Gratia vobis et pax a
Deo, Patre nostro et Domino Jeso Christo. Grazia a voi, e pace da Dio
Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo (Rom. I, 7). Con questo saluto
l'Apostolo S. Paolo incominciava tutte le sue lettere alle diverse
cristianità da lui fondate, o che da lui aspettavano la parola sicura
della fede. Col medesimo saluto mi presento io pure a voi, figli
dilettissimi, all'inizio del mio ministero episcopale. Così potessi far
miei anche i sentimenti di zelo, di amore al Divin Redentore Gesù, di
sollecitudine per le anime da Lui redente, che infiammavano il cuore del
grande Apostolo e lo guidavano nel compiere fino all'ultimo, e con tanto
frutto, la sua missione pastorale.
Le parole dell'Apostolo, esempio insigne di zelo a tutti i Vescovi che
degli Apostoli sono i successori, contengono tutto quello che un Vescovo
può augurare ai suoi fedeli. La grazia, il gran dono di Dio che ci
innalza tanto vicino a Lui, fino a renderci in certo modo partecipi della
vita divina, e che Nostro Signore Gesù Cristo ci ha meritato
sacrificandosi per noi, e con essa, frutto di essa, la pace; quella pace a
cui tutto il mondo sembra anelare con insistenza senza riuscire ad
assicurarsela, e che solo il Divino Redentore ci ha portato sulla terra,
offrendola a chiunque la voglia attingere ai suoi insegnamenti ed
all'osservanza dei suoi precetti.
Questa grazia e questa pace il Vescovo sente di poter annunciare, perchè
ne ha ricevuto la missione da Dio.
LA
MISSIONE DEL VESCOVO
Mentre sto per cominciare
il mio ministero tra voi, io sento il bisogno di riferirmi all'origine di
questo mandato, così pieno di grandezza e di responsabilità. E l'origine
è evidentemente divina.
E' lo stesso Divin Redentore, che dopo d'avere insegnato ai pochi abitanti
della Giudea e della Galilea che lo poterono avvicinare, la sua dottrina
celeste, ha voluto affidarne la conservazione e la diffusione alla Chiesa
da Lui fondata, la mistica società dei fedeli, l'ovile destinato a
contenere le sue pecorelle, ed a capo della sua Chiesa pose i Pastori, che
in suo nome la governassero. Per questo comunicò ad essi i suoi stessi
poteri: Sicut misit me Pater, et ego mitto vos. Come il Padre ha
mandato me, così io mando voi (Jo., XX, 21). E poi ancora: Data est
mihi omnis potestas in coelo et in terra. Euntes ergo docete omnes gentes,
baptizantes eos in nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. E' stato
dato a me ogni potere in cielo ed in terra. Andate dunque, istruite tutte
le genti, battezzandole nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito
Santo (Matt. XXVIII, 18, 19). E per assicurare il successo della loro
missione, aggiungeva: Et ecce ego vobiscum sum omnibus diebus usque ad
consummationem saeculi. Ed ecco io sono con voi tutti i giorni fino
alla consumazione dei secoli (Ibi, 20). Nelle quali parole è
evidente la volontà del Salvatore, che la missione data in quel momento
agli apostoli che gli stavano davanti si continuasse poi nei loro
successori attraverso i secoli, cioè nei Vescovi uniti a Pietro, da
Cristo stesso costituito Capo supremo della sua Chiesa.
MAESTRO DI VERITA'
In virtù di quella
divina missione, il Vescovo è costituito Maestro di verità.
Quanti maestri si sono presentati al mondo, colla pretesa di insegnare. Ed
hanno insegnato la scienza, portandola alla scoperta di sempre nuovi
aspetti della realtà, ed alla conquista di tante forze della natura.
