadenza. Deve essere
nostro sacro impegno di arrestarla efficacemente. Ritorni la pratica della
fede e della pietà cristiana, colla santificazione della festa, colla
frequenza alla parola di Dio ed ai sacramenti. Ritorni in tutti il senso
profondo della dignità della vita, improntata a quella purezza di
costumi, che è uno dei tesori più preziosi portati all'umanità dal
Cristianesimo, e rappresenta insieme la santità fisica e morale degli
individui e dei popoli. Essa attirerà sul nostro popolo le benedizioni di
Dio, mentre non potrà che avvantaggiare la prosperità della Nazione. Non
è da generazioni infrollite dal vizio, che non sanno imporsi una rinuncia
nella corsa del piacere, che si possono aspettare le popolazioni numerose
e forti, e le aspirazioni verso gli ideali più nobili che costituiscono
la vera civiltà e il progresso.
GIUSTIZIA
E CARITA'
2. Dalla
dottrina del Cristianesimo verranno le idee madri più feconde per una
ricomposizione della umanità sconvolta.
Alla costituzione di un ordine nuovo che poggi, veramente su basi
durature, feconde di concordia e di prosperità per tutti, dovrà
presiedere un profondo senso di giustizia e di carità. Lo ha proclamato
ripetutamente il Vicario di Cristo, il Santo Padre Pio XII nei suoi
appelli al mondo intero, ed è nella coscienza di tutti. Giustizia,
perchè ogni popolo abbia nel mondo il posto che gli spetta nella
convivenza umana, in corrispondenza ai suoi diritti, in proporzione dei
suoi bisogni e delle sue capacità. Carità, perchè a questa soave, e
potente virtù, portata da Cristo al mondo, come un dono divino, spetterà
il compito preziosissimo di attutire gli screzi, di colmare le distanze, e
di spingere efficacemente gli animi, verso una mutua ed effettiva
collaborazione.
Noi pregheremo l'Altissimo, nelle cui mani stanno i cuori degli uomini,
perchè tutti coloro a cui spetterà il compito ponderoso della pace e
della ricostruzione, possano effettivamente ispirarsi a questi principi
supremi, e creare su queste basi quel nuovo ordine che è da tutti
auspicato.
Ma queste grandi idee, giustizia e carità, imitazioni della giustizia e
dell'amore con cui Dio governa le cose, devono radicarsi anche nelle menti
delle masse popolari, di tutti i cittadini, perchè la vera pace ed
armonia, oltre che fra i popoli, deve stabilirsi e mantenersi anche
nell'interno delle nazioni, fra i cittadini e le classi sociali, animando
nel loro spirito, che è lo spirito del Vangelo, le relazioni scambievoli
e le istituzioni che le dirigono. Su queste basi sarà facile anche
premunire le masse dalle false ideologie, che hanno sconvolto la società
con tanto danno, dove le masse se ne son lasciate illudere.
LA
FAMIGLIA CRISTIANA
3.
Elemento prezioso per il buon ordine e la sanità morale della società,
è la famiglia, e vogliamo dire la famiglia cristiana, come Dio l'ha
voluta e Cristo santificata, fondandola su un sacramento da Lui istituito,
e dotandola di leggi provvidenziali.
La famiglia è il semenzaio delle nuove generazioni, non solo perchè in
essa sbocciano le nuove vite umane, ma anche perchè in essa questi esseri
umani trovano l'efficace orientamento verso quella che sarà la loro vita,
buona, onesta, utile alla società.
Per questo la famiglia deve essere mantenuta come Dio l'ha voluta, salda
nella sua compagine, perchè fondata su un vincolo indissolubile, nutrita
da un mutuo amore accompagnato dalla fedeltà, dalla stima e dal
compatimento; e ferma anche nella sua funzione educativa, che si esplica
attraverso la vigilanza, la correzione, il buon esempio, e tutti quei
sussidi che alla sana educazione vengono dalla religione.
Il popolo italiano sente ancora, in generale, la dignità della famiglia.
Possiamo dire con compiacenza che la sentono le nostre popolazioni
bresciane. Ma non mancano però, purtroppo, deviazioni e trascuratezze
nella funzione educativa.
L'ora grave che viviamo, mentre tanti padri e tanti sposi sono lontani dal
focolare domestico a compiere il loro dovere verso la Patria in armi,
esige più che mai che la famiglia conservi la sua dignità, come un nido
di pace e di bene, dove i combattenti torneranno a riprendere il loro
posto e a continuare la loro funzione nella società. Le provvidenze del
Regime per i bisogni materiali delle famiglie meritano ogni lode. Ma
queste provvidenze materiali non bastano se non vi si aggiunge il
contributo morale della coscienza cristiana, che farà della famiglia un
soave nido di virtù.
* * * * *
* *
Figli
dilettissimi, ecco alcuni pensieri, fonti di buoni propositi, che vi
abbiamo richiamato, perchè costituiscano, come dicevamo con linguaggio
desunto dal tempo di guerra, il fronte interno dello spirito. Sono
elementi di vita cristiana, necessari sempre ma specialmente nel tempo
presente.
L'austerità della santa Quaresima, ormai imminente, formerà l'ambiente
propizio per farli fruttare.
Al di là della Quaresima, vi auguriamo i santi gaudi Pasquali,
nell'adempimento esatto, da parte di tutti, del precetto Pasquale, attorno
all'altare di Cristo risorto, che vorrà risorgere in tutti i vostri
cuori.
Il nostro pensiero non può in questo momento dimenticare i nostri cari
soldati lontani per l'adempimento del loro dovere:
per essi sale in modo speciale al Cielo la nostra preghiera.
Vi benediciamo nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo.
Brescia,
1 febbraio 1942.
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