Maurilio Lovatti

Pio XII di fronte al fascismo, al nazismo e alla seconda guerra mondiale

 

Chi era Pio XII?

Eugenio Pacelli nasce a Roma il 2 marzo 1876 dalla nobildonna Virginia Graziosi e dall'Avv. Filippo Pacelli. Il suo nome completo è Maria Giuseppe Giovanni Eugenio Pacelli. E' nipote di Marcantonio Pacelli, fondatore de "L'Osservatore Romano".

Il giovane Eugenio, volitivo e ascetico, talvolta ossessivo, compie rapidamente gli studi al liceo Visconti e all'università gregoriana, e diviene sacerdote nel 1899; è assistente del Cardinale Gasparri dal 1904 al 1916, che lo coinvolge direttamente nella riforma del codice di diritto canonico.
Con l'ausilio della posizione sociale della famiglia segue la carriera diplomatica: nel 1911 diviene sottosegretario e nel 1914 segretario agli Affari Straordinari di Stato. Papa Benedetto XV lo nomina Nunzio Apostolico in Baviera nel 1917 e nella Repubblica di Weimar in Germania nel 1920. Papa Pio XI lo nomina Cardinale alla fine del 1929. Poi, diviene Segretario di Stato, carica che ricopre dal 1930 al 1938.

In questi anni è grazie al suo operato che la Santa Sede negozia diversi concordati in molti stati europei per il sostegno di iniziative (scuole, ospedali, etc.) cattoliche. Nel 1933 viene firmato a Roma un concordato anche con la Germania, guidata dal Cancelliere Adolf Hitler. Il fatto farà discutere a lungo per il riconoscimento internazionale che veniva fornito al regime nazista. Tuttavia i rapporti tra chiesa e nazismo non saranno sereni: nel 1937 la chiesa condannerà pubblicamente l'ideologia nazista con l'enciclica Mit Brennender Sorge di Papa Pio XI.

Eugenio Pacelli viene eletto papa il 2 marzo 1939. Assume il nome di Pio XII. Il nuovo papa si preoccupa subito di contenere la minaccia di guerra che grava sull'Europa.

Pio XII mantiene buoni rapporti con il governo italiano, tuttavia questi non sono sufficienti a distogliere il regime fascista dai suoi propositi. Verrà a lungo criticato per non aver preso posizione contro l'Olocausto nazista, anche se durante il conflitto la Chiesa proteggerà le vittime delle persecuzioni razziali, in particolare ebrei, facilitando la fuga dei rifugiati: durante il conflitto mondiale Pio XII organizza in Vaticano un ufficio d'informazioni per i prigionieri e i dispersi. Dichiara Roma "città aperta". Grazie all'impegno della sua azione gli viene attribuito l'appellativo di Defensor civitatis. Pio XII accoglie in Vaticano i rappresentanti dei partiti oppositori del regime e si adopera attivamente in difesa degli ebrei.

Già durante il conflitto, ma soprattutto dopo la sua conclusione, Pio XII lotta con il massimo sforzo per liberare l'Italia dall'avanzata del comunismo.
Nel 1948 con il suo aiuto e con il supporto dell'Azione Cattolica, il partito dei cattolici italiani, la Democrazia Cristiana prevale alle elezioni politiche.
Nel 1949 papa Pacelli minaccia di scomunicare i cattolici che intendono iscriversi al Partito Comunista Italiano e, a seguito delle persecuzioni nei confronti della Chiesa nei paesi dell'Europa dell'Est, scomunica i capi dei governi di Jugoslavia, Ungheria, Cecoslovacchia, Romania e Polonia.

In ambito religioso durante il suo papato Pio XII ha svolto un'importante attività: pur lasciando ai principi la loro essenziale immutabilità, ne ha rivisto molti punti aggiornando opportunamente gli aspetti morali e disciplinari, con lo scopo di adeguarne la formulazione esterna ai progressi tecnici e scientifici.

