Giovanni
Landi nasce il 18 novembre 1935 a Brescia, nel quartiere rosso di
Sant'Eufemia. Frequenta giovanissimo l'oratorio ove operava il curato don
Guerino Franzoni (1915-2011), impegnato a sostegno della Resistenza, e il
maestro Aldo Lucchese delle Fiamme Verdi. Gianni, così chiamato è dagli
amici, vive da giovane l'esperienza dell'Azione Cattolica. Figlio di Bruno,
tornitore specializzato, a 16 anni nel 1952 entra all'OM a seguito di una
prassi in uso in quei tempi in cui si usava assumere i figli dei dipendenti.
A 17 anni entra nella “scuola allievi” dell'OM e, a soli 22 anni, viene
eletto nella Commissione Interna di questa grande fabbrica.
La formazione sindacale di Giovanni si unisce alla formazione politica dopo
l'incontro con Michele Capra, partigiano, impegnato nella DC, nella CISL e
allora presidente provinciale delle ACLI.
Nel 1959 la battaglia contro il premio antisciopero della FIAT di Valletta
rappresenta un passaggio di grande rilevanza per il gruppo della FIM dell'OM
e Landi con Michele Capra è un protagonista di primo piano.
Oltre alla FIM-CISL frequenta le ACLI come luogo di confronto sulle
politiche sociali, aiutato in questo con figure di sacerdoti sensibili ai
temi del lavoro. A Brescia vi era un grande fermento nel sindacato, nelle
ACLI e nella DC e Gianni vive con grande impegno tutti gli appuntamenti di
quella stagione, convinto che la società civile deve offrire risorse umane
alla politica.
Nella DC si era sviluppato un aspro e intenso confronto interno sulla
possibile apertura a sinistra e sul dialogo con i socialisti, che sfocerà
nel centro sinistra nei primi Anni Sessanta. Capra e le ACLI sono schierati
a favore del centro sinistra.
Nell'ottobre del 1960, il gruppo di giovani guidato da Gianni e da Egidio
Papetti conquista la maggioranza nel congresso provinciale di Gioventù
Aclista, ma due giorni dopo Landi e Papetti vengono espulsi dalle ACLI “per
indegnità”, perché avevano criticato la linea della DC nazionale ancora
contraria al centro sinistra. Ricorrono ai probiviri e l'espulsione viene
annullata. Il 15 novembre 1961 Giovanni entra nel Consiglio Provinciale
delle ACLI, eletto dall'VIII Congresso provinciale, ma vi rimane solo per un
mandato (allora di due anni) perché il gruppo guidato da Michele Capra si
disimpegna progressivamente dalle ACLI. Nel 1959 Capra era infatti ritornato
molto deluso dal congresso nazionale della DC di Firenze e rimproverava le
ACLI di non impegnarsi abbastanza per cambiare la linea della DC, allora
diretta dai dorotei e dai conservatori.
Il 14 gennaio 1962, in occasione del XII congresso provinciale della DC
bresciana, risulta tra i primi non eletti al Comitato provinciale del
partito, insieme a Mino Martinazzoli.
Inizia in quegli anni per Gianni un lungo periodo di impegno nella DC, che
durerà fino al 1991. L'ambito al quale partecipa attivamente, e nel quale
si guadagna stima e consolida il suo ruolo di leader, è il gruppo dell'OM a
livello sindacale, e la corrente di Forze Nuove, con il circolo Achille
Grandi, divenuto successivamente circolo culturale Michele Capra
(popolarmente detto “Circolino”) a livello politico. All'interno
dell'alleanza di Provincia democratica che univa dal 1959 tutta la sinistra
democristiana bresciana (basisti e Forze Nuove), partecipa nel 1963 alla
campagna elettorale a favore dei fanfaniani Annibale Fada e Fabiano De Zan e
del moroteo Franco Salvi, designato candidato dalle ACLI, che risultano
tutti eletti per la prima volta alla Camera. Nel 1968 è tra i firmatari
della candidatura alla Camera dei Deputati di Michele Capra, e lo sostiene
attivamente e con grande impegno nella campagna elettorale. Capra viene
eletto e diviene il primo parlamentare del gruppo. Il 1968 è anche l'anno
delle nozze di Gianni con Lucia Botticini, dalle quali nasceranno i figli
Giusi (1969) e Luca (1973).
