Il lucido intervento di Lucio Moro,
presidente della Commissione urbanistica del comune di Brescia, su
Bresciaoggi del 4 marzo 1983, riapre opportunamente il dibattito sulla
gestione del territorio a Brescia, affrontando quattro temi fondamentali e
avanzando proposte interessanti e parzialmente innovative.
Concordiamo pienamente sulle proposte di Moro relative al primo tema
(strumenti urbanistici intercomunali) e al terzo (realizzazione dei
piani-quadro per i servizi pubblici).
Riteniamo invece che vadano ulteriormente chiarite e precisate le proposte
concernenti il centro storico e la riqualificazione della periferia
attraverso la revisione del piano regolatore generale. Siamo completamente
d'accordo con Moro quando afferma che un eventuale aggiornamento del piano
regolatore dovrebbe confermare in toto l'inedificabilità delle aree
attualmente vincolate a servizi pubblici o a zona agricola ed evitare
assolutamente la creazione di nuove zone di espansione edilizia.
Suscita però perplessità la proposta di Moro di innalzare massicciamente
e in modo generalizzato l'indice dl edificabilità planivolumetrico delle
zone residenziali esistenti e di completamento (zone B) portandole da 1,5
mc./mq. a 2,5/3 mc./mq..
Un aumento così cospicuo delle volumetrie non può non ripercuotersi
negativamente sugli standard urbanistici, in quanto se i nuovi ipotetici
indici venissero integralmente utilizzati ne deriverebbe un notevole
aumento degli abitanti insediabili nelle zone residenziali della media ed
estrema periferia, che andrebbero a gravare sui bacini di utenza dei già
scarsi servizi sociali (dal centri sociali, culturali e assistenziali al
consultori ecc.), del verde pubblico e delle attrezzature sportive.
In carenza poi di ben articolati strumenti urbanistici di dettaglio (piani
particolareggiati, piani di recupero) l'aumento di volumetria rischierebbe
di premiare soltanto la rendita di posizione e la proprietà immobiliare,
senza raggiungere gli auspicati obiettivi di riqualificazione del tessuto
urbano delle periferie.
Nonostante ciò, l'innalzamento dell'indice di edificabilità per le zone
B potrebbe essere un interessante strumento atto a migliorare la struttura
urbana della città, purché subordinato ad una serie di precise
condizioni:
- l'aumento delle volumetrie non deve essere generalizzato, ma limitato ad
alcune zone particolarmente necessitanti di un intervento di
riqualificazione, da perimetrarsi esattamente in sede di revisione del PRG.
Tali zone possono essere scelte anche sulla base delle indicazioni delle
diverse circoscrizioni, che devono essere coinvolte fin dalle fasi
preliminari all'aggiornamento del piano regolatore. Gli interventi in tali
zone e quindi la possibilità di usufruire dei nuovi indici, sono da
subordinare all'approvazione di un piano particolareggiato.
- Considerando che in alcune zone B sussistono edifici che rivestono
valori storici o ambientali anche senza costituire un omogeneo nucleo
antico, come questo è inteso nella classificazione A/2 del vigente piano,
è importante che nelle norme che devono regolare questi interventi sia
esplicitamente prevista la salvaguardia, e non solo della tipologia e
della destinazione, degli edifici anteriori ad una data epoca, che
potrebbe essere fissata al 1935, recuperando l'indicazione dei
cinquant'anni previsti dalle norme di tutela.
- In alcuni dei comparti così individuati può essere previsto un
preponderante intervento pubblico: concordiamo con Moro quando afferma che
in questo modo si risponde positivamente all'esigenza da tutti condivisa
di nuove zone di 167, senza compromettere aree considerate inedificabili
dal vigente PRG.
- Strettamente collegata a questi aspetti è la richiesta avanzate da
sette circoscrizioni cittadine e dei sindacati inquilini, e da noi
condivisa, per l'applicazione anche a Brescia della norma contenuta nella
legge 457/78 che consente ai Comuni di subordinare il rilascio della
concessione edilizia per le grandi ristrutturazioni ad una convenzione con
la quale il proprietario s'impegna a cedere in locazione una parte delle
abitazioni recuperate.
Tale possibilità - attuabile fin da ora in presenza di una precisa
volontà politica - può fornire un piccolo ma significativo contributo
per ridurre la grave carenza di abitazioni sul mercato dell'affitto. Il
discorso sulla riqualificazione delle periferie va inserito a nostro
avviso in una più ampia prospettiva tesa a rendere prioritario
l'obiettivo del recupero del patrimonio edilizio esistente su vasta scala
rispetto alla costruzione di nuovi edifici.
Anche negli ultimi 10/12 anni, terminata la grande espansione edilizia,
questo obiettivo, pur affermato teoricamente dagli urbanisti, è stato
spesso trascurato nella pratica.
Pure a Brescia, al di la delle diverse valutazioni su S. Polo, è
innegabile che, mentre l'edilizia economica di nuova costruzione procede
speditamente (già costruiti 1.435 alloggi pari a circa 6.600 vani
rispetto ai 1.814 alloggi previsti nei comparti 4, 5, 6 e 12 di S. Polo)
procedono lentamente gli interventi comunali nel centro storico (solo 317
vani ristrutturati o in corso di ristrutturazione nell'arco dei 4 anni, su
circa 3.000 vani previsti nelle sole zone di recupero del centro storico).
La preoccupazione da più parti manifesta che l'intervento sull'ipotesi di
new town a S. Polo avrebbe posto in subordine l'obiettivo prioritario
della riqualificazione del centro storico, sta ora dimostrando una sua
validità.
Senza quindi limitare la realizzazione nel progetto complessivo di S.
Polo, è opportuno che l'amministrazione comunale intensifichi il suo
impegno per il recupero della città esistente, reale.
Vasco Frati
Consigliere comunale del PSI e membro della commissione Urbanistica
Vittorangelo Archetti
urbanista
Maurilio Lovatti
presidente della commissione urbanistica della I circoscrizione
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