Prendiamo volentieri
l'occasione della santa Quaresima, per rivolgervi la parola, o figli
dilettissimi. E lo facciamo con vera gioia, perchè sentiamo di compiere
così la missione di insegnare che il Divin Salvatore ha dato ai Vescovi; e
di compierla verso un pubblico più vasto di uditori, che non nelle prediche
che pur frequentemente ci occorre di rivolgere a questa o quella porzione
del gregge affidatoci. Voi accogliete questa prima nostra lettera pastorale
per la Quaresima con fede, e leggete in essa, insieme colla parola, anche
tutto il cuore del vostro Vescovo, che sente la sollecitudine del vostro
bene, della salvezza delle anime vostre.
Come argomento prenderemo a
trattare della Fede, che è fondamento e radice della nostra
giustificazione, come la chiama il Concilio di Trento; il primo e
fondamentale criterio di distinzione della nostra qualità di cristiani
cattolici; il dono più grande che Dio ci ha dato, dopo la grazia, di cui
però è preparazione necessaria ed efficacissima.
Volesse il Signore che
fossimo sempre degni di questa magnifica prerogativa che ci rende cristiani!
Per questo ve ne richiameremo la nozione, per additarvi poi i nemici che
attentano alla sua integrità, ed alcuni mezzi cui dobbiamo attenerci per
conservarla.
CHE
COS'E' LA FEDE?
Richiamandoci alla nota
definizione del catechismo, - che, sotto semplici forme, è il compendio del
profondo studio dei teologi e della definizione del Concilio Vaticano - noi
sappiamo che la Fede è una virtù soprannaturale, per la quale, per
l'autorità di Dio che non può ingannarsi nè ingannare, crediamo le
verità che Egli ci ha rivelato e la Chiesa ci propone a credere.
Fede è, dunque, accettare
la rivelazione divina.
LA RIVELAZIONE
Dio, nella sua Provvidenza
e nella sua Bontà, creando l'uomo come coronamento di tutta l'opera sua,
gli ha dato una intelligenza capace di conoscere. E con questa magnifica
prerogativa, che ci pone al di sopra di tutti gli altri esseri, noi
conosciamo le cose che ci circondano e cadono sotto i nostri sensi. E
possiamo conoscere anche Dio stesso. Lo conosciamo in due modi: per mezzo
del mondo esterno, che, a chi riflette con animo sereno, mostra l'esistenza
e la sapienza del Creatore che l'ha fatto; e per mezzo della nostra
coscienza, che ci attesta in modo indubbio l'esistenza di una legge interna
morale, e quindi di un legislatore sapiente e buono, che ci ha imposto
questa legge che ci guida al bene.
Ma la cognizione che così, col lume naturale della nostra ragione, abbiamo
di Dio, è imperfetta; più imperfetta ancora, quando, al di là della
esistenza di un Essere superiore e legislatore, si tratta di conoscere
meglio la natura di questo Essere e dei nostri rapporti con Lui, e le sorti
che ci aspettano in futuro, dopo la nostra morte. E molti difatti hanno
errato, ed abbiamo avuto le aberrazioni dell'idolatria e dell'ateismo.
Ed ecco che Dio ha voluto venire direttamente in nostro aiuto: e si è fatto
Egli stesso nostro maestro, insegnandoci le verità della religione.
Questo insegnamento, che si chiama divina rivelazione, contiene la conferma
e una maggiore e più chiara spiegazione di quelle verità religiose, che la
nostra ragione, anche da sola, riuscirebbe a conoscere, come l'esistenza di
Dio, la sua Provvidenza, l'esistenza della legge morale da Lui stesso
scolpita nei nostri cuori, l'immortalità dell'anima, e così via. Ma
poichè è piaciuto alla sua infinita Bontà di elevare l'uomo all'ordine
soprannaturale, Dio ha voluto che la sua rivelazione contenesse cose, che
per sè la nostra ragione non avrebbe conosciuto mai. E dapprima, il fatto
stesso di questa nostra elevazione all'ordine soprannaturale, che, come ci
conferisce il dono straordinario della grazia e ci promette la gloria eterna
nella visione di Dio, ci impone il dovere di usare di tutta una serie di
mezzi che Dio stesso ha stabilito perchè potessimo raggiungere quel fine. E
poi, senza svelarci l'intimo della sua divina Essenza, troppo alta ed
infinita perchè noi la possiamo, qui, conoscere come è in se stessa, si è
compiaciuto di manifestarcene qualche particolare - se così possiamo
esprimerci -, quasi alzando un po' del velo che ci nasconde quella luce
infinita, per anticiparcene un piccolo saggio. E queste sono quelle verità
che più propriamente si chiamano misteri: che ci danno una qualche idea di
Dio superiore a quelle che di Lui abbiamo naturalmente. Così il mistero
della Trinità delle Persone divine nell'unità della natura; e il mistero
dell'Incarnazione, dove la Divinità si è unita sostanzialmente, in unità
di persona, alla natura umana, in Nostro Signore Gesù Cristo, vero Dio e
vero Uomo e pur noi comprendendo l'intima portata del mistero, oh! quanto
esso ci dice della grandezza e della bontà di Dio, e quali nuovi orizzonti
di vita spirituale ci discopre quel poco che veniamo a conoscere del mistero
stesso così come ci vien presentato dalla parola divina!
Come Dio ci abbia realmente ammaestrato colla sua rivelazione, ce lo dice in
sintesi l'Apostolo San Paolo incominciando la sua lettera agli Ebrei, che è
tutto un trattato e un inno alla fede:
"Multifariam, multisque modis, olim Deus loquens patribus in
Prophetis, novissime diebus istis locutus est nobis in Filio: Iddio
molte volte ed in molte guise parlò un tempo ai padri per mezzo dei
Profeti, ed ultimamente ha parlato a noi per mezzo del Figlio suo " (Hebr.