Tra i suoi documenti più noti vi sono le encicliche: Summi pontificatus, la prima, del 1939, in cui attacca energicamente qualsiasi forma di totalitarismo, la Divino Afflante Spiritu (1943), sui principi che devono informare i problemi della ricerca biblica specialmente di fronte alle nuove esigenze e ai progressi scientifici, e la Mystici Corporis (1943), la Mediator Dei, la Humani generis, la bolla papale Munificentissimus Deus (1950), che definisce il dogma dell'Assunzione di Maria Vergine in Cielo e delinea il progressivo affermarsi delle verità implicitamente contenute nella Rivelazione, la Sempiternus Rex (1951).

Nel campo delle scienze Pio XII ha dato impulso alla Pontificia Accademia delle Scienze, e ordinato scavi sotto l'altare della confessione in San Pietro per rintracciare il sepolcro del primo pontefice romano.

Sui problemi morali papa Pacelli ha avuto particolarmente a cuore la tutela del matrimonio come sacramento, e della santità della vita familiare, proponendola nei suoi numerosissimi discorsi ai giovani sposi con un decreto del Sant'Uffizio del 1944, e con un noto discorso alle ostetriche nel 1951.

Nell'ambito del diritto canonico ha fatto pubblicare i libri De Matrimonio, De Iudicibus, De bonis, De religiosis, De verborum significatione del Codice per le Chiese Orientali.

Venendo incontro alle nuove esigenze del mondo moderno, Pio XII ha permesso la celebrazione della Messa anche nelle ore vespertine e ha ridotto gli obblighi del digiuno eucaristico.

Sotto il suo pontificato, papa Pio X fu elevato agli onori degli altari(1951), e San Francesco d'Assisi e Santa Caterina da Siena proclamati patroni d'Italia (1939).

Eugenio Pacelli, papa pio XII, morì il 9 ottobre 1958. Gli succedette Papa Giovanni XXIII.

Negli anni '90 è stato nominato Venerabile, come primo passo nel processo di beatificazione proposto da Papa Giovanni Paolo II.

 

pagina-indice su PIO XII nel sito ufficiale del Vaticano

 

Nel 1937 il Papa Pio XI pubblicò due encicliche, alla stesura delle quali il cardinale Pacelli collaborò in qualità di Segretario di Stato:

Mit Brennender Sorge del 14 marzo 1937 (l'originale è in lingua tedesca)

Divini Redemptoris del 19 marzo 1937

 

 

La principale accusa rivolta a Pio XII da molto storici (Lewy 1964, Cornwell 1999, Zuccotti 2000) è relativa ai "silenzi" del Papa sullo sterminio degli ebrei, cioè alla assenza di condanne ufficiali del nazismo e della shoah da parte della Santa Sede.
Tuttavia la documentazione esistente sembra confermare la tesi sostenuta da altri storici (Angelozzi Gariboldi 1988, Tornielli 2001) che tale silenzio sia stato motivato dall'intenzione di non provocare mali peggiori alle vittime delle persecuzioni naziste e ai cattolici tedeschi.
Pur essendo la difficile scelta tra realistica prudenza e rigorosa profezia una materia per sè opinabile, la documentazione sembra almeno provare la buona fede e le buone intenzioni del pontefice.

Del resto gli stessi esponenti della comunità ebraica hanno a suo tempo confermato tale interpretazione, specialmente in occasione della morte del Papa (1958).

