Più di
mille docenti delle scuole secondarie e dell'università (1.095 al 4
marzo) tra cui molti nomi noti, esprimono "al signor Presidente della
Repubblica, al Governo, al Parlamento, alle forze politiche … vive
preoccupazioni per le condizioni della scuola italiana, chiedono di
prolungare fino ai 16 o ai 18 anni, mettono in guardia contro la politica
demagogica che offrire una scuola facile". La notizia ha fatto
scalpore, suscitato accuse e polemiche. Polemiche spesso sfocate. Resta
però il fatto positivo che il malessere crescente nella scuola si è
finalmente tradotto in una presa di posizione collettiva rivolta
all'esterno.
Persino sulle forze politiche, che, a differenza di quelle americane, sono
cosi poco propense a fare dell'istruzione un tema da campagna elettorale,
l'appello potrebbe avere effetti positivi. Il fisco è ormai emerso come
il tema del giorno, ma non è certo l'unico. E certo però che, senza
l'iniziativa nata al Liceo Galvani di Bologna, difficilmente i mali della
scuola sarebbero stati presi in considerazione fino alla data del voto.
A dire il vero l'appello sottoscritto dai professori e dagli intellettuali
è piuttosto generico, e non contiene grandi novità. L'elemento più
nuovo - tanto più che, molti firmatari vengono dalla cultura e dalla
militanza di sinistra - è il dito puntato contro "la scuola
facile" Non per nulla l'occasione concreta da cui muove l'appello è
l'insoddisfazione per il modo in cui è stata realizzata l'ultima
mini-riforma delle scuole superiori: l'abolizione degli esami di
riparazione a settembre, sostituiti dai "corsi di recupero".
Infatti l'appello dei docenti lamenta che "dalla costituzione della
Repubblica... gli interventi legislativi si sono limitati per lo più a
smontare il sistema scolastico... senza sostituirvi un organico disegno
formativo". E fa come esempio "la recente soppressione degli
esami di riparazione, che ha ulteriormente ridotto l'efficienza
dell'istituzione scolastica". -
Ma siamo sicuri che questo sia vero? Una scuola secondaria che, dal primo
all'ultimo anno, perde quasi metà degli allievi sarebbe una scuola
"facile" e poco selettiva? L'abolizione degli esami di
riparazione ha creato certamente insoddisfazione e disagio. Ma, come ha
scritto anche "Il Sole-24 Ore", il numero dei bocciati non è
cambiato, rispetto agli anni precedenti. Più che di "scuola
facile" si è trattato di scuola disorganizzata. Anche ieri da un
"sondaggio pilota" del Coordinamento in difesa dei consumatori (Codacons)
è emerso che il 44,5% dei corsi di sostegno si è svolto durante il
normale orario scolastico, e che in media il tempo dedicato al recupero,
materia per materia, è stato "largamente insufficiente".
Far parlare di scuola gli intellettuali, i giornali e le forze politiche
è in sé positivo. Ma è importante anche il merito dei problemi. Per
questo abbiamo domandato al ministro della Pubblica istruzione Giancarlo
Lombardi in che modo pensa di rispondere, al di là dell'appello e dei
suoi contenuti, al forte disagio emerso non solo tra i docenti ma anche
tra gli studenti e le famiglie a proposito degli esami soppressi e dei
parziale fallimento dei corsi di recupero.
"Dal punto di vista degli effetti l'appello è stato utile - ha detto
Lombardi. - Romano Prodi ha ribadito che la scuola sarà una delle
priorità del suo eventuale Governo e la stessa volontà ha manifestato
Francesco D'Onofrio, che ha avanzato la sua candidatura alla Pubblica
istruzione nel caso di vittoria del Polo. Quel che non condivido è il
giudizio negativo indiscriminato su tutto quel che si è fatto nella
scuola dal dopoguerra a oggi. La scuola non è allo sfascio. In parte si
è rinnovata. Ma ora il passo avanti decisivo dipende dal Parlamento,
cioè dall'approvazione della legge sull'autonomia.
Un professore di filosofia, Franco Manni, ha scritto sul Sole-24 Ore che
la promozione di un allievo insufficiente con il "sei politico"
è una truffa di Stato. All'estero, invece, si passa bensì all'anno
successivo, ma con un voto, anche d'insufficienza, che rispecchia
fedelmente le conoscenze reali.
Quel professore ha ragione. Anche in Italia dovrebbe essere riconosciuta,
anche sotto forma di debito formativo, la preparazione reale di uno
studente che passa all'anno successivo. Anch'io sono contrario al sei
formale sulla pagella. Purtroppo, però, per far questo occorre modificare
la legge che ha abolito gli esami di riparazione.
I corsi di recupero hanno funzionato solo in parte. Che cosa si può fare
per garantire la serietà dell'apprendimento, senza scaricare di nuovo
sullo studio isolato durante le vacanze ogni carenza di preparazione?
A parte l'intervento legislativo di cui ho detto, si possono fare subito
due cose. In primo luogo utilizzare meglio la flessibilità
dell'organizzazione scolastica. Non è detto che il sostegno agli allievi
in difficoltà debba sempre, svolgersi con la formula, troppo rigida, del
corso di recupero. In parte può avvenire durante la normale attività
scolastica, utilizzando meglio il tempo e i docenti. In secondo luogo,
sgombriamo il terreno dai falsi problemi. Con una o due materie non si
può bocciare? Chi l'ha mai detto? Sono i consigli di classe che devono
valutare la situazione di ogni allievo, e assumersene la responsabilità.
Se uno studente smette apertamente di studiare anche una sola materia
perché "tanto con una sola insufficienza non si boccia", forse
il suo è proprio un caso che merita la bocciatura.
Andrea
Casalegno
Il Sole - 24 Ore, sabato 9 marzo 1996, pag. 14
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serietà e trasparenza nella scuola di Stato (1995-97)
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