I, 1).
Dapprima mandò al popolo Ebreo i Profeti, uomini singolari, da Lui
illuminati perchè ammaestrassero il popolo eletto nelle verità religiose
ed annunciassero la venuta del Redentore. E la Sacra Scrittura dell'Antico
Testamento contiene molti di quei messaggi degli inviati di Dio.
Poi venne lo stesso Figlio di Dio incarnato Gesù Cristo, il quale colla sua
vita sovrumana, in cui venivano a compiersi tutte le profezie dell'Antico
Testamento, coi suoi miracoli, e col più grande di tutti i miracoli che fu
la sua gloriosa risurrezione, ben dimostrò la verità della sua divina
missione; e costituito così il Maestro per eccellenza, perchè Maestro
Divino, ci ha parlato, come mai nessun altro parlò. Lo udirono le folle che
si addensavano sui suoi passi. Molti dei suoi insegnamenti furono raccolti
nei Santi Vangeli, che formano la parte principale della Sacra Scrittura del
Nuovo Testamento. Ma prima ancora che quei libri fossero scritti, Egli aveva
dato ai suoi Apostoli, e per essi alla Chiesa che aveva fondato affidandola
alla loro direzione, l'incarico di conservare e portare a tutto il mondo i
suoi insegnamenti, fondandosi non tanto sulla loro debole memoria, quanto
sulla assistenza dello Spirito Santo che avrebbe loro mandato dal cielo, e
per mezzo del quale Egli avrebbe continuata la sua presenza divina in mezzo
di loro. Nel giorno solenne della prima Pentecoste cristiana, ripiena di
Spirito Santo, la Chiesa di Cristo, per bocca degli Apostoli, cominciò ad
esercitare la sua divina missione di insegnare, e non l'ha più cessata,
anzi la continua anche ora in mezzo di noi, e la continuerà sino alla fine
dei secoli.
Così fu fatta la rivelazione; così essa viene continuamente portata a
nostra conoscenza. Non nel senso che la divina rivelazione si accresca
continuamente per aggiunta di nuove dottrine. No; questo non è il compito
della Chiesa, e di nessun altro dentro o fuori della Chiesa; perchè
l'apostolo S. Paolo ci ha ammonito di guardarci da chiunque si presentasse a
noi ad annunciarci in nome di Dio altre dottrine, altro Vangelo, oltre
quello che gli Apostoli avevano predicato. La Chiesa col suo insegnamento
conserva, chiarisce, difende quello che Cristo stesso, il Maestro Divino, ci
ha insegnato.
LA FEDE
Ecco il fatto grandioso
della rivelazione: frutto amoroso della Provvidenza di Dio, che non ha
voluto che brancolassimo nel buio, ma ci ha dato una luce divina che ci
fosse guida ed ammaestramento.
Di fronte a questa rivelazione divina, che resta a noi se non accettarla,
farla patrimonio della nostra intelligenza, guida preziosa della nostra
volontà, di tutta la nostra vita?
Ecco la Fede, che è appunto credere, sull'autorità di Dio rivelante, tutto
quello che Egli si è compiaciuto di rivelarci, e che in suo nome la Santa
Chiesa ci propone.
Essa evidentemente è un dovere per ognuno che abbia avuto notizia della
rivelazione stessa; perchè rifiutare l'assenso alla rivelazione divina
vorrebbe dire non riconoscere l'infinita sapienza e veracità di Dio, che
certo non può ingannarsi nè ci vuole ingannare. E' anche un bisogno della
nostra natura, come tanti spiriti nobilissimi, in tutti i tempi, hanno
riconosciuto; perchè, lasciati a noi stessi, senza l'ammaestramento sicuro
che ci viene da Dio, coi soli lumi che ci possono venire dalla nostra
ragione, saremmo troppo esposti ad ingannarci, od a rimanere perennemente
dubbiosi intorno ai problemi che più interessano la vita del nostro
spirito.
Essa è anche per noi una vera necessità, in quanto ci fa conoscere la
nostra elevazione all'ordine soprannaturale, ed i mezzi che Dio ha messo a
nostra disposizione per poter arrivare al fine a cui questo ordine ci
indirizza. Onde il Concilio di Trento chiama la Fede il principio della
giustificazione; nel senso che, se la nostra giustificazione, che ci rende
grati a Dio e capaci di meritare il Paradiso consiste propriamente nella
grazia, la fede è però presupposta e condizione necessaria di quella. Essa
è per noi una felice porta che si apre, una luce benefica che ci addita
tutto un mondo nuovo, il mondo della vita soprannaturale, che ci permette
una più intima comunicazione con Dio, destinata a condurci al possesso di
Lui che farà la nostra beatitudine in Paradiso.
Ringraziamo dunque il Signore che ci ha dato il gran dono della sua
rivelazione, e l'altro ancor più grande, che la rivelazione giungesse
felicemente a noi, ed attirasse, aiutata dalla sua grazia, l'adesione della
nostra fede. Ed abbiamo di questa fede la più grande stima, come
dell'ornamento più bello, più nobile, più prezioso della nostra
intelligenza.
UN'OBIEZIONE
Vi sono invece alcuni che
hanno mosso alla fede l'accusa di essere contro natura, offensiva della
nostra ragione. La nostra intelligenza, dicono, è fatta per conoscere: essa
cerca il vero; ma lo vuol vedere in se stesso, non accontentandosi di
accettare ad occhi chiusi, quello che altri le possa dire. Ed hanno fatto le
lodi della scienza, disdegnando la fede. Ed hanno spesso soggiunto che la
scienza, col suo progresso, a poco a poco viene a soppiantare la fede.