Appena appresa la morte del Papa, il ministro degli Esteri d'Israele Golda Meir, da New York dove si trovava in visita ufficiale, invia un telegramma in Vaticano, nel quale afferma: "Partecipiamo al dolore dell'umanità per la morte di Sua Santità, Papa Pio XII. In un periodo turbato da guerre e da discordie, egli ha mantenuto alti gli ideali più belli di pace e di carità. Quando il martirio più spaventoso ha colpito il nostro popolo, durante i dieci anni del terrore nazista, la voce del Pontefice si è levata a favore delle vittime. La vita di quei tempi fu arricchita da una voce che proclamava, al di sopra dei tumulti del conflitto quotidiano, le più grandi verità morali. Noi piangiamo la perdita di un grande servitore della pace".
Il 9 ottobre 1958, anche il gran rabbino di Gerusalemme, Isaac Herzog spedisce un messaggio telegrafico alla Santa Sede: "La morte di Pio XII è una grave perdita per tutto il mondo libero. I cattolici non sono i soli a deplorarne il decesso. In questi giorni pieni di angoscia, l'umanità difficilmente può permettersi di perdere il giusto influsso dei suoi capi spirituali. Ricordo l'udienza che mi fu concessa dal compianto padre della Chiesa cattolica, nel 1946, quando gli chiesi che ci aiutasse a restituire alla loro patria i bambini ebrei strappati dalle braccia dei loro cari durante il genocidio nazista. Rimasi profondamente colpito dalla sua grande preparazione, dai suoi alti ideali e dalla consapevolezza costante che egli aveva delle grandi responsabilità di cui era investito".
Nel suo messaggio, il rabbino Jacob Phiip Rudin, presidente della Central Conference of American Rabbies, afferma: "La Conferenza centrale dei rabbini americani si unisce con profonda commozione ai milioni di membri della Chiesa cattolica romana per la morte di Pio XII. La sua vasta simpatia per tutti, la sua saggia visione sociale e la sua comprensione lo resero una voce profetica per la giustizia dovunque. Possa il suo ricordo essere una benedizione per la vita della Chiesa cattolica romana e per il mondo".
Il rabbino capo di Londra, Brodie, in un messaggio inviato all'arcivescovo di Westminster, scrive: "Noi della Comunità ebraica abbiamo ragioni particolari per dolerci della morte di una personalità la quale, in ogni circostanza, ha dimostrato coraggiosa e concreta preoccupazione per le vittime della sofferenza e della persecuzione".
Il 10 ottobre 1958, il rabbino capo di Roma Elio Toaff, scampato al campo di concentramento grazie all'aiuto di un sacerdote, afferma: "Più di chiunque altro noi abbiamo avuto modo di beneficare della grande e caritatevole bontà e della magnanimità del rimpianto Pontefice, durante gli anni della persecuzione e del terrore, quando ogni speranza sembrava esser morta per noi".
Lo stesso giorno, il presidente d'Israele, Itzhak Ben-Zvi, prega l'ambasciatore israeliano a Roma di trasmettere le sue condoglianze al cardinale francese Eugène Tisserant, decano del Sacro Collegio, "facendosi portavoce dei sentimenti dei numerosi rifugiati ebrei, salvati dalla morte e dalle torture, per l'intercessione di Pio XII".

Qualche esempio di soccorso agli ebrei

Spesso le accuse al Papa risultano grossolanamente false. Famoso e grottesco e il caso di Meir Lau: il 9 novembre 1998, il rabbino capo askhenazita d'Israele, Meir Lau, parlando a Berlino davanti alle autorità religiose e civili in occasione della commemorazione per i sessanta anni della Notte dei Cristalli (l'evento che diede inizio alla persecuzione di massa degli Ebrei in Germania), disse: "Dov'era il Papa quel giorno? Dov'era Pio XII il 9 novembre 1938, mentre i nazisti distruggevano sinagoghe e negozi degli Ebrei? Perché non condannò la Kristallnacht? Cari amici se Pio XII avesse detto una sola parola nel 1938, oggi la storia ci direbbe che molti Ebrei in più si sarebbero salvati". 
Peccato che Eugenio Pacelli, nel novembre 1938, non fosse ancora Papa, perché fu eletto il 2 marzo 1939, tre mesi dopo!

