Ho letto con interesse l'articolo sul
piano regolatore "Città a crescita guidata" (Bresciaoggi nuovo
del 23/4/76, pag. 4). Mi ha vivamente sorpreso la superficialità con la
quale l'articolista accoglie acriticamente la tesi, diffusa da ambienti
vicini all'assessorato all'urbanistica, secondo la quale il termine di un
anno per adeguare il piano regolatore (P.R.G.) alla legge urbanistica
regionale (L.U.R.) non è fissato obbligatoriamente. Forse l'equivoco è
stato possibile per la non certamente esemplare chiarezza espositiva
dell'art. 49 della L.U.R., che classifica le situazioni dei vari comuni a
seconda dei loro strumenti urbanistici.
Stando alla lettera del testo dell'articolo 49, Brescia ricade sia nel
caso B (comuni con strumento adottato prima della L.U.R.) in quanto ha
adottato la variante-Benevolo nel '73, sia nel caso C (comuni con
strumento urbanistico vigente approvato anteriormente al decreto legge
sugli standard del 1968, n. 1444) in quanto il piano-Morini è ancora
formalmente in vigore (si tenga presente che la variante-'73 è stata
solamente adottata dal Consiglio comunale ma non approvata dagli organi
competenti). Pertanto, stando sempre alla lettera della legge, il termine
obbligatorio e vincolante di un anno, contemplato dal caso C, vale a tutti
gli effetti anche per Brescia.
Ma, fatta la legge, trovato l'inganno. Infatti cominciarono subito a
circolare interpretazioni della legge provenienti dalla divisione
urbanistica, secondo le quali lo spirito della legge suggeriva come più
"verosimile" collocare Brescia solo nel caso B, tenendo conto
che la variante-'73 veniva dopo il decreto 1444 del '68, e prevedeva già
i 18 mq/ab. e pertanto il termine di un anno non era da considerarsi
vincolante.
Sennonché, diligentemente, l'assessorato regionale provvedeva ad emanare
circolari interpretative. In particolare, la circolare 4326 del 23/4/75
attribuisce ad ogni comune la cui situazione urbanistica sia simile a
quella di Brescia, tutte le limitazioni alle possibilità edificatorie
(nella fase anteriore all'adeguamento del P.R.G. alla L.U.R.) previste nel
caso C dell'art. 49. Ciò significa - ed è la questione di fondo - che
anche per Brescia come per tutti i comuni del caso C, fino alla data di
entrata in vigore del nuovo piano, non è praticamente consentita nessuna
costruzione fuori del perimetro edificato. Quindi la circolare,
attribuendo a Brescia tutte le limitazioni all'edificazione del caso C,
taglia la radice ogni interpretazione già di per se forzata, che
consideri "più verosimile" la collocazione del caso B: il
comune di Brescia è inadempiente.
Va inoltre ricordato che l'impegno ad adeguare il P.R.G. entro un anno
costituiva un impegno politico sottoscritto da tutti i partiti
costituzionali. Non solo, i Consigli di quartiere avevano sollecitato
invano e più volte l'adeguamento, sia nella conferenza dei C.d.Q. del
22/7/75, sia in un appello al Sindaco e all'Assessore all'urbanistica del
novembre 1975.
Se si pensa che la variante avrebbe agevolmente potuto essere pronta
nell'autunno del '75, se l'assessorato si fosse messo subito al lavoro,
viene spontaneo domandarsi perché è stato possibile un ritardo così
grave, apparentemente inspiegabile, che ha bloccato l'edilizia fuori dal
perimetro edificato, proprio in un periodo di crisi economica e
occupazionale. L'unica interpretazione realistica mi sembra la seguente.
Un sollecito adeguamento del P.R.G. alla L.U.R. avrebbe necessariamente
implicato l'impossibilità di rilasciare licenze edilizie su aree interne
al perimetro, che devono essere vincolate per raggiungere i 26.5 mq/ab.
(art. 22).
In questi mesi di colpevole e irresponsabile ritardo, sono state o saranno
rilasciate, licenze afferenti ad aree che avrebbero dovuto essere
vincolate per verde o servizi collettivi (Canton D'Albera è solo uno dei
tanti casi di vera e propria speculazione). E' questo uno dei tanti esempi
di politica urbanistica democristiana; dalla lottizzazione dell'area
dell'ex-ospedale civile, al cavalcavia Kennedy, quando si sprecò il
pubblico denaro per fare aumentare il valore delle aree per la
speculazione di Brescia-2, alle incredibili e pachidermiche previsioni di
incremento abitativo del piano-Morini, ai criteri preferenziali per il
vincolo delle aree del P.R.G. (mi fermo qui perché un elenco completo
occuperebbe un'intera pagina di Bresciaoggi nuovo). Una politica che si
riassume e si informa tutta ad un principio di fondo: favorire ad ogni
costo gli speculatori e i capitalisti a detrimento degli interessi della
grande maggioranza dei cittadini (in questo caso il blocco dell'edilizia
fuori dal perimetro edificato). Anche la vicenda dell'adeguamento del
P.R.G. alla L.U.R. si inserisce in questa logica; quella delineata è
infatti l'unica spiegazione plausibile. Se l'Assessore ne conosce un'altra
la renda nota (penso proprio che Bresciaoggi, che contribuisce in maniera
determinante a portare alla ribalta i problemi della città, non gli
negherebbe lo spazio).
Purtroppo, invece, l'intera vicenda dell'adeguamento del P.R.G, cadrà
presto nel dimenticatoio: gli scandali e gli esempi di malgoverno
democristiano sono divenuti così tanti che la gente deve faticare a
rammentarli tutti.
geom. Maurilio Lovatti
L'articolo citato era in realtà un 'intervista
(come risultava anche graficamente) che si proponeva di illustrare gli
orientamenti degli amministratori comunali sul piano regolatore e il
futuro che essi prevedono per la città. Niente di più, nel normale
esercizio di accesso al giornale delle opinioni altrui. Il giornale,
d'altra parte, quotidianamente, dalla prima all'ultima pagina, esprime
senza la presunzione di saperla più lunga degli altri, valutazioni di
fatti, molto spesso in campo edilizio, che ci sembra dimostrino tutt'altro
che una acritica accettazione delle versioni ufficiali.
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