L'obbiezione, ripetuta
tante volte, e in molte forme diverse, non ha proprio ragion d'essere, e si
fonda su un equivoco. E' vero che la intelligenza è fatta per conoscere. Ma
non è conoscenza soltanto quella con cui le cose sono apprese direttamente
in se stesse. Quante volte noi non arriviamo, soli, a questa conoscenza
diretta! Ed allora noi consideriamo, non già come un'offesa alla nostra
ragione, ma come un aiuto prezioso, quello che ci vien comunicato da altri,
purchè con sufficienti garanzie di veracità. Così lo studente impara
tante nozioni utili per l'insegnamento del maestro o del testo che gli si
mette fra le mani; e se ogni individuo dovesse considerare come parte del
suo sapere solo quello che ha conosciuto con indagine propria, sarebbe ben
misero e limitato il corredo delle sue conoscenze. Non è dunque contro
natura accettare per fede l'insegnamento della rivelazione divina, più che
non lo sia accettare tutte quelle cognizioni storiche, geografiche,
scientifiche, che noi apprendiamo dai libri o dalla voce del maestro. E il
nostro maestro, nel caso della fede, è ben tale alla cui competenza noi ci
possiamo affidare con tranquillità, perchè è la stessa sapienza divina,
che si è manifestata a noi. In questo caso, alla ragione resta, sì, un
compito, perchè il suo assenso sia degno di lei: non già indagare e
sottoporre a controllo ciò che è superiore alla sua capacità; ma
esaminare le prove che ci assicurino che veramente Dio ci ha parlato. E
questo lo possiamo fare, studiando le garanzie sensibili di cui Dio ha
circondata la rivelazione stessa, e principalmente i miracoli e le profezie,
che rappresentano un vero e diretto intervento di Dio stesso ad attestare la
verità della missione divina di chi ci ha parlato in suo nome.
E' quello che fa l'apologetica cattolica per mezzo di tanti suoi insigni
cultori; l'apologetica che, seguita con animo retto e desideroso della
verità, ha saputo confermare, e molti anche attirare alla persuasione della
realtà della rivelazione divina, e quindi della ragionevolezza del credere.
La conferma che, trattandosi delle conoscenze scientifiche, si ha dal fatto
di poter in seguito controllare coll'indagine propria quello che prima si è
imparato da altri, se non è cosa possibile per le verità della fede che
sfuggono, perchè soprannaturali, ad una constatazione sensibile, l'avremo,
a Dio piacendo, quando saremo ammessi alla visione immediata delle cose
divine. Ma questo costituirà il premio che Dio ci ha promesso per l'altra
vita: premio che vuoi essere meritato da noi, coll'umile docilità della
nostra volontà che si piega alla legge di Dio, non meno che coll'altra
umile docilità dell'intelligenza, che, conscia della propria limitazione ed
insufficienza, si affida alla parola di Dio, quando ha potuto persuadersi
che Dio le ha parlato.
Che poi scienza e fede non siano fra loro in contrasto, e che la scienza non
sia destinata a soppiantare la fede, appare dal fatto che, nonostante le
affrettate e tante volte ripetute affermazioni degli scienziati increduli,
mai una volta ha potuto essere seriamente dimostrata una vera contrarietà
fra una conclusione veramente scientifica, e una dottrina veramente
contenuta nella rivelazione cristiana; e dall'altro fatto non meno grave che
dopo periodi di incredulità individuale o collettiva, accade spesso che gli
spiriti più illuminati e sereni ritornano alla fede prima abbandonata, e vi
si mantengono fedeli: prova evidente e concreta di una perfetta armonia fra
le due luci che illuminano la nostra ragione, destinate non a contraddirsi
ma a integrarsi armoniosamente, perchè provenienti dalla medesima sorgente,
infinitamente luminosa, che è Dio, la stessa verità, e fondamento di ogni
vero.
PERCHE'
MOLTI NON CREDONO?
E perchè allora, vien
fatto di domandarsi, molti non credono?
Il problema è certo angoscioso, perchè prospetta il dramma intimo di molte
anime, e di altre più numerose che a quelle sono legate da vincoli di stima
e di affetto. Guardiamoci, nei singoli casi, dall'affrettare giudizi, che
potrebbero non corrispondere al vero ed offendere la carità verso le
persone. Dio giudica. Ma, per quello che possiamo pensare noi, le cause
dell'incredulità possono essere varie.
Talvolta può essere una resistenza volontaria alla luce della fede. I
presupposti della fede stessa, cioè il fatto della rivelazione divina
trasmessa a noi attraverso il magistero della Chiesa, risplendono davanti
alla mente di luce sufficiente. Ma non ne rimane per questo illuminata in se
stessa la verità che vien propo sta a credere, la quale rimane un mistero,
superiore alla comprensione della intelligenza umana; e l'intelligenza non
ne vuoi sapere, perchè non arriva a compiere l'atto di umiltà di
riconoscere che noi non possiamo comprendere tutto, e di affidarsi a chi ne
sa più di lei. Superbia dello spirito, dunque, di cui bisognerà rispondere
davanti a Dio.
Talvolta, causa dell'incredulità può essere l'ignoranza. Vi sono tante
persone al mondo, a cui non è giunta ancora notizia della rivelazione
cristiana. Pensate ai paesi degli infedeli, dove vanno i nostri missionari!
In questo caso, come potrebbero credere, se non conoscono la parola di Dio?
