Franco Manni
|
|
|
Introduzione e sommario Ho
articolato questo mio discorso secondo i punti di vista di alcune
delle tradizionali “discipline filosofiche”: e cioè – nell’ordine
– l’Ontologia (qual è la natura delle cose che sono?), la
Gnoseologia (come conosciamo le cose che sono?), l’Etica
(come dobbiamo agire per avvicinarci al sommo bene, cioè alla felicità?),
la Filosofia della Storia (quali linee e direzioni di percorso ci
sono nelle trasformazioni della società umana?). Alla fine del mio discorso
apriremo il dibattito, ma anche durante il discorso interrompetemi per
chiedermi delucidazioni su parole o passaggi che non avete chiari. Il
punto di vista ontologico ·
“Il
tempo c’è sempre stato”…Aristotele (IV sec. A. C.) nella Fisica
libro quarto definisce il tempo come “misura del mutamento secondo il
prima e il poi” e, dunque, non può essere mai cominciato in quanto - se lo fosse – ci sarebbe stato un momento”prima” del
suo inizio e tale momento sarebbe stato ancora tempo. Tommaso d’Aquino (XIII
sec. D. C.) in maniera più possibilista scriveva che la ragione non può
dimostrare né che il tempo sia iniziato né che non sia mai iniziato, e un
cristiano questa verità può riceverla solo per fede nella rivelazione. I
teologi cattolici di oggi (vedi la voce Creazione nel Dizionario
di teologia delle ed. Paoline) ritengono che l’inizio del tempo non
sia una verità di fede, e che dunque un cristiano sia libero di credere che
esso sia iniziato o che esso non sia iniziato. I fisici di oggi si dividono
tra coloro che ritengono che il tempo sia iniziato e coloro che ritengono
che non sia mai iniziato, ma tutti, seguendo in questo Aristotele, ritengono
che il tempo esista solo come misura dl mutamento e, dunque, non possa
esistere senza i mutamenti dell’universo fisico, e che, perciò, non possa
esistere il tempo “assoluto” (diversamente da quello che credeva Newton
nel XVII secolo). ·
Agostino
di Ippona (V sec. D. C.) ne Le Confessioni propone il famoso
paradosso sul tempo: il tempo è fatto da passato, presente e futuro; ma il
presente non esiste perché qualsiasi unità temporale presente (giorno,
ora, minuto, secondo) in realtà è fatta da una parte che è già passata e
una parte che ancora è futura; d’altra parte il passato “non è”
più e il futuro “non è” ancora; dunque sia il presente, sia il
passato, sia il futuro “non
sono”., e perciò il tempo non dovrebbe esistere. Ma esso esiste se
osserviamo che esso dipende dall’esistenza della mente (almeno una mente
nell’universo): il presente è allora l’attenzione di questa mente, il
passato è l’insieme di ricordi remoti o molto prossimi che tale
attenzione “ha presenti” a sé stessa, il futuro è l’insieme delle
ispettive remote o molto prossime che tale attenzione “ha presenti” a sé
stessa, e dunque il tempo è la “estensione” della mente, nella quale vi
è la presenza di sé stessa, la presenza dei ricordi, la presenza delle
aspettative ·
Il
filosofo anglosassone John E.