Il 1968 è un anno di straordinarie trasformazioni nel nostro Paese, tra
lotte operaie, nascita del movimento studentesco, fermenti conciliari nella
Chiesa. Le ACLI guidate da Livio Labor individuano nell'unità sindacale lo
strumento determinante per cambiare la società italiana, mentre abbandonano
il collateralismo con la DC e pongono il tema del pluralismo e della
libertà di voto per i cattolici. La contestazione studentesca che nell’autunno
del 1968 inizia a manifestarsi a Brescia con scioperi degli studenti medi,
con cortei e manifestazioni di massa in città per richiedere il diritto d’assemblea,
suscita giudizi contrastanti nel mondo cattolico, che variano dalla condanna
totale da parte dei più conservatori, all’attenzione critica da parte
delle ACLI, della CISL e della sinistra DC. La posizione di Landi e
dell'intero gruppo di Forze Nuove è ben espressa da Mario Fappani, che
scrive sul settimanale diocesano: “Qualcuno, forte dell’appoggio del
Giornale di Brescia e della Notte, tenta di liquidare la complessa
problematica suscitata dalle agitazioni, circoscrivendola ad episodi di
goliardismo precoce, minimizzando il numero degli «scioperanti»,
rimarcando la voce di genitori e cittadini preoccupati per questo rigurgito
di protesta. Ancora una volta l’anima della conservazione esce allo
scoperto nei momenti meno opportuni e […] mostra il volto noioso di una
deprecabile e pericolosa pigrizia mentale”.
Alle prime elezioni regionali, nel 1970, la componente DC di Forze Nuove
candida Sandro Fontana, che verrà eletto consigliere e Gianni si impegna
generosamente per sostenerlo durante la campagna elettorale. Sempre nel 1970
lancia con Michele Capra e Sandro Fontana la candidatura di Cesare Trebeschi
alla presidenza dell'ASM.
Nella prima metà degli Anni Settanta, la FIM di Brescia guidata da Franco
Castrezzati, era la federazione sindacale più vicina alla corrente di Forze
Nuove, e si trovava in contrapposizione con i vertici nazionali del
sindacato dei metalmeccanici, sia sul tema del ruolo politico del sindacato,
sia su quello dell'incompatibilità tra ruoli sindacali e cariche nel
partito della DC. Il partito della Democrazia Cristiana incominciava ad
essere visto anche nella FIM CISL quasi come un nemico della classe operaia
per il suo carattere interclassista; si comprende allora quanto la
situazione fosse diventata difficile per Gianni Landi e in genere per i
lavoratori che facevano riferimento a Forze Nuove e che ritenevano
complementare e necessario continuare ad impegnarsi sia nel sindacato, sia
nel partito. Nel 1972, in occasione del congresso nazionale straordinario di
scioglimento della FIM per confluire nella FLM, Landi si contrappone alla
tesi di Carniti dell'antagonismo permanente in fabbrica e nella società
capitalistica, poiché temeva che nel Paese la caduta delle ideologie
rivoluzionarie del ‘68 avrebbe potuto prima o poi travolgere anche il
riformismo possibile. L’errore politico della FIM nazionale era per Gianni
di puntare su una soluzione alla lunga perdente, invece di consolidare il
confronto tra le culture politiche realmente presenti tra i lavoratori delle
fabbriche, quella comunista e quella cattolico democratica. Per lui il
cammino dell’unità doveva essere continuato, ma non per motivi
ideologici, bensì per motivi politico sindacali, per rompere il monolitismo
delle organizzazioni ancora schierate l’una contro l’altra.
Durante la prima metà degli Anni Settanta Landi opera politicamente con
tutto il gruppo di Michele Capra all'interno della DC con la preminente
finalità di rendere concreta la prospettiva del “progressivo inserimento
delle forze popolari nello Stato” che ha sempre ispirato l’impegno
politico della corrente della sinistra democristiana fin dalla nascita del
centro sinistra. Senza una cultura del lavoro, è la convinzione di Capra e
Landi, il centrosinistra non avrebbe significato. La battaglia da combattere
è soprattutto all’interno della DC per impostare una autentica politica
delle riforme e sostenere le lotte del movimento dei lavoratori. Non
volevano che il cammino intrapreso nel centrosinistra subisse una
semplificazione “bipolare” implicitamente proposta da chi immaginava di
affidare alla DC il ruolo di conservazione e pensava di vedere nell’unificazione
socialista il partito del progresso.
