Nasce nel 384 a.C. e muore
nel 322a.C. Ad Atene. Studia a lungo presso la scuola di Platone, da quando
aveva 17 anni fino all'età di 37. Era lo studente migliore della scuola ma
nonostante ciò non ne divenne capo alla morte del maestro. Mantenne
rapporti di amicizia con i platonici, aveva interessi naturalistici(derivati
probabilmente dal lavoro di medico che il padre svolgeva presso la corte
macedone), non matematici come il maestro. Chiamato alla corte del re
Filippo fu precettore di Alessandro per sette anni, dal 342 al 335-334 a.C.
Dopo questo periodo presso Pella tornò ad Atene e fondò il liceo (nome
della scuola derivato dalla vicinanza al tempio di Apollo Licio) . Costretto
a fuggire nel 323 a.C. a causa dell'odio ateniese nei confronti di
Alessandro, morì un anno dopo di malattia.
Le opere ufficiali da lui pubblicate (scritte nello stile platonico) sono
andate perdute, mentre sono stati ritrovati gli scritti acroamatici,gli
appunti preparatori per le sue lezioni (presso la cantina dei discendenti di
Naleo, figlio di Corisco). Erano quantità enormi di scritti copiati dal I
secolo d.C. e pubblicati da Andronico di Rodi. In questi scritti non usa il
linguaggio platonico ricco e forbito ma troviamo frasi interrotte e
scorrette.
Conosciamo quasi tutta la sua filosofia: Aristotele divide le scienze in tre
gruppi:
· TEORETICHE (prove di scopo pratico, sono il frutto della curiosità
umana:
Matematica (numeri e figure)
Fisica (movimento) Fisica, Cielo e Anima
Metafisica (essere,termine coniato da Andronico, Aristotele parlava di
ONTOLOGIA o FILOSOFIA PRIMA)
· PRATICHE (le scienze che aiutano l'uomo a scegliere):
Etica (bene dell'uomo come individuo) Etica Nicomachea e Eudemia
Economia (bene della casa)
Politica (bene della comunità)
· POIETICHE(insieme di conoscenze atte alla produzione di oggetti):
Arti(produzione di oggetti senza utilità)? Poietica
Tecniche(produzione di oggetti utili)
Oltre a tutte le altre scienze abbiamo poi la logica che viene trattata a
parte perchè considerata come parzialmente contenuta in ciascuna di esse.
METAFISICA
Aristotele ne fa una classificazione e definizione basata su quattro punti:
-Scienza dell'essere in quanto essere(studia la realtà in quanto tale,tutto
ciò che esiste proprio perchè esiste, se tutti gli enti divenissero si
parlerebbe di fisica e metafisica come fossero la stessa cosa ma non tutti
gli enti divengono. Mentre le altre scienze sono specifiche la metafisica è
generica)
-Scienza della sostanza (la chiama scienza della sostanza, la SOSTANZA si
contrappone all'accidente ed è un sinolo di materia forma. La sostanza è
infatti un ente,un essere mentre l'accidente è la sua proprietà, se non ci
fosse la sostanza nemmeno l'accidente potrebbe sussistere di per sé, è
come un aggettivo che si associa al nome sostanza. A sua volta la sostanza
è caratterizzata da materia che la compone e forma che la caratterizza. Non
è contraddittorio parlare di metafisica come scienza della sostanza e di
tutte le cose, di tutti gli esseri, perchè abbiamo affermato che
l'accidente non sussiste che nella sostanza e quindi quest'ultima le
comprende entrambe)
-Scienza dei principi primi (la scienze teoretiche sono necessarie, si
dimostrano tramite pensiero dimostrativo o dianoetico, in cui le teorie di
dimostrano partendo da postulati iniziali, assiomi. Questi vengono vagliati
dalla disciplina, se i postulati sono specifici, gli assiomi sono generici e
vanno vagliati dalla metafisica. E' quindi scienza dei principi primi in
quanto vaglia i principi che stanno alla base)
-Teologia (per teologia si intende scienza di Dio, ma un dio che Aristotele
chiama atto puro, contrapposto a potenza. Il divenire è passaggio da
potenza ad atto, un pulcino non è una gallina se non in potenza mentre è
un pulcino in atto, cresciuto sarà una gallina in atto. Se tutte le cose
sono in potenza e in atto al contempo, ciò implica il divenire. Dobbiamo
pensare a una realtà che sia solo in atto, completamente realizzata e
immobile la metafisica dovrebbe studiare questo ente che non diviene.)
