Maurilio Lovatti Materiali di storia per gli studenti Brani dai testi risorgimentali (a cura di Franco Manni)
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Mazzini: I fratelli Bandiera, Londra, ottobre 1844. A JACOPO RUFFINI,
A te, fratello mio
d'amore, io dedico, venerando, queste poche pagine scritte col nome tuo
sulle labbra, colla santa tua immagine davanti agli occhi dell'anima. Io
non trovo qui sulla terra, fra quei ch'hanno concetto di fede e costanza
di sacrificio, creatura che ti somigli. Credo in un Dio, in una vita futura, e nell'umano progresso: accostumo ne' miei pensieri di progressivamente riguardare all'umanità, alla patria, alla famiglia ed all'individuo; fermamente ritengo che la giustizia è la base d'ogni diritto; e quindi conchiusi, è già gran tempo, che la causa italiana non è che una dipendenza della umanitaria, e prestando omaggio a questa inconcussa verità, mi conforto intanto delle tristizie e difficoltà dei tempi colla riflessione che giovare all'Italia è giovare all'Umanità intera. (Attilio Bandiera a Mazzini) Attilio era marito e padre; ma la missione da Dio commessagli d'educare un'anima al bene gli era di sprone, anzichè di ritegno, all'impresa; e la donna del suo core, oggi morta, come dirò, di dolore, era degna di lui e partecipe, quanto conveniva, de' suoi segreti. Oggi, generalmente parlando, non s'ama. L'amore, la più santa cosa che Dio abbia dato all'uomo come promessa di sviluppo di vita, s'è fatto, sotto l'ugne d'arpia del secolo profanatore, una lordura di sensi, un bisogno febbrile, un istinto di bruti: la famiglia, simbolo del modo con che si compie nell'universo l'incessante operazione di Dio e germe della società s'è convertita in una negazione d'ogni vocazione, d'ogni dovere sociale: il maschio e la femmina hanno cancellato l'UOMO e la DONNA. Le povere madri in Italia, schiave anch'esse d'una tristissima educazione e nulle nell'ordinamento sociale, predicano trepidanti ai figli la sommessione al potente qualunque ei sia; i padri che sanno come al limitare d'ogni famiglia veglia una spia, li ammaestrano alla diffidenza e all'isolamento, e le fanciulle innamorate balzano di gioia quando alle loro istanze s'odono rispondere dall'amato: io vivrò per te sola; poi d'amanti beate di frenesie senza nome riescono per più infelicissime mogli, perch'io ho sempre veduto mariti pessimi e tiepidi amici i pessimi tra' cittadini. Ma se ogni amica rispondesse al frenetico o forse ipocrita amante: "Tu non devi vivere, ma gioire in me e per me sola, e in me sola confortarti ne' tuoi patimenti: noi dobbiamo fare delle nostre due vite una sola vita più potente d'intelletto e d'amore, un solo continuo sacrificio al grande, al bello, al divino, una sola continua aspirazione, un solo moto verso l'eterno Vero;" - se i padri definissero la vita ai figli, non come la ricerca del piacere quaggiù, bensì come preparazione, per mezzo di doveri adempiti, a uno stadio di sviluppo superiore; - se le madri, che pur si dicon cristiane, meditassero più sovente e ripetessero ai nati da loro alcune delle parole di Cristo e tutto quel libro de' Maccabei che par dettato per gl'Italiani - adempirebbero tutti, meglio ch'oggi non fanno, ai debiti dell'amore, e l'Italia non avrebbe da piangere ad ogni tanto i migliori, tra' suoi cittadini spenti ad uno ad uno isolatamente di morte violenta sul palco o di lenta consunzione d'anima nell'esiglio. Parmi che tutti i grandi profeti d'affetto da Platone a Schiller, e sovra tutti i nostri sommi Italiani e fra gl'Italiani Dante, che avea tanto amore nell'anima da infiammarne due o tre delle nostre generazioni pigmee, intendessero quei due santi vocaboli di famiglia e d'amore in un modo diverso assai da quel d'oggi, e parmi che i credenti in un'anima immortale - dacchè dei materialisti, nei quali l'amore è necessariamente cosa schifosa o contradizione, non parlo - non possano amare se non immedesimando l'amore coll'adorazione del Vero e presentando all'ente ch'essi amano, simboleggiato nell'anima loro, il più alto spettacolo di virtù ch'essi possano. Tolga Iddio ch'io mova il più lieve rimprovero alla madre d'Attilio e d'Emilio: dico solo - e vorrei ch'essa potesse leggere queste linee - che qui o altrove essa intenderà un giorno come i figli l'amavano più che mai quando ricusavano, benchè trasmesso da lei, il perdono dell'arciduca Ranieri. "Intanto cominciano
i supplizii in Bologna! Non sarebbero dunque davanti all'Eterna Giustizia
i delitti dei nostri padri ancora scontati? Checchè ne sia, aspiriamo
almeno a legare alla generazione ventura l'esempio d'una inconcussa
perseveranza. - Fidando sempre sulla nota lealtà delle poste inglesi,
potete indirizzar qui al mio nome le vostre lettere. Addio. Nicola Fabrizi a Emilio Bandiera:
[Nicola Ricciotti ]e scrisse annunziando la sua determinazione ai figli - perch'ei s'era ammogliato giovanissimo ed era padre - le linee seguenti, fra le pochissime che a me rimangon di lui: "Eccomi giunto ad uno dei momenti più tristi della mia vita e forse al più decisivo per me. Un cumulo di ragioni mi costringono ad abbandonare la Francia, ad allontanarmi più ancora da voi. Mille privazioni m'attendono, infiniti pericoli circondano il sentiero che devo scorrere, la morte stessa è forse là per colpirmi. L'amore ch'io m'ebbi per voi, e che per lontananza non s'è giammai diminuito, il dovere di padre e di buon cittadino non mi permettono di dare esecuzione al mio divisamento senza ricordarmi di voi e senza darvi alcuni precetti ch'io spero vorrete adempiere. Se mi è riserbata una sorte crudele, se dovessi mai esser rapito al vostro affetto, conservate memoria di me, la mia sventura non vi sgomenti, e sia questo mio scritto un documento della mia tenerezza per voi. Onorate, voi lo sapete, furono le cagioni che togliendomi alla patria, mi condannarono a languire sulla terra straniera. La condizione d'Italia è così crudele, così basso è ora caduta questa terra un dì sì gloriosa, che qualunque tra i suoi figli ha sensi d'onore, qualunque sente nel suo cuore l'offesa che i despoti fanno alla dignità nazionale italiana, qualunque ama la libertà e la virtù, è condannato a trascinare nell'esiglio i suoi giorni se ha ventura di sottrarsi alla prigione o alla morte. Noi siamo martiri della causa d'Italia, ma il nostro patire prepara alla patria giorni di libertà e di trionfo. Chi ingiustamente ora ci opprime sarà alla sua volta oppresso, e gli Italiani vincitori sapranno usare con magnanimità della riportata vittoria. Intanto, io parto per la Spagna; combatterò anche una volta per la causa della libertà, e se il destino mi è propizio, metterò a profitto d'Italia le cognizioni che avrò acquistate. Voi, miei figli, dirizzate sulle mie tracce i vostri passi; fate ch'io abbia almeno il conforto di sapere che lascio in voi degli imitatori, e che l'Italia potrà calcolare su voi come su di me" "La mattina del
giorno fatale furono trovati dormendo. S'abbigliarono con somma cura, e
per quanto potevano con eleganza, come se s'apparecchiassero a un atto
solenne religioso. Un prete venne per confessarli; ma essi lo respinsero
dolcemente( ) dicendogli: ch'essi, avendo praticato la legge del Vangelo e
cercato di propagarla anche a prezzo del loro sangue fra i redenti da
Cristo, speravano d'esser raccomandati a Dio meglio dalle proprie opere
che dalle sue Parole, e lo esortavano a serbarle per predicare ai loro
oppressi fratelli in Gesù la religione della Libertà e dell'Eguaglianza.
S'avviarono col volto sereno e ragionando tra loro al luogo
dell'esecuzione. Giunti, e apprestate l'armi dei soldati, pregarono che si
risparmiasse la testa, fatta ad immagine di Dio. Guardarono ai pochi muti,
ma commossi circostanti, gridarono: VIVA L'ITALIA! e caddero morti".
