Vi abbiamo parlato negli
anni scorsi delle tre virtù teologali, la fede, la speranza, la carità,
che danno alla vita del cristiano la sua intonazione, il suo orientamento
fondamentale. E' proprio così. Il cristiano che si riveste di quelle
virtù, ne fa il fondamento della sua vita, la sua regola costante, ha un
modo di vivere tutto proprio, che lo distingue dagli altri.
Quest'anno vorrei mostrarvi come deve svolgersi praticamente questa vita,
quali ne devono essere le note caratteristiche.
E v'è ben ragione di fare una simile considerazione. Perchè per molti
l'essere cristiano sembra, più che altro, un nome, una etichetta, a cui non
si saprebbe dire che cosa corrisponda. Si direbbe che il loro cristianesimo
si riduca ad alcune cerimonie che si compiono in epoche determinate, la
Messa domenicale, la Pasqua, od anche solo, per alcuni, l'intervento a
qualche funzione religiosa in date occasioni straordinarie, come la
celebrazione di un matrimonio, un funerale, una commemorazione a cui si è
invitati. Fuori di queste pratiche, anche assai rare, nulla che ricordi in
essi il cristiano, e li distingua da altri che non lo sono. Si direbbe che,
per costoro, il cristianesimo è un abito da cerimonia, una divisa che si
deve indossare in certi momenti, ma che poi si depone per tornare alla vita
ed alle occupazioni comuni.
Il pericolo di un tale cristianesimo, fatto solo di forma esteriore, è più
frequente di quello che non si pensi, specialmente da quando, per gran dono
di Dio, la religione è felicemente rientrata anche nella vita pubblica. Del
resto, diciamolo pure sinceramente, in un certo senso questo è il caso di
ciascuno di noi, quando, col peccato, veniamo meno all'osservanza della
legge di Dio o della Chiesa. In quei momenti di disgraziata incoerenza tra
la nostra vita e la professione della nostra fede, se volessimo rientrare in
noi stessi, ci dovremmo domandare con un senso di meraviglia e di rimorso:
vivo da cristiano io in questo momento, con questa azione, con questi
sentimenti, con queste troppo facili compromissioni?
E' per questo che vi vogliamo invitare a riflettere cos'è veramente la vita
cristiana, quali ne sono le caratteristiche fondamentali. Sarà un esame di
coscienza che faremo tutti insieme. Vedremo la bellezza della vita come ce
l'ha insegnata il nostro Salvatore e Maestro, ed arrossiremo qualche volta
per una condotta troppo diversa.
Naturalmente, non intendiamo di trattare l'intero argomento. Saranno solo
alcune linee generali. Prima richiameremo alcune basi fondamentali della
vita cristiana: Dio, Cristo, la Chiesa: pci alcuni caratteri: vita
soprannaturale, responsabilità personale, austerità.
DIO
Dio è il centro della vita
cristiana.
Non c'è una verità più evidente, più centrale per la nostra fede. Tutte
le altre sue dottrine la presuppongono.
Richiamate le nozioni fondamentali del catechismo, che è il codice della
nostra fede. Se domandiamo quale è la nostra origine, il catechismo ci
risponde che ci ha creato Dio. Se domandiamo quale è il fine della nostra
vita, il catechismo ci risponde che siamo stati creati per conoscere,
servire, amare Dio in questa vita, e poi goderlo nell'altra.
Se domandiamo chi ci conserva la vita, chi ci fornisce il necessario per
vivere, il catechismo ci ripete che è Dio, il quale, dopo averci creato, ci
conserva, e se Egli, per ipotesi cessasse dal conservarci, noi cadremmo nel
nulla. E perchè ci possiamo sostenere, Dio, nella sua Provvidenza, ci
fornisce il necessario. Sapete che, a pensarci bene, questo è un fatto
grandioso, che dovrebbe sempre tenerci in un sentimento di ammirazione
entusiastica, ed insieme di umile, devota riconoscenza? Pensate quello che
avviene ogni anno sotto i nostri occhi, nei campi di tutto il mondo. E' il
grano, sono gli altri generi alimentari che si riproducono, si moltiplicano,
fornendo il pane, il nutrimento a tutti.