Mc Taggart (XIX sec.) distingue due maniere di considerare il tempo: la
a-series e la b-series. La
a-series è il tempo così come percepito dal soggetto nel suo
vissuto personale: esiste un passato (sul quale non si può agire) , esiste
un futuro ( che non si può conoscere) e esiste, almeno alla grossa e per
praticità, un presente (che attiva i nostri 5 sensi). La b-series, invece,
è il tempo così come pensato dal soggetto quando questi si
distacca dal formarsi reale del proprio vissuto e cerca di ordinare gli
avvenimenti in maniera distaccata: ecco che allora presente, passato e
futuro perdono ogni significato, e ogni avvenimento viene relazionato a
tutti gli altri come i punti nello spazio secondo la quantità della
distanza e il verso del “prima” e del “poi” (invece che la destra e
sinistra o l’ovest e l’est). Se un fatto X non è mai nella
stessa a-series (prima è futuro più o meno remoto, poi è presente, poi è
passato più o meno remoto) invece è sempre nella stessa b-series (è
sempre prima di un fatto Y dopo un fatto Z, e alla stessa “distanza” di
prima e poi). Inoltre, mentre un evento X ha sempre una sola direzione
nella a-series (è diretto dal futuro al passato e non viceversa), nella
b-series ha sempre due direzioni (è prima dell’evento Y successivo
e dopo l’evento Z precedente). Noi uniamo le due serie quando collochiamo
il presente nel “punto” del tempo che corrisponde alla nostra vita
(pensiamo che la nostra
a-series si dipani in un punto particolare della universale b-series),
rischiando così di ritenere di essere in una
posizione privilegiata (noi siamo nel “reale” presente e
non le persone dei secoli futuri o di quelli passati!), mentre in realtà
qualsiasi altra persona dei secoli futuri e di quelli passati ha lo stesso
diritto di ritenere di vivere nel presente. Questa ultima osservazione può
essere ricollegata a una teoria comune della filosofia medievale secondo cui
Dio è “fuori dal tempo” nel senso che - per lui -
tutti i momenti del tempo sono presenti e nessuno è
passato e nessuno è futuro. Il
punto di vista gnoseologico
·
Ma la
conoscenza umana non è la conoscenza divina, perché l’uomo esiste dentro
al tempo e per lui l’a-series
è fondamentale mentre la b-series è un’astrazione non necessaria. Ecco
che per l’uomo diventa centrale la comprensione della dinamica passato,
presente, futuro. ·
Benedetto
Croce e Karl Popper (due filosofi del XX sec. debitori su questo punto al
filosofo del XVIII sec. David Hume) convergono nella seguente analisi.
L’unica dimensione temporale dominio della conoscenza è il
passato, conoscenza sì imperfetta, ma certa, mentre il futuro non è
conoscibile, gli eventi passati sono conoscibili in senso proprio e cioè
nella loro individuale (concreta) realtà, mentre quelli futuri sono
“conoscibili” impropriamente, non come realtà individuali ma solo come
schemi astratti che non ci plasmiamo per selezionare solamente ciò che ci
serve a scopi pratici. Esempio di un evento “futuro” come il sorgere del
Sole domani. D’altra parte il passato se è il solo regno della
conoscenza, è anche solamente regno della conoscenza. Cioè in esso la volontà
non ha nessun ruolo. Quando “rimpiangiamo” il passato in realtà in
maniera distorta pensiamo a ciò che vorremmo nel futuro, e quando diamo
giudizi morali di bene e di male a eventi passati, in realtà
stiamo immaginando cosa vorremmo e cosa non vorremmo per il futuro.
Tutto ciò che è passato è necessario ed è intangibile dalla volontà la
quale appetisce il bene e fugge il male. Ciò che, invece, possiamo
conoscere sono i nessi (necessari) di causa ed effetto tra eventi passati. A
cosa serve la conoscenza del passato? Essa serve non a conoscere il futuro
(che è inconoscibile, e questo è un punto centrale e per nulla
banale di tale teoria), ma a deciderci su come agire nel futuro, replicando
(almeno per somiglianza) alcune cause che hanno agito nel passato allo scopo
di replicare (almeno per somiglianza) alcuni effetti che vogliamo. La decisione
– in base alle conoscenze acquisite dalla riflessione sul passato - su
cosa selezionare nelle nostre attese e attenzioni per il futuro e su come
agire nel futuro è quello che chiamiamo “presente”. ·
La
teoria sulla inconoscibilità del futuro è diventata più famigliare
grazie ad alcuni sviluppi delle scienze: la biologia darwiniana del XIX sec.