Hanno insegnato il diritto, per stabilire le norme più ragionevoli e più
socialmente utili della convivenza umana. Hanno insegnato la filosofia,
coll'intento di indagare le ragioni ultime delle cose. Ma tutti costoro
non hanno saputo e non sanno dire quella parola che l'umanità attende con
ansia: la parola che, al di là della realtà delle cose materiali che ci
circondano, e delle ideologie più o meno astratte dei giuristi e dei
filosofi, sappia dire, e con sicurezza, quale è il valore e la legge
della vita, l'origine e il fine della nostra travagliata esistenza, la via
da seguirsi perchè la vita stessa sia degna delle sue origini, e giunga
al conseguimento del suo vero fine. Questa parola preziosa e sicura ce
l'ha detta il Signore d'ogni cosa, ce l'ha comunicata per mezzo dei
Profeti e del suo stesso divino Figliuolo, ed ora l'ha consegnata, come a
custode ed interprete sicura, alla santa Chiesa, e questa la fa giungere a
tutti per mezzo dei maestri autentici, scelti e consacrati dallo Spirito
Santo, che sono i Vescovi.
Vero maestro di verità, il Vescovo erige la sua cattedra vicino
all'altare sul quale si offre Cristo stesso in Sacrificio, e di là parla;
e manda i suoi sacerdoti perchè, per ordine suo e sotto la sua vigilanza,
parlino a tutti i fedeli. E il suo insegnamento, non fatto colle parole
persuasive dell'umana sapienza, come dice l'Apostolo (I Cor. Il, 4), ma
con quelle che vengono dalla virtù dello spirito del Signore, si rivolge
a tutti, sapienti ed ignoranti (Ram. 1, 14), a quelli che lo vogliono
sentire ed a quelli che non lo vogliono; e a tutti dice la verità, per
ammaestrare, per confutare, per ammonire. E il popolo cristiano ascolta
con rispetto e docilità; e come adora sui santi altari delle sue chiese
la presenza reale del Divin Salvatore sotto le specie Eucaristiche, così
riconosce nella parola del Vescovo la parola del medesimo Maestro divino.
Ed anche chi non crede o non vuol inchinare la sua intelligenza alla
parola del Signore, non può non sostare pensoso davanti a questo
singolare Maestro, che da secoli ripete la medesima lezione, ed è
ascoltato riverentemente da innumerevoli coscienze, che di essa fanno la
regola indiscussa della propria vita.
DISPENSATORE
DI GRAZIA
Sempre in virtù della
missione divina per cui agisce, il Vescovo è dispensatore di grazia.
Sic nos existimet homo ut ministros Christi, et dispensatores
mysteriorum Dei. Ognuno ci consideri come ministri di Cristo e
dispensatori dei misteri di Dio (I Cor. IV, I), dice S. Paolo di sè e dei
suoi compagni nell'apostolato. Questi misteri di Dio sono i Sacramenti,
strumenti veramente misteriosi, che il Salvatore ha voluto dare alla sua
Chiesa perchè fossero fonti perenni della grazia divina a vantaggio dei
fedeli. E' il battesimo che ci genera alla vita soprannaturale; la
Confermazione che ritempra questa vita; l'Eucaristia, nella quale Cristo
stesso ci pasce col suo corpo e col suo sangue per sostenerla; la
Penitenza, che cura le ferite che mettono in pericolo la vita dell'anima e
ci riconcilia con Dio; e gli altri che ben conosciamo, e che tutti, in
diverso modo, ci danno la grazia, o l'aumentano. Qui è Cristo stesso il
ministro principale che ci santifica coi suoi Sacramenti; ministri
secondari che operano in suo nome e per virtù sua, sono i sacerdoti. Ma
il Vescovo è la fonte dello stesso ministero sacerdotale; egli solo
ordinariamente conferma i battezzati col Sacramento della Cresima; da Lui
deriva la giurisdizione per cui i sacerdoti assolvono dai peccati, da Lui
è regolato, perchè proceda legittimamente e con ordine tutto il
ministero sacerdotale.