E per questo fatto che si ripete da secoli, da che il mondo ha cominciato ad
esistere, sono armonicamente coordinate tutte le forze della natura, tutto
l'universo materiale quanto è grande: il sole, la terra, l'aria, l'acqua,
il caldo, il freddo, le stagioni, tutti i molteplici elementi che si trovano
nella terra e nell'aria. Tutto questo è l'opera di Dio.
Ed opera ancora più grande e più vicina a Lui è l'intelligenza che Egli
ci ha donato, capace di conoscere, di scoprire i segreti della natura, di
assoggettarla ai nostri bisogni, e poi di innalzarsi anche al disopra di
tutto il mondo materiale, formulando i principi sommi che sono insieme la
legge del mondo e del pensiero.
Se ci domandiamo donde viene a noi la guida della nostra vita morale, che ci
addita la via del bene, che ci spinge a seguirlo, il catechismo ci risponde
che è ancora Dio che ci ha dato la sua legge. L'ha scolpita nei nostri
cuori, ce la fa sentire nella coscienza, vigile sempre anche sotto le
inclinazioni prepotenti dei sensi; l'ha promulgata solennemente in un
codice, il Decalogo, meraviglioso nella sua semplicità, perchè tutto
comprende quello che può costituire la norma direttiva della vita morale; e
noi ci accorgiamo che tutte le volte che osserviamo quei precetti siamo
onesti, degni di noi e di Dio che ci ha fatti, mentre quando li
trasgrediamo, il rossore del nostro viso, il turbamento della nostra
coscienza, le conseguenze disastrose nella vita individuale e sociale ci
avvertono che abbiamo sbagliato, che abbiamo mancato a un dovere, ci siamo
abbassati al di sotto di noi stessi.
E se ci domandiamo ancora quale sanzione abbia questa legge, se noi dovremo
rendere conto ad alcuno delle nostre azioni, anche se per avventura sfuggono
alla vigilanza ed al giudizio della giustizia umana, ancora il catechismo ci
risponde che Dio, autore della legge, è anche il giudice, ed al suo
giudizio tutti dovranno comparire, e per tutti inesorabilmente vi sarà il
premio o il castigo.
Ecco l'insegnamento della nostra fede. Ecco chi è Dio, nella dottrina
cristiana. Non esageriamo se diciamo che Dio è il centro della vita
cristiana, o meglio, è la base su cui essa si appoggia, è il termine a cui
tende, è il compagno e la guida. Dio ci è vicino più del sangue che ci
scorre nelle vene, necessario più dell'aria che respiriamo. " In Lui
viviamo, ci muoviamo e siamo " (Atti, 17, 28) secondo l'espressione di
San Paolo.
Se è così, se tale è per il cristiano l'insegnamento della sua fede, è
ovvio pensare che una tale persuasione deve avere un riflesso in tutto il
suo modo di vita. Dio, unito al cristiano per tanti motivi, non gli può
essere un estraneo. E il cristiano sente il dovere di pensare a Lui, di
innalzargli la sua preghiera riverente e fiduciosa di adorazione e di
domanda; si compiace di vederlo nella grandiosità delle sue opere, ne fa
oggetto dei suoi discorsi; si sottomette alla sua volontà, ed ha l'occhio
sempre fisso alla sua legge per uniformarvi le sue azioni, disposto a
qualunque rinuncia, a qualunque sofferenza, piuttosto che venirvi meno.
Che dire allora di persone, che dicono di essere cristiane, e vivono come se
Dio non ci fosse? Non ne parlano mai, non lo pregano, forse lo bestemmiano,
non si curano della sua legge, e le preferiscono un guadagno, un capriccio,
anche il solo quieto vivere?