DEI
DOVERI DEGLI UOMINI
Tutti gli affètti che
stringono gli uomini fra di loro e li portano alla virtù sono nòbili. Il
cinico, che ha tanti sofismi contro ogni generoso sentimento, suole
ostentare filantropia per deprimere l'amor patrio. t'avverrà di sentir
particolare simpatia per altri, le cui virtù ti saranno meno note,
massimamente per giovani d'età eguale o poco divèrsa dalla tua. Dacchè il puoi, t'è
sacro debito coltivare l'ingegno. Ti renderai più atto ad onorare Dio, la
patria, i parènti, gli amici. Mirabil cosa! tutti gli
stati, dai più sublimi sino a quello dell'umile artigiano, hanno la loro
dolcezza ed una vera dignità. Basta voler nutrire quelle virtù che in
ciascuno stato son dovute. Sicuramente, nella
società umana i mèriti non vèngono sèmpre premiati con èque
proporzioni. Chi lavora egregiamente, ha spesso tal modèstia da non
sapersi far conoscere, e spesso vièn tenuto nascosto o denigrato da mediocri
audaci che in fortuna agognano superarlo. Il mondo è così, ed in ciò
non è sperabile che muti. Quando conosci d'aver
commesso un torto, non esitare a ripararlo. Soltanto riparandolo avrai la
cosciènza contenta. L'indugio della riparazione incatena l'anima al male
con vincolo ogni dì più forte e l'avvezza a disistimarsi. E guai
allorchè l'uomo internamente si disistima! Guai allorchè finge stimarsi,
sentèndosi nella cosciènza un putridume che non dovrebb'èssere! Guai
allorchè crede che, avendo tal putridume, non siavi più altro a fare che
dissimularlo! Ei non ha più un grado fra i nobili ènti; egli è un astro
caduto, una sventura della creazione. Ma avanti d'uscire dal
celibato, riflètti bène se nol dovresti preferire. Chi ama egrègia donna
non pèrde il tèmpo a corteggiarla servilmente, a pascerla d'adulazioni e
di vani sospiri. Ella ciò non soffrirebbe. Ella vergognerebbesi d'avere
per amante un ozioso, uno sdolcinato; ella non sa apprezzare se non
l'amicizia dell'uomo schiètto, dignitoso, meno sollecito di parlare
d'amore che di piacerle con lodevoli principii e lodevoli fatti. Se un giovine di bèlle
speranze pone in te la sua fiducia, siigli generoso amico, soccorrigli con
rètti e forti consigli, non adularlo mai, applaudi sì alle sue lodevoli
azioni, ma ritiralo con vigoroso biasimo dalle indegne. Ma principalmente se tu
vedi il mèrito opprèsso, ti adopera con tutte le forze a rialzarlo: o se
ciò non puoi, t'adopra almeno a consolarlo ed a rèndergli onore. Con tutti coloro coi quali t'occorre trattare usa gentilezza. Essa, dettandoti manière amorevoli, dispone veramente ad amare. Chi s'atteggia burbero, sospettoso, sprezzante, dispone sè a malevoli sentimenti. La scortesia produce quindi due gravi mali: quello di guastar l'animo a colui che l'esprime, e quello d'irritare od affliggere il prossimo. La supèrbia e l'ira non
s'accordano colla gentilezza, e quindi non è gentile chi non ha
l'abitudine d'èssere umile e mansuèto. "Se vi è sentimento che
distrugga il disprèzzo insultante per gli altri, è l'umiltà certamente.
Il disprèzzo nasce dal confronto con gli altri e dalla preferènza data a
sè stesso: ora come questo sentimento potrà mai prendere radice nel cuore
educato a considerare e a deplorare le proprie miserie, a riconoscere da
Dio ogni suo mèrito, a riconoscere che, se Dio non lo rattiène egli
potrà trascorrere ad ogni male?" (Vedi Manzoni nel suo eccellente
libro Sulla Morale Cattolica)....Reprimi continuamente i tuoi sdegni, o
diverrai aspro ed orgoglioso. Se una giust'ira può èssere opportuna,
ciò avviène in rarissimi casi. Chi la crede giusta ad ogni tratto, copre
con maschera di zèlo la propria malignità.....Questo difètto è
spaventevolmente comune. Parla con venti uomini a tu per tu; ne troverai
diciannove, ciascuno de' quali si sfogherà teco a dirti i pretesi
generosi suoi frèmiti vèrso questo e quello. Tutti sembrano ardere di
furore contro l'iniquità come se soli al mondo fossero retti. Coraggio sempre! senza
questa condizione, non vi è virtù. Coraggio per vincere il tuo egoismo e
diventar benefico; coraggio per vincere la tua pigrizia e proseguire in
tutti gli studi onorevoli; coraggio per difèndere la patria e protèggere
in ogni incontro il tuo simile; coraggio per resistere al mal esèmpio ed
alla ingiusta derisione; coraggio per patire e malattie e stènti ed angosce
d'ogni spècie senza codardi lamenti; coraggio per anelare ad una
perfezione cui non è possibile giungere sulla tèrra, ma alla quale se
non aneliamo, secondo il sublime cenno del Vangèlo perderemo ogni
nobiltà. Ama la vita! ma amala non
per volgari piaceri e per misere ambizioni. Amala perciò che ha
d'importante, di grande, di divino! Amala perchè è palèstra del
mèrito, cara all'Onnipotènte, gloriosa a lui, gloriosa, e necessaria a
noi! Amala ad onta de' suoi dolori, ed anzi pe' suoi dolori, giacchè son
essi che la nobilitano, essi che fanno germogliare, crescere e fecondare
nello spirito dell'uomo i generosi pensièri e le generose volontà!