PADRE E
PASTORE DEI FEDELI
Il Vescovo è anche, per
la missione ricevuta, Padre e Pastore dei fedeli affidatigli.
E' una paternità tutta spirituale; ma che della paternità naturale, pur
essa voluta e santificata dal Creatore, ha tutte le migliori
caratteristiche, e mentre la supera in nobiltà perchè genera i figli di
Dio, ne imita le sante preoccupazioni ed i più affettuosi sentimenti.
Sentiva profondamente questa paternità 8. Paolo, quando, rivolgendosi ai
Galati, diceva loro che una seconda volta li partoriva finchè fosse
formato Cristo in loro: Filioli mei; quos iterum parturio donec
formetur Christus in vobis (Gal. IV, 19); ed a quei di Corinto diceva
ancora, che potevano avere forse migliaia di precettori, ma non molti
padri in Cristo: ed il padre era lui che li aveva generati in Gesù Cristo
per mezzo del Vangelo:
Si decem millia paedagogorum habeatis in Christo, sed non multos patres.
Nam in Christo Jesu per evangelium ego vos genui. (I Cor. IV, 15). E
dalla sua paternità prendeva motivo per spiegare la sollecitudine che si
prendeva della loro salvezza.
Come è padre, così secondo l'immagine tanto cara a Gesù che paragonava
la sua Chiesa ad un ovile e i fedeli alle pecorelle, il Vescovo, dopo
Cristo stesso e con lui, è anche Pastore, che ha cura dell'ovile e nutre
i fedeli; li conduce ai pascoli ubertosi e sicuri della vera dottrina e
della grazia, allontanandoli dai cibi avvelenati e nocivi, come sono le
false dottrine seminate da chi non ha la missione da Cristo. Contro
costoro, lupi invece di pastori, il Vescovo, che è il pastore vero, sta
sempre in guardia, e li smaschera additandoli per quelli che sono, cioè
lupi sotto le mentite spoglie di agnelli (Matt., VII, 15). E qualche volta
egli alza la voce anche contro gli stessi agnelli che sono nell'ovile,
cioè i fedeli, quando li vede in pericolo di mettersi su una falsa
strada, o li trova troppo neghittosi nell'adempimento dei loro doveri, o
riottosi alle sagge disposizioni date per il loro bene. E' in questo caso
una voce di rimprovero, ma che gli esce sempre dal cuore piena di amore e
di sollecitudine, non meno che le parole più dolci dell'incoraggiamento e
della lode.
Questo è il Vescovo, come lo vuole il Divino Redentore; come appare dalle
magnifiche pagine dell'Apostolo Paolo come lo vuole la Chiesa nelle sue
leggi sapienti e nelle magnifiche parole della sua liturgia; come furono
tanti che ci hanno preceduto, esemplare caratteristico il Borromeo, che
tanto fece non solo per Milano ma anche per la nostra Brescia.
Questo è il Vescovo, come si propone di essere quella povera persona che
sta per venire fra voi, perchè ve lo manda Cristo stesso Pastore divino,
per mezzo del suo Vicario il Papa.
INSUFFICIENZA
E TREPIDAZIONE
Io non so se gli Apostoli
abbiano compreso subito tutta la portata della missione che ricevevano,
quando il Salvatore, colle parole che ho sopra ricordate, li mandava ad
ammaestrare e governare tutte le genti. Certo però, quando vi avranno
bene ripensato, trovandosi di fronte all'impresa, dopo la dipartita del
Maestro, dovettero sentirsi pieni di meraviglia e di sgomento. Come
avrebbero potuto essi diventare i maestri del mondo intero, i dispensatori
dei doni di Dio, pastori e padri, essi, dodici poveri Galilei, quasi tutti
pescatori, ignoranti, pieni di difetti e di paura? Consapevoli come erano
della loro pochezza, una cosa li dovette confortare ad accettare con animo
fidente la missione ricevuta: l'aiuto di Dio promesso da Cristo, resosi
più evidente e quasi sensibile nella discesa dello Spirito Santo nel
giorno della Pentecoste. Anche qui è S. Paolo che si rende interprete dei
sentimenti di tutti gli apostoli, dichiarando che la sua idoneità
nell'ufficio di ministro della Chiesa di Dio, veniva unicamente da Dio: Sufficentia
nostra ex Deo est, qui et idoneos nos fuit ministros novi testamenti.
