Rivolgendovi anche
quest'anno, come di consueto, la nostra parola per la santa Quaresima, ci
pare che l'argomento ci si presenti, vorremmo dire, obbligato. Coll'aiuto di
Dio, abbiamo ormai condotto a termine la Sacra Visita Pastorale a tutte le
parrocchie della nostra Diocesi. Dopo un tale fatto, che rappresenta per il
Vescovo il compimento di uno dei suoi principali doveri, e che l'ha messo a
contatto con tutti i figli che il Signore gli ha affidato, il Vescovo sente
di avere qualche cosa da dire. E i fedeli, che già hanno sentito la sua
parola, i suoi ammonimenti, le sue esortazioni nel giorno solenne della
Visita, sentiranno volentieri ancora una sua parola, detta a modo di
conclusione, a tutti insieme.
Non potremo dimenticare mai questo pellegrinaggio attraverso le parrocchie,
che ha formato tanta parte delle nostra vita fra voi per cinque anni. Vedere
di presenza tutti i fedeli sparsi nella vasta diocesi, nella città, sui
monti, nelle valli, lungo le sponde dei nostri laghi, nella pianura
ubertosa; assistere alle manifestazioni della loro vita religiosa, vedere la
chiesa ove abitualmente si radunano; informarsi direttamente del modo con
cui la vita parrocchiale si svolge, delle loro condizioni familiari, delle
loro buone qualità ed eventualmente dei difetti; passare con essi una
intera giornata, in stretta intimità di idee e sentimenti, di pratiche di
pietà, di funzioni sacre, di sacra predicazione: ecco che cosa è la visita
pastorale. E in questo modo il Vescovo si forma direttamente una idea più
completa della vita religiosa dei suoi fedeli, delle condizioni in cui si
svolge, dei suoi bisogni.
E che dire di voi, venerabili confratelli, sacerdoti e parroci? Abbiamo
goduto per una giornata la vostra ospitalità, deferente e cordiale, e
vissuto la vostra vita. Abbiamo constatato, spesso, le strettezze delle
vostre condizioni, vicine a quelle, pur esse disagiate, delle vostre
popolazioni. Abbiamo visto i vostri sforzi per approfittare di tutte le
possibilità per venire incontro ai loro bisogni e guidarle sulla via del
dovere cristiano, colla predicazione della parola di Dio,
coll'organizzazione e l'insegnamento del catechismo, coll'amministrazione
dei sacramenti. Abbiamo conosciuto nelle vostre relazioni e nei lunghi
colloqui le condizioni delle vostre parrocchie, coi loro bisogni, coi
risultati ottenuti. Abbiamo visto le vostre necessità, condivise le vostre
gioie, le vostre preoccupazioni.
Il Vescovo ricorda. E mentre vi ripete anche qui il suo affettuoso
ringraziamento per la vostra ospitalità cordiale, che qualche volta vi
costava sacrifici non lievi, vi assicura che vi ha tutti presenti, a uno a
uno, là sul vostro posto di lavoro, e che ha innalzato e innalza per tutti
la sua preghiera al Signore, perchè vi aiuti, vi conforti, assecondi le
iniziative del vostro zelo, alle quali è lieto di aver partecipato e d'aver
dato, quando era il caso, le direttive che in Domino ha creduto più
opportune, in base anche alla esperienza, a lui nota, di altre situazioni
analoghe alle vostre.
E con voi, noi ringraziamo anche le vostre popolazioni, per l'accoglienza
buona, rispettosa, affettuosa, che hanno fatto al Vescovo durante la Visita
Pastorale, tutte, lo possiamo dire, le oltre 400 parrocchie, pur colle
caratteristiche delle diverse regioni e dei diversi paesi. Ricordiamo
l'omaggio riverente delle autorità locali. Ricordiamo le processioni divote
per accogliere il Vescovo secondo il rito della Santa Chiesa, la
partecipazione numerosa ai Santi Sacramenti, l'attenzione alla parola di Dio
predicata ripetutamente, nella funzione d'ingresso, alla Messa della
Comunione generale, alla Messa solenne, e soprattutto nella funzione di
chiusa, nella quale tutti ascoltavano con visibile comunione di spirito i
ricordi e le raccomandazioni fatte per il loro bene. Ricordiamo il commiato,
fatto sempre con tanta sincerità e dimostrazione di affettuosa riverenza.
Di tutto questo rendiamo lode a Dio, da cui viene ogni cosa buona, ed a cui,
nella persona del suo inviato, erano così visibilmente indirizzate, come le
funzioni del rituale liturgico, così anche i sentimenti di devozione delle
nostre buone popolazioni.