Nell'ottobre del 1999, per iniziativa del presidente della Commissione della Santa Sede per le relazioni religiose con gli ebrei, cardinale Edward Idris Cassidy. è stata insediata una Commissione mista cattolico-ebraica.

Così commenta Alessandro Frigerio i risultati emersi dai lavori della Commissione:
"Non sembra trovare risposta l'annosa querelle sui cosiddetti silenzi di Pio XII durante l'Olocausto. Il "Rapporto preliminare" reso noto da una Commissione storica internazionale cattolico-ebraica, formata rispettivamente da tre storici di ciascuno dei due campi, non sembra avere sortito alcun effetto se non quello di un inusitato incremento del volume della disputa. Anche perché il famigerato rapporto, invece di rispondere ai dubbi sul pontificato di Papa Pacelli ne ha formulati addirittura 47, chiedendo alla Santa Sede di aprire i suoi archivi e di consentire così adeguate risposte.
Perché il Vaticano non condannò il pogrom nazista del 1938 contro gli ebrei, noto come 'Notte dei cristalli'? I silenzi di Pio XII sullo sterminio del popolo ebraico furono casuali o voluti? Il Papa diede veramente il suo placet all'antisemitismo di Petàin a Vichy? Perché durante il famoso discorso di Natale del 1942 il Papa condannò le violenze naziste senza però fare riferimento agli ebrei? Come mai i fondi messi a disposizione da un'organizzazione ebraica americana furono destinati dalla Chiesa solo al salvataggio degli ebrei convertiti e non a beneficio di tutti i perseguitati? E ancora, perché la Santa Sede si oppose all'emigrazione degli ebrei in Palestina? Sono solo alcune delle taglienti domande alle quali la Commissione chiede che sia data risposta."

 

 

Un'altra accusa rivolta a Pio XII riguarda il silenzio sui massacri degli ustascia "cattolici" in Croazia.
Secondo la stima del Foreign Office britannico affidabile, 487.000 serbi ortodossi e 27.000 zingari furono massacrati tra il 1941 e il 1945 nello Stato Indipendente di Croazia. In aggiunta, approssimativamente 30.000 ebrei, su una popolazione di 45.000, furono uccisi: da 20.000 a 25.000 nei campi di sterminio degli ustascia, e altri 7.000 deportati nelle camere a gas.
John Cornwell (1999) ha formulato pesanti accuse alla Chiesa croata e all'arcivescovo di Zagabria Stepinac.

Le accuse di John Cornwell alla Chiesa croata

 

Anche Giovanni Miccoli (2000), anche se con toni meno drastici di quelli di Cornwell, evidenzia i comportamenti discutibili dell'arcivescovo di Zagabria. Scrive Miccoli:

"Stepinac fu a Roma dal 26maggio al 3 giugno 1943. Il 10 e il 24 maggio Marcone (Ramiro Marcone, visitatore apostolico a Zagabria, ndr) aveva informato il Vaticano che, eccettuati «almeno per ora» i membri dei matrimoni misti, «tutti gli ebrei, compresi quelli che sono stati già da anni battezzati, sono stati catturati e deportati in Germania». La cattura, a opera della polizia, era avvenuta durante la notte creando panico: «qualcuno dei più vecchi è morto per il terrore». Stepinac, nella sua lettera, non fa mai riferimento alla persecuzione degli ebrei: dei suoi esiti estremi considerava evidentemente responsabili i nazisti. Ma collegando aborto e pornografia ai «giudei» e ai «serbi» sembra chiaramente voler suggerire che non erano senza ragione e fondamento alcune misure assunte contro di loro. Questi suoi rilievi, come il tenore e le argomentazioni generali della lettera di Stepinac, coincidono nella sostanza con quanto il principe Lobkowicz scrisse, nel suo rapporto a Zagabria, dell’atteggia­mento tenuto dall’arcivescovo in Vaticano:

 