(II Cor., III, 5, 6).
La stessa cosa devo io dire di me stesso. Pieno di difetti e di miserie,
nonostante le grazie di cui il Signore mi fu generoso nella mia vita,
avrei voluto insistere perchè passasse a spalle più degne il peso della
dignità vescovile che mi veniva imposto, ed io fossi lasciato nella via
ben più facile dell'ubbidienza. Ma non è lecito sottrarsi alla volontà
di Dio, quando essa si manifesta in modo evidente nelle disposizioni del
suo Vicario. Ed ho accettato, fidando non nelle mie povere forze, ma
nell'aiuto divino, che invocherò sempre colla preghiera, sapendo uniti in
questo a me i miei venerandi fratelli nel sacerdozio, che tutti i giorni
mi dovranno ricordare nella S. Messa, secondo le sagge e confortanti
prescrizioni della liturgia, e tutti i figli diletti, a cui so come sia
stata abbondantemente raccomandata la preghiera per il Vescovo.
CONFORTI
ED AIUTI
Vengo dunque a voi, figli
dilettissimi, pieno l'animo di trepidazione per l'alto ufficio che mi è
affidato, ma insieme sorretto da tanti aiuti di cui il Pastore divino si
degna di confortarmi.
Permettete che questi aiuti provvidenziali io qui vi ricordi, perchè
insieme ne ringraziamo il Sommo datore di ogni bene ed il nostro Divino
Salvatore, capo e fonte perenne di vita nella sua Santa Chiesa
LA
MISSIONE LEGITTIMA
Primo conforto alla
coscienza del Vescovo è la legittimità della sua missione. Essa gli
viene direttamente dal Vicario di Gesù Cristo, quindi da Dio stesso, che
a lui ha dato la pienezza dei suoi poteri, e l'incarico di provvedere alla
vita della Chiesa. Come è bella la sicurezza di poggiare su quella pietra
fermissima, sulla quale Cristo ha dichiarato di fondare la sua Chiesa! E
come torna soave il ricordo delle parole piene di benevolenza, colle quali
il Santo Padre, benedicendomi, mi ha confortato a venire fra voi, figli
dilettissimi, per assumere il governo delle anime vostre. In quel momento,
nel mio pensiero eravate tutti voi, ed anche sul mio labbro, perchè di
voi io ho parlato al Santo Padre, e di voi egli si è degnato di parlare a
me. Per voi dunque sono, come per me, le sue benedizioni e gli auguri
paterni. A Lui vada ancora il mio omaggio devoto, colla promessa di
adesione completa, filiale, alla sua Persona augusta, ai suoi voleri, alle
sue sapienti direttive: ed io sarò ben lieto di aver sempre unito al mio
pensiero, l'affetto, la volontà di tutti i miei bresciani, i quali
saranno sempre uniti a Lui. Questa legittima missione avuta dal Vicario di
Cristo, e l'adesione piena e volonterosa a Lui, sono pegno sicuro delle
benedizioni del Signore, che ha voluto la stia Chiesa organicamente
costituita sulla base di Pietro.