LIBRO IV
Aristotele parla in esso della teoria di non contraddizione e ne esplicita
le convinzioni acquisite nella scuola platonica. La riformula dando corpo al
parricidio di Parmenide già introdotto da Platone. Aristotele, in più
rispetto al Sofista, afferma che è assurdo pensare di voler dimostrare il
principio. Essendo un principio primo non è infatti da considerarsi
dimostrabile (come i postulati di geometria ,essi però sono autoevidenti).
Se viene messo in dubbio questo principio non ne si può dimostrare la
veridicità ma semplicemente l'indispensabilità: Chiunque dica che esso è
falso implicitamente accetta il concetto di falso che è contrario a quello
di vero e quindi afferma di per sé il principio stesso. Se un altro dicesse
invece di non affermarne né veridicità né la falsità, ma semplicemente di
non volerlo usare, l'unica soluzione a lui proponibile sarebbe quella di
stare zitto come un tronco . Quando comunichiamo qualcosa infatti e
attribuiamo un significato ad esso stiamo applicando il principio. Esso è
indispensabile per dire qualsiasi cosa.
Nel caso del tempo è stato ad esso associato il principio di bivalenza, ma
sull'universalità di questo rimangono dei dubbi. Le logiche che associano
questi due principi sono logiche classiche.
Associato al principio di
non contraddizione abbiamo il principio di bivalenza o del Terzo Escluso:
una cosa può essere vera o falsa ma non c'è una terza possibilità. Tutte
le logiche strutturate su questi due principi sono dette classiche.
LIBRO XII
Aristotele vuole dimostrare l'effettiva esistenza dell'atto puro. Possiamo
considerare che nessuno ha mai visto un ippogrifo, eppure la nostra mente
riesce a concepirlo se lo definiamo correttamente come concetto. L'atto puro
è definito in modo chiaro, come assolutamente privo di potenza, si tratta
però di dimostrarne l'esistenza. Per causa
nel linguaggio comune intendiamo il fattore che provoca qualcosa, un evento
che e determina un altro. Spesso abbiamo un concorso di cause a spiegare
cosa è successo. Ogni causa è condizione necessaria ma non sufficiente se
presa da sola
A. divide le cause in FORMALE , MATERIALE ( le due sono strettamente
collegate e si devono al concetto di sostanza, da sole non sono sufficienti)
EFFICIENTE (ciò che dà inizio al movimento) FINALE (essa, con la
efficiente, rientra nelle cause motrici e indica ciò a cui tende il
movimento, lo scopo, la volontà di compierlo, questa causa risiede anche
negli esseri inanimati)
Per accettare la prova aristotelica
dell'esistenza dell'atto puro, dobbiamo accettare che "qualche movimento esiste". Se
partiamo supponendo che il vero essere non si muova, nella nostra mente
rimane comunque inevitabile la concezione di movimento e mutamento. Potremmo
pensare solo ad assiomi geometrici se nella mente non esistesse il
mutamento.
Aristotele non vuole dire che tutto si muove, ma che il movimento in quanto
tale esiste. Consideriamo A un movimento e B la sua causa: in qualunque
modo, essa sarà a sua volta dovuta da un altra causa precedente creando una
catena fino a un dato termine X.
Aristotele non nega l'esistenza delle serie infinite (come quella dei numeri
naturali) ma non ritiene
semplicemente che una serie di questo tipo sia la più adatta al movimento.
Possiamo infatti immaginare serie infinite, ma nella pratica esse non sono di
fatto concepibili, ci sarà infatti qualcosa che dà inizio alla catena. La
prima causa deve essere la cosiddetta CAUSA PRIMA INCAUSATA, un primo essere
da cui derivi il movimento. Questo ente è solo in atto o anche in potenza??
Perchè ci sia il passaggio da potenza ad atto c'è il movimento, e se la
causa iniziale avesse qualcosa
in potenza, il movimento dovrebbe essere anche generato da un'altra causa. Ciò non è
quindi possibile. X è totalmente in atto, atto PURO. La causa prima
incausata è anche IMMATERIALE. La materia dà esistenza a enti materiali e
mutabili in forma e aspetto.