Ma, se abbiamo voluto ricordare i momenti passati con voi nei giorni della
santa Visita, non l'abbiamo fatto soltanto coll'animo di chi ricorda cose
gradite e ne rende i dovuti ringraziamenti. Noi vogliamo approfittarne, per
fare alcune constatazioni, ed aggiungere alcune riflessioni, che voi
riceverete col medesimo spirito di docilità che vi ha accompagnato nelle
accoglienze che avete fatto al Vescovo in quei giorni. Così, lo speriamo,
col ricordo della Visita Pastorale, ne saranno in certo modo rinnovati gli
effetti.
LA FEDE
DELLE NOSTRE POPOLAZIONI
E dapprima, ci è sembrato
di poter constatare che nelle nostre popolazioni è ancora ben radicata la
fede: in diverso grado nelle diverse zone della Diocesi e nei singoli paesi,
ma possiamo dire, dappertutto. Anche là dove la propaganda sovversiva,
negli anni critici che tutti ricordiamo, aveva portato la sua devastazione
spirituale, col passare della crisi violenta, tornata la calma ed un clima
migliore, generalmente le nostre popolazioni hanno ripresa la pratica della
vita cristiana. Segno che la fede bene radicata aveva resistito all'insidia
presentatasi sotto l'apparenza di un effimero miglioramento economico.
Ed avviene qualche volta che la fede delle nostre popolazioni si manifesti
anche lontano, nelle terre ove esse si vedono costrette a recarsi in cerca
di lavoro e di pane. Abbiamo avuto la soddisfazione di constatarlo nello
scorso dicembre, quando, invitati da quel reverendo Parroco, ci recammo, per
la festa di
8. Barbara, ad Arsia nell'Istria, dove il grandioso sviluppo delle miniere
di carbone ha chiamato molti operai minatori. Vi è colà, fra migliaia di
altri, anche un buon numero di lavoratori bresciani, parecchi con le proprie
famiglie. E lo zelante parroco, che si adopera, in mezzo a tante
difficoltà, alla cura spirituale di quel mondo operaio là convenuto da
tante parti, ci diceva che le famiglie bresciane erano fra eh elementi
migliori della sua nuova e singolare parrocchia: più istruiti ed assidui al
catechismo i fanciulli, più fedeli tutti alle pratiche cristiane. Cose che
noi ascoltammo, come potete pensare, con tanto piacere, e potemmo confermare
personalmente, visitando nelle loro casette alcune di quelle famiglie,
ricevuti con tanta festosa accoglienza.
Dobbiamo aggiungere però che purtroppo non è sempre così, specialmente
quando l'ambiente dove i nostri figli lontani vengono a trovarsi è viziato,
e l'assistenza religiosa è insufficiente. Ricordiamo che uno dei cappellani
missionari, bresciano anch'esso, addetto alla emigrazione italiana in una
regione della Francia, ci riferiva qualche anno fa, che delle parecchie
famiglie bresciane della sua giurisdizione, solo alcune facevano
discretamente onore alla loro patria ed alla loro fede, mentre altre
purtroppo avevano abbandonato ogni pratica di vita cristiana, e qualche
volta anche ogni onestà di vita.
Come, del resto, abbiamo dovuto constatare che anche nelle nostre buone
parrocchie, non escluse quelle di campagna e di montagna, non manca mai, si
può dire, un certo numero di persone, che fanno una triste eccezione alle
buone tradizioni di fede: non più, se volete, come una volta, animate dallo
spirito ostile ed anticlericale, ma assenti da ogni pratica cristiana.
Frutto, questo, della seminagione di indifferenza religiosa fatta a suo
tempo dal liberalismo prima, dal socialismo poi.
Dolorose constatazioni, queste, che però non distruggono il fatto che
abbiamo sopra accennato, che cioè la maggioranza delle nostre masse
popolari si dimostra attaccata abbastanza tenacemente alla fede ed alla
pratica di essa.
A che cosa attribuiremo questo fatto consolante? Senza dubbio, a un dono di
Dio, che ha vegliato su di noi e sulle nostre famiglie: dono di cui gli
saremo grati, tanto più se lo confrontiamo colle devastazioni avvenute
altrove. Ma aggiungiamo pure, anche alle buone tradizioni familiari della
nostra gente, che si sono tramandate, di generazione in generazione,
l'attaccamento alla religione come un prezioso patrimonio, alimentato dalla
assiduità alla parola di Dio, e specialmente al catechismo domenicale:
parola di Dio e catechismo, curato con diligenza attraverso i secoli dai
Pastori della nostra Chiesa Bresciana e, sotto la loro guida, dal clero
delle nostre parrocchie. Non sarà mai ricordata per questo con soverchia
riconoscenza l'opera di S. Carlo e del suo amico sulla sede bresciana, Mons.
Domenico Bollani, e di tanti oscuri operai della Dottrina cristiana, i cui
nomi qualche volta affiorano sui registri parrocchiali della dottrina,
conservatisi attraverso i secoli negli archivi parrocchiali, e che abbiamo
qualche volta esaminato con intima, profonda riverenza.
