In
occasione dell'inizio della Quaresima, il Pontefice ha inviato a tutti i
fedeli un messaggio sul tema "Chi accoglie anche uno solo di
questi bambini in nome mio, accoglie me" (Mt 18,5) per offrirci
l'opportunità di riflettere sulla condizione dei bambini, da Gesù
indicati come esempio per coloro che vogliono diventare suoi discepoli.
Scrive Giovanni Paolo Il:
"Gesù amò i bambini e li predilesse per la loro semplicità e
gioia di vivere, per la loro spontaneità e la loro fède piena di
stupore. Egli, pertanto, vuole che la comunità apra loro le braccia e il
cuore come a Lui stesso"
Il Santo Padre ricorda come, negli anni della vita pubblica, Gesù ripeté
più volte che solo quanti avessero saputo farsi come i bambini sarebbero
entrati nel Regno dei Cieli.
Il Papa sofferma poi la sua attenzione su quei minori che sono feriti
profondamente dagli adulti e richiama situazioni quali gli abusi sessuali,
l'avviamento alla prostituzione minorile, il loro coinvolgimento nello
spaccio e nell'uso della droga, i bambini costretti a lavorare o a
combattere, ecc.
Si tratta certamente di un richiamo opportuno ed importante; tuttavia,
poiché queste gravi situazioni sono quasi sempre molto lontane dalla
nostra esperienza quotidiana, il rischio che corriamo tutti noi è quello
di sentirci a posto con la nostra coscienza e di limitarci a condannare i
"cattivi", cioè quelle persone che sono la causa di questi
mali.
Possiamo invece cogliere il messaggio del Papa come occasione per
riflettere sul nostro ruolo di adulti nei confronti dei bambini.
Se Gesù amò i bambini e li predilesse per la loro semplicità e gioia di
vivere, per la loro spontaneità e la loro fede piena di stupore, noi
possiamo interrogarci se i nostri comportamenti quotidiani vanno verso
questa direzione, cioè se, nel nostro rapporto educativo con i bambini,
noi ci adoperiamo per valorizzare e difendere in loro questi aspetti
positivi del loro carattere, o se invece, inconsapevolmente, finiamo per
limitarli, farli inaridire ed estinguerli.
Troppo spesso. per stanchezza o per mancanza di tempo e di energie, dopo
una giornata faticosa di lavoro, noi genitori ci rapportiamo con i figli
con modalità che tendono a soffocare la spontaneità e la creatività dei
nostri bambini.
Per esempio il bambino impara a compiere in sequenze prestabilite
determinati atti, come riordinare la cameretta o prepararsi per la notte
o, ancora, preparare la cartella per la scuola e ogni variazione o
"divagazione" rispetto alla sequenza appresa può comportare
perdita di tempo o errori o dimenticanze. Ecco che allora noi genitori
tendiamo a rafforzare queste abitudini acquisite, senza renderci conto che
in questo modo rischiamo di bloccare momenti di spontaneità o di
creatività, anche in ambiti diversi da questi, dove tutto sommato la
creatività non appare importante rispetto ad altri valori, come
l'efficacia o la rapidità. Ovviamente le scelte non sono mai facili:
bisogna evitare anche l'eccesso opposto. Un bambino senza regole
interiorizzate fatica a crescere e a maturare il senso di responsabilità.
In questi casi, come diceva Aristotele, la virtù sta nel mezzo, ma come
è difficile individuare il giusto mezzo!
Se prendiamo in considerazione la "semplicità" dei bambini, ci
accorgiamo che i bambini tendono a prestare fede ai loro interlocutori, ad
entrare facilmente in empatia con loro. Spesso noi genitori, certamente
con buona intenzione, tendiamo a "mettere in guardia" il
bambino, gli suggeriamo talvolta la cultura del sospetto, preoccupati che
non impari a farsi valere, che sia strumentalizzato dai suoi amichetti o
compagni di scuola. Siamo in fondo convinti che la vita è anche una
lotta, e che se il bambino rimane troppo ingenuo, o troppo generoso, o
troppo buono, in seguito, prima o poi, ne pagherà le conseguenze.
Questi sono solo due esempi, ma basta ripensare un po' il nostro rapporto
coi bambini per trovarne tanti altri.
Già essere consapevoli di questi nostri atteggiamenti può aiutarci ad
evitare qualche errore.
Ma penso che in fondo la più grande difficoltà sia un'altra. Facciamo
così fatica a incoraggiare nei nostri figli la semplicità e la gioia di
vivere, la spontaneità e la loro fede piena di stupore perché spesso
facciamo fatica a vivere in noi questi valori.
Allora, forse, ogni tanto può esserci utile meditare su questa frase di
Gesù, così semplice e così inquietante: "Chiunque diventerà
piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei
cieli" (Mt 18,4).
Maurilio Lovatti
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