Ippolito Nievo, Confessioni di un Italiano (1861)
Si direbbe che la Pisana m'avesse stregato, se la ragione dello stregamento io non la leggessi chiara nell'orgoglio in me continuamente stuzzicato a volerla spuntare sugli altri pretendenti. Mi vedeva il preferito piú di sovente e sopra tutti; voleva esserlo sempre. Quanto al sentimento che mi portava a voler ciò, era amore del piú schietto; amore che crebbe poi, che mutò anche tempra e colore, ma che fin d'allora mi occupava l'anima con ogni sua pazzia. E l'amore a dieci anni è tanto eccessivo come ogni altra voglia in quella età fiduciosa che non conobbe ancora dove stia di casa l'impossibile. Sempre d'accordo che qui la carestia delle parole mi fa dir amore in vece di quell'altro qualunque vocabolo che si dovrebbe adoperare; perché una passione tanto varia, che abbraccia le sommità piú pure dell'anima e i piú bassi movimenti corporali, e che sa inchinar quelle a questi, o sollevar questi a quelle, e confonder tutto talvolta in un'estasi quasi divina e tal altra in una convulsione affatto bestiale, meriterebbe venti nomi proprii invece d'un solo generico, sospetto in bene o in male a seconda dei casi, e scelto si può dire apposta per sbigottire i pudorati e scusare gli indegni. Dissi dunque amore e non potea dir altro; ma ogniqualvolta mi avverrà di usare un tal vocabolo nel decorso della mia storia, mi terrò obbligato ad aggiungere una riga di commento per supplire al vocabolario Da ciò rappresaglie private continue, e servilità nei Comuni ai feudatari vicini, piú dannosa e codarda perché non necessaria; ma necessaria in questo, che una legge naturale fa i deboli servi dei potenti. Non sempre a torto fummo tacciati noi Italiani di dissimulazione, d'adulazione, e d'eccessivo rispetto alle opinioni e alle forze individuali. Il signor Antonio Provedoni era ossequioso alla nobiltà per sentimento, non servile per dappocaggine. La sua famiglia avea camminato sempre per quella via, ed egli non pretendeva di cambiare l'usanza. Però quel suo ossequio, prestato ma non profuso, lo facea guardar dalla gente con occhio di rispetto; e cosí l'andava allora, che il non far pompa di vigliaccheria era riputato grande valore di animo. Pure con ciò non voglio dire ch'egli resistesse alla smoderatezza dei castellani vicini; solamente non le andava incontro colle offerte, ed era molto - Io non ho paura altro che dei mali che mi son toccati davvero; - rispose Leopardo - ed anco di quelli non mi prendo gran soggezione. Agli altri poi non penso nemmeno; e siccome fino ad ora non son morto mai, cosí non avrei la menoma paura di morire, anco se mi vedessi spianata in viso una fila di moschetti! Bella questa di farsi paura d'un male che non si conosce! Non ci vorrebbe altro! Moltissimi credono, e a buon diritto, che l'amore eterno e fedele sia il migliore; e perciò solo s'appigliano a quello. Ma per radicarsi stabilmente nel petto un gran sentimento, non basta saperlo e crederlo ottimo, bisogna sentirsene capaci. I piú, se ponessero mente in ciò, non porgerebbero nei fatti loro tante buone ragioni di calunniare la saldezza e veracità degli umani propositi. Gli è come se io scrittorello di ciance pensassi: "Ecco che il sommo vertice dell'umana sapienza è la filosofia metafisica; io dunque sono filosofo come Platone, e metafisico al pari di Kant". In vero bel ragionamento e proprio da schiaffi! Ma l'arroganza che non si permetterebbe ad alcuno negli ordini intellettuali, la permettiamo poi molto facilmente a noi medesimi nella stima dei sentimenti nostri; benché la paia ancor meno ragionevole perché il sentimento piú che l'intelletto sfugge al predominio della volontà. Nessuno oserebbe uguagliarsi a Dante nell'altezza della mente; tutti nell'altezza dell'amore. Ma l'amore di Dante fu anche piú raro che il suo genio; e pazzi sono gli uomini a stimarlo facile a tutti. La grandezza vera dell'anima non è piú comune della grandezza vera dell'ingegno Ma pensiamo che dentro di noi la giustizia ha un altare senza misteri. La coscienza ci assicura che meglio è la generosità colla miseria che la dappocaggine colla contentezza. Soffriamo adunque, ma amiamo. - Tornerò appena abbia odorato qualche cosa - risposi io con piglio autorevole, ché già fin d'allora mi sentivo uomo in quell'accolta di conigli Al 18 febbraio 1788 moriva il doge Paolo Renier; ma la sua morte non si pubblicò fino al dí secondo di marzo, perché il pubblico lutto non interrompesse i tripudii della settimana grassa. Vergognosa frivolezza dinotante che nessun amore nessuna fede congiungevano i sudditi al principe, i figliuoli al padre. Viva e muoia a suo grado purché non turbi l'allegria delle mascherate, e i divertimenti del Ridotto; cotali erano i sentimenti del popolo, e della nobiltà che si rifaceva popolo solo per godere con minori spese, e con piú sicurezza Dico che si farebbe atto di patria carità e prova d'indipendenza correndo incontro alle ottime intenzioni degli altri (riferito alla volontà del Direttorio francese e fine della Serenissima, da Nievo descritta marcia) Ero cresciuto buono buono buono; il mio temperamento rammollito dalla soggezione non cercava che pretesti per piegarsi e padroni per obbedire. Allora conobbi tutti i pericoli di quel lasciarsi correre a seconda delle opinioni, e degli affetti altrui; mi proposi per la prima volta di esser io, null'altro che io. Ci son riuscito in un cotale proponimento? A volte sí, ma piú spesso anche no. La ragione non è lí sempre apparecchiata a tirare in senso contrario all'istinto; talvolta complice ignara, talaltra anche maliziosamente ella usa mettersi dal lato del piú forte: allora ci crediamo forti e commettiamo delle viltà, tanto piú spregevoli quanto piú ignorate e sicure dalla disistima del mondo. Non c'è scampo, o speranza. Nell'indole del fanciulletto sta racchiuso il compendio il tema della vita intera: onde io non mi stancherò mai di ripetere: "O anime rettrici dei popoli, o menti fiduciose nel futuro, o cuori accesi d'amore di fede di speranza, volgetevi all'innocenza, abbiate cura dei fanciulli!" - Lí stanno la fede, l'umanità, la patria. - No, non morrai...
Pisana, Pisana! ti giuro che non morrai!... non si guardava tanto lontano e la carità patria cercava bisogni presenti da soddisfare, piaghe da sanare, desiderii da adempiere, non glorie remote da ravvivare, o vecchie eredità passive da raccogliere. Oh, se come dissi un'altra volta, noi non pretendessimo misurare col nostro tempo il tempo delle nazioni, se ci accontentassimo di raccogliere il bene che si è potuto per noi, come il mietitore che posa contento la sera sui covoni falciati nella giornata, se fossimo umili e discreti di cedere la continuazione del lavoro ai figliuoli ed ai nipoti, a queste anime nostre ringiovanite, che giorno per giorno si arricchiscono di quello che si fiacca si perde si scolora nelle vecchie, se ci educassero a confidare nella nostra bontà e nell'eterna giustizia, no, non sarebbero piú tanti dispareri intorno alla vita!
Luigi Settembrini, Ricordanze della mia vita In questo mondo, dove mia
zia mi ripeteva che rimanessi e ci troverei il buono, io non potevo più stare perch'io ero noiato e indispettito. "Oh questo che tu ci mostri
non era poi tutto il mondo: ma uno spicchio di esso, e forse non il più bello; in una città sì grande
dovevano essere altre brigate, dove c'era da apprendere." Forse c'erano, ma io non le so: questa ed altre poche
simili a questa io vidi allora, e ve l'ho dipinta come la vidi. Uomini non tristi ma inetti, donne non brutte
ma insipide, giovani frollati e Il soldato, il prete, ed
il maestro di scuola sono i soli uomini che fanno le rivoluzioni: il
soldato ed il prete hanno sinora comandato il mondo, il maestro di scuola attende la sua
volta, la quale verrà quando il mondo sarà guidato non dalla forza né dal sentimento, ma dalla
intelligenza: e pare che si avvicini perché oggi, risorgendo il popolo, prevale il maestro che deve sollevarlo
con la scuola. Gli uomini che fanno il mestiere di soldato, di prete, e di maestro di scuola sono pochi
e male retribuiti dell'opera loro: Goffredo