GESU'
CRISTO
Per ricondurci a sè, il
Padre che è nei cieli ha mandato sulla terra il suo Divin Figliuolo fatto
uomo, che è Nostro Signor Gesù Cristo. Ecco la seconda grande,
fondamentale verità cristiana.
Vero Dio, consostanziale al Padre negli splendori della Divinità, Gesù
Cristo è anche vero uomo, consostanziale a noi, perchè il Figliuol di Dio,
senza cessare di essere Dio, ha unito a sè, in unità di persona, una
natura umana come la nostra. Annunciato nei secoli precedenti, con una
promessa che ha formato la speranza del lungo tempo della preparazione, è
venuto al mondo ed abitò fra noi, e noi abbiamo veduto la sua gloria, quale
si conviene all' Unigenito del Padre, pieno di grazia e di verità. (Giov.
1, 14).
E' venuto per essere il nostro Redentore. Fatto nostro sacrificio, si è
offerto a Dio per rendere a Lui l'omaggio della adorazione e della
riparazione per i peccati degli uomini, offrendo a tutti gli uomini di buona
volontà la possibilità di riabilitarsi ottenendo il perdono.
Si è fatto nostro Maestro, e ci ha insegnato una dottrina meravigliosa.
" Nessuno ha parlato mai come questo uomo " (Giov., 7, 46). Ha
svelato, per quanto è possibile quaggiù, le grandezze della divinità; ma
anche ci ha insegnato il modo di vivere, nelle contingenze della vita umana,
una vita più pura, più buona, quale si addice ai figli di Dio.
Si è fatto nostro Modello, vivendo in una vita semplice e modesta, la vita
del fanciullo, del giovinetto, dell'operaio, dell'uomo che si interessa dei
suoi fratelli per far loro del bene, per sovvenire alle loro miserie e
sofferenze, portando in mezzo ai loro crucci ed alle loro abbiezioni un
soffio di pace e di gioia. " Imparate da me ", ha detto, non a far
miracoli, ma " ad essere miti ed umili di cuore " (Matt., 11, 29).
Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi " (Giov., 13, 34).
Si è fatto nostra Vita, comunicandoci colla grazia le ricchezze della sua
stessa vita: una vita nuova, tanto superiore alla povera vita umana; vera
vita divina, perchè partecipazione per quanto è possibile a creatura, di
quello che è la vita di Dio: " divinae consortes naturae "
(2 Petr. 1, 4) secondo l'espressione dell'Apostolo. E questa vita, che Egli
ci ha dato, meritandoci colla sua redenzione la grazia, ce la mantiene
continuamente, se noi non poniamo ostacolo, infondendola in noi, fattosi
egli il capo di un immenso corpo mistico, che comprende tutti gli uomini
redenti!
L'umanità ha sentito l'immenso beneficio di questo tesoro di vita che
Cristo ha portato nel mondo. Risollevata dalla sua miseria, ha sentito
scorrere nelle vene dei suoi membri questo soffio di vita nuova; ha veduto,
meravigliata e riconoscente, qualche cosa che non aveva conosciuto mai: una
vita pura in mezzo alle seduzioni del vizio; un amore fraterno, che ha
accomunato, come membri di un'unica famiglia, tutti i membri di una nazione,
della umanità intera.
Tutto questo è Cristo per il cristiano: Cristo non solo creduto colla fede,
ma vissuto nella vita.
Ma, purtroppo, anche in pieno Cristianesimo, per molti, - troppi, - questo
è un linguaggio sconosciuto. Molti, troppi, si accontentano di dichiararsi
cristiani, perchè così porta l'uso, la civiltà, la tradizione nazionale;
ma la loro vita corre per altre direzioni, secondo quello spirito del mondo,
che è fatto di vanità, di ambizione, di egoismi, di interessi, di
sensualità, che è sempre stato il nemico dello spirito di Cristo.