Nonostante questa comune visione politica, la corrente democristiana di
Forze Nuove va incontro nel 1971 ad una dolorosa e polemica scissione tra il
gruppo guidato da Sandro Fontana, appoggiato da Carlo Donat-Cattin a livello
nazionale, da un lato, e quello guidato da Capra e Landi dall'altro, che
farà riferimento a Guido Bodrato. La profonda divisione politica tra le due
componenti inizia a Sirmione, in occasione del XVIII congresso della Dc
bresciana (6-7 febbraio 1971), quando il gruppo di Capra e Landi critica la
sinistra DC di Padula e Martinazzoli e lo stesso Sandro Fontana, accusati di
non opporsi con decisione alla linea del segretario nazionale Forlani che
aveva favorito la nascita di un governo di centro destra, il cosiddetto
governo Andreotti-Malagodi. Capra accusa la sinistra DC di non battersi fino
in fondo per inserire nel partito rappresentanti del mondo del lavoro e
della classe operaia. Sandro Fontana li critica duramente e in un comunicato
stampa afferma: “Ai Landi, Capra e Papetti, nella forma più serena e
tranquilla, diciamo che la loro scissione è gratuita e non sarà mai capita
da nessuno; che, in quanto tale, essa rappresenta l’attentato più grave
finora portato contro la tradizione del movimento popolare cattolico
bresciano. E che la loro azione di guastatori è destinata alla sterilità
ed all’isolamento oppure a farsi strumento nelle mani dell’egemonia
clerico moderata bresciana.” Nonostante i ripetuti attacchi della sinistra
DC bresciana e del gruppo di Fontana, Michele Capra, Giovanni Landi e il
consigliere regionale Mario Fappani non arretrano e danno vita al Circolo
culturale Achille Grandi, con sede a Brescia in vicolo San Clemente, 25a.
Giovanni Landi con Gervasio Pagani si impegna nel corso dei primi mesi del
1974 a sostenere attivamente l'appello dei cattolici democratici per il no
nel referendum sul divorzio, promosso da Raniero La Valle, Pietro Scoppola,
padre Davide Turoldo, i sindacalisti Pierre Carniti e Franco Bentivogli e
l'ex presidente nazionale delle ACLI Emilio Gabaglio. La scelta del no al
referendum lo vede a Brescia a fianco degli assessori democristiani Luigi
Bazoli e Battista Fenaroli, dei sindacalisti FIM guidati da Franco
Castrezzati e dagli aclisti Mario Faini, Sandro Albini e Mariateresa
Bonafini, ma in aperto contrasto con tutto il gruppo dirigente della DC
bresciana e nazionale. A Brescia lo studio di Stefano Minelli diventa il
punto di riferimento per intellettuali e operai che condividono i motivi
culturali e politici dell'appello nazionale. In quel periodo Landi inizia
l'amicizia e la collaborazione con Pietro Scoppola.
Nella seconda metà degli Anni Settanta, Landi è di nuovo protagonista nel
contesto politico del compromesso storico, con l'elezione di Benigno
Zaccagnini a segretario nazionale della DC e lo sviluppo della strategia di
attenzione al PCI di Aldo Moro. Nel corso del 1975 la lotta contro la
segreteria Fanfani a livello nazionale si accompagna all'impegno per il
rinnovamento della DC bresciana, condotto in stretta coordinazione con i
basisti di Padula e Martinazzoli e con i morotei di Franco Salvi, che
culmina nella appoggio convinto alla candidatura a Sindaco della città di
Cesare Trebeschi, in sostituzione di Bruno Boni, che guidava
l'amministrazione comunale dal lontano 1948 e che era ormai diventato il
simbolo più visibile delle componenti moderate e conservatrici della DC e
del mondo cattolico bresciano.
A Roma il 5
novembre del 1975 si tiene un convegno sul tema Per una proposta di
rinnovamento politico. Da questo appuntamento nasce la Lega Democratica che
ha promosso tanti convegni di rilevante spessore culturale e politico, ai
quali i bresciani hanno dato un grande contributo.
