Franco Manni
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Liberalismo e liberismo
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Liberalismo
Si
chiama “liberale” uno stato che si astiene dall’intervenire nell’espressione individuale o associata delle idee etiche, religiose, politiche, filosofiche, scientifiche,
economiche, estetiche e psicologiche. Nel campo dell’espressione delle
idee lo stato liberale riconosce i principi della tolleranza
e del pluralismo e riconosce
come diritto inviolabile (da
tutti e dunque anche da sé stesso) la libertà dei cittadini e dei gruppi
dei cittadini di esprimere queste
idee con la parola, la stampa, i comizi, gli scioperi, le manifestazioni
in luogo pubblico, le cerimonie, le produzioni artistiche,
l’organizzazione di enti, associazioni, società, partiti, sindacati,
chiese, movimenti, club. Una
persona liberale riconosce e
difende gli inviolabili
diritti individuali (detti anche “naturali”) dell’uomo e del
cittadino : la libertà di espressione del pensiero ;
la libertà di riunione e di manifestazione ; la libertà di
associazione (pluralismo partitico, sindacale, religioso) ;
la libertà di movimento ; l’inviolabilità della persona fisica,
del domicilio, della corrispondenza ;
l’habeas corpus nel processo
penale . Affinché questi diritti siano inviolabili da chiunque (anche dagli ordini del governo e dalle leggi del parlamento) la magistratura deve essere realmente indipendente dal potere politico. Liberismo
Si
chiama “liberista” uno stato che si astiene dall’intervenire nella
sfera delle azioni economiche e la lascia tutto o il più possibile alle
decisioni dei privati, quali che esse siano : “laissez faire ! “ , come si diceva nel XIX secolo. Mentre
, però, il liberalismo ha a che fare con un bene che in potenza può essere moltiplicato e diffuso
infinitamente (le idee), il liberismo ha a che fare con un
bene che è scarso (il bene economico).
Se io comunico una mia idea a te , tu avrai una cosa che prima non avevi
– questa idea – senza che io la perda . Se invece io do a te un bene
economico (un campo, del denaro, del tempo di lavoro) , tu avrai una cosa
che prima non avevi mentre io non l’ho più , perché non possiedo più
quel campo, quel denaro, quel tempo. La
scarsità dei beni economici pone dunque all’individuo umano e
allo stato il problema specifico della distribuzione (suddivisione)
di questi beni : l’individuo umano tende ad accumulare i beni economici
soprattutto per sé e a distribuirli poco e in maniera ineguale agli altri
uomini , lo stato deve decidere se , quando, come e in che misura dare
all’individuo la libertà di comportarsi così. E’ per lo stato il
problema se essere liberista, quando
essere liberista, come essere
liberista, in che misura essere
liberista. Rapporti
tra Liberalismo e Liberismo
Riguardo
al liberismo la posizione di un persona liberale dovrebbe
essere come quella di Benedetto Croce (Liberismo
e liberalismo, libro scritto assieme a Luigi Einaudi) : il liberismo non
è sufficiente al liberalismo (diversamente da come credono sia i
reazionari sia i marxisti, che -
anche se per scopi opposti - hanno tutto l’interesse di confondere
liberalismo e liberismo) : infatti vi sono Stati superliberisti come
quelli dell’America Latina che non sono affatto liberali, e sono delle
tirannie. D’altra parte secondo Croce il liberismo non
è neanche necessario al liberalismo (diversamente da come credeva
Luigi Einaudi) : infatti vi sono stati superliberali come quelli
scandinavi che sono assai poco liberisti, perché lo stato interviene
molto e in molti modi nelle faccende economiche . Però
secondo Croce il liberismo non
è neanche incompatibile col liberalismo : infatti molti stati
liberali occidentali sono anche liberisti, e gli stati antiliberisti del
“socialismo reale” (cioè comunisti, sovietici) non erano affatto
liberali. Bisogna
– dunque – concludere che liberismo e liberalismo sono fenomeni che si
comportano come variabili in larga misura indipendenti. Il
liberismo (cioè il non intervento dello stato in materia economica) in alcuni casi può essere funzionale al bene comune di uno stato
liberale : per esempio nel caso dei monopoli (trust) economici lo stato
perseguirebbe meglio il bene comune della società se fosse liberista e
facesse leggi antitrust efficaci ;