Dio certo non li condanna per questo. Anzi possiamo pensare che, se essi si
sforzano di vivere onestamente secondo il dettame della loro ragione, Dio
nelle risorse della sua Provvidenza troverà modo di condurli a salvezza.
Ma l'ignoranza in materia religiosa non è purtroppo limitata ai paesi degli
infedeli. Quanta spaventosa ignoranza religiosa anche nei nostri paesi, in
tanta luce di cristianesimo! Ignoranza, o perchè è mancata ogni educazione
religiosa; e la responsabilità risale tante volte alla trascuratezza dei
genitori; o perchè, pur avendo avuto a suo tempo l'istruzione religiosa,
molti non l'hanno poi continuata in modo proporzionato alla loro età e
condizione, usando di quei mezzi che la predicazione cristiana metteva a
loro disposizione. Ed in questo caso, l'ignoranza potrà scusare molti, al
momento, dai peccato di aperto rifiuto della fede, ma non certo dal peccato,
- perchè è peccato anche questo, - di aver trascurato la difesa della fede
che pure aveva illuminata la loro prima giovinezza, lasciandola soffocare
sotto la colluvie di obbiezioni che sono mosse dagli increduli, senza
premunirsene, od affrontarne un esame sereno ed approfondito. E l'ignoranza
di questo genere non è soltanto di tanti poveri rifiuti della società,
sprovvisti di ogni cultura. Oh quanti di questi ignoranti, cioè ignoranti
in fatto di religione, vi sono anche fra coloro che sono nelle classi alte
della società, e fanno sfoggio di cultura, e scrivono libri, e fanno
conferenze, colti in tante cose, ma ignoranti in fatto di religione.
Finalmente, un'altra causa dell'incredulità risiede più nella volontà e
nelle inclinazioni dei sensi, che nell'intelligenza. Si capisce facilmente
che credere vuoi dire ammettere, non solo una dottrina d'ordine teorico e
speculativo, che ci parla di Dio e dell'anima, ma anche una legge morale,
che si impone alla volontà, comandando quello che forse può essere
contrario ai suoi gusti, e vietando quello che esercita una attrattiva sui
sensi. Ed allora la fede da fastidio come un freno ad un cavallo indocile: e
si vorrebbe non averla per conservare la libertà di soddisfare i propri
capricci. Ed allora molti si sforzano di non credere più. Prima di
abbandonare il Credo, costoro hanno lacerato il Decalogo. Causa di
incredulità, questa, poco onorevole, che non si vuoi confessare; ma molte
volte vera. E come non vedere, in questo caso, la responsabilità di questa
mancanza di fede?
Appunto perchè tutte queste cause di incredulità, e le altre che si
potrebbero enumerare, rappresentano, in fondo, una diminuzione della nostra
personalità, come dovrebbe essere - secondo i disegni di Dio -, se noi le
permettessimo di svilupparsi completamente, così avvengono spesso, a tempo
opportuno, quando è l'ora di Dio, delle crisi profonde: è l'anima che
ritorna in se stessa, e nell'intimo del proprio io, nella parte migliore di
sè, ritrova quelle condizioni che la portano verso Dio e verso la fede; e
le accetta con tutto lo slancio d'una forza viva, sprigionandosi da
soprastrutture artificiali, che le avevano impedito di esplicare la propria
attività. Sono le conversioni, i magnifici ritorni alla fede abbandonata.
Se queste parole di un Vescovo, che sono dirette a tutti, cadessero sotto
gli occhi di alcuni di questi increduli, io vorrei che li eccitassero ad un
po' di riflessione, ad un salutare esame di coscienza sulle ragioni vere
della propria incredulità. Forse qualche pregiudizio cadrebbe; si potrebbe
aprire nell'edificio morale uno spiraglio, attraverso il quale troverebbe il
suo passaggio la luce della fede.
Ma intanto a tutti voi, figli carissimi, che avete la fede, e la
considerate, come è veramente, un gran dono di Dio, noi diciamo:
conserviamo questa fede; come si conserva un dono prezioso, difendiamola dai
nemici che le possono tendere insidia, dai pericoli che la possono far
naufragare, e valorizziamola perchè produca in noi tutti i frutti che è
destinata a produrre.
NEMICI DELLA FEDE
Abbiamo detto che dobbiamo
difendere la nostra fede dai nemici che la possono insidiare. E ve ne sono
sempre stati, ve ne sono tuttora, di nemici che attentano al tesoro della
nostra fede.
1. La Chiesa Cattolica
ricorda le persecuzioni violente che hanno tentato di strapparle i suoi
fedeli, di soffocare nel sangue la professione della santa fede cristiana. E
noi ricordiamo con onore i martiri gloriosi che hanno data la vita per
Nostro Signore Gesù Cristo. Ma non crediate che la persecuzione violenta
sia ormai tramontata col progredire della civiltà. Purtroppo il Messico e
la Russia hanno rinnovato, in pieno secolo ventesimo, le persecuzioni
violente dei primi tempi.
E vi hanno aggiunto un'altra forma di persecuzione, più insidiosa, perchè
mira direttamente alle anime: la proibizione di ogni insegnamento cristiano,
e l'obbligo fatto ai fanciulli di ricevere nella scuola un'educazione
studiatamente antireligiosa ed atea. Si pensa con raccapriccio a tanto
scempio di anime innocenti, redente anch'esse dal sangue del Salvatore;
anime battezzate, figli di genitori cristiani, che vorrebbero educarli nella
propria fede, e che invece uomini iniqui, abusando del potere, costringono
all'ateismo, cioè alla negazione stessa di Dio.