Dopo il rapimento e l'assassinio di Aldo Moro, Giovanni Landi e Gervasio
Pagani in accordo con Pietro Scoppola, ritengono necessario dotare i
cattolici democratici di uno strumento culturale capace di dare spessore
alla nuova fase dell'esperienza politica. A Brescia, con Luigi Bazoli,
Stefano Minelli e Leonardo Benevolo e a livello nazionale con Pietro
Scoppola, Achille Ardigò, Ermanno Gorrieri, Paolo Prodi, Mario Gozzini e
Paolo Giuntella, grazie anche alla disponibilità di don Mario Pasini, Landi
contribuisce a far nascere la rivista «Appunti di Cultura e Politica», che
aveva circa cinquemila abbonati. L'impegno di Landi nella Lega Democratica
non viene mai meno durante i dodici anni di vita dell'organizzazione.
Nella primavera del 1976, quando il presidente della Repubblica Giovanni
Leone scioglie anticipatamente le Camere, l'on. Michele Capra, che era stato
Deputato per due legislature, dichiara di non volersi ricandidare. A molti
Landi appare come il candidato naturale per sostituirlo, proprio per il
prestigio e l'autorevolezza che aveva conquistato in vent'anni di
instancabile impegno sindacale e politico. Invece, sorprendendo un po'
tutti, Gianni rinuncia a candidarsi e si fa, anzi, promotore e sostenitore
della candidatura di Francesco Piero Lussignoli, che verrà eletto. In
questa occasione si manifesta in modo evidente un aspetto rilevante
dell'attività politica di Landi, che pur impegnato generosamente e senza
risparmiarsi sia nel sindacato, sia nella DC, non ambisce a raggiungere
posizioni di vantaggio personale o cariche di prestigio, ma preferisce
svolgere un ruolo di guida politica più attento ai contenuti e agli
equilibri politici, cercando di collocare persone capaci e di sua fiducia
nei vari organismi, sindacali, amministrativi o politici.
Sempre negli Anni Settanta, Landi rafforza il suo impegno nel sindacato a
favore dell'unità sindacale, convinto della forza e della stabilità che
questo obiettivo può dare alle conquiste dei lavoratori. Ma è proprio
nella FIM, il sindacato dei metalmeccanici della CISL, che si consuma forse
la maggior sconfitta del pluridecennale impegno politico e sociale di
Gianni, nel corso del lungo scontro, durante il 1976 e i primi mesi del
1977, tra la segreteria provinciale di Franco Castrezzati, appoggiata dal
segretario nazionale Franco Bentivogli e la minoranza interna che faceva
capo al gruppo dell'OM, guidato da Giovanni Landi e Luigi Gaffurini. Il
gruppo di Landi accusava la segreteria della FIM di aver attribuito negli
organi dirigenti del sindacato un ruolo predominante agli apparati e ai
funzionari, con scarsa apertura all'apporto dei lavoratori e dei
rappresentanti dei consigli di fabbrica, con il conseguente rischio di
burocratizzazione del sindacato stesso. Ma il vero scontro consisteva nella
diversa valutazione politica del processo di unità sindacale. Quella che
poi si è dimostrata una minoranza molto combattiva all'interno della FIM di
Brescia rivendicava il diritto dei lavoratori democristiani di pensare al
processo di unità sindacale come funzionale al processo di confronto
politico che si andava sviluppando tra tutte le forze riformatrici, compreso
il maggior partito della sinistra.
All'opposto, Franco Castrezzati e la segreteria nazionale accusano la
minoranza di Landi di comportamenti scorretti, di mancato rispetto delle
decisioni degli organi democratici, di attentare all'autonomia del sindacato
e di voler ripristinare una sorta di collateralismo con la DC.
Nel congresso provinciale FIM di Manerbio (26-28 aprile 1977) vi è la resa
dei conti e la minoranza guidata da Landi, che conta circa il 30% dei
delegati, a causa del sistema maggioritario da sempre in uso nella CISL per
eleggere gli organi statutari, è totalmente esclusa dagli organismi
dirigenti della federazione sindacale. Per Landi è una sconfitta sindacale
ma non politica.