Aristotele intende il
movimento come la possibilità di assumere nuove condizioni o forme,ovvero
come un concetto comprendente ogni tipo di mutamento. Afferma che tutto ciò
che in moto è necessariamente mosso da altro, che a sua volta necessita di
altro ancora che lo muova. Non è possibile risalire all'infinito, perchè
altrimenti il movimento iniziale resterebbe inspiegato quindi dobbiamo
ipotizzare l'esistenza di un principio PRIMO E IMMOBILE causa iniziale degli
altri e al contempo motore immobile: DIO. Non intende il Dio delle
concezioni religiose post cristiane: per lui Dio è atto puro,senza
potenza,completamente in atto e in quanto tale non contiene in sé alcuna
materia che potrebbe essere soggetta a mutamento. E' forma pura e
incorruttibile,incorporea ed eterna. Ma come fa a far muovere altro senza
muoversi? E' oggetto di amore e in quanto tale attira a sé, è forma e
perfezione e la materia nel suo caos anela ad essa.)
CATEGORIE
Platone aveva parlato di cinque generi sommi, Aristotele distingue invece le
categorie: determinazioni generalissime che ogni essere ha e non può non
avere, sono le categorie supreme dell'essere. Non sono concetti che
esprimono quindi cose specifiche ma generalizzano ciò di cui stiamo
parlando. Abbiamo sostanza, quantità,qualità, relazione, agire, subire,
dove, quando e giacere e avere. La principale categoria è la sostanza da
cui le altre dipendono.
L' uomo non è solo sostanza e fisicità ma ha un aspetto del pensiero che
lo colloca in una dimensione superiore rispetto a quella dell'animale.
IDEE
Le idee sono separate dalle cose, fuori da esse e non si capisce quindi come
possano esserne causa. Il principio delle cose in quanto tale può risiedere
solo nelle cose stesse, nella loro forma interiore. La struttura immanente
delle cose assume quindi quello che per Platone era il ruolo delle idee.
L'uomo non sarà così un'idea ma un insieme, la specie uomo. Considerato il
numero enorme di modi in cui di fatto una cosa può presentarsi dovranno
esistere idee per ognuna di esse e di conseguenza le idee creano un insieme
di doppioni inutili.
LA DOTTRINA DEL DIVENIRE
Il movimento o divenire è un argomento collocabile tra metafisica e fisica.
Quando parliamo di movimento, oggi, intendiamo uno spostamento da un luogo
ad un altro in un determinato tempo. Aristotele concepisce invece quattro
tipi diversi di movimento: locale, qualitativo, quantitativo e sostanziale.
Il primo è il più comune, inteso come il cambiamento di luogo. Il
movimento qualitativo o alterazione indica il cambiamento,mutamento di una
caratteristica accidentale di un sostrato (possiamo fare l'esempio
dell'abbronzatura come movimento qualitativo: il soggetto rimane il medesimo
eppure le sue caratteristiche cambiano). Per movimento quantitativo si parla
di un cambiamento nella quantità, nell'accrescimento o diminuzione del
sostrato. Infine abbiamo il movimento sostanziale, il movimento "della
nascita e della morte, della creazione e della distruzione": esso
avviene solo se abbiamo generazione o corruzione della sostanza, dice
Aristotele.
Cercando una definizione per il movimento nel suo significato generale il
filosofo osservò che perchè si parli di movimento è necessario un
passaggio da potenza ad atto, da privazione a forma. Questo passaggio però
può essere definito movimento solo se il soggetto a questo movimento non
cambia. Ciò che nel movimento rimane invariato viene definito sostrato. Nel
caso dei primi tre tipi di movimenti il sostrato è la sostanza mentre nel
caso del movimento sostanziale è solo la materia a rimanere invariata
mentre la forma cambia.
LA FISICA
La fisica studia il
movimento inteso come divenire e ci si può riferire ad essa come scienza
della natura. Sebbene la scienza moderna abbia ampiamente dimostrato la
falsità delle tesi aristoteliche, essa è fondamentale perché fino a
Galileo è stata ampiamente usata e la già citata scienza moderna è nata
proprio in contrapposizione a questa fisica.