Mameli, La battaglia è cominciata, 19 marzo 1849 L'Europa direbbe: gli italiani del Tebro e dell'Arno non sono che grandi e impotenti fanciulli a cui si addice la sferza del pedagogo. Tornino un'altra volta sotto la tutela dell'Austria, sotto il bastone dei Proconsoli suoi; altra sorte dessi non meritano. Questo pur troppo direbbero i popoli tutti che ora vi stanno osservando con grande aspettativa. E i fratelli conculcati, indarno sperando nell'aiuto dei fratelli, maledirebbero ad un vano simulacro di libertà reso impotente per difetto di patria carità, d'energia, di opere. Potreste voi sopportare l'idea d'esser fatti ludibrio del mondo? Programma del nuovo "Diario del Popolo", 1848 E voi vedrete l'umana
famiglia che cammina nel suo cammino continuamente, logicamente, progressivamente attratta dalla legge di Dio che a mano a mano le si
rivela in una parola, in un fatto sensibile e poi in un altro e poi in un altro; se non che ad ogni passo la
parola diventa piú sublime, e l'idea traluce piú splendida dal fatto che la
ravvolge come fiamma chiusa
in un vetro che via via si fa piú trasparente. IL CRISTIANESIMO E LO SVILUPPO DEMOCRATICO DEL POPOLO, 1849 E noi crediamo che la
Religione si farà piú sublime e pura fra noi, liberandosi dai pensieri mondani che si sono infusi in lei come un germe di corruzione Sorgiamo tutti come un
solo uomo e corriamo alle pianure di Lombardia: i Sacerdoti col Cristo nelle mani sieno i primi a dare il religioso esempio di morire per
salvare la Patria. I vecchi difendano le mura, le donne prendano cura pietosa dei feriti, e come le
Spartane comandino ai figli di accudire al campo; dichiarando chi fugga indegno parto delle loro
viscere. Oro e gemme si portino al tesoro della patria: non è tempo di sontuosi ornamenti e di splendore
vano quando la patria versa in estremo pericolo. Se sarete avari, colla vita anche queste
suppellettili voi perderete, e impingueranno il bottino dell'abborrito Croato. La insurrezione sia universale, o popoli
delle belle pianure! Sí, la vittoria per noi è certa se ci risolveremo a morire, ma da "Romani" veri; gloria che fa la morte piú soave della vita. Alla poesia , 1845 Oh, quei che ha un cor
che palpita, LA NOTTE adolescenza
senza data Suonò l'ora Ma chi unifica è solo
l'amore: Appunti e Versi Gli appunti di GM: vari
libri della Bibbia, Byron, Parini, Ariosto, Dumas, Gibbon, Voltaire,
Foscolo, George Sand, Hugo, Sue, Seneca, M.me de Stael, Rousseau, Guizot,
Tito Livio, Lammenais, Platone, etc... STUDIAVA! Il savio vede il suo
cammin, lo stolto Ed il dolore anch'esso Per, direi cosí,
coltivarne la vita, non è necessario che l'amore per la nostra Società; e in ciò, perdonate ch'io il creda (non è, tutto al
più, che un errore prodotto da un buon desiderio), io non mi credo a niuno secondo. [Questi appunti, senza dubbio, furono presi per un discorso alla Associazione degli Studenti fondata da Goffredo: e pare da essi che ad ogni tratto si mutasse il presidente] Come parmi che gli
storici antichi, e tanto meno i moderni, siano lontanissimi dal trascurare
la legislazione e i legislatori, penso che il signor Castagnola piú che
degli encomii negati a questi, si lagni di quelli accordati agli uomini d'azione. /.../ Qui mi
giova ripetere che non è animo mio confutare le lodi che il signor
Castagnola tributa al progresso delle leggi, né per niun modo posporne il merito ai
fatti militari e violenti; ma solamente, mentre egli li osserva come due rami distinti, e quasi
opposti nella storia, a me paiono collegarsi vicendevolmente, o meglio non essere che due facce di
una cosa medesima. [idem, 1847] In un giorno ancor piú
triste del 1833, Jacopo Ruffini fu rinvenuto svenato in carcere, forse da sé stesso, per risparmiare agli
occhi materni la passione del patibolo; forse dai suoi carnefici, diceva mia madre, per timore
dell'infamia. Ci parlava di Giuseppe Mazzini, di Santorre Santarosa, dei Carbonari, della Giovine
Italia, e della patria nostra, che gli stranieri chiamavano la terra dei
morti! Io vi affermo sul mio onore che dalle labbra di lei ho appreso ad amare il nome d'Italia, come appresi dal carattere
austero ed incorruttibile di mio padre la religione del dovere. Poveri miei parenti! essi non
prevedevano allora che questi due grandi affetti sarebbero stati il drappo funebre del loro Goffredo!
/../Discorrendo di mia madre, il mio pensiero ricorre naturalmente a
Giuseppe Mazzini. Essi si conobbero da giovinetti: ma, piú ancora che da
questa breve dimestichezza di due fanciulli, io sono richiamato a lui da
una comunanza di sentimenti e di aspirazioni, che nella mente e nel cuore
di Giuseppe Mazzini divennero quella gran luce onde s'illuminò l'Italia
tutta, e a mia madre insegnarono a formar l'anima di Goffredo. Io di
Mazzini non voglio qui considerare l'opera politica, e le opinioni
particolari, intorno a cui molti e diversi possono essere i pareri. La
coscienza umana è un oceano sterminato, che nessuno giungerà mai a
percorrere tutto intiero. Come [il fratello Nicola
Mameli alla morte della madre nel 1884] "È una fatalità
gravitante sulle nazioni, cotanta diversità d'indole negli individui,
mentre [Giuseppe Garibaldi alla madre di GM] Mameli Goffredo era mio
aiutante di campo; piú, amico mio. Il mio cuore è ben indurito Giuseppe Mazzini
idolatrò: appena egli apprese a conoscere questo nome onorato, che la piú turpe ed ingegnosa calunnia non
riescí ancora in alcun modo a macchiare, subitamente di lui s'innamorò. Infatti, simili
dell'anima, si strinsero tosto entrambi nella potenza dei concetti e nella dolcezza delle affezioni; e
Goffredo fu amico non solo, BIOGRAFIA DI GOFFREDO
MAMELI ….... Giuseppe
Mazzini Trattando delle cagioni,
che tornavano in nulla i tentativi di libertà nell'Italia - de' vizi che Giuseppe Cesare Abba [finita l'epoca
napoleonica] Gioco che fra le migliaia
di teste vedute qui in quel giorno, nemmeno cento pensavano più Dego e valli della Bormida: Abba ha un bellissimo raccontare dei fatti del 1796 e posteriori come residenti qui … fatti militari e di eroismo glorioso e di morte.. sembra Tolkien e i campi dei morti elfi... ah, non c'è stato più per gli italiani un raccontare tale di Francesi ed Austriaci grandi gesta per avvenimenti della WWII con Angloamericani e tedeschi e qui la perversione della carità di patria... meschina retorica di regime fascista ora antifascista ma l'è lo stèss!... disinteressata dalle grandi gesta e tutta sulla cosiddetta Resistenza narcisistica bambinoide.... Di quest'animo dovè
essere il cavalier Del Carretto, quando circondato da soldati suoi
paesani,
Sola l'Inghilterra si
mostrava amica al nuovo Stato, che si veniva formando; sola suggeriva agli
Italiani dell'Emilia e della Toscana di stare saldi nella loro
risoluzione. Al Piemonte consigliava di fare, di osare senza domandare e
di non darsi briga né dell'Austria né della Francia, né di nessuno. [ a Quarto] Garibaldi
attraversò la strada seguìto da Turr e da Sirtori, allora già
colonnelli, e per un vano del muricciolo rimpetto al cancello della Villa,
discese franco giù per gli scogli. E cominciarono i commiati. Tra gli
altri bello e forte è narrare quello di uno Stefano Dapino cui suo padre,
vecchio amico di Mazzini e dei fratelli Ruffini, aveva accompagnato fino a
quel passo. Quel padre aveva con sé anche un altro figliuolo più
giovane. Conversavano tranquilli come se il figlio partisse per una
caccia; poi senza parole, senza sospiri il padre abbracciò il figlio,
stettero un poco stretti prima essi due, poi tutti e tre, finché Stefano
che aveva alla spalla la carabina, baciò il fratello, gli fece segno come
a raccomandargli il padre, si staccò da loro e discese per dove
scendevano alle barche i suoi compagni. E quel padre e quell'altro figlio
si persero fra la folla, portando alla casa lieta di altre gioie,
ricchezza, bellezza, onore, quell'amara gioia d'esser stati a quella