LA
CONSACRAZIONE EPISCOPALE
Altro motivo di conforto
è per me il ricordo della mia consacrazione episcopale. Mentre la
missione legittima è la garanzia dell'approvazione divina, e rende il
Signore benevolo verso chi l'ha ricevuta, la consacrazione, che è il
sacramento che conferisce la pienezza del Sacerdozio, comunica realmente
lo Spirito Santo, il quale prende possesso dell'anima colla sua azione
misteriosa e potente, quella stessa che ha prodotto le meraviglie dell'
apostolato, e la riempie delle sue grazie e dei suoi doni. Di più essa
imprime nell'anima il carattere, compimento del carattere sacerdotale,
cioè un segno misterioso, ma reale, ben noto a Dio, come un richiamo
perenne di quelle grazie ed aiuti che sono volta per volta necessari per
compiere bene le mansioni dell'ufficio affidato alle povere forze del
Vescovo. Molti di voi, con atto gentile di cui ancora li ringrazio, hanno
assistito a quella mia consacrazione, sotto le magnifiche volte della
Cattedrale milanese, presso la tomba del glorioso San Carlo, modello
impareggiabile dei Vescovi, ed attraverso la grandiosità delle cerimonie
così suggestive, hanno appreso tutta la grandezza del ministero
episcopale. A me incomberà il dovere di ravvivare continuamente in me,
col ricordo di quel giorno solenne, la grazia che è venuta in me per
l'imposizione delle mani di chi fu padre del mio episcopato, come
l'Apostolo S. Paolo raccomandava al suo diletto Timoteo, da lui fatto
vescovo (II Tim. I, 6). Anzi, secondo i desideri e le prescrizioni della
Santa Chiesa, ogni anno rinnoveremo insieme, nel giorno anniversario,
questo caro e solenne ricordo, e sarà per me e per voi, specialmente per
i miei confratelli nel Sacerdozio, uno stimolo di rinnovato fervore e di
unione sacerdotale.
A questi motivi di conforto più strettamente soprannaturali, se ne
aggiungono altri che sono anch'essi in vero senso soprannaturali, perchè
appartenenti alla organizzazione della Chiesa voluta da Dio, quantunque
consistano in persone ed istituzioni umane.
UN
VENERANDO CONFRATELLO
Ed in primo luogo, voglio
ricordare il venerando Presule che ha governato la Diocesi come Vicario
Capitolare nel periodo della vacanza, Sua Eccellenza Mons. Emilio
Bongiorni. Egli fu al fianco dei miei due venerati predecessori, aiuto
prezioso col suo consiglio, e a tutti voi, carissimi sacerdoti, ha giovato
col consiglio e coll'esempio; egli conosce la Diocesi e tutto ciò che la
riguarda. Ringrazio la Provvidenza e prego che me lo conservi a lungo,
perchè sia anche a me di aiuto nel difficile ministero che sto per
cominciare.
CAPITOLO
E CURIA - PARROCI E CLERO
L'organizzazione sapiente
della Chiesa pone a lato del Vescovo il Capitolo Cattedrale, suo
autorevole consigliere, e la Curia vescovile organo esecutivo del suo
governo della diocesi. Conosco la prudenza del venerando Capitolo, e lo
zelo dei Prelati e Sacerdoti che formano la Curia Vescovile di Brescia, e
la loro devozione all'autorità del Vescovo ed al bene dei fedeli. Ad essi
esprimo qui la mia riconoscenza, ed il conforto che mi reca il sapere di
poter disporre dell'opera loro.
Altro aiuto preziosissimo del Vescovo sono i parroci, che partecipano con
lui la responsabilità della cura delle anime, alle quali anzi sono più
vicini, in grado di conoscerne i bisogni e prestar loro direttamente e
continuamente i carismi della fede. Reverendi confratelli, prego il
Signore che vi assista sempre nei vostro santo ministero, spesso difficile
e pieno di sacrifici ignorati che voi sopportate serenamente, dividendo le
strettezze dei fedeli delle vostre parrocchie. Sarà per me una gioia il
vedervi in casa mia e sentire da voi la narrazione del bene che fate ai
vostri fedeli, dei bisogni delle vostre parrocchie. Il vostro Vescovo
verrà, e presto, a vedervi sul campo del vostro lavoro, ad aggiungere la
sua alla vostra parola ed alla vostra opera; sempre pronto a condividere i
vostri affanni, ad aiutarvi nei vostri bisogni, a difendervi, quando
occorresse, colla sua autorità.