Quando si intende studiare
la fisica di Aristotele è necessario tenere conto di una premessa: le leggi
fisiche sono di carattere sostanzialmente qualitativo e non matematico come
oggi, e, soprattutto, non sono universali. Aristotele infatti distingue due
tipi di fisica: quella terrestre (o sublunare) e quella celeste. Le
differenze tra le due concernono due fattori principali: la materia e il
movimento locale. Nella fisica terrestre i movimenti locali sono
numerosissimi e tutta la materia è formata da quattro elementi
fondamentali: la terra, l'acqua, l'aria e il fuoco; nella fisica celeste
invece esiste solo il moto circolare perfetto delle sfere formate dal
cosiddetto quinto elemento immutabile (o etere).
La fisica terrestre
Osservando la natura appare evidente che le cose più pesanti si trovano
naturalmente più vicino al centro della terra, quindi i quattro elementi
fondamentali tendono a disporsi secondo l'ordine (dal basso verso l'alto):
terra, acqua, aria e fuoco. Si parla di collocazione naturale. Ogni oggetto
a seconda della sua composizione tende a raggiungere il proprio luogo
naturale compiendo un movimento detto appunto naturale (da cui si evince la
spiegazione di fenomeni quali la attrazione di gravità). I movimenti
naturali si contrappongono a quelli violenti, con i quali si intendono tutti
gli altri.
Il luogo naturale agisce come causa finale.
Aristotele afferma che i movimenti naturali sono necessariamente rettilinei,
tuttavia poiché spesso più elementi interagiscono tra loro i moti non
risultano quasi mai tali.
La fisica aristotelica si basa su alcune convinzioni proprie più in
generale di tutti gli antichi:
l'assenza del vuoto, l'idea secondo la quale il movimento si trasmette solo
se viene applicata una forza ininterrottamente e, come già detto,
l'esistenza di movimenti naturali e violenti. Su queste premesse si fonda la
spiegazione di tutti i fenomeni naturali; ad esempio i proiettili si muovono
perché spostandosi violentemente le particelle di aria aumentano di
densità davanti mentre contemporaneamente dietro si crea una specie di
depressione, secondo Aristotele si veniva così a creare una specie di
"effetto turbo". E' da notare il fatto che per la prima volta si
forniva una spiegazione ragionevole e che rendeva conto dei fenomeni.
Sempre nella fisica vengono
spiegati anche i concetti di tempo, infinito e luogo.
· Secondo Aristotele il
tempo è la misura del movimento secondo il prima e il poi, quindi esiste
solo in funzione del divenire. Esso inoltre ha sia un carattere di
oggettività che di soggettività (infatti a volte il tempo sembra
"volare")
· Aristotele afferma che non è contraddittorio pensare all'infinito, ad
esempio secondo lui il tempo è infinito poiché legato al divenire che a
sua volta è legato alla materia che è sempre esistita. Egli però
introduce il concetto di infinito potenziale: l'infinito è solo in potenza
perché in teoria possiamo dire che qualcosa è infinito ma nella pratica il
valore che andremo a considerare, seppur molto grande, sarà sempre finito.
L'errore di Zenone stava proprio qui: egli confondeva l'infinito potenziale
con l'infinito in atto. Inoltre Aristotele individua l'infinito secondo
l'addizione e quello secondo la divisione: il tempo è infinitamente
divisibile e addizionabile mentre lo spazio è potenzialmente infinito solo
rispetto alla divisione. Infatti pensare all'infinito secondo l'addizione è
un'idea solo teorizzabile perché l'universo è finito.
· Per i Greci il luogo era visto come una specie di contenitore. Se ad
esempio si spostasse una bottiglia potremmo dire che il suo contenuto si è
contemporaneamente mosso e non mosso. Ciò è di fatto contraddittorio.
Aristotele risolve il problema dando una definizione chiara: il luogo è la
faccia interna del contenitore pensato come immobile.