fortissima prova. Ma quando i due vapori sbuffarono e i mossero, a vederselo dinanzi, là a prua, il promontorio di Portofino pareva dire: "Venite pure, oltre me lontana, molto lontana, sta la terra misteriosa, che andate a cercare." Dalle navi, rispondevano all'invito quelle mille anime; vecchi amici, compagni d'armi che, cercandosi un posto a bordo, s'incontravano, si abbracciavano e: - Anche tu? E tu? E tu? - gioia d'amarsi meglio per aver sentito e voluto fare una stessa gran cosa. Allora la gioventù aveva imparato a ubbidire fortemente Garibaldi ai mille durante il viaggio per mare "La missione di questo corpo sarà, come fu, basata sull'abnegazione la più completa davanti alla rigenerazione della patria. I prodi Cacciatori delle Alpi servirono e serviranno il loro paese con la devozione e la disciplina dei migliori militanti, senz'altra speranza, senz'altra pretesa che la soddisfazione della loro intemerata coscienza. Non gradi, non onori, non ricompense allettarono questi bravi; essi si rannicchiarono nella modestia della vita privata, allorché scomparve il pericolo; suonando l'ora della pugna, l'Italia li rivede ancora in prima fila, ilari, volenterosi, e pronti a versare il sangue loro per essa." Ma quei Mille chi erano? Che cosa erano? Non certo una specie di compagnia di ventura all'antica; non una parte di vecchio esercito costituito, staccata a scelta o per caso; nessuna legge li obbligava, non erano soldati di professione, non avevano tutti quella media di età che di solito hanno i soldati; non una cultura comune ed uguale, e nemmeno una divisa uniforme. Vestivano quasi tutti alla borghese e alle diverse fogge, dalle quali, a quei tempi, si riconoscevano ancora a qual regione d'Italia e a qual classe sociale uno appartenesse. E parlavano quasi tutti i dialetti della penisola. Erano, per dir così, parte dell'esercito popolare militante di cuore nel partito rivoluzionario: vecchi, figliuoli di giacobini, di napoleonidi, di Murattisiti; uomini di mezza età, educati dalla Giovane Italia, tra le congiure e le insurrezioni; giovani nei quali la letteratura classica e la romantica s'erano fuse in una bella temperanza a fecondare l'amor di patria. Con essi, degli artigiani che dalle diverse scuole politiche e dai fatti belli dell'ultimo decennio, erano stati destati al concetto della nazione. A colpo d'occhio, si poteva dire che per un quarto quei Mille erano uomini fra i trenta e i quarant'anni e per un altro bel numero tra i quaranta e i cinquanta; forse dugento stavano tra i venticinque e i trenta. Gli altri, i più, erano tra i diciotto e i venticinque. Di adolescenti ce n'erano una ventina, quasi tutti bergamaschi. Alcuni qua e là tra quei gruppi parevano trovarvisi per curiosità, perché, vecchi oltre i sessanta; e invece vi stavano a spendere le ultime forze di una vita tutta vissuta nell'amore della patria. Il vecchissimo passava i sessantanove, aveva guerreggiato sotto Napoleone e si chiamava Tommaso Parodi da Genova; il giovanissimo aveva undici anni, si chiamava Giuseppe Marchetti da Chioggia, fortunato fanciullo cui toccava nella vita un mattino così bello! Seguiva il medico Marchetti padre suo, che se l'era tirato dietro in quell'avventura. In generale, certo più della metà erano gente colta; anzi si può dire che soldati più colti non mossero mai a nessun'altra impresa. I giovani dai venti ai
venticinque anni quasi tutti sentivano in sé, vivi e presenti i fratelli
Bandiera con la loro storia, intesa nella prima adolescenza, tra le pareti
domestiche, dai padri e dalle madri angosciate. Quell'Emilio di 25 anni,
quell'Attilio di 23, disertati a Corfù di sulle navi austriache; la loro
madre corsa invano colà, per supplicarli di smettere il loro disegno
d'andar a morire; le loro risposte a Mazzini che li consigliava di
serbarsi a tempi migliori; e poi l'imbarco, il tragitto nell'Ionio e lo
sbarco sulla spiaggia di Crotone, presso la foce del Neto, - che nomi! - e
il primo scontro a San Benedetto coi gendarmi borbonici, e le plebi
sollevate a suon di campane a stormo contro di loro gridati Turchi; e il
secondo scontro a San Giovani in Fiore, - poesia, poesia di nomi! - e
l'inutile eroismo contro il numero, e la cattura e la Corte marziale e le
risposte ai giudici vili e la condanna e la fucilazione nel Vallo di
Rovito; tutto sapevano, tutto come canti di epopea studiati per puro
amore. E suonava nei loro cuori la strofa amara ed eroica del canto di
Mameli: Ve n'era fin uno, e lo
narrava, che aveva avuto la spinta a quel passo da un fatto da nulla, ma
che sul suo cuore aveva potuto più che la scuola e i libri. Un giorno di
luglio dell'anno avanti, stando egli in Brescia alla porta di uno degli
ospedali zeppi ancora dei feriti di Solferino e di San Martino, aveva
veduto fermarsi un carro di casse d'aranci e di filacciche e di bende.
Venivano dalle donne di Palermo! O santa carità della patria! Dunque in
quella terra lontana si pensava a chi pativa per tutti? Luogotenente del Carino era Alessandro Ciaccio, palermitano, uomo di quarant'anni, esule da dieci. In mezzo alla compagnia pareva il sacerdote di una religione non ancora predicata ma già viva nei cuori. Non era tempra da uomo di guerra, ma da dar la vita per qualche grande amore, sì: sarebbe stato capace di ber la cicuta e morire conversando di cose alte e pure in mezzo a quei suoi militi che, lui presente, si sentivano sempre come avvolti da un'aura casta e purificatrice. Sfilava la settima
compagnia, la più numerosa e la più signorile, quasi tutta di studenti
dell'Università pavese, lombardi di ogni provincia, milanesi eleganti,
veneti che la grazia natìa temperavano alla baldanza dei compagni nati
tra l'Adda e il Ticino. Era luogotenente del Cairoli il Vigo Pellizzari, da Vimercate, bello e giocondo giovane, di ventiquattro anni, nato coi più bei doni di natura, ma sprezzatore superbo fin di sé stesso. Amava la vita, avrebbe potuto averla felice, non volle. Scherzava con la morte, pareva che l'andasse cercando per schiaffeggiarla, e che la morte lo scansasse, tanto era ardimentoso. Sette anni di poi, le si diede irato a Mentana gridando insulti ai francesi. Non sarà inutile aggiungere che trecentocinquanta di quegli uomini erano lombardi, centosessanta genovesi, il resto veneti, trentini, istriani e delle altre provincie dell'Italia superiore e centrale, con forse un centinaio di siciliani e napolitani tornanti dall'esilio. Non ve n'erano affatto delle provincie di Aquila, Benevento, Caltanissetta, Campobasso, Chieti, Caserta, Forlì, Pesaro, Ravenna e Siracusa. Stranieri accorsi per amor d'Italia ve n'erano diciotto, uno dei quali africano, l'altro d'America, e questi era Menotti, il figlio del Generale. Triste cosa la guerra! Ma allora pareva ancora bella perché vi si poteva patire, morire, per far trionfare un'idea, più che perché vi si potesse provar la gioia e la gloria di vincere. "Riposate, figliuoli, poi un ultimo sforzo e abbiamo vinto." Fu in quel momento che lo colpì nella spalla destra uno dei sassi che i borbonici facevano rotolar giù; ma egli non degnò mostrare d'essersene accorto, e continuò a mantenere quell'aria sicura che creava la sicurezza altrui La guerra non la faceva per gusto, e non era per lui né scienza né arte. Si trovava al mondo in queste nostre età, in cui essa è ancora uno dei mezzi per far trionfar la giustizia, e la faceva senza cercarvi né gloria né altro. Anzi ne dimenticava i fatti appena li aveva compiuti. Non è forse vero che quando, per esempio, scrisse di Calatafimi, che pur egli stimava uno de' suoi più bei fatti d'armi, ne scrisse quasi come uno che non vi fosse stato presente, e non avesse mai visto neppure quel campo? Nei tempi che verranno, tale noncuranza sarà forse il titolo più alto per la sua gloria di generale, cui nessuno preparava i mezzi di guerra, che tutto doveva improvvisare ed eseguire, solo con l'aiuto d'uomini devoti a lui come a un'idea; e col sentimento del bene, e con la fede in qualche cosa di superiore da cui si credeva assistito, andava avanti vincitore sempre, almeno moralmente anche quando era vinto. Egli fu dimenticato come uno che non avesse avuto né parenti, né amici, né nulla. E forse felice lui, se morendo, avesse potuto indovinare quell'oblio; perché, diciamo noi, portar seco nella morte tutto sé stesso, la gloria e il nome, deve esser una gioia più che da uomo. Ma nel breve tragitto
dalla marina al Palazzo pretorio, ebbe uno di quei momenti nei quali gli
eroi pagano, per dir così, il fio della loro grandezza. Lo pagano con la
tempesta che si scatena loro nell'animo, come avvenne al Mazzini nel 1833,
nell'ora terribile in cui si trovò a lottar tra l'idea sua, che egli
chiamava dovere, e il sacrificio di tanti, che per quell'idea suscitata da
lui, si offrivano alla rivoluzione, alla galera, alle forche. E così come
narrò di sé il Mazzini, di sé e di quel suo momento narrò Garibaldi.