ha scoperto come le specie viventi non siano fisse ma mutino verso direzioni
totalmente imprevedibili; la astronomia del XX secolo ha scoperto come
stelle e galassie si siano formate e non siano sempre esistite e come sia
impossibile stabilire il loro stato futuro; la storia sociale, la storia
delle idee e l’antropologia culturale
del XX secolo hanno scoperto come fatti che prima si pensavano esser
sempre esistiti in realtà sono storiche costruzioni sociali. Per fare due
esempi: 1) l’adolescenza non
esisteva nella antichità e nel medioevo ( vedi Padri e figli nel
Medioevo di Philippe Ariès), e 2) neanche
l’idea di eguaglianza di diritti tra gli esseri umani (vedo L’età
dei diritti, di Norberto Bobbio). Dunque non è possibile preveder quali
saranno - stando ai due esempi
– le età della vita per l’umanità futura, né è possibile prevedere
se e come esisterà un concetto di eguaglianza nel futuro. L’economia del
XX secolo ha scoperto come i fenomeni economici ( per esempio le
oscillazioni di borsa, o il tasso di disoccupazione, o il mutamento della
produzione) siano imprevedibili, anche se è possibile - in base alle
proprie specifiche volontà e convinzioni - decidere di lottare
affinché diventi più probabile uno scenario invece di un altro. Il punto di vista morale ·
Se il
futuro è imprevedibile, il campo della morale in cui ci si decide per il
bene voluto nel futuro è il presente . In esso ci si decide per l’azione
(senza nessuna possibilità di prevedere l’accadimento-successo,
che dalla azione è ben distinto, come diceva Benedetto Croce: l’azione è
il contributo dell’individuo, l’accadimento-successo è la sommatoria
imprevedibile di tutti gli infiniti contributi) ·
In
effetti la riflessione morale sul tempo ha – con tradizione autorevole –
sottolineato la centralità etica del presente: Marco Aurelio (II sec. D.
C.) scriveva: “se muore un bimbo o muore un vecchio, entrambi perdono la
stessa cosa e cioè il loro momento presente. Dunque non rimpiangere il
passato, non preoccuparti per il futuro, ma concentrati sul presente e fa in
esso il tuo dovere”. E Gesù di Nazareth (I sec. D. C.) diceva : “non
preoccupatevi per il domani, adesso provvederà Dio come un padre, ma vivete
la giornata di oggi, visto che ogni giorno ha già la sua pena”. ·
Nel
XX secolo il padre della psicanalisi Sigmund Freud ci ha lasciato la sua
forte esortazione a ripensare nell’autoanalisi continuamente al nostro
passato remoto, come la infanzia, ma anche a quello prossimo, come nel gesto
o incontro che abbiamo appena compiuto: il passato è una terra sempre
ancora da scoprire in maniera più realistica e veritiera; e siccome il
passato ci ha formato così come siamo adesso, conoscerlo sempre di nuovo e
sempre di più implica il conoscere sempre di nuovo e sempre di più noi
stessi ·
Questa
incessante analisi del passato serve
a preparare il futuro: ci costruiamo lo scenario che vorremmo si realizzasse
e dunque proiettiamo alcune cose del passato nel futuro: essenziale è
essere consapevoli che queste sono solo proiezioni ipotetiche, non
previsioni. Meglio: che sono contributi nostri e che conosciamo,
preparazione a ciò (il mondo
futuro) che non sarà nostro e che non conosciamo. ·
Una
diffusa confusione morale (che deriva a sua volta da confusioni conoscitive)
è il credere di potere agire sul passato e di prevedere il futuro: quando
rimpiangiamo infatti un periodo passato e desideriamo “tornarvi”, con
uno stesso atto sia cerchiamo di riportare in vita nel futuro qualcosa del
passato e dunque di modificarne la sua parabola reale, sia credendo che tale
resuscitazione o replica sia possibile, crediamo di potere prevedere come
sarà il futuro (una replica – appunto – di ciò che già conosciamo).
