Franco Manni Is There Pain in hell?
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The Purpose of this Article This article is divided into five sections: the first two present the historical and ideological context of the problem that I intend to deal with. The third and fourth sections deal with an important and, I believe, original philosophical thesis in a theoretical way, whereas the fifth points to its possible implications in ethics and education.. In particular, in the first section I intend to show how today the greatest doctrinal controversy between Protestants and Catholics has been resolved with the Augsburg Joint Declaration on the Doctrine of Justification. But the doctrinal unity (certainly not by chance) has been achieved precisely when the problem of justification has undergone a profound transformation. Today the question no longer concerns the distinction between those attaining heavenly salvation and those condemned to eternal damnation of hell. In the second section I intend to briefly show how the Christian eschatology and its four points ("novissima"), towards which the problem of justification pointed, has changed dramatically in the last decades, especially in regards to hell. In the third section, first I present a short summary of the traditional pagan and Christian legacy claiming that hell is above all a place of pain and the objections that have been addressed to it. Then I proceed to my main point: tracing a philosophical thread from Plato to Aristotle and then from Augustine to Aquinas, and citing a psychological experience of everyday life, I maintain that: 1) either there is no pain in hell, or 2) hell is not the worst thing that can happen to a human being, and therefore we are interrogated in looking for what such worst thing is. In the fourth section I present four possible objections to my thesis and attempt to counter them. In the fifth section I point to some practical consequences on the ethical and educational level that could ensue from a different doctrine on the nature of hell.
C'e' dolore all'inferno? Lo scopo di questo articolo Questo articolo è diviso in cinque sezioni: le prime due presentano il contesto storico e ideologico del problema che intendo affrontare. La terza e la quarta parte trattano in modo teorico una tesi filosofica importante e, credo, originale, mentre la quinta indica le sue possibili implicazioni nell'etica e nell'educazione. In particolare, nella prima sezione intendo mostrare come oggi la più grande controversia dottrinale tra protestanti e cattolici sia stata risolta con la Dichiarazione congiunta di Augusta sulla dottrina della giustificazione. Ma l'unità dottrinale (non certo per caso) è stata raggiunta proprio quando il problema della giustificazione ha subito una profonda trasformazione. Oggi la questione non riguarda più la distinzione tra chi ottiene la salvezza celeste e chi è condannato alla dannazione eterna dell'inferno. Nella seconda sezione intendo mostrare brevemente come l'escatologia cristiana e i suoi quattro punti ("novissima"), verso cui puntava il problema della giustificazione, sia cambiata drammaticamente negli ultimi decenni, soprattutto per quanto riguarda l'inferno. Nella terza sezione, in primo luogo, presento una breve sintesi dell'eredità tradizionale pagana e cristiana sostenendo che l'inferno è soprattutto un luogo di dolore e delle obiezioni che gli sono state rivolte. Poi procedo al mio punto principale: tracciare un filo filosofico da Platone ad Aristotele e poi da Agostino ad Aquino, e citando un'esperienza psicologica della vita quotidiana, lo sostengo: 1) o non c'è dolore nell'inferno, o 2) l'inferno non è la cosa peggiore che può accadere ad un essere umano, e allora bisogna chiedersi cosa sia essa cosa peggiore. Nella quarta sezione presento quattro possibili obiezioni alla mia tesi e cerco di contrastarle. Nella quinta sezione segnalo alcune conseguenze pratiche sul piano etico ed educativo che potrebbero derivare da una diversa dottrina sulla natura dell'inferno.
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