La nomina di Benigno Zaccagnini a segretario nazionale della DC, nel 1975,
aveva portato un nuovo entusiasmo carico di speranza e aveva contribuito per
qualche anno a rafforzare il peso e il ruolo della sinistra DC bresciana,
che produce i suoi effetti fino alle elezioni politiche anticipate del 1979,
quando Lussignoli è confermato deputato, nell'ambito della quaterna con
Salvi, Padula e Gitti, che trionfa nelle preferenze degli elettori. Il
successo della sinistra DC è ulteriormente rafforzato dalla conferma al
Senato di Martinazzoli a Brescia e De Zan a Salò. Gianni Landi si impegna
attivamente nella campagna elettorale, a sostegno di Lussignoli e della
quaterna. Ma già l'anno successivo la situazione si modifica rapidamente. A
livello nazionale, a seguito del famoso preambolo di Donat-Cattin, Flaminio
Piccoli è eletto segretario nazionale della DC, e a Brescia il 17 marzo
1980 Riccardo Conti, alleato a Prandini e Fontana, è eletto segretario
provinciale. Per la prima volta dopo oltre 15 anni, la sinistra DC bresciana
è in minoranza.
Qualche mese prima, il 19 luglio 1979, la morte di Michele Capra aveva
comportato l'assunzione di una nuova e maggiore responsabilità da parte di
Landi che, di fatto, subentrava allo storico fondatore del gruppo, forte di
una credibilità ed un autorevolezza che gli erano unanimemente riconosciute
da tutti gli esponenti del Circolo, mentre il Centro culturale viene
intitolato a Michele Capra e nel marzo 1980 comincia la pubblicazione della
serie dei Quaderni.
La segreteria Conti non è però né stabile, né duratura, e già l'anno
successivo, dopo il XXI congresso provinciale della DC, inizia una gestione
unitaria del partito, che porta all'elezione unanime a segretario
provinciale di Gervasio Pagani, insegnante, giovane esponente (era nato nel
1950) e stella nascente del Circolo Michele Capra.
I primi Anni Ottanta vedono Gianni Landi impegnato sia sul piano sindacale
(dopo la bruciante sconfitta della vertenza FIAT del 1980 e la marcia dei
quarantamila, si impone una riflessione sulla democrazia nelle fabbriche e
sul ruolo stesso del sindacato) sia sul piano politico, con l'attivo impegno
profuso per sostenere Luigi Gaffurini e Mariateresa Bonafini alle elezioni
comunali del 1980 e Lussignoli alla Camera nelle elezioni politiche del
1983.
Il 1984 vede Landi protagonista della politica e delle cronache
giornalistiche anche a livello nazionale. Infatti con il collega Lorenzo
Paletti (della FIM e del Circolo Capra) e Pier Luigi Guizzi della FIOM
trascina il cosiddetto movimento degli autoconvocati, che si era costituito
nell'autunno precedente, a schierarsi contro il taglio della scala mobile
deciso dal governo Craxi. Nonostante la contrarietà dei vertici nazionali,
all'assemblea di Brescia promossa dagli autoconvocati (8 febbraio)
partecipano 107 consigli di fabbrica e oltre 700 delegati. Lo sciopero
indetto dai Consigli di fabbrica di ATB e OM per il 16 febbraio contro il
decreto del governo Craxi, nonostante la netta contrarietà di CISL e UIL,
ottiene larghissima adesione. L'esperienza degli autoconvocati si diffonde
rapidamente anche a Torino, a Milano e in altre realtà industriali del
Paese e culmina nella manifestazione nazionale della CGIL con gli
autoconvocati a Roma, il 24 marzo, alla quale parteciparono oltre 6 mila
lavoratori bresciani. Lorenzo Paletti è relatore ufficiale in piazza San
Giovanni, in rappresentanza degli autoconvocati bresciani. La linea degli
autoconvocati, decisamente criticata da FIM e CISL trova un coraggioso
sostegno da Gervasio Pagani, segretario provinciale della DC, da cui però i
vertici nazionali del partito prendono subito e pubblicamente le distanze.
In occasione della campagna elettorale per il referendum abrogativo del
decreto sulla scala mobile, il 20 aprile 1985, Landi, assieme a Fausto
Bianchetti, Lorenzo Paletti e Mario Prandelli, prende pubblicamente
posizione per “un voto libero e responsabile” al referendum,
schierandosi quindi in contrasto con la DC, la CISL e la FIM, che avevano
dato chiare ed esplicite indicazioni di voto per il no. La scelta di Landi
provoca la reazione irata e sdegnata del segretario della CISL, Aldo
Gregorelli (che sarà eletto proprio quell'anno a succedere a Emanuele
Braghini, che era segretario generale provinciale della CISL dal luglio del
1981, in seguito alla cosiddetta congiura dei “canossiani” ai danni di
Franco Castrezzati), che afferma: “La scelta di Landi è un regalo inutile
al sì ed assomiglia piuttosto ad una libertà di … incoscienza.”
