Concludiamo l'esame della Legge 10 con
le modifiche che essa ha introdotto nella legge 865 (la cosiddetta
"riforma della casa"). L'articolo 2 eleva dal 60% al 70% la
quota massima del fabbisogno complessivo di abitazioni soddisfacibile
mediante edilizia economica e popolare e per la prima volta pone un limite
minimo: l'estensione delle aree da includere nei piani per l'edilizia
economica popolare non potrà essere inferiore a quella necessaria a
coprire almeno il 40% del fabbisogno complessivo del Comune.
L'approvazione di questa norma, assente nel progetto Bucalossi, di fatto
è un significativo riconoscimento della linea tendente a sottrarre
progressivamente alla speculazione e al profitto l'incontrastato dominio
sul mercato delle abitazioni, che le sinistre da anni portano avanti con
scarsi risultati per la corposa opposizione democristiana.
E stata aumentata al 50% la maggiorazione sul prezzo di esproprio che il
Comune può concedere ai proprietari che non ricorrono contro il decreto
regionale di esproprio. La primitiva maggiorazione del 10% contemplata
dalla 865 era già stata portata al 30% dalla legge n. 247 del 27-6-1974.
I valori medi agricoli ai quali commisurare l'indennità di esproprio non
sono più determinati dall'ufficio tecnico erariale (comunemente noto come
catasto), ma da una commissione formata da un rappresentante della
provincia, uno dell'U.T.E., uno del Genio civile, uno dello I.A.C.P., da
due esperti urbanistici nominati dalla regione e da tre esperti agricoli
anch'essi nominati dalla regione, ma su proposta dei sindacati. Ma la
modifica più rilevante riguarda i coefficienti moltiplicativi del valore
agricolo per la determinazione del prezzo di esproprio per le aree ubicate
all'interno del perimetro edificato. La 865 prevedeva da 4 a 5 nel centro
storico (da 2 a 4 se la città avesse meno di 100.000 abitanti) e da 2 a
2,5 nella residua zona interna al centro edificato (da 1,1 a 2 con meno di
100.000 abitanti). La legge 10 non distingue più tra centro storico e la
rimanente parte del centro edificato, ma stabilisce un coefficiente da 4 a
10 (da 2 a 5 con meno di 100.000 abitanti). Abbiamo quindi, da un lato, un
aumento del costo di esproprio e dall'altro una maggiore discrezionalità
del Comune, essendo aumentato il divario tra coefficiente minimo e
massimo. Sul primo punto non si possono nascondere le preoccupazioni,
specie se si considera l'accentuata dinamica verso l'alto che gli U.T.E.
hanno impresso ai valori agricoli medi. Per la nostra provincia, l'ultimo
incremento deciso, rispetto all'anno precedente, è del 40-45% in media,
ben più elevato del tasso medio di inflazione (22% circa). L'andamento di
questi valori può dare l'idea della miopia (per usare un eufemismo) del
nostro assessore all'urbanistica, che non ha mai voluto dare impulso alle
procedure di esproprio, almeno per le piccole e medie aree verdi ancora
esistenti nelle zone altamente edificate, nonostante le ripetute e
motivate sollecitazioni dei consigli di quartiere e il limitato impegno
finanziario che queste richiedevano.
Quando si arriverà al dunque, si otterrà l'unico risultato di gravare
più pesantemente sulla già non brillante situazione finanziaria del
nostro Comune (a meno che non si ipotizzi di rinviare in eterno
l'attuazione del piano regolatore). In merito al secondo aspetto, va
deciso se la discrezionalità del Comune debba essere rapportata con
parametri oggettivi alla ubicazione delle aree da espropriare, o invece
vada applicata caso per caso, tenendo conto delle condizioni economiche
del proprietario da espropriare. Tra le due è senz'altro auspicabile la
seconda, anche se però è necessario un grande controllo democratico per
evitare abusi e favoritismi. Una soluzione più radicale, che propongo,
potrebbe essere quella di decidere di applicare sempre il coefficiente
minimo che porta comunque a prezzi non certo miserabili (circa 3.500 lire
il mq., che poi diventano circa 5.000 con la maggiorazione del 50% cui si
è fatto precedentemente cenno). Si pensi che tre anni fa, si stimava un
prezzo di esproprio attorno alle 900 lire il mq. (sempre entro il
perimetro edificato). L'ultimo contenuto della legge 10 che mi pare
significativo mettere in evidenza riguarda le sanzioni amministrative.
Prima della legge, per le opere senza licenza o parzialmente abusive, il
Comune aveva la possibilità di scelta tra imporre la demolizione o
accettare il pagamento di una multa pari al valore di mercato della
costruzione abusiva. Oggi, se la costruzione è totalmente abusiva, il
proprietario è invitato a procedere alla demolizione a sue spese. In
mancanza, il Comune acquisisce completamente gratis la costruzione abusiva
e anche l'area su cui essa insiste. Se la costruzione è parzialmente
abusiva, rimane la multa, ma tale multa è pari al doppio del valore della
parte abusiva di costruzione.
Maurilio Lovatti
I precedenti articoli sulla legge numero 10 e il
regime dei suoli sono stati pubblicati rispettivamente giovedì 9 giugno
("Legge sui suoli: un notevole passo avanti") e sabato, 18
giugno ("Un'arma di controllo in mano ai comuni").
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