Era la
sera del 19 agosto 1964, esattamente cinquant'anni fa, quando il buono e
mite monsignor Giacinto Tredici, vescovo di Brescia da trentun anni, dopo
una vita spesa per il bene della sua gente, «s'addormentò nel Signore».
Accanto a lui, come sempre, c'era monsignor Angelo Pietrobelli, suo
segretario e «longa manu» della sua straordinaria carità.
LE CAMPANE della città suonarono a lutto e il Vescovado - «la casa del
Vescovo, che durante la guerra fu la sola casa appartenente a tutti, ma
proprio a tutti», come scrisse Padre Giulio Bevilacqua - divenne meta
incessante di prelati, monsignori, preti, autorità e, soprattutto, di
umilissima gente, il popolo che lui aveva beneficato e ricolmato di
attenzioni.
Il 22 agosto, dopo le solenni esequie celebrate alla presenza di una
grande folla, monsignor Giacinto venne sepolto nella «sua» Cattedrale.
Papa Paolo VI trasmettendo il suo cordoglio alla Diocesi («a noi
dilettissima», scrisse nel telegramma) definì il vescovo Giacinto
«padre amoroso, pastore vigile, modello di elette virtù».
Per padre Bevilacqua «la vita di quel vescovo non fu che dono: dono di
sé, dono della sua anima, del suo tempo, del suo spazio…». Per
monsignor Luigi Fossati, illuminato storico della Diocesi, «trent'anni di
saggio governo e dedizione incondizionata alla Chiesa bresciana in momenti
carichi di difficoltà e ricchi di storiche e spesso dolorose vicende
fanno di monsignor Tredici una delle più nobili figure nella lunga serie
dei vescovi bresciani».
MONSIGNOR Giacinto Tredici (nato a Milano il 23 maggio 1880, ordinato
presbitero nel 1902, filosofo e teologo, insegnante in Seminario, parroco
all'ombra della Madonnina e poi, chiamato dal cardinale Schuster, Vicario
generale della Diocesi fino al momento della sua nomina a vescovo di
Brescia), fu vescovo di Brescia per trentun anni (nominato da Papa Pio XI
il 23 dicembre 1933, consacrato il 6 gennaio 1934 nel Duomo di Milano,
fece il suo ingresso in Diocesi il 3 febbraio 1934) fu da tutti
considerato l'uomo della provvidenza, il pastore buono e caritatevole, il
prete mite e pensoso, però mai disposto a rinunciare a lottare per il
bene della sua gente. Monsignor Giacinto caratterizzò il suo episcopato
con tre visite pastorali. Nella prima, durata dal 1934 al 1940, visitò
ogni si gola parrocchia viaggiando per mulattiere e strade ancora
impraticabili a dorso di mulo; nella seconda, durata dal 1943 al 1950,
portò il suo conforto alle popolazioni devastate dalla guerra e dal
regime spingendole a farsi carico della ricostruzione materiale e morale;
nella terza, durata dal 1954 al 1962, anticipando il vento del Concilio,
andò a verificare gli impegni e a spiegare il senso dell'essere
parrocchia-comunità.
Durante gli anni bui del fascismo, monsignor Tredici si oppose
all'assurdità del regime con la sua autorevolezza e la forza del Vangelo;
durante la guerra trasformò l'Episcopio in un centro di aiuto, di cura e
di assistenza; dopo l'otto settembre 1943 ampliò la generosità fino al
punto di trasformare la sua residenza in un rifugio sicuro per
perseguitati e sbandati; poi, fino alla Liberazione, assicurò il
collegamento tra famiglie e reduci, con gli internati nei campi di
concentramento nazista, con i poveri e i disperati, con la gioventù alla
quale gli eventi avevano sottratto qualsiasi speranza, con gli ammalati
sparsi nei vari ospedali per i quali aveva attenzioni e premure
quotidiane. Alla fine della guerra si adoperò in ogni modo per favorire
la rappacificazione tra le persone, per dare il via alla ricostruzione di
case, chiese, scuole e fabbriche distrutte dai bombardamenti, per
assicurare alla nuova classe dirigente il suo sostegno e la sua
benedizione.