È quella confusione morale che
già il poeta Orazio (I sec. A. C.) chiamava
“laus temporis acti”, la “lode dei tempi di una volta”
: questi tali
sostengono che oggi scienza e complessità sociale avrebbero reso gli uomini
più infelici e più cattivi che nel passato. Per loro, oggi la vita sarebbe
grigia, nevrotica, stancante, pericolosa e violenta, superficiale,
solitaria, disonesta, corrotta, quando invece ieri essa sarebbe stata
semplice, emozionante, sana, riposante, sicura e pacifica, profonda,
conviviale, onesta, pura. Anche se, esaminando le accuse una per una, si
vede che sono false ed è vero il contrario. ·
Se si
riesce a capire la falsità oggettiva o sociale della “lode del tempo che
fu” riconoscendone anche la sua origine psicologica di nostalgia per la
propria infanzia o giovinezza individuali, si è meglio preparati per
affrontare una ulteriore critica: quella alle cosiddette “età della
vita” umana individuale. Questa critica ci mostra
- per fare un esempio - come la nostalgia per la giovinezza non sia
affatto “naturale” o “semplice”, ma sia bensì l’effetto complesso
di almeno quattro cause “artificiali” (cioè non innate, ma bensì
acquisite in base alle esperienze e alle scelte che abbiamo fatto lungo la
vita): 1) la ignoranza riguardo al proprio passato, 2) la insoddisfazione
profonda per il proprio presente, 3) la disperazione per il proprio futuro,
4) la idealizzazione della giovinezza propagandata da ben precise ideologie
sociali. Il
punto di vista sociale oggi ·
La
società umana crea “ideologie” cioè complessi “sistemi di idee”
che si diffondono collettivamente per imitazione reciproca ma non per
pensiero personale. Tali ideologie mutano, cambiano, non sono sempre le
stesse (anche se la ignoranza della storia reale potrebbe farci pensare –
infantilmente – che la particolare ideologia prevalente oggi sia sempre
esistita e esisterà sempre, e dunque sia l’unica possibile) ·
La
società contemporanea cioè quella in cui viviamo voi ed io, riguardo al
problema del tempo pensa varie cose, tra cui due che sembrano reciprocamente
contraddittorie : 1) “manca
il tempo”: mentre la società contadina “fredda” del passato aveva
poche cose da fare e di piccola varietà, aveva pochi incontri, lunghe
attese e tempi morti, invece la società “affluente” di oggi ci richiede
di fare tanti incontri ed attività ogni
giorno e in ogni periodo dell’anno, con tempistica breve e scandita
rigidamente dall’orologio (pensiamo a una madre di famiglia di 40 anni con
due figli che sia anche lavoratrice e alle sue azioni quotidiane): un
effetto psicologico di questi ritmi è che sembra di non avere abbastanza
tempo per fare tutte le cose che si vorrebbero fare, o almeno per
fare tutte le cose che si devono fare, o almeno di fare bene le cose
che si possono fare. Un aspetto positivo di questa situazione è
l’idea che non ci si annoia e si immagina davanti a sé una potenzialità
di esperienze maggiore rispetto a quelle che effettivamente si ha (“se si
avesse il tempo…!”); un aspetto negativo è il frequente senso di
frustrazione nel rinunciare a fare le cose o a farle bene;
2) “bisogna occupare il tempo”: l’allungarsi
della vita e la diminuzione dei bisogni materiali dovuta alla civiltà delle
macchine aprono una prospettiva di spazi nuovi che prima non c’erano o più
esattamente non erano avvertiti: le “serate” il “weekend”, le
“ferie”, la “pensione”. Un aspetto positivo di questa situazione è
che viene interpellato il pensiero perché bisogna inventarsi qualcosa da sé
stessi e non ci si può adagiare solo su abitudini tradizionali consegnateci
dagli “altri”. Un aspetto negativo è il senso di ansia quando non si
riesce ad inventare qualcosa di efficace, e ci si sente inerti, soli e
vuoti. ·
La
predicazione cristiana di oggi: è sparita la prospettiva del tempo nel
cosiddetto “al di là”, infatti nelle prediche non si parla più né del
“tempo” futuro dell’Inferno né di quello del Paradiso, e ci si
concentra solo su “questo” tempo, in cui possiamo svolgere , bene o
male, la nostra vita morale. “Questo” tempo, che nei secoli passati
veniva presentato come un tempo di transito e di attesa, viene ora