Genitori cristiani, che vedete con tanto amore i vostri bimbi, al catechismo
e nella scuola, imparare a conoscere ed amare Gesù benedetto con tutta
l'ingenuità delle loro tenere anime, pensate alla triste condizione di quei
fanciulli; pregate per essi e per i loro genitori. E preghiamo che Dio
risparmi alla patria nostra, a tutte le nazioni cristiane una così orrenda
sciagura. Noi ricordiamo che anche fra noi, in tempi non lontani, si era
avviati verso una simile mèta. Quanti sforzi si fecero per togliere dalla
scuola l'insegnamento della religione! E pur troppo da tante e tante
cattedre, piccole e alte, si insegnava il disprezzo della fede, e tanta
gioventù ne era stata fuorviata, formando quella mentalità antireligiosa,
che ha prodotto anche fra noi tanto male. Ora la Provvidenza ha disposto che
nella patria nostra diletta i governanti riconoscessero i diritti della
fede, ed a quella improntassero l'educazione stessa delle nostre scuole.
Ringraziamo il Signore, e preghiamo che mai si ritorni verso tristi
esperienze che hanno già avvelenato tante anime. Ed abbiamo cura di
integrare l'istruzione religiosa che si dà nella scuola con l'opera
preziosa dei nostri catechismi.
2. Un nemico della fede,
non meno pericoloso di quello che abbiamo sopra accennato, anzi sotto un
certo aspetto più grave, perchè più insidioso, è costituito da certi
travisamenti della religione, che, mentre sembrano conservare una certa
apparenza di religiosità che potrebbe, per gli incauti, soddisfare al
bisogno che tutti ne sentono, in realtà sopprimono il vero concetto della
religione come la nostra santa Fede ce l'insegna.
Uno di questi travisamenti della religione e della fede cristiana, che
rappresentò per molti un grave pericolo, fu il Modernismo. Per rendere, si
diceva, la fede cristiana adatta ai nostri tempi, ed accessibile alla
mentalità causata dalla filosofia moderna, era necessario sostituire al
concetto di una rivelazione che si presenta a noi come un insegnamento
esterno a cui uniformare la nostra intelligenza, quello di una elaborazione
soggettiva di un sentimento suscitato in noi dai bisogni e dalle aspirazioni
del nostro spirito. Così si conservavano le forme esterne del
Cristianesimo; ma scompariva il suo carattere soprannaturale; la Chiesa coi
suoi insegnamenti, la persona stessa divina di Cristo nostro Salvatore
diventavano una creazione umana, soggetta alle mutazioni e vicende delle
cose ed istituzioni umane, solite a variare col variare delle idee e delle
esigenze dei tempi.
Ma dove andava a finire, così, l'insegnamento fattoci da Dio per mezzo dei
Profeti e del suo Divin Figlio, di cui ci parla con tanta precisione
l'apostolo S. Paolo? Che cosa restava dell'incarico dato da Cristo agli
Apostoli ed alla Chiesa, di insegnare quello che Egli stesso aveva
insegnato, coll'obbligo fatto a tutti di credere al loro insegnamento, sotto
pena di non salvarsi? La Chiesa avvertì l'insidia che minava a tutta la
sostanza della fede e della dottrina cristiana; e il Papa Pio X con mano
ferma e parola sicura condannò il nuovo errore, richiamando i fedeli alla
fede genuina insegnataci dal Nostro Signor Gesù Cristo e tramandataci dalla
Tradizione. Ed ora il pericolo è in gran parte scomparso. Quello potrà
essere ancora il pensiero di molti che sono fuori della Chiesa; non più
l'errore di fedeli cattolici, ingannati dalle false apparenze di nuove
dottrine. Ringraziamone il Signore, e stiamo in guardia da qualche
disgraziato che ancora cerca di confondere le menti colle pretese di una
falsa critica.
.Ma altri non meno pericolosi travisamenti della religione si presentano ora
a tendere insidie alla fede dei credenti, e questa volta in nome di un
esagerato nazionalismo. Allo scopo di cementare sempre più l'unità
spirituale della nazione, e valorizzarne tutte le energie verso un avvenire
di indipendenza e di forza, si è voluto in certi paesi dare un carattere
spiccatamente nazionale anche alle credenze ed alle pratiche religiose. Di
qui le aberrazioni pseudoreligiose, che giunsero a ripudiare e condannare
l'Antico Testamento, perchè creduto rappresentante del pensiero e della
razza ebraica, estranea alla cultura ed alle razze occidentali, per
affermare un cristianesimo nazionale. E peggio, la tendenza all'abbandono
dello stesso pensiero cristiano, per un ritorno all'antica mentalità
pagana, come propria della stirpe, coi suoi miti e riti religiosi,
sostituiti alle credenze ed alle pratiche cristiane. Il fenomeno si presenta
ora gravissimo in Germania, dove la gioventù è indotta a rinnegare Cristo
per ridiventare pagana, sia pure di un paganesimo ammodernato. Ne sono
preoccupati non soltanto i Cattolici, ma anche i Protestanti, che non
vogliono rinnegare le idealità cristiane:
con una differenza però. I Cattolici, infatti, sotto l'insegnamento sicuro
della Chiesa, sanno di avere una dottrina ben definita da opporre alle
aberrazioni del nazionalismo, ed i Vescovi germanici rappresentano in questo
momento una resistenza alle enormità neo-pagane, degna dei Padri della
Chiesa antica. I Protestanti invece, sprovvisti di un vero coefficiente di
unità dottrinale, e lasciati per principio al libero esame individuale, si
trovano nella condizione di non avere un pensiero preciso da opporre.
Nella patria nostra, per grazia di Dio, ci troviamo in condizioni migliori.