"Confesso che non ero scoraggiato; ma considerando la potenza e il
numero del nemico e la pochezza dei nostri mezzi, mi nacque un po'
d'indecisione sulla risoluzione da prendersi, cioè se convenisse
continuar la difesa della città, oppure rannodare tutte le nostre forze e
ripigliar la campagna. Quest'ultima idea mi passò per la mente come un
incubo, ma la allontanai da me con dispetto: trattavasi di abbandonar la
città di Palermo alle devastazioni di una soldatesca sfrenata! Mi
presentai quindi quasi indispettito con me stesso al bravo popolo dei
Vespri." Francesco De Sanctis, La giovinezza La scuola era venuta a
quel punto che Proudhon chiamerebbe anarchia. Era una piccola società
abbandonata a se stessa, Alessandro
Manzoni, canto secondo [Bruto a Roma] Ché tal
la carità del natio loco Giacomo Leopardi, Zibaldone di pensieri Chi vuol persuadersi
dell'immensa moltiplicità di stili e quasi lingue diverse, rinchiuse
nella lingua italiana, consideri le opere di Daniello Bartoli, meglio del
quale niuno conobbe i più riposti segreti della nostra lingua. (Monti,
Proposta, vol.1 par.1. p. XIII.) [1314]Un uomo consumato negli studi della
nostra favella, il quale per la prima volta prenda a leggere questo
scrittore, resta attonito e spaventato, e laddove stimava d'essere alla
fine del cammino negli studi sopraddetti, comincia a credere di non essere
a mala pena al mezzo. Ed io posso dire per esperienza che la lettura del
Bartoli, fatta da me dopo bastevole notizia degli scrittori italiani
d'ogni sorta e d'ogni stile, fa disperare di conoscer mai pienamente la
forza, e la infinita varietà delle forme e sembianze che la lingua
italiana può assumere. Vi trovate in una lingua nuova: locuzioni e parole
e forme delle quali non avevate mai sospettato, benchè le riconosciate
ora per bellissime e italianissime: efficacia ed evidenza tale di
espressione che alle volte disgrada lo stesso Dante, e vince non solo la
facoltà di qualunque altro scrittore antico o moderno, di qualsivoglia
lingua, ma la stessa opinione delle possibili forze della favella. E tutta
questa novità non è già novità che non s'intenda, che questo non
sarebbe pregio ma vizio sommo, e non farebbe vergogna al lettore ma allo
scrittore. Tutto s'intende benissimo, e tutto è nuovo, e diverso dal
consueto: [1315]ella è lingua e stile italianissimo, e pure è tutt'altra
lingua e stile: e il lettore si maraviglia d'intender bene, e
perfettamente gustare una lingua che non ha mai sentita, ovvero di parlare
una lingua, che si esprime in quel modo a lui sconosciuto, e però ben
inteso. Tale è l'immensità e la varietà della lingua italiana, facoltà
che pochi osservano e pochi sentono fra gli stessi italiani più dotti
nella loro lingua; facoltà che gli stranieri difficilmente potranno mai
conoscere pienamente, e quindi confessare. LA
SCIENZA E LA VITA Se avessi avuto gli
elementi di fatto, quest'oggi vi avrei letta una relazione sul valore
degl'insegnamenti, sulla frequenza dei giovani, sul risultato degli esami,
sui miglioramenti fatti, sulle lacune rimaste, sul programma insegnativo
del nuovo anno, e son certo che voi avreste gradito più queste
interessanti notizie, che un discorso accademico. Ma poichè l'accademia
non se ne vuole ire ancora, io che non voglio fare il ribelle, mi
sottometto di buon grado al calendario, ed eccovi qua il mio discorso,
confidando ch'esso sia l'ultimo discorso inaugurale, e che nell'avvenire
penseranno gl'Italiani meno a bene inaugurare e più a ben terminare Maurizio Viroli, La libertà dei servi, Laterza, Bari, 2010 "l'amore di patria
è una forma di caritas, di amore compassionevole verso persone e cose di
cui percepiamo la bellezza, il valore e la fragilità. È proprio questa
costellazione di passioni, sentimenti e ragioni che spinge alla cura e al
servizio; due aspetti essenziali della vita del cittadino" 137 Denis Mack Smith, Mazzini, BUR, Milano 2000 10.000 lettere nelle ed nazionali e diceva di averne scritte centinaia di migliaia... 9 non è facile valutare i
suoi successi perchè agiva nelle menti degli uomini e non in diplomazia o
militare 10 già all'università un capo 11 nel 1919 andando a Versailles Wilson si fermò a Genova e posò una corona ai piedi di statua di m. .. stava mettendo in pratica gli ideali dei quell'uomo che "per un qualche dono divino era stato innalzato al di sopra del livello comune" e disse che neanche Gladstone e Lincoln avevano penetrato a tal punto l'essenza del liberalismo 311-2 Lloyd George disse che aveva imparato sia il patriottismo sia il moderare l'orgoglio nazionale "dubito che nella sua generazione ci sia stato nessuno che abbia esercitato sui destini d'Europa una influenza altrettanto profonda... l'edifico di Bismarck è crollato mentre l'Europa di oggi è quella di g. m.... m. è il padre della lega delle nazioni. 312 alla sua morte i necrologi super dal Times in giù dei giornalisti del mondo... 321-7 la sua idea religiosa: un Dio benevolo che agisce nella storia... avrebbe voluto scrivere un libro contro il Materialismo per confutare Marx e Comte 271 nel 1871 a Roma non andò al congresso delle società operaie..."detesto i congressi, gli applausi, l'obbligo di fare discorsi, gli evviva senza senso e tutto il resto" 307 Denis Mack Smith , Cavour (1984) , Bompiani, Milano 2010 si irritava di fronte ai compagni del collegio che o seducevano o si sottomettevano alle autorità 11 c. diceva di non
annoiarsi mai..lavorava 14 ore al g. e rispondeva subito alle lettere 213 è interessante che
questo uomo di cui dicevano fosse semplice nei modi, alla mano, affabile e
giocoso dava anche l'impressione di non andare mai a un'autentica
intimità...220 Silvio Pellico, Le mie prigioni, Salani, Firenze, 1934 nei tormenti che vissi non trovai l'umanità così iniqua e indegna di indulgenza come viene di solito rappresenta... non bisogna odiare nessuno ma solo le "finzioni, la pusillanimità, la perfidia" 27 un bambino sordomuto visto in carcere eppure era felice come il figlio di un principe.. riflettei come l'umore sia indipendente dal luogo... 42... parlando con vari segni con lui sarò il genio della ragione e della bontà mio confiderà i suoi dolori e piaceri le sue brame io a consolarlo dirigerlo 43 ebbi molta inclinazione
per i fanciulli e l'uffizio di educatore mi parve sublime 44 mi nuoceva l'ira contro i persecutori... l'uomo si reputa migliore aborrendo gli altri! E gli amici si dicono l'uno all'altro: noi siamo i buoni e gli altri i cattivi... 61 il p. battista gli parla edificante e s.p. osserva che quando sente amorevoli rimproveri e nobili consigli ardeva di amore per la virtù, non odiava più nessuno, avrebbe dato la vita per il più piccolo degli uomini e benediceva Dio per la vita 198 [come a me col dottor de masi... c'è bisogno di queste esperienze che il marxismo ci ha ostacolato] il rapporto come tra padre e figlio tra i carcerati e il carceriere Schiller... 199 se sono solo o se vedo poche persone disamo gli altri, se ne vedo abb tante allora amo tutto il genere umano... 205 amicizia e religione sono due beni inestimabili... Dio è con gli sventurati che amano! 215 mai esser sillogistici
nel dedurre la cattiveria delle altre persone da idee etc che esse
hanno...una diffidenza moderata verso le persone può esser savia, una
oltrespinta non mai... 231 le ultime parole tedesche del commissario che lo accompagnava al ritorno dallo Spielberg fanno pensare s. p. a come amare la propria patria non implica affatto odiare le altre.. ciascuna ha un gloria sua... 238 credevo di poter eguagliare l'Alfieri nelle tragedie ma poi capii che non ero all'altezza nonostante gli applausi che ebbi... 255 faccio versi per pregare
e ciò mi rasserena.. vorrei che nascessero poeto migliori di me...255 io scrivo ma non
termino... più che altro per soddisfare me stesso.. prendo la penna e non
sapendo fare altro scrivo al mia povera vita... 258 Alberto Maria Banti, Sublime patria nostra. La nazione italiana dal Risorgimento al fascismo, Laterza, Bari, 2011 [tesi semplicistica che
bio-politica, bellicismo virile, comunità sacrificale vengono al fascismo
dal risorgimento] Lucio Russo, Segmenti e bastoncini. Dove sta andando la scuola?, Feltrinelli, Milano 1998 mentre nel resto d'Europa
la Storia si insegna solo quella nazionale la nostra scuola è l'unica che
dedicando due anni alla storia antica e uno al medioevo (prima di