Per troppi la Redenzione e la grazia sono tesori nascosti, ignorati; perchè
vivono tranquillamente nel peccato, come se Cristo non fosse morto per
liberarneli; povere membra paralizzate del suo corpo mistico, perchè non ne
ricevono più il succo vitale che è la grazia.
E a questo rinnegamento pratico di Cristo nella vita, che è di molti, si
aggiunge un rinnegamento esplicito, dichiarato. Lo si vuole escludere dal
pensiero, come dalla vita, per ritornare ad una concezione del mondo, a una
pratica di vita, com'era prima ch'Egli venisse. E' la ribellione a Cristo,
la glorificazione di Satana, che afflisse anche la patria nostra in altri
tempi, per fortuna nostra poi superati, e speriamo superati per sempre, col
riconoscimento del pensiero cristiano come uno degli elementi più preziosi
della civiltà nostra. Ribellione alla quale però, purtroppo, si avviano
altre nazioni meno privilegiate della nostra, dove si vuol tornare
apertamente al paganesimo, in nome d'una pretesa religione del sangue, che
non è più la religione di Cristo fondata sulla rivelazione e sulla grazia,
ma una deificazione dell'uomo, preso nei suoi elementi più materiali, con
un ritorno a sentimenti e riti di una civiltà non ancora illuminata dalla
luce che venne da Cristo.
Dio preservi l'Italia nostra da simili aberrazioni, ed ecciti in tutti noi,
come salutare reazione e preservazione, un risveglio di attaccamento a
Cristo Salvatore, più conosciuto, più amato, più espresso nella nostra
vita.
LA CHIESA
Altro caposaldo della vita
cristiana è la Chiesa. Essa è lo stesso corpo mistico del Salvatore, che
è stretto a Lui col vincolo della fede e della grazia, ma - che è anche,
in coordinazione con quella comunione interna di vita tutta spirituale,
l'organizzazione esteriore, fatta di gerarchia, di insegnamento, dileggi, di
disciplina, di riti sacri.
La Chiesa, così come è, è sgorgata anch'essa dal Cuore amoroso e
sollecito di Cristo Salvatore. Egli ben sapeva come è fatta la nostra
natura. Se l'essenza della nostra vita spirituale è tutta interna, nei
penetraTi della nostra anima e della nostra coscienza, fatta di intelligenza
e di volontà, a questi penetrali ordinariamente non si arriva se non per
via esteriore. Di qui un magistero istituito da Cristo colla missione di
insegnare con sicurezza le verità che Egli ci ha rivelate, fatto obbligo a
tutti di sottomettersi a questo insegnamento e di credere: " chi non
crederà sarà condannato "(Marco, 16, 16). Di qui ancora un'autorità,
colla missione di ricordare ed inculcare ai fedeli la volontà di Dio ed i
suoi precetti, e di ammonire i renitenti. Di qui, finalmente, affidati a
lei, riti esteriori, che sono, per virtù loro data da Cristo stesso, le
sorgenti della grazia.
Questa società, che è la sua Chiesa, Cristo l'ha voluta fondare
sull'apostolo Pietro, ed a lui e ai suoi confratelli nell'apostolato ha
promesso la sua assistenza fino alla fine del mondo, ed ha mandato lo
Spirito Santo perchè li preservasse dall'errore e fecondasse la loro opera.
Cosicchè si deve dire che la linfa divina che deve circolare nel corpo
mistico del Salvatore, se deriva da Lui, viene ordinariamente a ciascuno dei
suoi membri attraverso l'organizzazione della Chiesa.
Il cristiano, che vive la vita dello spirito, comprende il disegno manifesto
del Divino fondatore della Chiesa, e la ama come ama Cristo stesso, e vive
la sua vita, come la vita di Cristo.