UN
PROBLEMA E UN DOVERE URGENTE
Detto questo, permettete
però, venerandi confratelli sacerdoti, che poniamo al vostro zelo, come
già l'abbiamo posto a noi stessi, questo problema: questa aderenza, per
grazia di Dio così diffusa, delle nostre popolazioni alle pratiche
religiose, non potrebbe essere, qualche volta, appunto una semplice
tradizione di famiglia, di paese, più che l'intima cosciente convinzione di
un dovere veduto e sentito? Cristiani, cioè, perchè si è bresciani e lo
sono tutti gli altri bresciani, perchè della tale famiglia che è sempre
stata praticante, del tal paese che è sempre stato noto per lo splendore
delle sue feste religiose e, se volete, anche per la frequenza alla dottrina
e ai Sacramenti: facili quindi a raffreddarsi nella fede e ad abbandonarne
la pratica, quando cessassero i vincoli di famiglia, o si fosse lontani
dalle abitudini tradizionali del proprio paese, della propria montagna,
della propria valle?
Qualche volta il sospetto viene, come un dubbio preoccupante, a turbare la
nostra mente, quando si è costretti a constatare, che basta per taluni
l'inurbarsi, o frequentare uno stabilimento dove si devono avvicinare
elementi eterogenei, per perdere l'integrità della fede imparata in
famiglia, e poi disertare a poco a poco la chiesa e i doveri cristiani.
Lungi da noi il pensiero che così si debba pensare di tutte le nostre buone
popolazioni. Ma pure il problema si pone, insistente, come di un pericolo
che ci potrebbe sovrastare. E tanto più, se si osservano certi aspetti
della vita moderna, che possono essere, da questo punto di vista,
pericolosi. Dapprima, la facilità moltiplicatasi di trovarsi, per motivi di
lavoro e di studio, in altri ambienti, affatto diversi da quello
tradizionale della propria famiglia e del proprio paese. S'aggiunga la
tendenza, da parte di molti, ad una religiosità ridotta a forme esteriori,
convenzionali, di parata, congiunta facilmente con la trascuranza dei doveri
religiosi più fondamentali. Ed ancora, la mancata santificazione, da parte
di molti, della festa, sovraccarica di manifestazioni sportive d'ogni
genere, e vuotata del senso cristiano del giorno del Signore, dedicato al
compimento dei più gravi doveri verso Dio ed alla cultura religiosa del
proprio spirito mediante la frequenza alla parola di Dio e specialmente alla
spiegazione catechistica.
La conseguenza di questa riflessione, o venerandi sacerdoti e buoni fedeli,
è evidente. Ringraziamo Dio che ha conservato nella grande maggioranza
delle nostre popolazioni il dono della fede. Ma badiamo di fare in modo che
questa sia, non solo un abito esteriore trasmessoci dalla tradizione e dalla
consuetudine, ma una fede vera, cosciente ed illuminata, pronta a resistere
a tutte le crisi e a far sentire le sue applicazioni a tutte le
manifestazioni della vita, una vita profondamente cristiana. Per questo non
sarà mai abbastanza raccomandata una abbondante e profonda cultura
religiosa, per mezzo di tutte le forme che le consuetudini tradizionali
mettono a nostra disposizione, integrate da quelle altre forme, che vengono
suggerite dai tempi nuovi.
La forma tradizionale di insegnamento religioso consiste principalmente nel
catechismo dei fanciulli, e nella spiegazione domenicale della dottrina
cristiana agli adulti. Tutti ricordate come questa sia stata una delle
raccomandazioni principali che abbiamo fatte in tutte le parrocchie. E la
ripetiamo qui, coll'augurio che le due magnifiche istituzioni abbiano sempre
a formare i principali oggetti delle vostre sollecitudini di sacerdoti e di
parroci, e impegno serio profondamente sentito dei fedeli; i quali devono
sentire in coscienza di non potersi chiamare buoni cristiani se non vi
partecipano personalmente, e non prestano la loro collaborazione perchè le
nostre parrocchie conservino questa pratica preziosa, a cui è dovuta in
gran parte la conservazione della fede che ha distinto fin qui le nostre
popolazioni.
Le altre forme di cultura religiosa suggerite dai tempi nuovi, sono:
l'istruzione religiosa impartita nelle scuole, ai reparti della Gioventù
Italiana del Littorio, nelle Associazioni di Azione Cattolica, nelle
settimane o giornate di cultura religiosa, che tante volte vediamo attirare
un pubblico numeroso e distinto.
Dio benedica tutto quello che potrà servire a nutrire di una vera e
profonda cultura religiosa la fede delle nostre popolazioni.
FESTE
RELIGIOSE
Una delle manifestazioni
esteriori della fede delle nostre popolazioni sono le celebrazioni, spesso
solenni, di feste religiose, e la frequenza ai Sacramenti.