Il Cattolicismo, preso in tutta la sua genuina interezza, è già abbastanza
unito alla storia ed alla vita della nostra nazione, perchè abbiano a
sorgere velleità di riforme in senso nazionalistico. Anzi la patria nostra
ha avuto il privilegio di essere la sede del Pontificato Romano, donde
partono le direttive religiose anche per i cattolici delle altre nazioni: ed
in ciò essa può trovare un motivo di legittimo orgoglio di fronte alle
altre nazioni.
Badiamo però, che anche per noi potrebbe venire il pericolo di un
nazionalismo religioso che potrebbe intaccare la genuina purezza della
nostra fede. Italiani, sì, con tutta l'anima; ed orgogliosi anche, o
meglio, grati a Dio, che l'Italia sia stata tanto favorita da Lui, da essere
il centro del Cristianesimo, e da aver conservata, nel Cattolicismo, la sua
unità religiosa. Ma non cristiani e cattolici solo perchè il cattolicismo
è così unito alla storia della nostra nazione; ma bensì, per un motivo
più alto, cioè, perchè Dio ci ha dato la sua rivelazione, che noi
accettiamo e conserviamo con tutto lo slancio e la fermezza della nostra
fede. Pronti, e anche questo sarebbe purissimo amor di patria, a richiamare
con tutte le nostre forze quei nostri fratelli, che eventualmente volessero
dare alla loro religiosità un contenuto esclusivamente nazionalistico.
3. Un terzo nemico, da cui
dobbiamo più che mai metterci in guardia, è il Protestantesimo.
Dio sa, che quando chiamiamo nemico il Protestantesimo, non c'è nell'animo
nostro nessun sentimento di rancore o di odio verso i nostri fratelli
separati, che forse non professano la nostra cara fede, solo perchè non
hanno avuto l'occasione di conoscerla bene, e di apprezzarne tutta la
verità e l'efficacia. Anzi in noi c'è, vivo, il desiderio che si
ricongiungano a noi nella fede e nell'amore del Divin Salvatore Gesù. Ma il
Protestantesimo rappresenta un reale pericolo per la fede dei nostri fedeli;
ed è per questo che abbiamo il dovere di metterli in guardia.
Alla sua origine, nel secolo XVI, il Protestantesimo, - la Riforma, come ha
voluto chiamarsi - è stata una secessione, cioè una separazione dalla
grande famiglia cristiana. Senza ricercarne qui minutamente i motivi,
possiamo dire che, considerate le persone ed il modo con cui la dolorosa
secessione fu fatta, non vi troviamo nulla di degno e di grande. Vi
troviamo, invece, l'abbandono di un insegnamento che da quindici secoli
aveva formato la preziosa eredità di Nostro Signore Gesù Cristo, difesa
con tanta diligenza da tanti altri tentativi di errori, quante erano state
le eresie.
Nessuno di quei Riformatori potè presentare una missione ricevuta da Dio,
da contrapporre a quella che certo avevano ricevuto S. Pietro e gli altri
Apostoli. Nè questa missione poteva essere rappresentata dal loro
appellarsi al libro sacro, cioè alla Bibbia ed al Vangelo; perchè, mentre
Cristo aveva promesso alla sua Chiesa la assistenza divina nella missione di
insegnare la sua dottrina, e quindi anche il Vangelo, questa assistenza
certo mancò ai nuovi Riformatori appellantisi alla Bibbia. Ne è prova più
che evidente e perentoria il fatto che diversissime furono le loro opinioni
nella interpretazione del libro sacro, anche in questioni di grande
importanza, come lo mostrano le polemiche vivacissime fra Lutero e gli altri
Riformatori. Essi dunque, e tanto più le molte sette che spuntarono poi in
gran numero sul tronco del Protestantesimo, non possono dire, come si
vantano solitamente, di aver sostituito all'insegnamento della Chiesa
Cattolica, il Vangelo, ma una loro interpretazione individuale del Vangelo.
Ed è tanto individuale, quindi umana, la dottrina che essi predicano, con
tutti i caratteri di fallibilità e di instabilità che hanno le cose umane,
che, nonostante il libro sacro del Vangelo che tutti tengono in mano, noi,
per conoscere la loro dottrina, dobbiamo chiedere ai predicatori
protestanti, se sono luterani o calvinisti, o zuingliani, o anglicani, o
battisti, o metodisti, o valdesi, o salutisti, e così via. E secondo che
appartengono all'una od all'altra setta, essi vi predicheranno l'esistenza
di due o tre sacramenti, o ve li negheranno tutti, vi ammetteranno o vi
negheranno un episcopato incaricato di governare spiritualmente i fedeli;
anzi troverete alcuni che interpretano tanto largamente la dottrina che essi
dicono evangelica, da negare perfino la Divinità di Nostro Signore Gesù
Cristo e la Redenzione per compiacere alla critica moderna, contro altri i
quali, invece, non si sentono di abbandonare questo punto, che dovrebbe pure
considerarsi fondamentale per chi si vuoi chiamare cristiano. Di fronte a
tante diversità, come si può dire che tutti predicano il Vangelo? E badate
che, se, talvolta, a scopo di propaganda, vi parlano di una dottrina che
essi dicono comune a tutti gli Evangelici, lo fanno sottraendo, con un
artificio certo non degno di predicatori della verità, i punti di
divergenza.