Secondo notizie giunte da diverse parti, e secondo le sue stesse dichiarazioni, l’arcivescovo ha fatto una relazione molto positiva sulla Croazia. Ha rilevato di aver taciuto alcune cose sulle quali non è per nulla d’accordo, per poter presentare la Croazia quanto è possibile nella miglior luce. Ha fatto notare in Vaticano le nostre leggi contro il crimine dell’aborto, molto bene accettate là. Fondando le sue argomentazioni su queste leggi, l’arcivescovo ha giustificato parzialmente i metodi contro gli ebrei, i quali sono da noi i più grandi difensori e i più frequenti esecutori di crimini del genere. L’arcivescovo ha dichiarato di aver chiaramente notato la differenza del comportamento attuale del Vaticano verso lo Stato croato con quello di un anno fa. Ha constatato un mutamento rilevante in ogni senso.

 

A proposito di Stepinac e dei giudizi contenuti nella sua lettera del 24 maggio Xavier de Montclos ha parlato di un «patriotisme le plus exasperé et le plus ombrageux». Fu un aspetto certamente condizionante nel profondo il suo atteggiamento e la linea giustificazionistica da lui adottata verso il regime, nonostante tutti i rimproveri mossigli in via riservata. Le prediche da lui pronunciate in quel periodo contro le teorie razzistiche e le violenze commesse in loro nome a violazione dei diritti umani riproponevano concetti basilari della dottrina cattolica, ma solo da orecchi molto avvertiti e predisposti potevano essere intese come una condanna delle discriminazioni e delle persecuzioni contro gli ebrei. Troppo insistita, anche tra i cattolici croati, era stata la sottolineatura dei loro misfatti, perché affermazioni così generali potessero incidere sui giudizi e gli orientamenti collettivi. D’altra parte, in quel con testo, in cui la «questione ebraica» in Croazia era praticamente «risolta», è probabile che le pubbliche prese di posizione di Stepinac contro le teorie razzistiche intendessero soprattutto mettere in guardia e combattere contro la crescente influenza nazista sugli orientamenti politici del regime. Non mancarono, lo si è già rilevato, suoi interventi riservati a favore degli ebrei, in particolare, alla luce della legislazione croata, per difendere gli ebrei battezzati e i matrimoni misti. Ma l’insieme dei suoi atteg­giamenti verso il regime mostra, mi pare difficile negarlo, che il problema, ai suoi occhi, restava secondario. Egli non risulta condividere l’esasperato oltranzismo antiebraico di certi suoi confratelli nell’episcopato, ma non sembra considerare la politica e i comportamenti del governo verso gli ebrei una ragione per mutare il giudizio nei suoi confronti." (Miccoli 2000, pag. 388-390)

 Matteo Luigi Napolitano (2002) valuta così l'operato dell'arcivescovo Stepinac:

"Si può certamente discutere sui fatto che, come lascia capire Spadolini (Il mondo frantumato: blocK notes 1990-1992, Longanesi, Milano 1992, pag. 278, ndr) Stepinac avesse peccato d’ingenuità nel porre le sue speranze in uno stato nazionalista croato retto dagli ustascia di Pavelic; rimane il fatto che questa fiducia non durò per molto e che, come abbiamo visto dai documenti dell’archivio diocesano di Zagabria, l’impegno di Stepinac in favore degli ebrei non diminuì in funzione della spinta antisemita data dagli ustascia sotto le pressioni dell’alleato nazista."

Allo stato della documentazione disponibile risulta difficile stabilire quanto e per quanto tempo Pio XII possa essere stato tratto in errore dalle valutazioni dell'arcivescovo di Zagabria.  