Osservando il moto di
Venere Aristotele si accorse che non seguiva un moto circolare perfetto, ma
descriveva un moto di retrocessione. Noi sappiamo che ciò è dovuto al fatto che
anche la Terra compie un moto di rivoluzione intorno al sole ma i Greci, che
credevano di trovarsi al centro dell'universo, non erano in grado di dare
una spiegazione razionale del fenomeno. Aristotele risolve il problema
supponendo che l'universo sia formato da una serie di sfere concentriche in
cui sono incastonati i corpi celesti (Luna, sole, Marte, Mercurio, Venere,
Giove e Saturno). Venere era situato al centro di tre sfere omeocentriche, ma
con gli assi di rotazione inclinati tra loro: ogni sfera si muoveva di moto
circolare perfetto ma interagendo con le altre il moto risultante era
irregolare. Lo stesso discorso vale anche per gli altri corpi celesti. Tra
le sfere di un pianeta e quelle di un altro c'erano delle sfere reagenti per
impedire qualsiasi tipo di interazione tra i vari corpi. In totale
Aristotele aveva calcolato l'esistenza di 55 sfere.
Egli inoltre era riuscito, con l'aiuto del matematico Eudosso, a calcolare
esattamente gli angoli tra gli assi e a prevedere i
movimenti dei pianeti, giustificando così le sue teorie.
DE ANIMA
Il terzo libro del "De anima" contiene un'importante sezione a
proposito dell'anima umana. Mancano però la parti finali delle righe che
definiscono l'intelletto attivo come sostanza inalterabile e incorruttibile.
Per anima non si intende il moderno concetto religioso, ma un principio
vitale che caratterizza tutti gli esseri viventi, la "forma prima di un
corpo che possiede la vita in potenza". Se oggi parliamo di esseri
viventi indistintamente come di quelli che compiono un ciclo vitale basato
su nutrizione e riproduzione, allora Aristotele distingueva tre anime:
VEGETALI (anima vegetativa, nutrizione e riproduzione) ANIMALI (SENSIBILE,
caratteristiche dell'anima vegetativa unite a movimento e sensi) e UOMO (con
le caratteristiche delle altre due anime più l'aspetto fondamentale
dell'anima razionale). Detto in questo modo sembra che l'uomo sia dotato di
tre anime. Aristotele spiega quindi che l'anima è una sola ma può assumere
la funzioni inferiori (mentre, per esempio, l'anima vegetativa sa svolgere
solo le proprie).
Ciò che distingue animale da uomo è la capacità di giudizio (capacità di
coordinare correttamente due elementi di una frase) e di astrazione. Il
processo mentale che porta all'astrazione sta nelle quattro fasi: SENSIBILE
IN POTENZA - SENSIBILE IN ATTO - INTELLIGIBILE IN POTENZA - INTELLIGIBILE IN ATTO.
Tra sensibile in potenza ed in atto sta il fatto di percepire con i sensi
qualcosa che è potenzialmente percepibile (se non ci sono quindi ostacoli
fisici tra noi e la cosa stessa) .Tra la seconda e la terza fase non c'è
differenza: una volta che i sensi hanno in
possesso quella che è una sensazione qualsiasi, siamo in grado anche di
capirla, di pensarla.
Si parla poi di astrazione intendendo un processo
disindividuante che dalla conoscenza sensibile particolare permette di
arrivare al concetto generale. L'intelletto che consente il passaggio è
quello attivo (capacità di far passare in atto i concetti generali che sono
in potenza nelle immagini sensibili, che sono particolari come le cose),
diverso dall'intelletto passivo. Quello passivo è
caratterizzato dal semplice fatto di ricevere informazioni varie attraverso
i sensi.
LA LOGICA
La parola logica fa pensare a una metodo di ragionamento. E' necessario
premettere la distinzione tra frasi (proposizioni) e ragionamenti in
relazione ai termini vero e valido o corretto. Vero e falso sono caratteristiche
attribuibili a un'affermazione o una frase, che è considerata vera se
corrisponde alla realtà. Corretto e scorretto, valido e non valido sono attribuiti a un
ragionamento. Aristotele crea una logica formale per cui non è importante
tanto la verità del contenuto quanto di fatto la correttezza del
ragionamento,definito tale se la conseguenza dipende (deriva) direttamente
dalle premesse.
CONCETTI: sono gli oggetti (universali) del nostro discorso, collocabili in una
scala in relazione a due caratteristiche: estensione (numero di individui a
cui fa riferimento il concetto) e comprensione (insieme delle note o
caratteristiche di un concetto). In base a questa scala possiamo arrivare
dall'individuo singolo a specie o generi che lo comprendono. La sostanza
prima è l'individuo singolo che non può essere usato come predicato, la
sostanza seconda è un qualsiasi genere o gruppo superiore che lo comprenda
l'individuo.