Non vi è parrocchia che non abbia ogni anno alcune feste, alle quali dà
una grande importanza, come a un avvenimento a cui tutti i parrocchiani
partecipano. Sono la festa del Santo Titolare, la festa della Madonna sotto
l'uno o l'altro titolo, le Quarantore, il Triduo in suffragio dei morti ed
insieme ad onore del SS. Sacramento, la festa di 5. Luigi, ecc. E sta bene.
Nello spirito della Chiesa le feste, celebrate anche con solennità
esteriori, servono insieme come manifestazione e come stimolo del culto che
è nella nostra anima.
Badiamo però che qualche volta in queste feste non prevalga l'esteriorità
dell'apparato e il chiasso, sul vero spirito di pietà, che rende a Dio
l'omaggio dell'anima. E peggio, badiamo che esse non siano profanate da
pubblici divertimenti fatti per distrarre dalla pietà, per essere anzi
occasione di male. Vogliamo dire specialmente del ballo in occasione di
feste e sagre; ed a proposito ricordiamo le severe ma giuste disposizioni
dei Vescovi Lombardi, che vietano le solennità religiose di quelle feste,
quando vi si vuol tenere un ballo pubblico. Lo zelo dei Parroci, di solito
fedele interprete anche della maggioranza della popolazione, cercherà di
impedire il grave inconveniente con preventivi avvertimenti.
E badiamo anche a un altro possibile difetto; che si lascino poi nell'ombra
le grandi feste dell'anno liturgico, a cui la Chiesa dà la massima
importanza, e che non solo rappresentano il soave annuo ricordo dei grandi
misteri della nostra fede, ma sono, nei suoi intendimenti, un invito al
popolo cristiano a riviverli intimamente. Vogliamo dire le feste di Natale,
Pasqua, Pentecoste, Corpus Domini, dell'Immacolata Concezione e
dell'Assunzione di Maria, ecc.
La Chiesa attribuisce a queste celebrazioni una grande solennità, ispirando
ad esse tutta la sua liturgia, che è la preghiera pubblica del popolo
cristiano. Il nostro popolo le segua con diligenza e con amore, ne comprenda
tutto il magnifico significato. Ricominci con Cristo a Natale una vita
nuova, così diversa dalla vita di fasto, di godimento, di rancori, come è
quella che si vive dal mondo. Senta, nel sacro tempo di Quaresima e più
nella Settimana Santa, quanto sia costata al Redentore divino la riparazione
delle nostre colpe, e ne concepisca, con lui, un dolore vivo, che importi il
distacco da una vita forse di peccato. Viva, a Pasqua, la gioia e il trionfo
di Cristo risorto, primogenito dei morti, modello di una risurrezione
intima, che ci riporti ad una vita soprannaturale, forse perduta, per non
perderla più. La festa della Ascensione ci conduca fino alle porte del
Paradiso, dove, primo, sale il Salvatore, per riportarne un desiderio
vivissimo, che diventi un fermo proposito. Pentecoste, riportandoci nel
Cenacolo alla discesa dello Spirito Santo, ce lo faccia sentire inabitante
in noi colla grazia, come fonte magnifica e perenne di tutte le migliori
energie spirituali. La festa del " Corpus Domini " sia davvero
l'omaggio affettuoso di fede, di riconoscenza, di trionfo di tutto un popolo
verso il Divino Ospite dei tabernacoli, che si degna di rimanere sempre fra
noi, troppo dimenticato e trattato con troppa indifferenza. Così dite delle
feste della Madonna, la sua Immacolata Concezione e la gloriosa Assunzione;
dei Santi Apostoli, canali che ci hanno trasmesso la dottrina e la grazia
del Salvatore.
Vedete come la Chiesa ha sapientemente distribuito nell'anno liturgico
queste magnifiche feste, che contengono la sostanza della dottrina e della
vita cristiana. Non valorizzarle, vorrebbe dire trascurare un magnifico
mezzo per tener viva la fede nel nostro popolo. Vi si premetta quindi la
dovuta preparazione: non manchi l'omelia, ben fatta, che ne faccia
comprendere tutta la portata, e l'invito ai Sacramenti.
Celebrate così queste grandi feste, non sarà necessario aggiungere ad esse
qualche cosa d'altro, perchè il popolo le apprezzi e venga alle funzioni ed
ai Sacramènti. Le regole della liturgia sono severe a questo proposito. E
la liturgia, che è la preghiera pubblica della Chiesa, deve essere anche la
regola della pietà del popolo cristiano.
UNA
DIVOZIONE PROVVIDENZIALE
Una cosa abbiamo rilevato
con piacere nelle manifestazioni della pietà delle nostre popolazioni: la
divozione alla Madonna, specialmente nella pratica del mese Mariano. Per
rendere più facile questa divozione, in molti luoghi la consuetudine ha
trasportato il mese mariano dal maggio, troppo occupato in campagna dai
lavori agricoli, in altro tempo più opportuno, più frequentemente in
novembre e dicembre, in preparazione alla festa dell'Immacolata. E' stato un
buon pensiero, e si faccia pure cosi. Ci ha fatto piacere sentire che il
popolo ama questa divozione, ed accorre in massa alla Chiesa per la relativa
funzione; qualche volta abbiamo fatto noi stessi la constatazione, ed
abbiamo avuto la gioia di parlare nella chiesa stipata di fedeli.