E mentre penso ai parroci, penso pure agli altri sacerdoti che li aiutano
nelle varie opere del ministero, ed ai Vicari foranei che rappresentano
presso i loro confratelli il Vescovo lontano. So che il numero dei
sacerdoti non è quanto lo richiederebbe il numero e l'importanza delle
parrocchie. Penso però che, a questo proposito, le condizioni della
nostra Diocesi sono, grazie a Dio, migliori che non quelle di molte altre.
Pregheremo insieme il Signore, secondo il suo stesso comando, ut mittat
operarios in messem suam (Matt., IX, 23); ed operai inconfusibiles,
come li vuole l'Apostolo (II Tim., II, 15) che cioè siano ed appaiano
sempre irreprensibili davanti a Dio ed ai fedeli.
IL
SEMINARIO
La fucina dove si
preparano questi operai della messe del Signore, è il Seminario, che la
Chiesa tanto sapientemente ha voluto, che i Santi Vescovi che ci hanno
preceduto hanno eretto e poi curato con tanta diligenza. Appunto per la
sua funzione altissima, fondamentale nella Diocesi, il Seminario è
davvero la pupilla dell'occhio del Vescovo, oggetto delle sue
sollecitudini, come delle sue preghiere. Benedico il Signore che ha
fornito la Diocesi bresciana del suo Seminario, per i grandi e per i
piccoli, e che l'ha circondato dell'affetto e della venerazione del Clero
e dei fedeli. Ringrazio il degnissimo Rettore, il Rev.mo Mons. Zammarchi,
che ha portato all'educazione dei nostri chierici tutta la sua competenza
nell'arte difficile dell'educazione della gioventù; e con lui, quanti la
coadiuvano nella disciplina, nell'insegnamento, nell'amministrazione.
Verrò spesso a vedere l'opera vostra per incoraggiarla, a portare ai
nostri chierici la parola del Vescovo, che, anche se non saprà dire nulla
di più e di meglio di quanto loro avranno già detto i loro educatori ed
insegnanti, dirà loro come il Vescovo li ami quello che si aspetta da
loro, e comunicherà con loro un po' di quella grazia del posto, che Dio
non lascia mancare ai pastori della sua Chiesa.
RELIGIOSI
So che nella santa Chiesa
bresciana, a lato dei nostri sacerdoti che attendono nelle parrocchie alla
cura delle anime, vi sono religiosi, che in diverso modo, come vere
milizie ausiliarie, attendono alla santificazione delle anime, colla
amministrazione dei Sacramenti, colla sacra predicazione, coll'educazione
della gioventù in collegi, patronati, oratorii, coll'assistenza ai malati
e ai poverelli. A tutti io volgo il mio pensiero con riconoscenza, e prego
il Signore che li rimeriti del bene che fanno e li conservi nello spirito
della santa loro professione. Come ringrazio pure le Congregazioni
religiose femminili, grande stuolo di vergini, che mentre fanno rifiorire
nel mondo il fiore della purezza e della pietà, aiutano in modo così
prezioso il nostro clero nella assistenza e nella educazione dell'elemento
femminile, nei collegi e negli oratorii delle nostre parrocchie.
L'
AZIONE CATTOLICA
Finalmente, aiuto
preziosissimo al ministero nostro episcopale è l'Azione Cattolica, in
tutte le sue forme, voluta con tanta insistenza dal Sommo Pontefice, che
ne ha voluto fare la partecipazione del popolo fedele all'apostolato
gerarchico della Chiesa sotto l'immediata dipendenza dei superiori
ecclesiastici. Ciascuna delle organizzazioni che la costituiscono ha il
campo ben definito dagli statuti approvati dalla suprema autorità
ecclesiastica. Tutte insieme tendono a formare i propri membri alla
perfezione della vita cristiana, e spingerli sulla via di un apostolato
fecondo di bene in mezzo agli ambienti dove gli iscritti si trovano. E noi
ne vediamo i salutari effetti nella conservazione della fede e della
pratica della vita cristiana in mezzo alle nostre buone popolazioni.