La logica è l'arte del ben
ragionare , dell'associare preposizioni in modo corretto. Si prendono in
esame associazioni di enunciati dalla caratteristica dichiarativa di poter
essere definiti veri o falsi (frasi APOFANTICHE o descrittive opposte alle
prescrittive, sono espressione verbale dei giudizi). Le frasi apofantiche si
dividono in universali, particolari (e anche singolari); affermative o
negative.
Nascono così universali affermative, universali negative (tra loro
contrarie , possono essere entrambe false, ma non entrambe vere), particolari
affermative e particolari negative (tra loro sub contrarie, possono essere
entrambe vere ma non entrambe false). Le affermative sono legate tra
particolari e universali da vincolo di subalterne (non si possono
paragonare). Particolare affermativa è contraddittoria rispetto
all'universale negativa (se una è vera l'altra è falsa) così come le
universali affermative e le particolari negative.
Due frasi possono essere legate da asserzione, necessità e possibilità.
Aristotele formula due leggi: LA VERITA' STA NEL PENSIERO e LA MISURA DELLA
VERITA' E' L'ESSERE.
IL SILLOGISMO
Il sillogismo è il ragionamento per eccellenza , basato su proposizioni
strettamente collegate da nessi: premessa maggiore,premessa minore e
conclusione. La premessa maggiore è quella che contiene al suo interno il
concetto più esteso.
In ogni ragionamento rientrano tre termini riferiti alla realtà. Si chiama
termine medio quel termine che è presente nelle due premesse e non nella
conclusione.
Ogni proposizione è costituita quindi da due termini e può essere, come
detto precedentemente: affermativa,negativa, universale, particolare. Ognuna
di queste possibilità esiste per premessa maggiore, minore e conclusione.
Nel combinare le possibilità esse risultano essere 64.
Otteniamo le cosiddette tre figure, in ciascuna delle quali ottengo sempre
la struttura soggetto-predicato, ma con ordine variabile delle posizione in
cui incontriamo il termine medio. Se esso è prima soggetto e poi predicato
otteniamo la prima figura, se è solo predicato in entrambe le premesse
otteniamo la seconda e se è solo soggetto la terza (esiste anche la prima
invertita).
Combinando le possibilità precedenti a queste quattro figure otteniamo 256
modi possibili di cui però,come verificò Aristotele, solo 19 sono validi
(quattro della prima, quattro della seconda,sei della terza e cinque della
quarta).
Questa logica è stata considerata perfetta per circa 2000 anni. Ha però un
problema fondamentale: non permette di trattare l'ambito matematico, i
predicati possono essere solo monadici, riferiti cioè a un unico soggetto
(rapporti come doppio, maggiore,minore e parentele di vario tipo non possono
essere trattati).
ETICA
All'interno dell'enciclopedia delle scienze, nella categoria delle scienze
pratiche rientrano etica, politica ed economia. L'etica è definibile come
l'insieme delle conoscenze che servono ad orientare l'agire dell'uomo,a
guidarci facendoci scegliere cosa fare in base a determinati criteri.
Abbiamo due scritti aristotelici sull'argomento : l'Etica Nicomachea, più
lunga e dedicata al figlio di Aristotele, Nicomaco e l'etica Eudemia, più
breve e dedicata al discepolo Eudemo.
E' evidente che ogni azione e scelta umana sia fatta in vista di un bene che
appare buono e desiderabile. Il bene e il fine quindi coincidono. La frase
con cui si apre l'etica Nicomachea è: "Tutti gli uomini desiderano
essere felici", ecco perchè il fine ultimo viene fatto corrispondere
alla felicità in sé. Ovviamente prima della felicità vera e propria ci
sono altri obiettivi a cui tendiamo, in base a cui compiamo determinate
scelte.
Il significato ultimo dell'insieme di azioni compiute dall'uomo è definito
sommo bene e corrisponde alla felicità. In cosa consiste però la felicità
a cui tendiamo? Aristotele distingue quattro oggetti
principali di felicità: denaro,onore, piacere e sapere. Secondo la tesi
dell'edonista, colui che vive del piacere, il piacere in sé corrisponde al
fine ultimo: più piacere si ha, più felici si è. Il piacere a parità di
condizioni è sicuramente positivo,anche per Aristotele, ma non è detto che
ciò che una persona considera piacevole lo avvicini necessariamente alla
felicità. Colui che identifica la felicità nel denaro e l'avaro. Si
potrebbe anche identificare la felicità coll'onore, inteso come auctoritas,
prestigio,gloria
(insieme di aspetti che rendono una persona rispettata ed ammirata). E' poi
innegabile che per natura l'uomo desideri sapere.