Se in tempo di guerra la preoccupazione del Papa fu sempre quella di evitare guai peggiori alle vittime del nazismo, meno giustificabile, a giudizio di chi scrive, fu il ruolo svolto dal cardinale Pacelli, in qualità di Segretario di Stato di Pio XI, nelle vicende tedesche che portarono il partito di Centro tedesco a votare al Reichstag per i pieni poteri al governo di Hitler e alla successiva stipula del Concordato tra Santa Sede e Reich tedesco.
Pere comprendere l'atteggiamento del cardinal Pacelli nelle vicende tedesche occorre tener presente:
a) egli era vissuto in Germania dal 1917 al 1930, esercitando le funzioni di nunzio apostolico, e quindi conosceva bene la situazione tedesca, parlava e leggeva perfettamente il tedesco e conosceva personalmente molti esponenti politici;
b) come la maggior parte dei cattolici del tempo, considerava il comunismo sovietico come il male peggiore, anche per le persecuzioni che la chiesa subiva in Russia: il fine primo della politica era evitare che i comunisti prendessero il potere (il 30 aprile 1919 era stato minacciato con la pistola puntata alla testa dai miliziani comunisti che avevano fatto irruzione nella sede della nunziatura di Monaco di Baviera e questo episodio lo terrorizzerà per anni, ripresentandosi in incubi notturni);
c) egli considerava prioritario attuare il Codice di diritto canonico, in particolare il canone 392, che conferiva solo al Papa il diritto di nominare i vescovi e riteneva il Concordato tra la Chiesa e lo Stato lo strumento più adatto per raggiungere tale fine. In diverse nazioni europee la nomina dei vescovi era soggetta a norme consuetudinarie che prevedevano un ruolo determinante di istanze ecclesiastiche locali e di autorità secolari;
d) egli si era formato un ideale di Chiesa fortemente centralizzata, disciplinatamente gerarchica, perfettamente ordinata e questo ideale era raggiungile solo attuando integralmente il codice di diritto canonico;
e) egli non riteneva che di per sé la democrazia e il sistema parlamentare fossero dei valori e tendeva a giudicare i governi e i sistemi politici in funzione della libertà religiosa che assicuravano.

Don Ludwig Kaas, sacerdote cattolico e capo del Partito del Centro dal 1928 al 1933, fu collaboratore e intimo amico del cardinal Pacelli fin dal 1921. Kaas svolse un ruolo determinante nel persuadere i deputati del centro a votare a favore della legge sui pieni poteri al governo Hitler il 23 marzo 1933, contro l'opinione dell'ex cancelliere cattolico Heinrich Bruning, che venne messo in minoranza. Come è noto il voto favorevole dei deputati del Centro fu determinante per il raggiungimento del quorum di due terzi necessario per approvare la legge, e quindi fu decisivo per assicurare al governo di Hitler  una formale legittimità costituzionale.
Come osserva lo storico Chadwick "il ruolo rivestito das Kaas nel far votare al Partito di Centro il documento sui pieni poteri a Hitler nel marzo 1933 rimane uno dei gesti più controversi della storia tedesca" (Chadwick 1986, pag. 86).
Nel 1937, nel giornale nazista "Der Angriff", il ministro Goebbels sostenne che "Kaas si era dichiarato d'accordo con la legge sui pieni poteri in cambio dell'accordo da parte del Governo al negoziato di un Concordato del Reich con la Santa Sede" (Scholder 1988, vol. I, pag. 246). Lo stesso Hitler, nel discorso al Reichsag in occasione della votazione della legge, affermò di attribuire la massima importanza al fatto di "coltivare e rafforzare ulteriormente i rapporti amichevoli con la Santa Sede"; secondo Bruning, Kaas affermò che in campo diplomatico l'impegno di Hitler costituiva per la Chiesa "il più gran successo ottenuto in alcun paese negli ultimi dieci anni" (Scholder 1988, vol. 1; pag. 299)
Un aspro dibattito tra storici intorno alla “fine del cattolicesimo politico in Germania nel 1933”, e sui reali o presunti legami tra la legge sui pieni poteri, il concordato con il Reich e lo scioglimento del Partito del Centro si è svolto tra Konrad Repgen e Klaus Scholder alla fine degli anni settanta. Secondo Scholder, il concordato del 20 luglio 1933 fu un atto di cooperazione tra i rappresentanti della Chiesa ovvero del cattolicesimo politico tedesco e il governo nazionalsocialista – un atto che chiedeva la consapevole rinuncia alla democrazia, cioè l’accettazione della legge sui pieni poteri, e segnava in questa maniera il destino del Partito del Centro. Secondo Repgen, invece, il concordato costituì la base di diritto internazionale che serviva alla Chiesa per potersi opporre alla dittatura nazionalsocialista. (Repgen 1980).
Thomas Brechenmacher, nel resoconto della giornata di studi del17 giugno 2004 al Deutsches Historisches Hinstitut in Roma, sostiene che "l’ipotesi, sostenuta da Scholder, di una connessione tra l’approvazione, da parte del gruppo parlamentare del Centro, della legge sui pieni poteri e il concordato tra la Santa Sede e il governo del Reich (la cosiddetta tesi di congiunzione) non trova conferma neppure nei corrispondenti fondi vaticani che sono centrali per la problematica qui discussa, e che finora non sono stati liberamente accessibili per gli studiosi. Pertanto i partecipanti al colloquio hanno concordato di abbandonare definitivamente la tesi di congiunzione come spiegazione scientifica della fine del cattolicesimo politico nel 1933. "
Anche ammesso che le affermazioni di Goebbels siano false e che la tesi della congiunzione tra voto del Centro alla legge sui pieni poteri e accordo sul Concordato risulti non documentata, rimane indiscusso che Kaas agì sempre in piena sintonia col cardinal Pacelli e che la decisione di votare la legge sui pieni poteri fu decisiva nello spianare ad Hitler la strada verso il potere. Kaas di recava periodicamente a Roma, a conferire col cardinal Pacelli, vi si tratteneva per intere settimane e collaborò strettamente alla redazione del testo del concordato. 