L'effetto benefico sarà tanto maggiore quanto più l'attività di queste
organizzazioni sarà basata su un profondo studio del catechismo, che è
la scienza delle cose divine, adattata alla intelligenza di tutti.
E l'organizzazione del catechismo nelle parrocchie è appunto un altro dei
più cari conforti al cuore del Vescovo. So quanto si è fatto, con
saggezza e tenacia, da tanto tempo. Prego Dio che benedica, conservi e
moltiplichi l'opera santa, base di ogni educazione cristiana. Sarà per me
grande gioia constatare sul luogo i benefici frutti fra le nostre buone
popolazioni.
PROGRAMMA
Ho ricordato
succintamente, fratelli e figli dilettissimi, i conforti che il Signore ha
preparato alla mia pochezza. Come veramente la Chiesa ci appare così come
castrorum acies ordinata, cioè come un esercito ordinato
per la battaglia (Cant., VI, 29): una battaglia tutta spirituale, ispirata
non da odio ma da amore, l'amore di Dio che ci spinge alla salvezza delle
anime da Lui create e redente.
E dopo d'averci esposta la missione del Vescovo, a lui conferita dal Divin
Salvatore, e il campo in cui egli viene ad esercitarla, sarà necessario
che io vi esponga quale sarà il programma del mio ministero episcopale?
Esso si presenta da sè. Non può essere altro che il compimento, il più
possibile esatto e completo, di quella divina missione, per il trionfo del
regno di Dio: conservarlo nelle anime che già lo sentono in se stesse,
diffonderlo fra coloro che ancora non vi appartengono, o non lo hanno
attuato in se stessi in tutta la sua pienezza; far sì che la stessa vita
sociale vi rimanga sempre fedele; difendere questo regno di Dio nelle
anime da ogni insidia di falsi profeti, da ogni artifizio del demonio. E
per questo nobilissimo ideale, spendere senza riserve tutte le mie povere
forze, ed insieme le vostre, che a me spetterà stimolare, guidare,
sostenere: secondo un'espressione magnifica dell' Apostolo Paolo, che
così bene esprime tutto il suo zelo generoso: " Impendar et
superimpendar ipse pro animabas vestris": darò tutto il mio, e darò
di più di me stesso per le vostre anime (II Cor., XII, 15); in tutto
guidato da un unico motivo: la gloria di Dio ed un amore vero, paziente,
misericordioso, per le anime.
SALUTI
Ed ora non mi resta che
porgere il mio deferente saluto a tutti coloro che hanno il diritto di
averlo in questo momento da me.
Ho già esposto a voi, figli dilettissimi, come la sento nell'anima, tutta
la mia devozione al Vicario di Cristo capo augusto della Chiesa. A lui qui
ripeto il mio omaggio riverente, colla promessa di ubbidienza ed adesione
senza riserve.
Un saluto che mi vien dal profondo del cuore alla santa Chiesa rr4lanese
che mi fu madre, colle sue gloriose tradizioni, colla sua vita
profondamente cristiana, colle sue istituzioni, col suo Clero che ho
fraternamente amato; coi suoi Seminari da cui ripeto la mia formazione
spirituale nei lunghi anni passativi come seminarista e come insegnante;
col venerando Capitolo.
E' il saluto di un figlio che parte coll'animo pieno di commozione, ma che
porta con sè, nel ricordo, nell'affetto, tutto il tesoro da cui
materialmente si allontana.