per esempio nel caso delle licenze commerciali lo stato fa bene ad
essere liberista perché così permette agli imprenditori giovani e poveri
di avviare l’attività e , permettendo la libera concorrenza, favorisce
i consumatori come si è visto nel campo dei telefoni ; conservatori e
reazionari in realtà non sono sinceramente liberisti perché vogliono
l’economia privata protetta dallo stato, vogliono i monopoli e sono
contrari alla libera concorrenza, non vogliono cioè che altre aziende
rivaleggino con quelle già esistenti, già affermate, già potenti,
diversamente da quanto invece accade
negli USA quando l’azione antimonopolistica contro Microsoft è
stata promossa dalle concorrenti Sun,
Netscape, Oracle. In altri casi il liberismo non è funzionale al bene comune : e
quindi lo stato fa bene a impedire i licenziamenti senza giusta causa, a
imporre i salari minimi, a imporre criteri di qualità nelle merci
alimentari e in molte altre, a imporre misure antinfortunio e
antinquinamento, a gestire un servizio pubblico di trasporti a prezzo
politico, a imporre il versamento di contributi previdenziali, a imporre
le ferie pagate e i congedi per maternità pagati e a vietare o
regolamentare il lavoro minorile, a finanziare un servizio sanitario
nazionale, ecc. . Per
un liberale criterio normale
secondo cui lo stato deve decidere se è il caso di prendere misure
liberiste oppure antiliberiste è se la misura adottata è funzionale a
favorire i soggetti più deboli del mercato e della società. Poiché noi
riconosciamo il fondamentale
presupposto filosofico secondo cui quando si favoriscono i soggetti più
deboli della comunità nel contempo si favorisce il bene comune . Certo
, il cosiddetto neoliberismo di oggi è spesso da contrastare dal punto di
vista di un liberale , ma non perché esso sia liberismo in
generale, ma perché è una particolare specie di liberismo
pregiudiziale e dogmatico : Gunther Grass (romanziere tedesco premio Nobel
per la Letteratura ) ha
notato che questo dogmatismo con “delirio di infallibilità” ripete
gli errori passati del dogmatismo infallibile comunista, e infatti capita
– per esempio nella nuova Russia di oggi -
che i dogmatici
antiliberisti del passato fossero le stesse identiche persone che sono i
dogmatici liberisti di oggi. Proprietà
Privata
Un
liberale può dunque senza ostacoli essenziali riconoscersi nelle
tradizioni socialdemocratica e cattolico-sociale ( dalla Rerum
Novarum di Leone XIII, cioè dal 1891, in poi) secondo le quali la
proprietà privata non deve
essere abolita (anzi , per i cattolici essa è un “diritto naturale”),
eppure – d’altra parte – essa non
è intangibile , ma
- a seconda dei casi - deve
essere limitata a causa delle superiori esigenze del “Bene Comune”,
così come viene asserito nella Costituzione della Repubblica Italiana .
In questa prospettiva lo
Stato può e deve avere la proprietà di alcuni mezzi di produzione del
reddito (forze dell’ordine e militari, organizzazione della giustizia,
scuole, ospedali, servizi postali e ferroviari, etc.), anche in maniera
estesa, ma lo Stato non deve
avere come scopo ultimo la progressiva espropriazione della proprietà
privata, bensì la sua distribuzione sempre più egalitaria
tra tutti i cittadini, per esempio attraverso una reale ed efficace
imposizione fiscale progressiva. . Questa
distribuzione egalitaria della proprietà è – inoltre – uno scopo urgente
: come nel Mondo enormi sono le differenze di ricchezza tra gli
Stati, così molto grandi sono
in Italia le differenze di censo tra i cittadini. Tali enormi differenze ostacolano
l’uguaglianza giuridica (liberale) e l’uguaglianza politica
(democratica), come la realtà italiana presente ci mostra con
un’intensità mai vista : nei processi penali , nei monopoli dei
mass-media, nella legislazione condizionata dalle lobbies
economiche. La
selvaggia disuguaglianza dei redditi e dei patrimoni – dunque – oltre
ad offendere nel campo dell’etica
quei valori spirituali e comunitari che sono il retaggio più prezioso
della cultura occidentale, nel campo della politica
tende a indebolire le stesse istituzioni del liberalismo e della
democrazia, e nel campo dell’economia
deprime la domanda dei beni sul
mercato, mina la libera
concorrenza tra gli imprenditori, ostacola
la crescita professionale dei lavoratori.
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