Abbiamo detto che la constatazione ci ha fatto molto piacere, perchè
confidiamo che la divozione alla Madonna, praticata come un omaggio filiale
verso la Madre di Dio, sarà un mezzo efficace per conservare nel nostro
popolo la fede dei suoi padri. Lungi dal distogliere dalla divozione a Dio e
al Divin Figliuolo Gesù, come vorrebbero i Protestanti, la divozione a
Maria conduce a Cristo, perchè non per altro motivo la si onora, se non
perchè è madre di Lui e modello di ogni virtù. Spetterà al Parroco di
fare in modo che non manchi in quell'occasione al popolo la parola di Dio,
che, continuata per un mese, può riuscire un prezioso catechismo, fonte di
istruzione e di eccitamento alla vita cristiana.
FREQUENZA
AI SACRAMENTI
Altra buona constatazione
che abbiamo potuto fare nella Visita Pastorale, è la frequenza dei fedeli
ai Sacramenti, in generale abbastanza buona, anzi, in molti luoghi da un po'
di tempo in aumento. I Sacramenti sono i canali della grazia, e quindi il
fondamento ed il sostegno della vita cristiana; e a poco varrebbero tutte le
altre pratiche della nostra santa fede, se non conducessero qui.
Venerandi parroci e sacerdoti, non dubito che sarà vostra cura conservare e
coltivare nei vostri fedeli la divozione alla Santa Eucarestia, secondo i
desideri del Salvatore, che, restando in mezzo a noi sotto le apparenze del
pane, ha voluto mostrare il suo desiderio di essere il nutrimento quotidiano
della nostra anima, come il pane materiale lo è del nostro corpo.
Però voi ricordate che, nelle informazioni che voi mi avete date su questo
punto, se mi potevate presentare un numero notevole di comunioni, anche
frequenti e quotidiane, non mancava pressochè mai da parte vostra la
dolorosa constatazione di un certo numero, più o meno grande, di persone
che si mostrano restie agli inviti del Salvatore, e disertano anche la
Comunione Pasquale. Perchè? E' il mistero delle loro coscienze, che spesso
noi non riusciamo ad esplorare. E' una spina del nostro ministero, una spina
che deve stimolare continuamente la nostra sollecitudine, perchè nulla
manchi da parte nostra di tutto quello che potrà facilitare il ritorno di
questi figli prodighi fra le braccia del Padre.
E perchè non cercheremo di aumentare anche il numero di coloro, che non si
accontentano delle grandi occasioni, ma vengono a nutrirsi frequentemente
del pane di vita, per prenderne aiuto a mantenersi abitualmente in grazia di
Dio, con una vita veramente cristiana, che è il vero principale scopo della
Eucarestia? Sarebbe desiderio nostro, come lo è del Sacro Cuore amoroso del
Salvatore, che si moltiplicassero questi nuclei specialmente fra gli uomini,
con tanto vantaggio per sè e buon esempio per gli altri. A questo tende la
pratica dei ritiri mensili minimi, o di perseveranza, che si va felicemente
diffondendo, colla collaborazione volonterosa di Sacerdoti, pronti a
prestarsi il loro aiuto vicendevole. Faccia il Signore, e vogliatelo voi,
che questa diventi una istituzione di ogni parrocchia.
Badiamo però che la Comunione frequente, tanto preziosa e desiderata da
Nostro Signore, sia come Egli veramente la desidera. Non una semplice
formalità, o la divozione di un momento, congiunta con una vita mondana, ma
il mezzo offerto dal Signore alla nostra attiva cooperazione, per
conservarci in grazia di Dio e vivere una vita ispirata agli insegnamenti
del Vangelo.
CONDIZIONI
MORALI
E' veramente in tutto
ispirata al Vangelo la vita delle nostre popolazioni?
I dettami del Vangelo non si limitano alle pratiche di religione. Esso
investe tutta la nostra vita, additandole un ideale di purezza e di bontà.
Riconosciamo, per grazia di Dio, che le nostre popolazioni, specialmente
rurali, sono in molta parte moralmente sane, e fanno onore alla propria
fede. Famiglie numerose, laboriose, nelle quali i genitori, consci delle
responsabilità che hanno davanti a Dio, cercano di educare i figli nel suo
santo timore. Dio le benedica e le conservi.
Ma purtroppo non è per tutte così. Già più di una volta abbiamo dovuto
elevare la nostra voce per lamentare il decadimento dei costumi, che viene a
intaccare specialmente la gioventù. Indice di questo decadimento è il
fatto della natalità illegittima che si diffonde e cresce anche nelle
nostre campagne. E questo non è il solo dei mali; è una delle conseguenze
estreme, dove sbocca una gioventù immemore della sua dignità, e solo
desiderosa di una libertà sfrenata, che non è la libertà dei figli di
Dio.
