Maurilio:
Che impressioni hai tratto leggendo il libro?
Adriano: Che fosse strano in senso positivo, cioè diverso dal
solito. Un libro di etica filosofica, certo, ma non un manuale per
specialisti, scritto invece con un linguaggio colloquiale. Una lettera,
appunto. Scritta col desiderio di guidare il lettore, di metterlo in
guardia dai falsi miti e dai mali che opprimono il nostro tempo; scritta
per aiutare a comprendere e meditare su tante tematiche in cui incappiamo
tutti i giorni, ma sulle quali - solitamente - non ci fermiamo a
riflettere.
Maurilio:
La seconda parte, quella sul male, ti è sembrata interessante?
Adriano: Sì, in particolare i capitoli intitolati "temi"
e "problemi". Quanti mali affliggono le diverse epoche storiche,
e la nostra non fa eccezione, anzi! Solo che il male - con cui tutti
abbiamo a che fare - spesso ci confonde, ci offusca la ragione e la vista,
arriva perfino ad apparirci "normale" o "buono". Il
libro ci mette in guardia da simili confusioni e descrive con cura e
metodo le possibili reazioni di fronte al male.
Maurilio:
Passiamo alla terza parte, quella sulle virtù contemplative.
Adriano: Di questa parte due sono le cose che mi hanno incuriosito
di più: la prima è la discussione sulla libertà ed il libero arbitrio;
spesso ci domandiamo infatti se le nostre azioni siano libere o facciano
parte di uno schema, di un progetto più ampio. Gli approdi di tali
riflessioni sono solitamente due: da un lato verso una concezione del
libero arbitrio come di qualcosa di indifferente ed arbitrario, dall'altro
verso il determinismo di un destino cieco ed incomprensibile. Questo libro
invece ci offre una terza possibilità, ovvero quella della libertà come
processo dinamico di imprigionamento e liberazione. L'altra tesi
interessante di questa terza parte è quella sulla fantasia: la sua
natura, le sue risorse, i suoi eroi, i suoi scenari. Un argomento che non
finisce mai di stupirmi.
Maurilio:
Hai già letto il Signore degli anelli di Tolkien?
Adriano: Sì, da tempo e più volte. Ho sempre trovato interessanti
i vari livelli con cui si può leggere un'opera di questo genere, specie
per i temi etici che tratta e per le riflessioni morali a cui un'attenta
analisi della storia e dei personaggi può condurre. Anche per questo ho
trovato piacevolmente insolita questa Lettera, che mescola l'etica
filosofica con Tolkien fin dal suo titolo e che mette a fianco di
personaggi letterali classici (come Odisseo), biblici (come re Davide) o
medieval-romantici (come Parsifal) un personaggio della Terra di Mezzo
come Gandalf Mithrandir.
Maurilio:
Proseguiamo col tema dell'amicizia.
Adriano: Uno dei capitoli che ho trovato più stimolanti ed utili
è stato quello sui quattro stati di solitudine e compagnia. Ho provato
infatti ad analizzare i miei rapporti di amicizia in base alla
classificazione fornita dal libro ed ho trovato assai efficace il
riscontrare nel testo le stesse caratteristiche che vedevo nella mia vita
reale. Per questo ho anche consigliato ed altri miei amici ed amiche di
leggere questo passaggio, quando si sono trovati in difficoltà con le
loro amicizie o le loro compagnie.
Maurilio:
Arriviamo all'ultima parte, quella sull'idealismo.
Adriano: Questa è - secondo me - la parte più complicata del
libro, cioè quella non sempre di facile comprensione. Non per questo
però meno interessante delle altre. Partendo proprio dal significato
della parola, che vuole opporsi al pensiero dualista, quel pensiero che
fin dai tempi di Platone permea larga parte della cultura occidentale:
bianco o nero, uomo o donna, buono o cattivo, anima e corpo, spirito e
materia, ragione e sentimento e così via, confondendo distinzione e
separazione di queste categorie e ragionando sempre per opposti
antitetici. L'idealismo offerto dal professor Manni - seguendo la
tradizione di Aristotele, Hegel e Croce - vuole allontanarsi da questo
dualismo platonico ed offrire una visione diversa, che concilia ed unisce
parti che invece il dualismo vorrebbe opposte ed inconciliabili.
Maurilio:
Veniamo adesso ad un discorso più generale. Questo è un libro di etica
filosofica. Volendo potremmo definirlo un libro di alta divulgazione,
perché rifugge le semplificazioni e le banalizzazioni. Ma c'è, secondo
te un interesse dei giovani in campo etico? Può interessarli una
valutazione filosofica, razionale delle scelte pratiche? Può parlare ai
giovani questo libro?