presentato come il tempo centrale e decisivo di impegno nella propria vita
sia singola sia sociale. Questo sviluppo religioso
ha varie cause: una è esterna alla Chiesa (lo sviluppo nel XIX e XX
secolo dei movimenti socialisti sia marxisti sia riformisti volti al
miglioramento ora delle ingiustizie della società; un’altra anche essa
esterna alla Chiesa è il rapido sviluppo – negli stessi secoli - della
tecnologia industriale, domestica, medico-sanitaria volta al miglioramento
della qualità della vita materiale quotidiana; un’altra è invece interna
alla Chiesa ed è il recupero (culminato nel Concilio Vaticano II) della
tradizione Biblica (contro l’influenza greco-platonica del “mondo
immutabile del “al di là”) che valorizza le realtà creaturali mondane
e il “krònos kairòs dell’oggi ·
I
tempi differenziati: la nostra esperienza non è semplice (monolitica) ma è
complessa (composta da parti variegate), e – almeno soggettivamente –
non viviamo un solo tempo, ma abbiamo esperienza di più tempi
assieme: 1) con le canzoni di “una volta” (Anni Sessanta, Anni Settanta,
che oggi in Italia, per es., si sentono sempre più spesso nelle radio) e le
fiction sugli Anni Sessanta in tv siamo proiettati nel tempo della nostra
infanzia e adolescenza; 2) coi riti del dialetto bresciano, dei cibi
bresciani, del Natale in famiglia siamo proiettai in una dimensione
ottocentesca dei nostri antenati; 3) con i gesti e le abitudini più
“biologiche” come il sonno e la veglia, l’alimentazione, la sessualità,
il vissuto della crescita e dell’invecchiamento, i fenomeni metereologici,
l’alternarsi climatico delle stagioni e il rapporto con la vita dei
vegetali e gli animali siamo inseriti in un tempo molto più remoto, forse
preistorico; 4) con l’evolversi della tecnologia nelle automobili, nella
telefonia, nella medicina e nella cura salutistica e dietologica e
soprattutto nell’informatica e con gli eventi determinati da – per es.
– la politica estera (immigrazione) e la “mentalità delle nuove
generazioni” siamo immersi in un’altra dimensione (e ritmo) temporale,
quello degli ultimi dieci anni. ·
Questa
pluridimensionalità temporale può
esser negativa a livello mentale, perché spesso non riusciamo a integrare,
collegare, riflettere e giudicare e scegliere in tali diverse e eterogenee
dimensioni, convinzioni, abitudini, e ci sentiamo confusi e trascinati
passivamente da ciò che non riusciamo a capire, giudicare e controllare.
Per gestire in maniera positiva questa pluralità di vissuti temporali
bisognerebbe “integrarli”. Come? Questione difficile!
Un suggerimento potrebbe essere: riflettere continuamente su
queste serie temporali per rendersi conto che sono – tutte –
“temporali”, cioè storiche, cioè sono cominciate, si trasformano,
passano e finiranno, Sono realtà transeunti e parziali di una stessa unica
Storia, e nessuna di esse (né la più recente né la più remota) sono
realtà “celesti”, immutabili, assolute, nessuna di esse è un
“idolo” o un “dio” da vivere in maniera sottomessa, passiva e priva
di critica e di autocritica. Bibliografia ·
Aristotele,
Fisica, Varie Edizioni ·
Agostino,
Le confessioni, Varie Edizioni ·
Tommaso
d’Aquino, In Libros
Physicorum Aristotelis Expositio ·
S.
Dianich e Barbaglio (a cura di), Nuovo Dizionario di Teologia, Edizioni
Paoline, Roma, 1982 ·
John E. Mc Taggart, The Unreality of Time,
“Mind” n. 17, 1908 ·
Stephen
Hawking, La grande storia del tempo,
Rizzoli, 2006 ·
Benedetto
Croce, La storia come pensiero e come azione, Laterza, Bari, 1965 ·
Karl
Popper, Miseria dello storicismo, Feltrinelli, Milano, 1997 ·
Stephen
Jay Gould, Una visione della vita, Zanichelli, Bologna, 1984 ·
Philippe
Ariès, Padri e figli nell’Europa Medievale e Moderna,
Laterza , Bari, 2006 ·
Norberto
Bobbio, L’età dei diritti, Einaudi, Torino, 1990 ·
Paul
Samuelson, Economia, Zanichelli, Bologna, 1987 ·
Benedetto
Croce, Filosofia della pratica, Laterza, Bari, 1908 ·
Marco
Aurelio, A sé stesso, Varie Edizioni ·
Luca,
Vangelo ·
Franco
Manni, Lettera a un amico della Terra di Mezzo, Simonelli, Milano,
2006 ·
Concilio
Vaticano II, costituzioni pastorali Lumen Gentium e Gaudium et
Spes
|
Franco Manni indice degli scritti
|
Maurilio Lovatti main list of online papers
|