Egregio
Direttore,
Non
credevamo ai nostri occhi quando nello scorso luglio abbiamo letto sui
giornali la sintesi del documento dell'OCSE (Organizzazione per la
cooperazione e lo sviluppo economico) che, nell'interpretazione dei
giornalisti di quasi tutti i quotidiani italiani, invitava i docenti
europei a non bocciare gli studenti. In realtà i funzionari dell'OCSE
affermano che la bocciatura non aiuterebbe gli studenti in difficoltà,
mentre viceversa aumenta i costi per l'istruzione. Inoltre l'OCSE non si
rivolge agli insegnanti, ma ai governi.
E' vero che in molti casi la bocciatura non aiuta lo studente, poiché non
è in grado di eliminare le sue difficoltà, nella maggior parte dei casi
dovute ad insufficienti motivazioni allo studio, che spesso si
ripresentano negli anni successivi. In altri casi la bocciatura è utile
allo studente, lo rende consapevole di non aver raggiunto gli obiettivi
minimi e lo sollecita a riconsiderare il suo impegno.
Tuttavia la questione centrale non è questa: il fine principale delle
bocciature non consiste nel perseguire il bene dei bocciati, bensì quello
di tutti gli altri (cioè i promossi) e dell'intera società.
Se uno dicesse: aboliamo le multe per le infrazioni al Codice della
strada, poiché è dimostrato, dati alla mano, che le multe non fanno bene
ai multati e non diminuiscono la loro propensione a violare le norme,
sarebbe facile rispondergli che il rischio delle multe contribuisce a fare
in modo che la gran parte degli automobilisti rispetti maggiormente le
regole e quindi riduce incidenti, danni, morti e feriti.
Allo stesso modo se si abolissero le bocciature, verrebbe meno una delle
cause fondamentali che spingono gli studenti a stare attenti in classe, a
svolgere i compiti a casa, a dedicare tempo e impegno nello studio, a
cercare di rimediare alle insufficienze: la qualità della scuola e i
livelli d'apprendimento si abbasserebbero notevolmente. Anche dal punto di
vista economico il ragionamento dell'OCSE non sta in piedi: è vero che
uno studente delle superiori costa allo Stato circa 5000 euro annui
(quindi nell'immediato un calo di bocciature costituisce un risparmio) ma
i solerti funzionari dell'OCSE non hanno calcolato quale enorme danno
economico ne deriverebbe per la società dal peggioramento della
preparazione degli studenti?
E' ovvio che la bocciatura in sé non è desiderabile: è l'ultima
soluzione, quando tutti i tentativi di recupero sono falliti e le
competenze minime non sono acquisite (non a caso le scuole di qualità
hanno percentuali di non promozione un poco inferiori alla media). Negli
ultimi anni, però, l'aumento degli alunni per classe e i ripetuti tagli
di bilancio rischiano oggettivamente di aggravare il fenomeno.
Brescia,
27 settembre 2011
Maurilio
Lovatti, Stefania Pagnoni, Paola Baroggi
(seguono
le firme di 22 docenti del Liceo di Stato Copernico di Brescia)
Pubblicata
da Il
Sole 24 Ore (28 settembre 2011); La
Stampa (29 settembre 2011); Bresciaoggi (2 ottobre 2011);
Giornale
di Brescia (2 ottobre 2011); La Voce del Popolo (6 ottobre 2011)
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Due
studenti davanti al tabellone: momenti di autentica suspance.
La scuola deve bocciare o no? Il dilemma intriga e divide. Soprattutto se
un'istituzione internazionale come l'OCSE (Organizzazione per la
cooperazione e lo sviluppo economico) invita i governi, e per essi gli
insegnanti, a evitare le bocciature considerate dispendiose e inutili. C'era
da aspettarsi che i docenti non stessero zitti. Venticinque professori dello
scientifico Copernico di viale Duca degli Abruzzi hanno scritto una lettera
ai quotidiani, dando il via a un dibattito che non si spegnerà facilmente.
E oggi alcuni presidi delle scuole superiori bresciane prendono posizione.
"Vero è che in molti casi la bocciatura non aiuta lo studente, poiché
non è in grado di eliminare le sue difficoltà", ammettono i
firmatari, precisando che la scuola deve utilizzare i mezzi a disposizione
per eliminarle e risolverle, le difficoltà. "La questione centrale è
questa - sottolineano -: il fine principale della bocciatura non consiste
nel perseguire il bene dei bocciati, bensì quello di tutti gli altri (cioè
i promossi) e dell'intera società". Senza la spada di Damocle della
bocciatura, nessuno si preoccuperebbe più di studiare, e la qualità
dell'istruzione crollerebbe con danno per tutti.
Il ragionamento sembra non fare una grinza, invece divide i dirigenti delle
scuole superiori bresciane. Da una parte si schierano i contrari alla
"punizione", dall'altra i favorevoli. Due fronti opposti, che
rivelano due modi alquanto diversi di intendere la funzione della scuola in
una società moderna. Il preside del Copernico, fresco di una
discussione sul tema con i suoi docenti, si limita a riflettere sul metodo e
trova "improprio usare una lettera per discutere sulla bocciatura, che
viene decisa dal Parlamento". Semmai "occorrerebbe una discussione
- dice - su alcuni concetti pedagogici contenuti nella lettera, che
sarebbero comunque da discutere in altra sede, anche tenendo conto che nel
dibattito interno all'istituto sono giunti ulteriori chiarimenti da parte
dei sottoscrittori della lettera".