«SENZA L'AIUTO del vescovo monsignor Tredici - disse il Sindaco Bruno
Boni ricordando la sua opera e il suo impegno ai giovani - non saremmo
andati da nessuna parte. Infatti, senza mai apparire e senza mai imporre
il suo punto di vista, quel nobile e mite vescovo, seppe indicarci la
strada migliore da percorrere e, soprattutto, i modi con cui affrontare il
grande tema della ricostruzione di coscienze troppo a lungo offese dalla
dittatura, dall'odio e dalla guerra". All'inizio degli anni
cinquanta, in occasione dell'inaugurazione del nuovo Ospedale Civile,
monsignor Tredici, dopo aver dettato una sublime lezione sulla
"carità che diventa pane, speranza e misericordia, definì le linee
della buona assistenza ospedaliera: "Considerare il malato fratello e
amico, vedere la malattia come una prova da vincere insieme, avere il
coraggio di stare dalla parte del sofferente, fare anche l'impossibile
perché la luce della speranza non debba mai spegnersi, accompagnare la
sofferenza con gesti, cure e, soprattutto, con parole in grado di
illuminare la mente e i passi che si debbono compiere. Solo così -
aggiunse - daremo un senso compiuto alla nuova struttura di ricovero e
cura, all'essere Chiesa, al vivere pienamente la comunità
cristiana". Alle suore Ancelle della Carità destinate all'Ospedale,
monsignor Tredici impose di "essere sempre testimoni della bontà di
Cristo"; ai dirigenti raccomandò di avere "pietà e
umanità" verso chiunque; al sindaco Boni, che lo affiancava nella
cerimonia inaugurale, chiese di fare tutto il possibile per far crescere
la "buona pianta di un volontariato generoso e pronto a caricarsi del
peso della sofferenza".
MONSIGNOR Giacinto Tredici introdusse nel quotidiano della Diocesi i
"Piccoli Sinodi" (riunioni diocesane e vicariali dedicate ai
problemi pastorali emergenti), incentivò la pratica degli esercizi
spirituali e dei ritiri per il clero e per i militanti dell'Azione
Cattolica, promosse le "missioni cittadine" (nel 1934, nel 1952
e nel 1958), appoggiò incondizionatamente i "congressi"
eucaristici (nel 1938, insieme a monsignor Giovanni Battista Montini,
futuro Papa, partecipò all'internazionale ospitato a Budapest) e mariani.
Durante il suo episcopato il vescovo Tredici salutò la beatificazione (26
maggio 1940) e poi la canonizzazione (12 giugno 1954) di Maria Crocifissa
Di Rosa, fondatrice delle Ancelle della Carità; vide concretizzarsi la
canonizzazione di Bartolomea Capitanio e Vincenza Gerosa (1950) e le
beatificazioni di frate Innocenzo da Berzo, di Teresa Eustochio Verzeri e
di Maddalena di Canossa; introdusse i processi canonici, anticamera della
santità, di padre Piamarta, di madre Cocchetti, delle sorelle Girelli, di
Giuseppe Tovini, di don Arcangelo Tadini, di don Bosio e di monsignor
Mosè Tovini.
IN TRENTUN ANNI di episcopato monsignor Giacinto firmò ben venticinque
lettere pastorali, ognuna legata al suo tempo, tutte protese a far
comprendere alla gente la grandezza del Vangelo («sono scritti - annotò
il cardinal Montini nella prefazione del volume che le raccoglieva - che
non si presentano nella maestà della teoria e della cattedra, ma che si
offrono nella semplicità propria della scuola pastorale»), creò una
trentina di nuove parrocchie, costruì palazzo San Paolo (dando casa
sicura all'Azione Cattolica), collaborò attivamente e proficuamente alla
nascita dei nuovi villaggi immaginati e costruiti da padre Marcolini,
fondò in Burundi la missione bresciana di Kiremba, inviò i primi
missionari «fidei donum», appoggiò opere assistenziali e benefiche,
riordinò il collegio Arici e preparò l'avvento dell'Università
Cattolica, rafforzò i sindacati di ispirazione cattolica, aiutò le Acli
e altre associazioni ispirate dalla dottrina sociale della Chiesa a
crescere e a diffondersi, favorì il rilancio delle editrici cattoliche
bresciane e, soprattutto, non smise mai di stare accanto e dalla parte
della gente.
Oggi, giorno anniversario della sua morte, non sono previste celebrazioni
particolari. Invece, si farà solenne memoria del vescovo Tredici durante
l'annuale convegno del clero, già programmato nei primi giorni di
settembre. In quell'ambito il vescovo Monari presiederà la celebrazione
di suffragio e monsignor Gabriele Filippini, rettore del Seminario,
detterà la commemorazione.
Luciano Costa
Maurilio Lovatti, Giacinto
Tredici vescovo di Brescia in anni difficili, Fondazione Civiltà
Bresciana, Brescia 2009, pag. 451, € 20
Giacinto
Tredici, vescovo di Brescia in anni difficili
Maurilio
Lovatti Indice generale degli scritti
Maurilio
Lovatti Scritti di storia locale
Maurilio Lovatti, Giacinto Tredici
vescovo di Brescia in anni difficili, Fondazione Civiltà Bresciana,
Brescia 2009, pag. 451, € 20 |