Vincenzo Foppa (nato a Brescia tra il 1427 e il 1430, morto a Brescia tra il
1515 e il 1516) è certamente uno dei maggiori pittori italiani del
Quattrocento, grande protagonista del Rinascimento lombardo.
Tra il 1456 e il 1458 Foppa aveva preso domicilio a Pavia, nel Ducato di
Milano, governato dagli Sforza, dove era rimasto più o meno stabilmente con
la famiglia fino al 1490. Oltre che a Pavia, aveva dipinto a Milano, a
Bergamo e in Liguria. La sua fama è legata principalmente al ciclo di
dipinti murali commissionatigli da Pigello Portinari, nobile fiorentino,
rappresentante del Banco Mediceo milanese, per la cappella di S. Pietro
Martire nella chiesa di S. Eustorgio a Milano. Si tratta di una delle
maggiori imprese pittoriche del Quattrocento italiano in cui è evidente la
ricerca, propria del gusto lombardo, di una efficace scenografia, che sembra
anticipare le ricerche sull'illusionismo ottico seicentesco.
Nel 1490, ormai sessantenne e al colmo della fama, Vincenzo Foppa torna a
Brescia, che faceva parte della Serenissima Repubblica di Venezia dal 1426,
e vi rimane fino alla morte. Si stabilisce nella quadra di Sant'Alessandro e
precisamente nell'attuale via Fratelli Lombardi, al n. 10. Il 18 dicembre
1489 era stato nominato pittore della città, con uno stipendio annuo di 100
lire pagatogli dal Comune di Brescia fino al 1495. Negli ultimi anni del
secolo e in quelli immediatamente successivi, cioè nel cosiddetto periodo
della vecchiaia, Foppa dipinge a Brescia il polittico di San Nicola da
Tolentino per la chiesa di San Barnaba, ora alla civica Pinacoteca Tosio
Martinengo di Brescia, la pala dei Mercanti, oggi anch'essa alla Pinacoteca,
il polittico del Santissimo Sacramento per l'omonima cappella di San Pietro
de Dom (la chiesa che allora sorgeva dove oggi c'è il Duomo Nuovo)
smembrato nel 1604, quando la vecchia basilica fu demolita, e il polittico
di Santa Maria delle Grazie, per la basilica omonima. Sempre in quegli anni
Foppa dipinge per la chiesa domenicana di San Pietro in Gessate a Milano il
famoso Compianto su Cristo morto, poi acquistato dal Re di Prussia Federico
Guglielmo III nel 1821, andato distrutto durante i bombardamenti di Berlino
nel 1945. Appartiene a questo periodo anche l'Adorazione dei Magi ora alla
National Gallery di Londra, per certi versi la sua opera più spettacolare.
Sempre nel periodo in cui risiede a Brescia, e più precisamente intorno al
1492, Foppa dipinge la Natività ora a Chiesanuova,
(quartiere di Brescia) talvolta denominata
anche Adorazione del Bambino. Il dipinto, a tempera e oro su tavola, non è
di grandi dimensioni (cm 175 per 84). Verosimilmente faceva parte di un trittico
comprendente due pannelli con S. Giovanni Battista e S. Apollonia finiti nel
mercato antiquario e ora conservati nella Pinacoteca Tosio Martinengo di
Brescia. I dubbi sull'attribuzione del quadro al Foppa, che pure nei decenni
scorsi erano stati avanzati da qualche studioso, sono stati sciolti e ora
sappiamo che la Natività di Chiesanuova è stata interamente dipinta dal
pittore bresciano, salvo forse il manto dorato di San Giuseppe che sarebbe
stato completato da un discepolo della sua scuola. La tavola è stata
oggetto di un primo restauro nel 1946 e da uno più completo nel 1990 nel
laboratorio di Giuliano Scalvini di Brescia, che ha comportato non solo la
pulitura delle superfici, la stuccatura delle lacune e il ritocco pittorico,
ma anche il consolidamento e la disinfestazione del supporto ligneo. Al
termine di quest'ultimo restauro e dopo il prestito del dipinto per la
grande mostra di Brescia su Giovanni Girolamo Savoldo (1480-1548), la tavola
di Foppa, riconsegnata alla parrocchia il 27 marzo 1991, è stata collocata
per motivi di sicurezza nella chiesa nuova, previa autorizzazione della
competente Soprintendenza per i Beni artistici e storici di Mantova (che
risaliva al 10 settembre 1987) e all'altare della Madonna delle Grazie della
chiesa vecchia è stata posta una copia di eguali dimensioni. Successivi
studi diagnostici sia sul dipinto di Chiesanuova, sia sulle due tavole
laterali del trittico, eseguiti nel 2001 e nel 2018 (quest'ultimo con l'uso
anche dei raggi infrarossi) sono compatibili con l'ipotesi che nella
composizione originale San Giovanni e Santa Apollonia fossero collocati
rispettivamente a sinistra e destra della tavola centrale. Detti studi hanno
anche mostrato come il Foppa, durante l'esecuzione del dipinto abbia
leggermente modificato la posizione delle mani della Madonna e la parte
superiore dell'edificio nella lunetta. Secondo un'altra possibile ipotesi
(basata sulla conformazione della collina presente sullo sfondo nelle pale
laterali) sia Sant' Apollonia che San Giovanni sarebbero stati alla sinistra
della pala centrale del polittico, mentre le due pale di destra sarebbero
disperse.