 

Il concordato tra Santa Sede e Reich tedesco (1933)

 

Non risulta che il cardinal Pacelli abbia mai dissentito dalla strategia politica di Kaas in Germania (non solo sul voto alla legge sui pieni poteri, ma anche per quanto concerne lo scioglimento del Partito del Centro) e quindi si può ritenere che abbia sottovalutato il pericolo nazista e che questo errore di valutazione abbia avuto notevoli conseguenze per la storia europea.
 Il 28 marzo, cinque giorni dopo la votazione parlamentare, la conferenza episcopale tedesca, che in precedenza aveva stabilito - a differenza di quelle protestanti - la proibizione per i cattolici di aderire al partito nazista e per i nazisti di partecipare in divisa alle celebrazioni religiose, rese pubblica una dichiarazione nella quale si affermava:
"Senza revocare il giudizio espresso nelle nostre precedenti dichiarazioni riguardo a certi errori sul piano della re­ligione e dell’etica, l’episcopato ritiene di poter nutrire fiducia che le proibizioni generali e gli avvertimenti già designati non debbano più essere ritenuti necessari. Al presente non è necessario che ai cristiani cattolici,  per i quali la voce della Chiesa è sacra, sia fatto monito particolare a essere fedeli al governo legale e ad adempiere con co­scienza i propri doveri di cittadini, rifiutando per principio ogni comportamento illegale o sovversivo." 
Franziskus Stratman, cappellano cattolico dell'Università di Berlino, il 10 aprile 1933 scrisse al cardinale Faulhaber per manifestare il suo sconcerto per la dichiarazione dei vescovi:
"L’animo delle persone di buona volontà è turbato a seguito della tirannia dei nazionalsocialisti, e non faccio che una semplice constatazione quando dico che l’autorità dei vescovi presso innumerevoli cattolici e non cattolici ha ricevuto una scossa dalla quasi-approvazione del movimento nazionalsocialista." (Scholder 1988, vol. 1; pag. 253)

 

 

 

Il radiomessaggio per la pace (agosto 1939)