Il 7 marzo
1987 Giovanni Landi è eletto segretario cittadino della DC grazie ad un
accordo tra i bodratiani del circolo Capra e i prandiniani. Landi è eletto
con il 55% dei voti, contro il 45% conseguito da Luigi Morgano, candidato
dei morobasisti. Nella segreteria cittadina pretende di avere come stretto
collaboratore Martino Troncatti, già delegato provinciale di Gioventù
aclista e sindacalista FIM, che non era mai stato in precedenza iscritto
alla DC.
Il clamoroso capovolgimento delle alleanze politiche (il segretario
provinciale prandiniano Baronio solo sei mesi prima era stato eletto con il
voto favorevole dei morobasisti e quello contrario dei bodratiani) suscita
vasta eco nell’opinione pubblica e reazioni contrastanti. Un
arrabbiatissimo Martinazzoli, riferendosi ai bodratiani, esclama: “se
vogliono assumere il nome vero, questi amici si devono chiamare prandiniani.”
Le motivazioni della nuova alleanza nel comitato comunale della DC sono in
primo luogo determinate dalle ormai imminenti elezioni politiche anticipate,
oltre che a finalità di più ampio respiro. Lussignoli aveva concluso le
tre legislature, sia pure tutte abbreviate da elezioni anticipate, e
Giovanni Landi vuole eleggere alla Camera Gervasio Pagani, che per lui
rappresentava il candidato ideale, in quanto, oltre ad essere giovane (aveva
36 anni), era molto capace e preparato ed inoltre anche molto conosciuto
perché era stato segretario provinciale della DC dal 1981 al 1984,
riuscendo a mantenere la gestione unitaria del partito e a creare, per
quanto possibile, un clima di collaborazione tra le varie componenti.
Tuttavia i morobasisti e lo stesso Martinazzoli avevano in più occasioni
manifestato la loro indisponibilità a sostenere la candidatura di Gervasio
Pagani nell’ambito di una quaterna di candidati alla Camera dell’area
Zac, come quella in cui nel 1979 e nel 1983 era stato eletto Lussignoli.
Pagani infatti aveva attaccato pesantemente tutti gli iscritti alla loggia
P2 e aveva difeso l’esperienza degli autoconvocati, fortemente avversata
dai morobasisti. Viceversa Prandini era molto ben disposto verso Pagani, non
solo perché l’alleanza con i bodratiani gli consentiva di porre fine all’egemonia
morobasista sulla città, ma soprattutto perché nutriva grande stima verso
l’ex segretario provinciale, sia per la comune estrazione popolare, sia
perché si sentiva con lui accomunato da un atteggiamento critico verso le
élite tradizionali bresciane “economico-curiali” o “Brescia-connection”
come Prandini soleva definirle.
Che l’alleanza tra Landi e Prandini non fosse solo finalizzata agli
schieramenti interni per le elezioni politiche è confermato dal fatto che
tale alleanza sarà riconfermata nel congresso del novembre 1987, quattro
mesi dopo la tragica scomparsa di Gervasio Pagani.
Gianni Landi si impegna con tutte le sue forze nella campagna elettorale del
1987. Per la Camera, la quaterna morobasista, composta dai deputati uscenti
Martinazzoli, Gitti e Rosini e dall’esordiente Aldo Gregorelli, si
contrappone la quaterna frutto della nuova alleanza: ai prandiniani Bonetti
e Ferrari e al forzanovista Gei, si aggiunge Gervasio Pagani. Il risultato
del 14 giugno 1987 è fino all’ultimo incerto: Gei conquisterà il sesto
posto con 32.408 preferenze, superando Pagani (32.231 preferenze) con un
distacco minimo di 177 preferenze. Dall’analisi disaggregata delle
preferenze si ricava immediatamente che i prandiniani hanno rispettato
scrupolosamente gli accordi sulle preferenze e che i voti mancanti a Pagani
sono quasi totalmente ascrivibili a Forze Nuove dei fratelli Fontana.