La Natività dimostra l'intima religiosità del Foppa, tradotta in un
linguaggio familiare; secondo alcuni studiosi la gravità usuale nel suo
stile pittorico è addolcita probabilmente dai rapporti che in quel momento
il pittore bresciano aveva con il veneziano Giovanni Bellini, senza nulla
togliere alla matrice profondamente lombarda che emerge dall'interesse
naturalistico di ascendenza fiamminga. Il dipinto nel suo complesso mostra
un'architettura semplice, ma maestosa, avvolta in una delicata penombra. Il
paesaggio retrostante alla Sacra Famiglia è luminoso e vivace, ma trasmette
un senso di serenità soffusa. Secondo gli studiosi vi sono delle analogie
con i paesaggi degli affreschi che il Foppa aveva realizzato pochi anni
prima (tra il 1488 e il 1489) nella chiesa francescana di Santa Maria al Giardino
della Scala a Milano (chiusa al culto nel 1810 e demolita nel 1865). La tavola di Chiesanuova, che è meglio conservata
rispetto ai due pannelli laterali, mostra un'immagine suggestiva, nella
quale i giochi di luce, la rappresentazione dei personaggi (soprattutto del
volto di Maria) e la ricchezza cromatica dei panneggi sono ancor oggi
apprezzabili. In particolare il volto della Madonna e la posizione delle sue
mani mostrano uno stato d'animo sereno e riflessivo, come se l'artista
volesse comunicarci che la Vergine ancora considerava e meditava in cuor suo
le parole dell'Angelo al momento dell'Annunciazione, mentre contempla ai
suoi piedi, steso sopra un lembo della sua veste, un Bambino troppo piccolo
e lontano da lei, già marchiato nella carne e nel volto dai segni del tempo
e del soffrire. La posizione di Gesù, in terra sul lembo del mantello,
ricorda l'Adorazione del Bambino con San Benedetto ed Angeli dipinta dal
Foppa quasi quindici anni prima, nel 1478, ora custodita dall'Institute of
Arts di Detroit (Michigan, USA), dopo esser stata a Versailles e a New York.
A differenza, però del dipinto di Detroit, il paesaggio della tavola di
Chiesanuova è meno accademico, forse più realistico nonostante sia meno
dettagliato, sicuramente più mosso, con il cane intento a radunare il
gregge e la luce che pare scendere in diagonale attraverso l'aria umida del
mattino. La figura di Giuseppe, dall'aspetto muto e severo, è collocata
lateralmente e appare quasi pronta ad uscire di scena. Ovviamente
nell'interpretare il dipinto dobbiamo tener presente che allora i quadri
avevano una funzione educativa, essendo il popolo in gran parte analfabeta,
e si proponevano di comunicare le verità di fede in modo comprensibile e
tramite rappresentazioni.
Non si
hanno notizie certe sulla destinazione originale del trittico del Foppa e
nemmeno sulla provenienza della tavola centrale all'epoca del trasferimento
a Chiesanuova. Inizialmente gli studiosi avevano ipotizzato che l'opera
fosse stata realizzata per la Collegiata dei Santi Nazaro e Celso. Tuttavia
le accurate ricerche svolte nei primi Anni Novanta sia sui resoconti delle
visite pastorali conservati all'Archivio Storico Diocesano, sia
nell'archivio della parrocchia di Via Matteotti, sia negli Archivi di Stato
di Brescia, Milano e Venezia (ricerche svolte in particolare da Rossana
Prestini in vista della pubblicazione sulla storia della chiesa dei Santi
Nazaro e Celso, avvenuta nel 1992) hanno definitivamente escluso tale
ipotesi: del trittico di Vincenzo Foppa non si è trovata alcuna menzione.