L'OGGETTO del contendere, comunque, è proprio il "fine principale
della bocciatura", e su questo il preside dello scientifico Calini
Gaetano Cinque è categorico. "Senza dubbio nel nostro sistema
scolastico può essere previsto un tempo più lungo per il processo di
apprendimento - dice -, ma noi lavoriamo al successo formativo ed è un
peccato risolvere tutto con un atto certificativo finale. La promozione
avviene giorno per giorno, e la bocciatura come selezione non è né
un'opportunità né un vantaggio per nessuno". Di più, "l'aspetto
sanzionatorio nell'educazione - aggiunge - non fa di certo mantenere la
consapevolezza dello studio, che deve nascere dall'amore per il sapere. Può
giocare come motivazione estrinseca, ma noi crediamo più nel momento
didattico, tant'è che abbiamo corsi di recupero, sospensioni di giudizio e
quant'altro". Insomma, una netta presa di distanze. Allo stesso modo il
preside del professionale Golgi Ercole Melgari, convinto con don Milani che
"una scuola che boccia è come un ospedale che cura i sani e caccia via
i malati".
Per Melgari la punizione del ripetere l'anno "deve essere evitata il
più possibile". E lo dice da dirigente di un Golgi che "ogni anno
boccia il 50 per cento degli studenti in prima". Ma "gli
insegnanti pensano che promozioni e bocciature possano premiare l'impegno e
punire il disimpegno e un preside non può farci nulla". Per lui il
fine è "mettere tutti in condizione di essere promossi anche nel senso
culturale e sociale, e una selezione alta sembra indicare il fallimento
della scuola".
Sul fronte opposto, Donatella Preti, preside del liceo delle scienze
applicate Leonardo. Premesso che la scuola deve dotarsi di tutti gli
strumenti, compresi i percorsi personalizzati per aiutare i ragazzi più
fragili e in difficoltà, "ritengo che non sia giusto eliminare la
bocciatura", dice. Quando non si ottiene il risultato sperato - ragiona
- è opportuno in primo luogo indagarne le cause. Se dipendono da
difficoltà di apprendimento è un conto, e si può valutare se sia utile o
meno allungare il processo di apprendimento.
"Se però le cause stanno nello scarso impegno - sottolinea Preti -
promuovere non è giusto, dal momento che la scuola deve ancora avere tra i
suoi valori fondanti la meritocrazia, la responsabilità e le
motivazioni".
Nicola Scanga, fino all'anno scorso preside al professionale Fortuny
e ora decentrato al Comprensivo di Lograto, ammette che il Trattato di
Lisbona ha lanciato un input a promuovere, "considerando che il costo
dell'istruzione è di 20/30 mila euro per studente". Tuttavia "una
bocciatura ha un fine educativo e non nasce dal nulla", dice mentre
pensa ai "dieci anni di debacle pagati all'abolizione degli esami a
settembre". E se la bocciatura è un costo, "anche una scuola di
qualità ha il suo valore". Scanga non trova scandaloso che un sistema
educativo mantenga "quel tanto di coercizione". In caso contrario
"perderemmo di vista anche l'effetto premiante della promozione per chi
s'impegna".
Nello stesso schieramento si pone pure Ermelina Ravelli, preside al Capirola
di Leno, quando osserva che "nel nostro sistema scolastico la selezione
non può essere eliminata". Ricorda che "per tanti anni sono stati
promossi tutti e spesso si sono sacrificati i migliori". Certo,
"se tutto funzionasse bene, la selezione vorrebbe dire che gli
obiettivi non sono stati ancora raggiunti - argomenta -, ma non è così, e
non bocciare è un'ingenuità e produce illusioni". Per Ravelli,
piuttosto, "il problema sta nell'oggettività della selezione". Ma
questo è di là da venire. Per ora restano due fronti opposti. Ma il
dibattito sembra alle prime battute.
MI.
VA.
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Egregio
direttore,
il
Preside del Golgi, prof. Ercole Melgari afferma: "una selezione alta
sembra indicare il fallimento della scuola" (Bresciaoggi,
16.10.11, pag. 9). Peccato che il Golgi, dati alla mano, sia tra le scuole
con più alta percentuale di bocciati della provincia e probabilmente di
tutta Italia! Il Preside del liceo Calini sostiene che: "la bocciatura
come selezione non è né un'opportunità né un vantaggio per
nessuno". Peccato che il Calini abbia percentuali di non promozione
superiori agli altri licei scientifici cittadini!
Noi, al Copernico, bocciamo un po' meno che al Calini perché organizziamo
molte attività di recupero (perfino durante le vacanze di Natale!) e
cerchiamo di farle bene. Ma non abbiamo timore di affermare che la
bocciatura ha un valore educativo, che il fine dell'istituto della
bocciatura è il bene dell'intera società, perché contribuisce a mantenere
buoni livelli di preparazione media, che se un ragazzo non studia, o non
consegue le competenze richieste, è giusto bocciarlo. E ci conforta sapere
che, come risulta dal citato articolo di Bresciaoggi, molti Presidi la
pensano come noi.
prof. Maurilio Lovatti
LICEO COPERNICO BRESCIA
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