Tutte le persone desiderose di bene si preoccupano di questa condizione di
cose. Quali ne sono le cause?
Le abbiamo già indicate altre volte. Esse sono, dapprima un rilassamento
nella educazione familiare, per mancata vigilanza ed energia da parte dei
genitori, a cui corrisponde uno spirito di insubordinazione da parte dei
figli e una mania di godimento ad ogni costo, che porta a varcare i limiti
del lecito ed onesto. Ad esse si aggiungono circostanze estrinseche di
ambiente, che favoriscono quelle tendenze malsane: l'urbanesimo, che spinge
tanta gioventù alla città, dove i pericoli sono maggiori e minore la
possibilità di sorveglianza; il soverchio agglomeramento della popolazione
in alloggi insufficienti; la promiscuità non vigilata dei sessi dove si
lavora, resa più pericolosa dal lavoro notturno, e l'isolamento di
fanciulle abbandonate sui monti nei lunghi mesi del pascolo; e, non possiamo
stancarci di ripeterlo, il moltiplicarsi dei balli pubblici, dove l'incauta
gioventù, portata dalla smania di godere, comincia a perdere l'amore al
riserbo, e trova i primi contatti e le prime funeste esperienze verso la via
del soddisfacimento delle cattive inclinazioni.
Queste le cause. Gli effetti sono quelli che tutti lamentiamo.
Tali erano le non liete constatazioni che spesso dovevamo fare insieme, o
carissimi parroci, nei nostri colloqui in Visita Pastorale, quando noi vi
invitavamo a metterci al corrente sulle condizioni morali delle nostre
popolazioni. Ed insieme si pensava ai rimedi per arginare il male che
corrode la vita morale di tante anime che ci sono care.
Ora, anche senza aspettarci che si possano eliminare tutti i pericoli che
insidiano la virtù, e che purtroppo in qualche misura ci saranno sempre fin
quando vi sarà questa umanità viziata in origine, da quando la caduta
originale scatenò le passioni umane sottraendole ad un completo dominio
della ragione e della grazia, tutti devono porsi il grave problema di
coscienza, se almeno non si possa arginare il male, togliendo o diminuendone
le cause.
Alcune di queste non sono tali che si possano facilmente eliminare dalla
sola volontà di ciascuno. V'è il problema della scarsità degli alloggi,
opportunamente considerato dai pubblici poteri, che insistono sulla
necessità di apprestare alloggi sufficienti per le classi popolari. Poichè
il problema, oltre che igienico, è anche un problema squisitamente morale,
uniamo anche noi la nostra voce di lode per le iniziative già svoltesi a
questo riguardo, auspicando che si progredisca su questa via, là dove se
n'è constatato il bisogno, in città, negli altri centri popolari dove si
addensa la popolazione operaia, ed anche, dove è necessario, per la
popolazione agricola delle nostre campagne.
Le condizioni di lavoro nelle industrie sono pur troppo rese difficili da
necessità anormali dei tempi agitati ed incerti. Ma noi facciamo appello
alla coscienza di tutti quelli che sono in grado di esercitare una influenza
in proposito, perchè organizzino almeno quelle separazioni e quella
vigilanza, che rendano meno grave il pericolo. Come, d'altra parte invitiamo
la coscienza dei genitori a pensare bene alle proprie responsabilità, ad
aprire tanto d'occhi e prendere le opportune informazioni, prima di mandare
i loro figli, e più le loro figliuole, a comperarsi un pane a prezzo della
propria virtù. E poichè come l'agglomeramento negli opifici, così torna
di pericolo anche l'isolamento di adolescenti sui monti, poniamo il grave
problema della vigilanza anche ai genitori dei nostri paesi di montagna.
Ma alcune delle cause di male che abbiamo sopra ricordato, non sono portate
da nessuna necessità collettiva, ma solo da una smodata mania di
divertimento; e per questo invochiamo ancora una volta che vi si ponga un
freno, orientando la gioventù, anzi tutte le masse, ad una vita più
austera, ed a forme di onesto sollievo più sano, in conformità, del resto,
alle condizioni gravi in cui si trova ormai tutta la umanità.
E non vogliamo soltanto fare appello a freni e vigilanza. Una parola, che
vuoi essere piena di affetto e di paterna sollecitudine, vogliamo dire alla
nostra stessa gioventù, perchè senza la bellezza degli ideali di onestà,
di fede e di laboriosità a cui viene chiamata, e vi corrisponda
generosamente, col desiderio vivo, di cristiani e di cittadini, di
prepararsi ad assumere le responsabilità dell'età matura, quando dovranno
formarsi una famiglia propria, con energie non sciupate ma fresche e
generose, quali sole si possono conservare con una giovinezza pura.