L’imprevista sconfitta non demoralizza troppo Landi e il circolo Capra e
lo stesso Gervasio Pagani perché, già nelle prime settimane successive al
voto, all’interno della DC nazionale si prospetta la candidatura a
commissario europeo di Filippo Maria Pandolfi che, essendo il primo eletto
nella circoscrizione Brescia Bergamo, dimettendosi avrebbe lasciato il
seggio alla Camera al primo dei non eletti (come effettivamente avverrà).
Forse proprio con questa ragionevole speranza, Gervasio Pagani parte con la
famiglia per le vacanze estive. Il 13 luglio in una spaventosa tragedia
della strada, sulla A 14 a S. Severo, nei pressi del casello di Foggia,
Pagani e la sua famiglia perdono la vita.
Il riavvicinamento di Landi e del Circolo Michele Capra ai basisti e alla
sinistra Dc bresciana avverrà solo nel 1990, in occasione dell'epica
battaglia tra Prandini da un lato e Padula e Martinazzoli dall'altro per
scegliere il Sindaco di Brescia, poiché i prandiniani si opponevano alla
riconferma di Pietro Padula, che era stato Sindaco della città, dopo Cesare
Trebeschi, dal 1985 al 1990.
Nel 1991 il circolo Michele Capra si spacca. Landi e Riccardo Imberti escono
dalla DC e aderiscono alle Rete di Leoluca Orlando, mentre Lussignoli,
Fappani e Papetti rimangono nel partito. A partire dalle elezioni del 1996
Landi partecipa con Romano Prodi e Arturo Parisi all'esperienza costitutiva
dell'Ulivo che porterà il 27 febbraio 1999 alla formazione dei Democratici
(col simbolo dell'asinello) di cui Prodi è il primo presidente, nei quali
confluiscono sia la Rete, sia altre formazioni minori. Nel 2002 i
Democratici confluiscono a loro volta nella Margherita (Democrazia è
libertà era il nome ufficiale del partito) assieme al Partito Popolare (che
aveva avuto come Segretari tra gli altri Mino Martinazzoli, Franco Marini e
Pierluigi Castagnetti): in quell'occasione Gianni Landi si troverà di nuovo
fianco a fianco nell'impegno politico con gli amici provenienti
dall'esperienza del Circolo Michele Capra.
Infine nel 2007 Landi è tra i fondatori del Partito Democratico, nel quale
militerà fino alla morte, avvenuta nel 2020.
Oggi, il
lunghissimo impegno sociale e politico (oltre 60 anni) di Gianni, appare in
tutta la sua importanza per la società bresciana. Landi e il circolo
Michele Capra hanno influito significativamente sia sul piano delle idee e
dei valori, contribuiendo a edificare una visione e una prospettiva
cattolico democratica, in sintonia con la dottrina sociale della Chiesa e
con l'umanesimo integrale di Maritain, attenta a valorizzare l'apporto dei
lavoratori in politica, sia per quanto riguarda le persone chiamate a
rivestire ruoli decisivi nella politica e nelle istituzioni. Il Circolo
Capra ha espresso due Deputati, lo stesso Michele Capra e Francesco Piero
Lussignoli, un consigliere regionale, Mario Fappani, cinque assessori della
città, Egidio Papetti, Francesco Lussignoli, Francesco Mascoli, Franco
Gheza e Luigi Gaffurini, e un segretario
politico della DC bresciana, Gervasio Pagani. Una lunga serie di presidenti
provinciali e dirigenti delle ACLI sono riconducibili a quello che
semplicemente era anche chiamato gruppo-Landi: Riccardo Imberti, Lorenzo
Paletti, Luigi Gaffurini, Martino Troncatti, Roberto Rossini (che è stato
anche presidente nazionale delle ACLI dal 2016 al 2021). Col senno di poi,
si può osservare che proprio nella FIM e nella CISL, dove Landi si è a
lungo impegnato, l'influenza e i risultati son stati nettamente inferiori.
La lunga vita politica e sociale di Landi è quindi stata coronata da tanti
gratificanti risultati e anche da qualche dolorosa sconfitta, come si è
visto. Sicuramente non è mai venuto meno il suo spirito di servizio,
l'impegno generoso per la comunità, il disinteresse - molto raro ed
esemplare in politica - per i suoi interessi personali. Si può quindi
affermare che il pluridecennale impegno di Gianni è stato una limpida
esemplificazione della politica veramente intesa, che diventa, secondo la
celebre definizione di San Paolo VI, una delle forme più alte di carità.
Maurilio Lovatti
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