Lo sfacelo della dottrina Protestante apparve evidente quando uomini
eminenti, e anche bene intenzionati, in questi anni del dopoguerra così
bisognosi di una dottrina sicura di ricostruzione spirituale che solo il
Cristianesimo può dare, vollero convocare tutte le diverse confessioni
cristiane (come si sogliono chiamare) perchè si potessero intendere in un
corpo unico di dottrina. Frutto di questo movimento furono i Congressi
cosiddetti pancristiani di Stoccolma e di Losanna, dove invece apparve
evidente la divergenza di opinioni e la mancanza di una dottrina comune,
fino a venire alla proposta di non tener conto delle diverse dottrine, per
accontentarsi di una azione pratica di educazione morale. Quasi che la
morale evangelica non sia intimamente connessa colla sua dottrina, e non
prendesse tutta la sua forza dalla fede nella divinità del suo Fondatore!
Oh! come dovette trovarsi male il Vangelo in quella imponente adunanza di
gente che pur si chiamavano Evangelici! E come, dalle pagine della Bibbia
che tutti coloro possedevano, e che avevano sempre dichiarato essere l'unica
loro maestra, l'Apostolo S. Paolo doveva far sentire la sua voce: "
Unus Dominus, una fide, unum baptisma: Vi è un solo Signore, una sola fede,
un solo battesimo " (Efes. IV, 5). Ed a loro che cercavano invano
un'unità di dottrina, il medesimo Vangelo doveva suggerire quello che
Cristo aveva stabilito per dare a questa unità di dottrina un fondamento
sicuro, dicendo a Pietro: " Tu sei Pietro, e su questa pietra io
edificherò la mia Chiesa" (Matt. XVI, 18); e poi ancora al medesimo:
" Io ho pregato per te, affinchè la tua fede non venga meno, e tu
conferma i tuoi fratelli " (Luc. XXII, 32); ed agli Apostoli, non a
chiunque si voglia assumere il compito di insegnare: "Andate ed
ammaestrate tutte le genti, insegnando loro tutte le cose che io vi ho
comandato; ed io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo"
(Matt., XXVIII, 19-20). Ecco la predicazione del Vangelo come Cristo l'ha
voluta. Ed ecco il segreto della stabilità ed unità della fede, che solo
la Chiesa Cattolica, fondata sopra Pietro e gli Apostoli, ha saputo
conservare: vero faro di luce in mezzo al fluttuare delle dottrine.
Vi abbiamo richiamato tutto questo, o figli carissimi, perchè questi
predicatori di una dottrina, che non è quella di Gesù Cristo, vengono
anche tra voi, ed attentano alla vostra fede. Lo fanno, diffondendo fogli,
opuscoli di propaganda, sui quali, sotto belle affermazioni di adesione alla
dottrina di Cristo e del Vangelo, si insinua il disprezzo, la calunnia
contro la Chiesa Cattolica e il suo insegnamento, l'autorità del Papa e dei
Vescovi, ed anche si negano alcune delle dottrine più care della nostra
santa religione, come la remissione dei peccati per mezzo della confessione
sacra-mentale, la presenza reale di Gesù nella Santa Eucaristia, la
divozione alla Madonna, l'esistenza del Purgatorio, e così via. Diffondono
anche Bibbie e Vangeli, ma senza l'approvazione della Chiesa che ci
garantisce la fedeltà delle traduzioni, ed insinuando che basta, per essere
cristiani, leggere la Bibbia, quando invece Nostro Signore, pur ispirando
gli autori sacri a scrivere quei libri divini, ci ha rimandati tutti ai
Pastori della Chiesa da Lui costituiti maestri di verità, perchè ci
guidassero cori sicurezza nella interpretazione del tesoro che in quei libri
si contiene.
Vengono tra voi questi falsi maestri, quasi che le nostre terre fossero
regioni di infedeli immersi nell'errore, ed avessero bisogno di essere
evangelizzate da loro, mentre, per grazia di Dio, già hanno avuto da tanto
tempo la luce del Vangelo, ed è stabilita in ogni luogo la cattedra di
verità, garantita dalla sorveglianza della Santa Chiesa.
Purtroppo sappiamo che qua e là alcuni, per ignoranza, hanno ceduto
all'insidia, fino a dare il nome a qualche setta. Sono poche, pochissime
eccezioni, per grazia di Dio. Ma ciò non toglie che esse ci abbiano
riempito l'animo di amarezza. Ed è per questo che tutti vogliamo mettere
sull'avviso: i parroci ed i sacerdoti perchè vigilino ed impediscano che
questi lupi facciano strage nei loro greggi; ed i fedeli, perchè si
guardino dal cadere nel laccio che loro viene teso. Respingano tutto quello
che viene dagli eretici: adunanze, discorsi, fogli di propaganda; la stessa
Bibbia, non perchè Bibbia, ma perchè presentata da chi non ci può
garantire l'integrità della edizione ed una guida alla sua interpretazione.
Così facendo ci uniformiamo alle raccomandazioni che già facevano gli
apostoli San Paolo e San Giovanni, che ammonivano di guardarsi dagli eretici
di allora, è di respingere qualunque dottrina, venisse anche sotto il nome
di Evangelo, che fosse diversa da quella che essi, per missione divina,
avevano predicato.
MEZZI PER CONSERVARE LA FEDE
Dopo avervi messo in
guardia contro i nemici della nostra fede, permettete, figli dilettissimi,
che prima di finire questa lettera, vi indichiamo brevemente alcuni mezzi
che vi devono servire per conservare intatta la vostra fede.