Adriano: Certamente può farlo, anche perché i temi trattati dal
libro non sono nozioni astratte e lontane dalle loro vite bensì problemi
e tematiche molto concreti, sviscerati con un linguaggio semplice e
comprensibile, con cui loro - e noi - abbiamo spesso avuto a che fare o
sulle quali ci siamo talvolta (spesso?) interrogati. La vera domanda è:
lo farà davvero, cioè li interesserà davvero? Questo è più difficile
a dirsi. Trovo che uno dei messaggi sotterranei, ossessivi, martellanti
del nostro tempo sia proprio l'angoscia del fare e del produrre, il mito
dell'energia perpetua e inesauribile: tutto è sbilanciato sull'azione
anziché sulla contemplazione, sul "negozio" anziché sull'ozio.
Quasi ci si dovesse vergognare di prendersi ogni tanto delle pause di
riflessione, quasi che meditazione e ragionamento su morale ed etica
fossero cose per pochi addetti ai lavori e non un imperativo per l'intera
umanità.
Maurilio:
Quindi per te la divulgazione filosofica non è del tutto inutile per i
giovani?
Adriano: Assolutamente no. Non lo è per i giovani come non lo è
per un adulto o un anziano. Non ci capita mai di imbatterci in casi di
clientelismo nella nostra vita? O non ci capita mai di ascoltare persone
che mascherano la pochezza dei loro discorsi con un linguaggio astruso e
tecnico? Mai avuto a che fare con un amore idealizzato nei confronti di
una persona? O con una fede cieca verso un'ideologia? Io credo di sì ed
è proprio di temi come questi - che noi tutti tocchiamo con mano nella
nostra vita - che parlano opere come questa. Laddove la divulgazione
filosofica si aggancia al nostro vissuto quotidiano, essa è motivo di
crescita personale e non una lettura sterile ed intellettualistica.
Maurilio:
Per concludere, mi sai dire una tesi o un'idea del libro che non
condividi, e invece una che condividi pienamente?
Adriano: Diciamo che non ci sono tesi del libro che non condivido
interamente, ci sono più che altro alcuni passaggi su cui non sono del
tutto d'accordo. Faccio un esempio: nel secondo capitolo sulle virtù
attive, quello dedicato alla giustizia, viene fatto un lungo escursus
sulle età della vita e viene mostrata la figura di un "giovane
ideale". Ora, è chiaro che l'autore voleva fare un'esplicita
idealizzazione di come un giovane dovrebbe essere: bello, muscoloso,
armonioso, vestito con semplicità, desideroso di allegria e così via.
Eppure mi sembra ancora troppo idealizzato questo giovane, con un sapore
quasi da eroe romantico. Io non credo invece che esista un'età - né
anagrafica né concettuale - migliore delle altre e non mi sono mai
sentito vicino all'idea diffusa della giovinezza come età ideale, la
"migliore delle età della vita". Ogni età ha i suoi lati buoni
ed i suoi lati cattivi, ma non avrei scelto nessuna di esse in particolare
per incarnare i massimi valori etici e morali dell'uomo.
Maurilio:
E la tesi che condividi pienamente?
Adriano: Anche in questo caso, sono molte le tesi e gli spunti di
questo libro che condivido. Farò due esempi. Il primo sempre preso dal
capitolo sulla giustizia, quando si dice che una delle mosse più subdole
e pericolose contro la democrazia e l'uguaglianza è il pervertimento del
concetto di uguaglianza stesso. Quando cioè le persone giuste perdono
l'amore verso la giustizia perché vedono che proprio coloro che agitavano
movimenti a favore di maggior giustizia volevano in realtà arrogarsi gli
stessi privilegi e gli stessi diseguali diritti delle persone al potere.
Il secondo esempio è invece preso dal capitolo "temi" della
parte dedicata al male: qui si parla dell'idealizzazione e dei grandi mali
che derivano da essa, sia che si tratti di idealizzazione della bellezza,
dell'amore, dei sentimenti, della religione, delle ideologie. Un male
interno (e che quindi può essere molto grave e durare molto a lungo), un
male che attraversa tutte le epoche e che è in buona sostanza una
falsificazione: nella storia reale, nella vita reale di ciascuno di noi
non esistono enti composti di solo bene e privi di imperfezioni. Credere
che qualcun altro possa essere tutto bello, tutto felice e tutto beato,
senza paure o conflitti interiori, ha come risvolto immediato il sentirsi
inferiori ed esclusi da queste felicità, da queste bellezze e di
invidiarle. Ed ecco che da un male non può che venire altro male, come
ben dimostra un altro passaggio del libro.
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