Per questo, egli è docile ad ogni insegnamento, ad ogni direttiva che venga
dal Papa, Vicario di Cristo. Si rallegra per le gioie della Chiesa; sente
come proprie le sue pene. Si adopera, per quanto gli è possibile, per
diffonderla, aiutando l'opera delle Missioni. Vive la vita liturgica della
Chiesa: assiduo alle funzioni domenicali, partecipa con rispetto ed
attenzione alla preghiera pubblica ed al Santo Sacrificio, fa delle
celebrazioni dell'anno liturgico l'esperienza continua delle grandi verità
della fede, dei misteri di Cristo suo capo, della Vergine, dei Santi.
Pur troppo non tutti la intendono così. Si sentono pubbliche critiche
all'azione, alle direttive del Papa e dei Vescovi; si diserta la parola di
Dio; non si adempie neppure quel minimo obbligatorio di vita religiosa, che
è rappresentata dal precetto della Messa domenicale, dalla partecipazione
annuale ai Santi Sacramenti. Peggio, si sente la Chiesa osteggiata da quelle
nazioni che, essendosi proposto di bandire Cristo dalla società, estendono
la loro ostilità alla sua Chiesa, tentando soprattutto di sottrarle
l'educazione della gioventù, missione divina che la Chiesa ha avuto da
Cristo.
La Chiesa fonda le sue speranze non sull'appoggio delle forze umane, ma
sulle divine promesse, e guarda fiduciosa all'avvenire. A noi, favoriti in
tanti modi dalla Provvidenza col farci nascere nel seno della Chiesa
Cattolica, il proposito di usare in tutta la sua pienezza di questo prezioso
strumento di salute in mezzo all'imperversare delle forze del male, e la
preghiera perchè la Patria nostra mantenga sempre colla Chiesa quei
propositi di collaborazione, che in questi giorni sono stati ricordati in
occasione del decennale della Conciliazione.
Dio, Cristo, la sua Chiesa, sono evidentemente gli elementi essenziali della
vita cristiana, la quale non ne potrebbe far senza. Se volessimo enumerare
tutti gli altri elementi di questa vita, dovremmo trascrivere qui tutto il
Vangelo, vero codice di vita. Ma ci sono alcuni aspetti della dottrina del
Vangelo, che potremmo dire caratteristici, tali cioè da contrassegnare il
tono della vita di chi si lascia guidare dal Vangelo. Li accenniamo
brevemente.
VITA
SOPRANNATURALE
Soprannaturale è la vita
cristiana, perchè Dio si è degnato di innalzare l'uomo ad una condizione
superiore alle esigenze della sua natura, destinandolo alla visione di Lui
stesso nell'altra vita, e fornendolo in questa di mezzi proporzionati per
raggiungerla.
Primo principio di questa vita soprannaturale è la fede, che dà del mondo
che ci circonda, e spesso ci soggioga colle sue seduzioni, una visione
diversa e superiore. Pensate a San Francesco d'Assisi, che vede nelle
creature una imitazione di Dio e l'opera delle sue mani, e le invita a
lodarlo, come per supplire alle lodi di Dio che dovrebbero dare gli uomini e
che spesso non danno. Pensate i Martiri, che rinunciano agli agi ed alle
brillanti prospettive del mondo e vanno sorridenti incontro ai tormenti cd
alla morte per stare fedeli a Dio, lieti di meritarsi così una corona nella
vita futura.
E dopo la fede, la grazia, ornamento prezioso dell'anima, che le dà una
speciale somiglianza con Dio, e l'innalza ad un grado superiore di vita, per
cui tutte le sue azioni diventano meritorie e la preparano a raggiungere il
premio.
E colla grazia santificante, tanti aiuti che suppliscono alla nostra
debolezza e la sostentano nelle difficoltà della vita morale, e danno alle
creature più deboli un senso di sano ottimismo, per cui affrontano
serenamente le situazioni più difficili e le sanno superare: veri
trionfatori sulla via dell'onestà e della rinuncia, di fronte a tanti
naufraghi della vita, che credono di essere forti perchè disprezzano i
dettami della virtù, ma non riescono che a seminare la rovina in se stessi,
nelle persone che li circondano, nelle opere a cui attendono.