A questo scopo devono mirare, o sacerdoti, tutte le vostre sollecitudini per
la gioventù, fidenti nei mezzi soprannaturali che Dio mette nelle vostre
mani.
VITA
PARROCCHIALE
Queste sono alcune delle
constatazioni, or liete ora preoccupanti, che abbiamo fatto nel corso della
Visita Pastorale. Ma abbiamo visto un'altra cosa, o meglio tutte queste cose
e questi problemi concentrati in quel centro di vita spirituale che è la
parrocchia, tutte le nostre parrocchie, che ci sono così care, e che
portiamo nel cuore come nel ricordo della memoria.
Magnifica cosa la parrocchia! E' la cellula di quel grande organismo che è
la Chiesa. Ognuno appartiene ad una parrocchia, come alla sua famiglia; e
come attraverso alla sua famiglia ognuno fa parte di una maggiore società,
che è il Comune, la Provincia, la Nazione, così attraverso alla sua
parrocchia appartiene ad una Diocesi, la nostra santa Chiesa Bresciana, ed
alla Chiesa universale.
Pensatela bene questa parrocchia, dove ordinariamente Dio si compiace di
darci la sua preziosa assistenza spirituale.
Un gruppo, grande, piccolo, di famiglie, distribuite intorno ad una chiesa,
che ordinariamente è l'edificio più bello del paese, costruito dai
maggiori con sacrifici, con gusto. E quante belle chiese, grandi, ornate,
artistiche, nelle nostre parrocchie anche rurali! Ogni parrocchiano la
conosce bene, la ama, la ricorda anche quando è lontano, perchè è la sua
chiesa, dove ordinariamente è stato battezzato, ha imparato a vivere da
cristiano, da buon cristiano, ha partecipato alle feste religiose quando la
famiglia parrocchiale vi si riuniva.
Accanto a questa chiesa, una casa, la casa del Parroco, cioè del padre di
tutti, perchè il Signore, attraverso la designazione del Vescovo, l'ha
mandato a provvedere ai bisogni spirituali di tutti, grandi e piccoli,
ricchi e poveri, senza distinzione, o se mai, con una predilezione speciale
per coloro che sono più deboli, che hanno bisogno di guida e di aiuto. Egli
sa che deve rispondere a Dio di tutte quelle anime, vive per loro, e cerca
tutto quello che è possibile per fare loro del bene. Egli celebra per tutti
il Santo Sacrificio, presentando a Dio, attraverso l'offerta del Salvatore,
i bisogni di tutti. Egli predica: l'omelia, che espone ai fedeli gli
insegnamenti del Vangelo; la dottrina, scuola delle verità della fede, che
devono formare la guida della vita cristiana; ha una parola da dire in tutte
le circostanze, in tutte le feste, per invitare alla pietà, per dare anche
ammonimenti e rimproveri quando sia necessario; ed i buoni parrocchiani lo
sanno, l'aspettano, quasi si meravigliano se qualche volta l'ammonimento non
viene, severo anche, se è il caso, ma sempre paterno: non è forse lui il
padre di famiglia?
Egli amministra i Sacramenti, ed è per questo sempre a disposizione dei
fedeli. Quando alcuno dei suoi figli non può venire a sentirlo, è malato,
forse in procinto di presentarsi al Divino Giudice, egli lo va a trovare in
casa, lo conforta, lo assolve, gli porta Gesù in Sacramento, che egli non
può venire a ricevere battendo al suo tabernacolo.
La sua casa è sempre aperta per tutti: è la casa di tutti, egli non vi sta
che per essere a disposizione di tutti i parrocchiani. Ognuno vi entra: il
fanciullo come il padre o la madre di famiglia, quando ha bisogno di
chiamarlo per una necessità, o di avere da lui un consiglio: non è egli il
consigliere, il maestro, ammaestrato per questo per lunghi anni nelle
scienze sacre, privo di una famiglia propria e di propri interessi per
occuparsi di tutti?
Una volta la parrocchia era fatta così: tempi di maggiore semplicità; i
rapporti fra parroco e parrocchiani erano più spontanei, non c'era bisogno
di tanti richiami; bastava suonare una o l'altra campana, perchè tutti, o
le diverse categorie di fedeli accorressero a sentire la parola del padre, a
partecipare alle sacre funzioni. Ma ora no; tutta la vita è diventata più
complessa, e le distrazioni sono cresciute. Ed allora si è sviluppata anche
l'organizzazione della parrocchia moderna.
Accanto alla chiesa ed alla casa parrocchiale sorge un altro edificio,
modesto o grandioso secondo il caso: sono le scuole di catechismo
parrocchiale, perchè vi possono venire i fanciulli e le fanciulle ad
imparare, ogni giorno festivo, cd anche più in Quaresima ed in Avvento:
divisi in molte classi, corrispondenti alla età ed alla cultura. E molte
volte, nei grossi paesi, queste classi sono molte e bene arredate, e i
fanciulli sono centinaia, ordinati, assistiti da catechisti e catechiste,
sotto la direzione del sacerdote; e i genitori vedono tanto volentieri
queste schiere di figliuoli, i loro figliuoli.