Per primo Aristotele scarta il denaro, convenendo sul fatto che si tratti di
un mezzo per raggiungere altri fini, mentre considera gli altri tre punti
come desideri naturali dell'uomo. Li colloca però in una scala decrescente
a partire da sapere, onore (perchè non dipende direttamente da noi) e
piacere(vista la sua caducità, la non stabilità).
Gli ultimi due non devono contrastare il sapere.
Aristotele riflette sul fatto che ognuno risulta essere felice quando svolge
l'attività che gli è propria. Da ciò si desume che l'uomo sarà felice
solo vivendo secondo ragione. L'uomo tenderà inevitabilmente alla
felicità, non potrà scegliere il fine. Il modo che verrà però utilizzato
per raggiungerla, optando per la via della virtù o della malvagità,
dipende dall'uomo stesso. Aristotele chiama libero ciò che ha in sé il
principio dei propri atti. La libertà della riflessione aristotelica è
però diversa dal concetto di libero arbitrio che nascerà colla visione
cristiana. Si parla con esso di indifferenza della volontà rispetto ai suoi
possibili elementi determinanti. Per Aristotele invece la scelta risulta
condizionata dall'oggetto e dalle sue caratteristiche. Nel Medioevo questo
aspetto è esagerato nell'aneddoto dell'asino di Buridano (Jean Buridan) nel
quale si estremizza il concetto aristotelico in base al quale la volontà
dell'uomo segue necessariamente il giudizio dell'intelletto: se tra due
oggetti uno non è ragionevolmente migliore al punto di poter essere scelto,
nulla ci permetterà di prendere una decisione. Secondo Buridan,
però,l'uomo è in grado di sospendere il giudizio dell'intelletto e
propendere per l'una o l'altra scelta.
Per Aristotele l'amicizia
è intesa con un'accezione diversa rispetto a quella moderna, per cui con
questo termine intende tutti i rapporti di affetto e attaccamento che legano
due persone. Essa è vista come virtù o comunque come strettamente
correlata ad essa. Non risulta solo indispensabile alla vita, ma anche
piacevole. Si distinguono tre tipi diversi di amicizia: di utilità,di
piacere, di virtù. Nei primi due casi le persone coinvolte non si amano per
sé stesse bensì per ciò che dall'amicizia ricavano.
LA POLITICA
Aristotele si distacca dalla concezione di Platone della politica (la sua
era una concezione prescrittiva, su come dovesse essere una società giusta,
non su come fosse effettivamente). Aristotele risulta essere più empirico: si fece inviare tutte le costituzioni che poteva da amici
provenienti da altre città-stato e confrontandole cercò di trarre gli
elementi comuni. Come Platone, contro i sofisti, credeva nell'esistenza di
una natura di fondo dell'uomo. In base a questa convinzione arrivò però a
creare vari problemi e contraddizioni: molte città prevedevano infatti
schiavitù e superiorità dell'uomo sulla donna e, pensando a questi fatti
come naturali, divenne difficile distinguere i dati di fatto dalle reali
caratteristiche naturali.
Per Aristotele l'origine
della vita associata sta nel fatto che l'individuo come tale non basti a sé
stesso e non possa da solo giungere alla virtù. Lo stato è una comunità
che non ha come scopo la sola esistenza umana ma l'esistenza materialmente e
spiritualmente felice.
Esaminate le varie costituzioni Aristotele ne distinse tre
fondamentali:monarchia, aristocrazia e politia. A questi tre tipi di governo
fisiologici se ne associavano altri tre detti patologici: tirannide,
oligarchia e democrazia (degenerazioni dei tipi di governo fisiologici).
Un buon governo doveva essere caratterizzato da prosperità materiale, vita
virtuosa e felice dei cittadini(persone di indole coraggiosa ed
intelligente), presentare un numero consono di abitanti e una situazione
geografica adatta, rifiutare la comunanza delle donne e della proprietà,
essere caratterizzato da eterogeneità del tessuto sociale.
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