L'enciclica Summi Pontificatus (20 ottobre 1939)

L'allocuzione del natale 1939

Il radiomessaggio di Pentecoste 1941

Il radiomessaggio del natale 1942

L'opinione di Albert Einstein

Il giallo del presunto ordine di rapimento di Pio XII da parte di Hitler

Il testamento di Pio XII

Lettera del cardinal G. B. Montini a The Tablet (8 giugno 1963)

In contrapposizione all'atteggiamento complessivo della Chiesa verso il nazismo e il fascismo, sono da segnalare le posizioni apertamente filofasciste di alcuni Vescovi. Particolarmente significativi sono i comportamenti di mons. Angelo Bartolomasi, Ordinario militare per l'Italia (era il superiore di tutti i cappellani militari italiani) e mons. Ferdinando Baldelli, Direttore dell'Opera nazionale per l'assistenza religiosa e morale agli operai (ONARMO).

 

mons.Angelo Bartolomasi

mons. Ferdinando Baldelli

padre Gregorio Baccolini

l'appello di 29 vescovi

padre Agostino Gemelli

 

 

Bibliografia

- Angelozzi Gariboldi Angelo, Pio XII, Hitler e Mussolini: il Vaticano tra le dittature, Mursia, Milano 1988 (pag. cit. dall'ed. 1995)
- Blette P, Pio XII e la seconda guerra mondiale negli archivi vaticani, San Paolo, Alba 1999.
- Chadwick Owen, Britain and the Vatican during the Second World War, Cambridge 1986
- Cornwell John, Hitler's Pope: the Secret History of Pius XII, New York 1999 (tr. it. Garzanti, Milano 2000) (le pag. citate sono dell'ed. it.)
- Falasca Stefania, Un vescovo contro Hitler: von Galen, Pio XII e la resistenza al nazismo, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2006
- Fisher D, Pope Pius XII and the Jews, Paulist Press, New York 1963

- Garzia Italo, Pio XII e l'Italia nella seconda guerra mondiale, Morcelliana, Brescia 1988
-
Gasparri A, Ebrei salvati da Pio XII, Logos, Roma 2001
- Giovannetti A, Il Vaticano e la guerra (1939-1940), Città del Vaticano, 1960
- Lewy G, The Catholic Church and Nazy Germany, McGraw-Hill, New York 1964
- Nassi Enrico, Pio XII: la politica in ginocchi, Camunia, Milano 1992
- Lichten L, Pio XII e gli ebrei, Dehoniane, Bologna 1988
- Marchione M, Pio XII e gli ebrei, Pan Logos, Roma 1999

- Miccoli Giovanni, I dilemmi e i silenzi di Pio XII: Vaticano, seconda guerra mondiale e Shoah, Rizzoli, Milano 2000
- Napolitano Matteo, Pio XII tra guera e pace: profezia e diplomazia di un papa (1939-1945), Città Nuova, Roma 2002
- Repgen Konrad , La politica estera dei papi nel periodo delle guerre mondiali, in Storia della Chiesa, La Chiesa nel ventesimo secolo 1914-1975, Jaka Book, Milano 1980
- Scholder Klaus, The Church and theThird Reich, tr. ingl. di J. Bowden, 2 vol., London 1988
- Tornielli Andrea, Pio XII, il papa degli ebrei, Piemme, Casale Monferrato 2001
- Zuccotti Susan, Under his very Windows: the Vatican and the Holocaust in Italy, Yale University Press, New Haven 2000
- The Vatican and the Holocaust: A Preliminary Report Submitted to the Holy See's Commission for Religious Relations with the Jews and the International Jewish Committee for Interreligious Consultations, by the International Catholic-Jewish Historical Commission, October 2000.

 

Maurilio Lovatti fascismo e guerra

Maurilio Lovatti scritti di storia locale

scritti vari di Maurilio Lovatti

 

e-mail:  maurilio@lovatti.eu