E intorno alle scuole di catechismo si è allestito un bel cortile spazioso,
con altri locali per la direzione ed adunate: l'Oratorio. I fanciulli ci
vanno volentieri: prima e dopo le lezioni di catechismo vi si fermano a
giocare: potrebbero non farlo? alla loto età? con in corpo il moto
perpetuo? E sono assistiti dal giovane curato, che vi passa le lunghe ore, e
vi consuma le sue forze. L'Oratorio diventa la famiglia del catechismo:
tutti quei fanciulli vi si trovano bene, sentono la buona parola, lì
nascono le iniziative. Così si educa alla pietà, alla virtù, all'amore
per la famiglia, per il proprio dovere.
Come v'è l'Oratorio per i fanciulli, numerosi, allegri, vivaci, ve n'è
un'altro, - potrebbe mancare? - per le fanciulle, anche esse numerose,
allegre, vivaci, affidato di solito a buone Suore, che vi esercitano la
pazienza e insieme la loro saggezza educativa.
E poi non basta ancora. L'Oratorio è per tutti. Ma se vi sono, tra i
fanciulli, tra i giovani, dei più volonterosi, dove l'occhio del Sacerdote
vede un po' di buona volontà, perchè non coltivarli a una formazione
cristiana più completa, più franca, al desiderio di fare il bene, anche un
po' di apostolato? Ed ecco l'Azione Cattolica, che non è altro. Fanciulli e
giovani, dell'uno e dell'altro sesso, e poi anche gli studenti, gli uomini,
le donne, ciascun gruppo a sé. Non si è mai cristiani abbastanza, c'è
sempre da imparare, tanto da attuare in sè e negli altri, perchè venga
davvero il regno di Cristo nelle anime. E anche queste associazioni
bisognerà pure che abbiano la loro sede, magari fra le mura ospitali
dell'Oratorio, o della casa parrocchiale.
Ecco la parrocchia come noi la concepiamo. Quanta vita spirituale! E con
quanto sopra abbiamo detto, ci stanno altre cose ancora: istruzioni
periodiche per le madri (c'è tanto bisogno che imparino ad esserlo in tutta
la portata della loro alta missione!), e la Confraternita che cura il culto
del SS. Sacramento, e altre pie unioni.
Nè questo complesso di attività eminentemente religiose esclude che ci
possano essere, nel medesimo paese, tra le medesime persone, altre
iniziative, ed organizzazioni d'altro genere, economico, sociale, politico.
Anzi avverrà come la cosa più naturale del mondo che anche là dove i
fanciulli e i giovani sono organizzati per la loro formazione patriottica e
militare, il sacerdote vi porti la sua, parola cristiana, perchè la
educazione integrale non ne può prescindere, non può non essere cristiana.
Sacerdoti e fedeli, noi le abbiamo viste le vostre parrocchie. Molte
corrispondono in pieno, - fatta proporzione del numero degli abitanti - al
modello che vi abbiamo tracciato, e fioriscono, con tanta vita, e tanto
vantaggio dei fedeli. Che il Signore le benedica e fecondi tante preziose
attività. Altre vi si avviano. E non si sgomentino le piccole parrocchie
sperdute fra i monti. Nessuno si aspetta colà il grande edificio delle
scuole di catechismo e il grande oratorio. Ma è pur bello vedere, sotto la
iniziativa di un parroco pieno di zelo, l'opera di assistenza religiosa
svolgersi, sia pure con minimi mezzi, e attraverso a vive difficoltà, su
una linea che in fondo corrisponde a quella indicata. I risultati preziosi
non si contano coi grandi numeri, si apprezzano, - Dio li apprezza cosi, -
dal lavoro di profondità nelle anime.
Fratelli e figli carissimi, mentre pensavamo e scrivevamo queste pagine, ci
ripassava alla memoria e nel cuore, viva come se fosse ora, tutta la Visita
Pastorale alle più che quattrocento parrocchie, e ci sembrava di ripetervi
le raccomandazioni, che, secondo le diverse circostanze, vi facemmo già.
Accogliete questi rilievi, questi ammonimenti paterni, che preghiamo il
Signore, che è il Pastore dei pastori, di benedire, di fecondare colla sua
grazia. A Dio piacendo, dopo celebrato con tutto il nostro venerando Clero
il Sinodo Diocesano, incominceremo, come è nostro dovere, la seconda
visita. Possiamo in essa, rivedendovi, trovare le condizioni delle
parrocchie in piena efficienza, senza nulla avere perduto, avendo anzi
progredito nel fervore della vita cristiana.
Vi benediciamo nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo. E
Dio ci conceda la sua santa pace.
Brescia, 27 gennaio 1940
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