Si potrebbe pensare che se il cristiano, coerente a sè stesso, vive in
pieno questa vita soprannaturale, debba apparire come una creatura di un
altro mondo, fuori della realtà della vita presente; ma non è così.
Mentre innalza il tenore della sua vita, coll'occhio fisso al suo fine
ultraterreno, egli non è per questo impedito di valorizzare tutte le sue
energie naturali, per gli scopi legittimi della vita terrena; perchè il
soprannaturale si sovrappone alla natura, innalzandola, ma non la sopprime,
se non in quello che può avere di viziato. Onde il cristiano che pensa al
cielo e se lo merita con una vita fatta spesso di tante rinunce, è anche
buon cittadino che sa difendere ed onorare la sua patria, buon padre di
famiglia che sa avviare alla vita le sue creature, buon lavoratore in tutte
le molteplici applicazioni della attività umana; dimostrando col fatto che
Dio, a cui egli ispira la sua vita, è insieme l'autore e il legislatore
della natura e della grazia.
Quanti però, purtroppo,
anche tra i cristiani, ignorano tutta la magnifica ricchezza di questa vita
soprannaturale, o non la sanno valorizzare come dovrebbero, vivendo
superficialmente, terra terra, senza mai un'aspirazione superiore, un
tentativo generoso che li porti un po' al di sopra del loro lavoro
materiale, dei loro commerci, dei loro salario, dei loro comodi, dei loro
sensi!
E questo perchè mai, o troppo poco attingono alla parola di Dio che è la
fonte della fede, ed ai Sacramenti che sono i canali della grazia, od
innalzano il loro pensiero a Dio colla preghiera.
Ma forse Dio li aspetta ai momento opportuno: sarà l'ora della grazia,
rappresentata magari da un colpo di sventura, per scuoterli e rimetterli in
possesso dei loro tesori spirituali. Tali sono spesso le vie della
Provvidenza amorosa di quel Dio che ci ha redenti, e non vuoi lasciar perire
il frutto dell'opera sua.
SALVEZZA
DELL' ANIMA E RESPONSABILITA' PERSONALE
Altra caratteristica della
vita che si ispira al Cristianesimo, è un senso profondo del proprio fine
ultimo che è la salvezza dell'anima, e della propria responsabilità nei
conseguirlo.
L'uomo non è una ruota inserita in un organismo, la società, cosicchè
tutta la sua ragione d'essere sia la sua funzione nel tutto. No. Egli è una
persona, che come ha una sua individualità fisica, così ha una propria
anima; e l'anima è la realtà più alta che esista fra le creature, solo
inferiore agli angeli; ed ogni anima ha un fine fissatole da Dio, la sua
beatitudine, da raggiungersi nell'altra vita, ma da meritarsi nella vita
presente. La sorte altissima di ogni anima non è quindi subordinata ad
altre creature, si tratti di un individuo o di una collettività. Lo ha
affermato altamente il Maestro nel Vangelo: "Quid prodest homini si
mundum universum lucretur, animae vero suae detrimentum patiatur? "
Che giova all'uomo guadagnare tutto il mondo, se poi perde l'anima sua?
(Matt., 16, 26). La stessa collettività umana, pur avendo una funzione ed
un fine proprio, è, in ultima analisi, un mezzo perchè le singole
individualità possano meglio raggiungere lo scopo del proprio
perfezionamento e della propria salvezza.
Naturalmente, se l'uomo non deve subordinare il suo fine ultimo, che è la
salvezza della sua anima, neppure al bene degli altri, tanto meno lo deve
subordinare ad una sua utilità temporanea, al soddisfacimento di un
capriccio.