Ed in modo speciale questo saluto deferente, pieno di riconoscenza e di
venerazione, va all'Eminentissimo Cardinale Arcivescovo, che, già padre
mio per l'autorità, lo è poi testè divenuto un'altra volta in modo più
intimo generandomi all'Episcopato. Egli ha voluto farmi oggetto della sua
benevolenza chiamandomi presso di sè e così, nei disegni della
Provvidenza, mi ha preparato alla sua scuola ai doveri dell'Episcopato.
Non dimenticherò i suoi esempi di quella vita apostolica che edifica
tutti i figli di Ambrogio: lieto che la mia nomina ad una Diocesi
suffraganea mantenga ancora in me verso lui caro rapporto di colleganza e
di subordinazione.
Lasciando Milano per venire alla mia diletta Chiesa bresciana, rendo
omaggio di venerazione alla gloriosa serie dei Vescovi che mi hanno
preceduto, dai 28 santi che la Chiesa ha glorificato, ai miei più
immediati antecessori, le figure indimenticabili di Monsignor Corna
Pellegrini e di Monsignor Gaggia: di quest'ultimo principalmente, di cui
ricordo la veneranda, imponente figura e la cara, interessante
conversazione, e non potrò dimenticare l'illuminato patriottismo, lo
zelo, la bontà, la fermezza.
Vada il mio omaggio a coloro che ci governano, dirigendo le sorti della
patria nostra: all'Augusto Sovrano, al Capo del Governo, che ha avuto
l'alto merito di aver compreso il vero bene della Nazione, riconciliandola
colla Chiesa Cattolica e l'augusto suo Capo, riportando il matrimonio
cristiano alla sua dignità, e ricollocando l'educazione della gioventù
italiana sulle basi dell'istruzione religiosa.
E dopo di lui, porgo il deferente saluto alle autorità politiche,
giudiziarie, militari, cittadine. La buona armonia fra le diverse
autorità servirà certo a rendere più completo, nelle sue diverse
manifestazioni, il bene delle nostre buone popolazioni, che tutti
desideriamo.
Ho ricordato sopra, fra gli aiuti preziosi che il Vescovo ha a sua
disposizione, il venerando Capitolo della Cattedrale, la Curia Vescovile,
i Parroci, il Clero tutto, il venerando Seminario coi suoi Superiori ed i
suoi chierici, i religiosi e le religiose, l'azione cattolica, le scuole
di catechismo.
A tutte queste istituzioni ed a coloro che le compongono, il mio saluto
paterno, tanto più sentito, perchè misto a riconoscenza per quello che
fanno in mio aiuto per il bene delle anime.
In modo specialissimo voglio qui ripetere il mio saluto rispettoso e
fraterno al venerando e prezioso collaboratore nel governo della Diocesi,
l'Eccellentissimo Mons. Bongiorni.
Ed infine il mio saluto, pieno di tanto affetto, va a tutto il mio popolo,
ai fedeli, e specialmente alla gioventù dell'uno e dell'altro sesso, cara
speranza dell'avvenire, tanto più cara perchè collocata in mezzo a tanti
pericoli di traviamento; ai poveri che sentono il disagio delle tristi
condizioni in cui si trovano ormai tutte le nazioni: ai malati e
sofferenti.
Ed anche il mio saluto va a coloro che sono lontani dalla fede e dalla
pratica della vita cattolica o perchè ostili, o perchè indifferenti.
Anche queste pecorelle mi appartengono, et illas oportet me
adducere (Jo., X, 16) prego per tutti loro: sarà mia grande gioia
poter raccoglierli nell'ovile di Cristo.
BENEDIZIONI
Ed ora, in attesa di
essere presto tra voi, invoco sopra di me e sopra di voi, figli
dilettissimi, le benedizioni del Signore nostro Gesù Cristo, della
Vergine santa, avvocata potente e venerata delle terre bresciane, dei
gloriosi protettori Santi Faustino e Giovita, degli altri santi martiri e
Vescovi nostri.
Milano, 21 gennaio
1934.
|