berlinguer) forniva un quadro dell'occidente... il liceo classico italiano
è l'unica scuola del mondo che preveda il greco antico a tutti i suoi
allievi... uno studio non proprio per una scuola dei consumatori] Adriano Viarengo, Cavour, Salerno Editrice, Roma, 2010 a 15 anni in c. viene un romantico sentimento patriottico estraneo alla famiglia dedita alla "roba"... poteva venire solo dai compagni ed amici 37 non so cosa diventerò, vivo in mezzo ad elementi disparati e sono in contrasto con ciò che mi circonda...s e mi lasciassi andare all'apatia il minimo passo falso mi rovinerebbe la vita... l'energia dell'anima mi è indispensabile...d evo lottare con tutte le forze contro ciò che potrebeb piegare la forza del mio carattere della quale ho ogni giorno bisogno [lettera la fratello nel 1828 quando aveva 17 anni] 41 fu influenzato da Guizot e Constant... più che dai romanzi... non può creder alla infallibilità del papa più che uno più uno faccia tre..44 camillo stava bene con persone più anziane di lui e alcune di loro lo consideravano pari... per lui era naturale stare con persone di altre generazioni... 59 nel 1840 perse molto denaro alla borsa di parigi e scrisse al padre o trovo il denaro o devo farmi saltare le cervella... era dunque un giocatore... l'avvenire di amministratore giornalista e filantropo non gli bastava... 97 il padre michele gli risponde subito con una importante lettera piena di amore paterno fermezza e senso pratico... 99 Alberto M. Banti, La nazione del Risorgimento. Parentela, santità, onore alle origini dell'Italia unita Einaudi, Torino, 2000 nella Vita civile di mattia doria del 1729: l' amore per la patria è causato dal rispetto per i magistrati e per il principe che devono conquistarsi l'ammirazione dei sudditi 4 a partire dal XVII sec nazione significa comunità accomunata da lingua e letteratura.. introdotto da l a muratori in un articolo del 1765 di gian rinaldo carli Della patria degli Italiani sul "Caffè" diventò esplicito 5 l'importanza di tragedia, romanzo, melodramma, poesia per toccare le corse patriottiche di una più vasta comunità di persone29 rispettare gli intellettuali del risorg. Perché crearono una mitologia con enorme forza comunicativa...crearono l'esistenza di quel soggetto - la nazione italiana - difficile da identificare e per esso convinsero molti a rischiare esilio carcere evita 30 a 25 anni Giuseppe Ricciardi napoletano nel 1832 scrive: ero nobile e ricco e il volgo mi invidiava ricco di amici...non avevo subito direttamente soprusi che giorni tranquilli se mi fossi contentato del materiale e non avessi guardato la misera patria straziata e mi dicci: saresti vile se con queste fortune ti addormentassi senza badare ai tuoi sventurati fratelli... sorgi dunque o giuseppe! e fa il sacrificio, se sacrificio si può chiamare spendere tutto per redimere il proprio paese... 33 è quando si è giovani che si scopre la nazione e si ha l'idea di battersi per essa... il risorg è un fenomeno generazionale... 33 per massimo d'azeglio l'esempio del padre che non aveva l'idea del destino dell'Italia ma aveva un rigorosissimo senso del dovere, non era vile...35 giuseppe montanelli scrisse 1853 che la letteratura fu la vestale che custodiva il fuoco sacro che non si estinguesse nella gioventù italiana e cita gli scritti di guerrazzi, niccolini, giusti... 39 dalle ricordanze di settembrinisi vede che non furono la famiglia o la scuola i vettori dell'idea d'Italia ma la letteratura 40 marco minghetti descrive
così : il grande effetto su di lui di Lammenais, Pellico, Guerrazzi, i
fogliolini della giovane Italia...affrontare esili e morte ci sembrava un
martirio invidiabile... 41 cesare correnti parla del grande effetto di mazzini sugli studenti pavesi... 43 a pag. 45 un dettagliato elenco di questa letteratura patriottica 45 ma perchè tali testi risultarono così convincenti? 53 l'idea (kantiana etc) del COSTRUIRE un canone un mito operativo... [ e io devo veder la attualizzazione!] c'è un canone risorgimentale che accomuna neoguelfi e mazziniani federalisti e sabaudi 53 l'importanza della
vocazione nazionale di mazzini e del primato italiano di gioberti..
65[quale attualizzazione?] Foscolo e la prolusione a Pavia: Italiani vi esorto alle istorie... glie esempi belli dei grandi nostri antenati sono qualcosa che ci attira che sentiamo un dovere ricordare agli altri … in mezzo alla decadenza... il Carmagnola di Manzoni e il Risorgimento di Poerio: l'orrore nel veder la gioia dei fratelli italiani nel veder sconfitti i fratelli italiani...
Camillo
Cavour, (1833) mia madre pretende che a me Augusto piaccia in tutto anche nei difetti, e questo finirà per rendermi insopportabile casa mia 49 mi sono convinto che l'abilità risiede solo in una certa audacia che vado oltre i limiti del fattibile 53 scena in cui Gustavo il fratello offende Camillo perchè aveva osato punire la prepotenza di Augusto... e poi anche sua madre... una vera umiliazione grave!...la maniera con cui queste persone educano Augusto e i bambini, cercano di divertirli, di levarr loro le lacrime.... [cosa per oggi e la famiglia di oggi?] 96-97 forte tendenza a mangiare ingrassare e diventare ridicolo.. 97 mi trovo con un passato vuoto di ricordi interessanti e n futuro senza scopo, senza speranza, senza desiderio 106 mi resta ancora la illusione dell'amicizia, o meglio l'idea che la superiorità del mio spirito può fare per guidare i miei amici .. ma ora ho solo un amico del cuore e la sua amicizia ora è diminuita... ma non lo rimprovero, rimprovero il mio cuore cauterizzato, ghiacciato, inanimato che non può soddisfare la sua anima ardente.. ora lui non ama più me ma le mie capacità intellettuali... 106 1834 ho varie persone che mi
vogliono bene... mia madre, mio padre... vari amici...ma io non sono
necessario alla felicità di nessuno di loro..... l'avvenire mi prospetta
un aggravamento dei fastidi della vita... come sarò a 30 anni... spero di
non esserci più! Ah !se non avessi ancora dubbi sulla moralità del
suicidio, mi ucciderei...... prego però dio di mandarmi un colpo al
cuore...così non darò cattivo esempio agli altri... mi si ricorderà
però poi solo per dire ai nipotini dei pericoli di una intelligenza
precoce e del troppo amore per la indipendenza... o se avessi un qualcosa
che mi desse un flusso al petto e mi uccidesse! 108 immagina di avere come
scopo fare soldi... la roba imago dei suoi parenti... e non stima degli
amici, bene del paese, gloria... psicologia assai diversa dai mazziniani
certo... perchè la CdP in lui agisce inconsapevolmente , in loro al
contrario 129 Gustavo rivela al padre cose segrete e camillo allora scrive che tra loro l'amicizia è morta...135.. rivela che si è scordato del tutto degli avvenimenti politci...146 alla mia età ( ha 23 anni!) non ci si fanno più nuovi amici … 163 sua madre vede c. che rimprovera il tono che permettono a augusto verso i nonni e dice che c. è geloso! 164 "noi che non abbiamo un fede religiosa, bisogna che la tenerezza dellanostar anima si esaurisca per il bene dell'umanità" (9 gennaio) 1835-38 povera italia: i suoi figli migliori vanno all'estero e portano i lor tesori là! 209 lascio gli studi e mi mi ingaglioffo nel gioco...[penso che invece questa passione rispondeva al suo spirito.. quello della crimea etc.] 250 cosa è il più felice degli uomini senza fede? Un bel fiore in un bicchiere d'acqua senza radici, senza durata...275 Indro Montanelli, L'Italia nel Risorgimento 1831-1861, Rizzoli, Milano ( 1972) 1998 mazzini aveva il genio della pubbliche relazioni... come? Spiegando, polemizzando, incoraggiando 47 Lammenais scrisse a mazzini: non scoraggiatevi, le madri italiane fanno figli per voi!86 mazzini scrisse: sono povero e solo, amo i fratelli italiani moltissimo, ma non li stimo 86 della solitudine che condivideva con un'umile domestica italiana, un cane e una chitarra, godeva più di quanto soffrisse... 88 scriveva linguaggio semplice per tutti rompendo il dannato snobismo di astruseria dei letterati italiani 88 narrava la storia dei re di roma al popolo e facendo così capiva di esser il più rivoluzionario degli intellettuali italiani 88 i soldi datigli dalle ricche amiche inglesi li spendeva per la scuola... a lui rimaneva un tozzo di pane, po' di formaggio e un boccale di birra...94 nessuno gli dava del tu
ma del voi a Garibaldi lui invece trattava tutti con famigliarità...