Questa dignità dell'uomo, che non può subordinare a nessuna cosa il
conseguimento del suo fine ultimo, non è la superbia di chi si crede
indipendente e al di sopra di ogni cosa. Tale poteva essere l'atteggiamento
dello stoico, non del cristiano, che sa di dover dipendere da Dio, e di aver
da Lui come in deposito questa anima, della cui salvezza deve rigorosamente
render conto a Lui, fino ad incontrare il castigo, la dannazione eterna, se
non avrà voluto attuare il benigno disegno di Dio a suo riguardo.
Grande concetto, questo, della responsabilità. Ciò vuol dire che nessuno
dei nostri atti passa inosservato e trascurato. Invece ne conserviamo, e
portiamo nella nostra coscienza ed al tribunale di Dio la responsabilità,
come un elemento di approvazione o di condanna, di premio o di castigo, da
parte di Dio giudice a cui nulla sfugge. Il concetto della responsabilità
così intesa è ciò che costituisce il fondamento della vera efficacia
della legge divina, tanto superiore a quella delle leggi umane, per quanto
legittime e degne di ogni rispetto, che però non danno alla autorità da
cui promanano e che ne curano l'osservanza la possibilità di controllare
effettivamente ogni trasgressione, quando questa sfugge alla constatazione
esteriore.
E, neppure, la responsabilità dei propri atti davanti a Dio, e il dovere di
tendere sopra tutto alla salvezza dell'anima propria, vuoI dire che il
cristiano si debba isolare dai suoi simili e diventare egoista. No; perchè
tra le cose che Dio ci comanda, e che diventano mezzi per acquistare la
nostra eterna salvezza, v'è, e tra le più importanti, l'adoperarsi per il
bene dei propri fratelli, per il bene comune, fino a subordinare a questo
bene comune anche i nostri comodi e interessi privati, fatta solo riserva
dei doveri verso Dio e della salvezza dell'anima. La cosa è evidente in una
pagina drammatica del Vangelo, dove Cristo maestro e giudice anticipa, per
nostra istruzione, la descrizione della remunerazione finale. Egli motiva la
sentenza di eterna salvezza dei buoni, proprio adducendo le opere di bene
che essi avranno fatto a vantaggio degli altri: " Allora il Re dirà a
quelli che saranno alla sua destra: Venite, benedetti dal Padre mio,
prendete possesso del regno preparato a voi fin dalla fondazione del mondo;
perchè ebbi fame e mi deste da mangiare, ecc." (Matt., 25, 34-35).
Magnifica soluzione dell'apparente contraddizione che qualche volta ci può
turbare, tra l'obbligo imprescindibile che ha il cristiano di pensare prima
di ogni altra cosa alla salvezza dell'anima sua, e l'altro obbligo di
pensare al bene comune, ed eventualmente sacrificarsi per esso.
AUSTERITA'
Altra caratteristica della
vita cristiana è l'austerità.
Quando si parla di austerità, non si intende malinconia, volto arcigno ed
immusonito, ma la serietà di chi è consapevole che la vita non è un
passatempo, ma un dovere, spesso duro, fatto anche di sacrifici, e lo
adempie a tutti i costi, senza compromessi. E' la coscienza di chi sa che il
divertimento può avere anche nella vita una funzione legittima, ma a
condizione che non se ne faccia lo scopo della vita stessa, e lo si contenga
entro i limiti dell'onesto.
Pur troppo per molti non è così. Per un guadagno si transige spesso colla
coscienza, si commettono frodi ed ingiustizie, a costo di danneggiare chi
cerca onestamente il frutto del suo lavoro. Per procurarsi il
soddisfacimento di un capriccio, non si teme di attentare all'onestà di
deboli creature, seminando sul proprio cammino rovine morali ben più gravi
della devastazione di un campo dopo la tempesta. Il divertimento assume
proporzioni esagerate, a scapito di risparmi sudati, e di un giusto
allenamento alle asprezze ed alle privazioni della vita. E purtroppo pare
che spesso non si sappia trovare il divertimento, che là dove il solletico
dei sensi pare fatto apposta per scatenare le passioni più basse.