1. E prima di tutto, la
preghiera. Essa è il gran mezzo per assicurarci i doni di Dio. E la fede è
un dono di Dio. Non nel senso che non richieda una preparazione ed una
cooperazione da parte nostra; ma nel senso che si richiede la grazia di Dio
perchè anche questa parte nostra, di intelligenza e di volontà, non venga
meno di fronte alle difficoltà che, come sopra accennammo, possono
impedire, o ritardare, o sospendere, l'adesione fiduciosa della nostra mente
alla rivelazione divina. Preghiamo dunque perchè Dio ci conservi sempre,
viva, fresca, operosa, la nostra fede. E la nostra preghiera, guidata da un
santo impeto di carità, si estenda anche a coloro che ci sono vicino, e
vivono la nostra stessa vita, e a coloro che sono lontano, sotto il peso
della persecuzione, o sotto i pericoli di una propaganda anticattolica ed
anticristiana. E non escluda, anzi abbracci con amore anche più intenso,
coloro che avessero ceduto alle insidie, rinunciando alla propria fede,
perchè tutti ritornino alla casa del Padre comune.
2. Secondo mezzo sovrano,
dev'essere la istruzione religiosa, impartita per tempo ai fanciulli, ma
continuata poi, in modo progressivo, proporzionato all'età ed alle
condizioni di ciascuno. Abbiamo la profonda convinzione che, se talvolta la
perdita della fede può essere causata da una determinata crisi
intellettuale o morale, il più delle volte è dovuta ad insufficiente
istruzione religiosa. L'ignoranza in fatto di religione raggiunge
proporzioni inverosimili; ed è noto, e sempre vero, l'antico detto di
Tertulliano, che, come la religione, la fede ha un solo timore, di essere
condannata perchè non conosciuta abbastanza. Per questo non cesseremo mai
di raccomandare il catechismo dei fanciulli e la Dottrina domenicale degli
adulti; ma insieme raccomandiamo a quelli che si trovano in speciali
circostanze, di studio o di condizioni sociali, di procurarsi
con volonterosa assiduità una istruzione religiosa proporzionata ai loro
bisogni.
3. Aggiungiamo una
raccomandazione, che crediamo di importanza non piccola. Per mantenere
precise in noi e negli altri le idee in fatto di religione e di fede,
conserviamo anche la precisione nel parlare. Non s'è forse mai come ora
fatta tanta confusione nell'uso dei termini riferentisi alla religione: come
la parola stessa religione, e così, fede, rito, altare, adorazione, e così
via, usati spesso ad indicare cose belle e alte, se volete, ma che non sono
quelle indicate nel significato vero, religioso, delle parole. Tale
confusione di parole può creare confusione di idee, e lasciare in chi le
usa un concetto delle cose della religione, o inesatto, o troppo vago ed
incerto. No: la nostra bella lingua italiana ha un vocabolario così ricco e
pieno di finezza, che si può esprimere ogni idea col suo vero nome.
Facciamolo sempre, e sarà tanto di guadagnato per la chiarezza delle idee e
per la purezza della nostra fede.
4. Finalmente, se vogliamo
che la nostra fede si conservi in noi in tutta la sua pienezza, tetragona
alle difficoltà che le si possono presentare, facciamo di vivere in
conformità con essa. Già l'apostolo S. Giacomo ci ha ammonito che la fede
senza le opere è morta (Jac. lI, 26). E la è davvero, non solo nel senso
che da sola la fede, senza le opere della carità, non basta a salvarci; ma
anche nel senso che, non accompagnata da una vita che si ispiri ad essa,
difficilmente può durare. Come potrebbe infatti, nell'unità del nostro
spirito, sopravvivere a lungo un contrasto stridente fra una dottrina che ci
insegna ad un modo, ed una vita che opera in modo contrastante?
Purtroppo tanti vi sono, che pur dicendosi cattolici, e quindi attaccati
alla propria fede, vivono come se non l'avessero, trascurando i doveri
religiosi, o conducendo una vita moralmente scorretta. Questa loro condotta
serve di solito a screditare la fede presso coloro che non credono, e che
hanno buon giuoco a negare ogni nobiltà ed efficacia ad una fede così
smentita dalla vita. Ma avviene spesso che Dio si ritiri da chi vive una
vita così in contrasto coi dettami della sua rivelazione ; e così
avvengono le catastrofi, colla perdita della fede. Dio ne domanderà stretto
conto.
Invece come è ammirevole, edificante la fede fresca, viva, dotata di
intuizioni profonde che non si aspetterebbero, di tante anime che sanno
vivere la loro fede, ispirandovi tutti i momenti e tutte le azioni della
propria vita! Dio benedici queste anime, rendendole feconde di bene; ma
anche il mondo stesso ne resta edificato. Spesso avviene che lo spettacolo
di una simile vita tutta ispirata alla fede ed alla carità, sia il punto di
partenza per salutari ritorni di anime che la fede avevano perduta.
Ecco, figli dilettissimi, la fede, considerata in se stessa, nei nemici che
la insidiano, nei mezzi coi quali dobbiamo cercare di conservarla.
Ringraziamo il Signore, "quae nos vocavit in admirabile lumen suum"
(I Petri, II, 9); poichè la fede è veramente luce divina, partecipazione
di quella Luce vera "quae illuminat omnnen hominem venientem
in lume mundum" (Jo., I, 9), che, come dice l'evangelista Giovanni,
è lo stesso Verbo Divino; luce destinata a scomparire un giorno per dar
luogo ad un'altra luce, più viva, senza confronto più intensa, che sarà
la stessa Essenza Divina svelatasi a noi, facie ad faciem, e che
formerà la nostra ineffabile beatitudine. Così favoriti da Dio, "ut
filii lucis ambulate" (Efes., V, 8) ci dice l'apostolo. Facciamo
cioè che la luce della fede si rifletta su tutte le nostre azioni, e che
queste a loro volta rendano testimonianza della nostra fede. E voglia il
Sole divino chiamare a godere di questa luce anche coloro che finora
giacciono nelle tenebre.
La benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figliuolo e Spirito Santo, scenda
su tutti noi.
Brescia, 15 febbraio
1935.
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