attirava perchè aveva fiducia nella propria stella 213 a lui i "moderati" sembravano coperture per la diserzione 214 da quando la patria si accorse di lui non pensò che ad essa 214 [qui si ispirò Churchill] carlo alberto va ad Oporto e proibisce a moglie e madre di raggiungerlo e muore solo 305 Cavour disse: Garibaldi ha reso il più grande servigio alla patria, ha mostrato all'estero che i suoi figli sanno combattere e morire per difenderla 463 sono qui per fare l'italia e non una carriera 476 in questo trentennio poca roba sul piano culturale niente da paragonare a manzoni leopardi foscolo... si spiega facilmente: i cuori furono occupati dalla politica 489 William de la Rive, Il conte di Cavour, Santena,2003 aveva le qualità migliori er un politico: "lo spirito libero da ogni pregiudizio, e il cuore sicuro da ogni odio" 28 a 12 anni rifiuta la livrea di paggio e a 22 la spada: sacrificare la vanità per un fanciullo mostra un sentimento vivo e la carriera per un giovane mostra la profondità della sua convinzione 78 dopo le delusioni successiva al luglio 1830 c. scrisse che il dolore non cambiò le sue idee e le professerà fino alla fine della vita 84 28 il giusto mezzo e l'idea che l'estremismo ritarderanno renderanno problematica l'emancipazione dell'Italia 86 scriveva al padre di william: il cattolicesimo ultras è un male peggiore del comunismo.. sarà fermato perchè è impotente ma intanto cera molti mali e ritarda lo sviluppo dello spirito 116 non mi annoia mai perchè mi persuado che nessuno è noiso 128 gli mancava l'indignazione se certe ide potevano ittitarlo verso gli uomini avevaquella tolleranza che la vita via via sviulppa in color che non sono misantropi 131 ammiro molto gli inglesi perchè questo popolo è l'avanguardia dell'incivilimento … invece tra gli italiani non c'è simpatia e i partiti estremi concordano in questo: nell'odio violento per gli inglesi 157-8 io sono un onesto giusto
mezzo... continuava a ripeter 175 Maurizio Viroli, Come se Dio ci fosse. Religione e Libertà nella storia d'Italia, Einaudi, Torino, 2009 Gino Capponi : il difetto degli italiani non è nella cultura ma nella debolezza del carattere 158 a risorgimento concluso varie voci lamentarono al mancanza di una riforma religiosa... ma il R. fu ciò che ci andò più vicino 168 fra' Cristoforo da vero cristiano ritiene indegno di un uomo sottomettersi alla volontà di un altro, il contrario fu l'educazione cristiana ricevuta da Gertrude 170 il cardinal Borromeo a don Abbondio: tanti martiri non avevano per natura il coraggio ma lo hanno avuto perchè era necessario e perchè confidavano 171 leopardi (Zibaldone, 1822): non c'è virtù in un popolo senza amor patrio 173 il protagonista del romanzo di Nievo a veder Venezia dice: non sip può amare la patria se essa è un cadavere, ma la libertà dei diritti, la maestà delle leggi,la religione della gloria non abitano da gran tempo sotto le ali del leone 175 la Pisana morendo dice a Carlo che se lui continuerà ad amare la patria come lei ha fatto allora lei non morrà se Carlo vive 179 deve esistere un'altra vita per l'uomio che ha patito in un mondo così ingiusto diceva Silvio Pellico 185 diceva a sé stesso non ti scandalizzare più degli abusi, ma : ama Dio e il prossimo 185 s.p. Amo appassionatamente la mia patria ma non odio alcun'altra nazione 186 Tito Speri: essere spregiatore dei buoni costumi ed amare la patria è impossibile 190 Mazzini: senza uomini virtuosi l'Italia del primo padrone che vorrà tiranneggiarla, senza stimolo di onore e di gloria, senza religione di verità, senza coraggio... 197 De Sanctis: il vero male
italiano è l'indifferenza e l'oscurarsi del senso morale... la cultura
invece di riformare la mentalità popolare si dedicò all'erudizione e ai
piaceri dell'arte... l'indifferenza religiosa (lascia fare al Papa9 e
politica(non è affar mio) andarono a braccetto 207 Francesco De Sanctis, La letteratura italiana nel secolo XIX volume secondo -La scuola liberale e la scuola democratica, Einaudi, Torino, 1953
Giuseppe Mazzini, Opere scelte, Cremonese editrice, Roma,1958 Dei doveri dell'uomo mi madre mi educò ad amare l'uomo e non il ricco e il potente mio padre ad ammirare non la mezzsapienza ma lo spirito di sacrifici affratellatevi a me
nell'effetto per la patria.... ma questo nostro avvenire non ,o fonderemo
se non liberandoci da due piaghe: il machiavellismo e il materialismo
(dalla dedica del 23 aprile 1860) 17 allora il popolo, sprezzato dai letterati, tradito e spolpato dai preti, esiliato da ogni influenza nelle cose pubbliche, cominciò a vendicarsi ridendo dei letterati, diffidando dei preti, ribellandosi a tutte le credenze, poi che vedeva corrotta l'antica e non poteva presentire più in là. Da quel tempo in poi, noi ci trasciniamo tra le superstizioni comandate dall'abitudine o dai governi e la incredulità, abietti e impotenti. 39 Oh miei fratelli! amate la Patria. La Patria è la nostra casa: la casa che Dio ci ha data, ponendovi dentro una numerosa famiglia, che ci ama e che noi amiamo, colla quale possiamo intenderci meglio e più rapidamente che non con altri, e che per la concentrazione sopra un dato terreno e per la natura omogenea degli elementi che essa possiede, è chiamata a un genere speciale d'azione 59 oggi l'egoismo penetra nella famiglia... la madre dice al figlio di diffidare di chi potrebbe denunziarlo, il padre gli dcie che la sua tutela è la ricchezza e non la verità 65 dell'amor patrio di dante varia l'amor patrio secondo le situazioni: Cincinnato nella repubblica, Bruto all'inizio dell'impero, Nerva sotto la tirannide... 125 fede e avvenire i partiti politici si sciolgono, ma non quelli religiosi se non dopo che hanno ottenuto la vittoria 245 Dio si è svelato solo
poco in tanti secoli...la nostra missione non è conclusa, ne sappiamo
appena l'origine ma non ne sappiamo il fine 259 filosofia della musica l'arte come le altre
forme dello spirito è progressiva come lo è il mondo, non muove a
cerchio non percorre vie già calpestate... ecco perchè oggi è ferma...
i giovani compositori si ostineranno a lavorare sul vecchio fino che da un
altro cileo verrà l'ispirazione 289 ai giovani d'italia e quando nel freddo della
solitudine, che è il peggiore dei mali, saranno presso a spegnersi in noi
le sorgenti della tua vita, suscita o Padre, a ravvivarle il pensiero dei
morti che amammo e che ci amano 467
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