Vogliamo qui alludere specialmente a certe forme di teatro, dove la
frivolezza ed anche l'aperta immoralità dell'argomento si alternano colla
sguaiatezza e l'immodestia del costume, ed ai balli, frequenti, prolungati
anche nelle tarde ore della notte, dove il meno che si possa aspettarsi è
di esporsi al pericolo di perdere il riserbo, che dovrebbe essere la difesa
della propria virtù. Voi sapete, figli dilettissimi, quante volte i Vescovi
hanno dovuto alzare la voce contro questa degenerazione dei veri scopi del
divertimento, che dovrebbe essere un onesto sollievo, non uno stordimento
dei sensi, un'esperienza pericolosa.
Naturalmente, i costumi non ne avvantaggiano. L'immoralità colle sue tristi
conseguenze si estende, ed invade anche le campagne, dove la vita più
semplice della gente lavoratrice sapeva mantenersi più attaccata alle
sobrie ed oneste tradizioni di un tempo.
La vita cristiana ha un'altra direttiva. La legge di Dio ci ricorda i limiti
del giusto e dell'onesto, che nessuno può arbitrarsi di trasgredire. Il
Vangelo, per la bocca di Cristo, ci ha predicato la penitenza e la
mortificazione. La Chiesa, sicura interprete del Maestro divino, ha anche
imposto ai fedeli astinenze e digiuni, per abituarli alla rinuncia ed alla
mortificazione. Ed il cristiano che si lascia formare a questi
ammaestramenti, impara una vita più austera, non disperdendo le sue
preziose energie, destinate al lavoro ed al bene.
Ma, mentre si mantiene nei limiti di una dignitosa austerità, il cristiano
conosce la gioia la vera gioia, cioè la gioia semplice e serena che è un
riposo del corpo e un sollievo dello spirito; non quella che è piuttosto
una ubriacatura che stanca e deprime. Anzi la gioia cristiana non si riduce
al divertimento che di quando in quando deve pure interrompere le
preoccupazioni serie della vita, ma ci accompagna sempre, colla
soddisfazione che ci viene dall'adempimento del dovere, per quanto pesante e
difficile.
Se v'è un santo che ha avuto come sua caratteristica la " perfetta
letizia ", nell'amore dei suoi fratelli, nella contemplazione della
natura, nelle effusioni con Dio, è proprio San Francesco d'Assisi, l'uomo
che aveva rinunciato a tutti gli agi della vita per abbracciare la più
austera povertà.
Fratelli e figli dilettissimi, non abbiamo fatto che richiamarvi alcuni
punti, che formano la sostanza e le manifestazioni caratteristiche della
vita cristiana, modellata sulle grandi verità della [ede. Fosse così la
vita di tutti! come ne verrebbe elevato il costume pubblico e privato,
migliorata la convivenza e la prosperità sociale, facilitata la salvezza
delle anime!
E' stato detto tante volte che sono le idee che governano il mondo e la
vita. Furono le grandi verità portate da Cristo e dal suo Vangelo quelle
che trasformarono la società, infondendole quel fermento nuovo di cui parla
il Maestro nelle parabole del regno di Dio, che la portò ad un livello
morale prima ignorato.
Abbiamo dunque care le grandi verità della nostra fede; procuriamone a noi
e agli altri una conoscenza sempre più completa, sotto le direttive che ci
vengono dalla Chiesa, posta da Cristo come maestra di verità.
Ma le idee non reggono la vita, se non vengono applicate a dirigerla nelle
diverse sue contingenze. Facciamo in modo che non vi sia nessuna nostra
azione che non sia ispirata alle verità della nostra fede.
Questa sarà la vera vita cristiana.
Coll'augurio - che forma il nostro continuo desiderio - che tutta la vita
dei nostri dilettissimi figli sia sempre tale, vi benediciamo nel nome del
Padre, del Figliuolo e de]lo Spirito Santo.
Brescia, 15 febbraio
1939.
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