A partire dal 2003 Stefania Buganza ha avanzato una nuova e più plausibile
ipotesi, sia pure non sostenuta da conferme inoppugnabili. Cogliendo alcune
venature velatamente immacolistiche nel quadro del Foppa, la studiosa ha
ipotizzato che l'opera provenisse originariamente dalla chiesa di San
Francesco d'Assisi di Brescia. In effetti i francescani, sia nel basso
Medioevo, sia dopo il Concilio di Trento, sono stati i più convinti
sostenitori della tesi dell'Immacolata Concezione della Vergine, che sarà
accettata come dogma della Chiesa da Pio IX solo nel 1854, a coronamento di
una storia secolare di devozione popolare e dispute teologiche. Il teologo
francescano Giovanni Duns Scoto (1265-1308), docente nelle università di
Parigi, Oxford, Cambridge e Colonia, aveva formulato solide e complesse
argomentazioni teologiche e filosofiche a sostegno della tesi
dell'Immacolata Concezione di Maria e successivamente i francescani erano
divenuti i più convinti sostenitori e divulgatori di questa tesi. In questo
quadro, nella seconda metà del XV secolo, i francescani realizzarono la
cappella dell'Immacolata, nella navata sinistra della chiesa del loro
convento di Brescia. Nel 1603 venne posta come pala dell'altare di questa
cappella un dipinto di Grazio Cossali (1563-1629), anch'esso una Natività
(peraltro analoga a quella del Foppa per la presenza di San Giovanni
Battista e di Santa Apollonia), in sostituzione di un precedente dipinto, di
cui però non viene citato il nome dell'autore nel resoconto della visita
pastorale del 1580. Stefania Buganza ipotizza che quella fosse la
collocazione originaria della Natività del Foppa.
Se questa ipotesi fosse vera, risponderebbe alla domanda sulla committenza
dell'opera (i francescani) e sulla collocazione originaria della stessa (la
chiesa di San Francesco d'Assisi a Brescia) ma ovviamente nulla ci direbbe
su quando e come sia pervenuta a Chiesanuova. Sicuramente essa è giunta a
Chiesanuova prima del 1821, quando l'altare della Beata Vergine delle
Grazie, dov'era collocata, è nominato per la prima volta nella già citata
visita pastorale del vescovo Gabrio Maria Nava, avvenuta il 27 maggio 1821.
Più verosimilmente potrebbe essere arrivata nel 1809-1810, quando si
concludono i lavori di realizzazione di questo altare. In via del tutto
ipotetica il dipinto potrebbe essere pervenuto a Chiesanuova anche prima,
negli ultimi decenni del Settecento, per essere collocato all'altare della
Madonna delle Grazie attorno al 1810, a causa dei lavori di ristrutturazione
iniziati nel 1786; tuttavia tale ipotesi appare alquanto improbabile e
soprattutto non documentata in nessun modo.
Anche ammettendo l'ipotesi della Buganza, rimane una domanda: dove è stata
l'opera tra il 1603 e il 1810? Giovanni Battista Carboni (1725-1790) aveva
pubblicato nel 1760 un libro contenente un accurato inventario delle pitture
e sculture esposte al pubblico a Brescia, entro il perimetro delle mura
venete. Ebbene, il Carboni cita una unica Natività di Vincenzo Foppa,
all'altare dell'Oratorio di San Nicola, una piccola chiesa situata in
Tresanda San Nicola (traversa di Corso Martiri della Libertà) poi
sconsacrata in epoca napoleonica e infine demolita. Dalla descrizione di
tale dipinto possiamo però escludere con assoluta certezza che fosse la
tavola di Chiesanuova, sia perché il Carboni precisa che la lunetta
superiore non era del Foppa, ma aggiunta successivamente (mentre la forma e
le dimensioni della tavola di Chiesanuova sono sicuramente rimaste invariate
del 1492), sia perché nel dipinto di Tresanda San Nicola era raffigurato
anche San Nicola da Tolentino.
Dunque se la Natività del Foppa non era in una chiesa o in un altro luogo
accessibile al pubblico, dove era? Dove è stata nel Seicento e nel
Settecento? Come e perché è giunta a Chiesanuova? Sono tutte domande alle
quali gli studi finora disponibili non consentono di dare risposta. Forse
sono domande destinate a rimanere senza risposta. Tuttavia non è però da
escludere che in futuro venga trovato negli archivi qualche altro documento
che possa diradare o risolvere i nostri dubbi.
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