Franco Manni
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T HE APPEARANCE OF AN HOBBIT JUST
OUT OF HIS TWEENS TOLKIEN E IL TEMA DELLA GIOVINEZZA
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La
maledizione di una giovinezza eterna
Grandi angosce nell'infanzia di
JRRT, solitudine e insicurezza nella sua adolescenza, pochissima
spensieratezza nella sua giovinezza. E come su tutti coloro che vivono
l'"età dello sviluppo" in condizioni siffatte, anche su JRRT calò
la "maledizione" di sembrare per tutta la vita inseguire quei
comportamenti e quei miti che la
maggior parte degli individui lascia invece sbiadire rapidamente e - a parte
carsiche reminiscenze più o meno gradito - scivolare nell'oblio. JRRT per quasi tutta la vita continuò a cercare il
gruppo degli "amici", rigorosamente tutti maschi, con cui far le
ore piccole fumando, bevendo birre e discutendo con passione delle proprie
fantasie e dei propri idealismi; e quando le vicende della vecchiaia non
glielo permisero più, continuò a sentirne la mancanza. Per tutta la vita
scrisse "romances" riguardanti guerrieri sublimi e guerre
furibonde. Per tutta la vita coltivò il "secret vice"1
dell'infanzia,
sviluppando i "nursery languages" fino alla dettagliata grandiosità
del Quenya e degli altri linguaggi di Arda. Spesso pensò di trovare nei
ragazzi una purezza e una saggezza di giudizio estetico cui si sottometteva
prontamente, come appare nelle Lettere
dirette a o riguardanti Rayner Unwin e il figlio Christopher, o come
appare in una nota di Sulle fiabe2.
Celebrò
il desiderio di realizzare un'amicizia ideale che portasse alla più intima
comprensione reciproca nelle coppie adulto/adolescente del romanzo
incompiuto The Lost Road3.
L'ultimo scritto di fiction che pubblicò, Smith
of Wootton Major, è una complicata allegoria sulla morte, in esso i
personaggi più importanti sono bambini o adolescenti eterni, e JRRT -
autorecensendosi - arrivò a scrivere: nel racconto c'è la satira della
chiesa del villaggio e del suo parroco "its functions steadily decaying
and losing touch with the arts,
into mere eating and drinking - the last trace of anything else being left
in the children."4. Ma già l'idealizzazione della "nobiltà"
della giovinezza compare nelle opere precedenti: nell'infanzia di Turin dei Racconti
incompiuti, dove il ragazzo appare più saggio e altruista di suo padre
e di sua madre; nelle gesta di Eorl il Giovane assieme intrepido duce
militare e saggio statista. E soprattutto questa idealizzazione costituisce
quanto di buono c'è nelle creature più originalmente tolkieniane, gli
hobbit. Mentre gli hobbit adulti sono costantemente rappresentati nei loro
lati caricaturali di meschineria piccolo-borghese, mentre Gandalf è accolto
bene solo dai bambini, gli hobbit "diversi" Bilbo e Frodo ricevono
simpatia e aiuto solo dagli hobbit giovani Sam, Merry e Pipino. Sembra poi
quasi che, dal punto di vista hobbit (che è poi quello del lettore del Signore
degli Anelli), l'interesse per la storia si spenga quando Frodo, che già
troppo a lungo aveva indugiato sul limitare di giovinezza4-bis,
torna a casa e i suoi giovani amici si sposano e fanno carriera. Gli hobbit protagonisti del romanzo sono in effetti
dei giovanotti che dalle altre razze vengono costantemente presi per ragazzi
o bambini. E Pipino trova una vera compagnia a Minas Tirith solo con il
decenne Bergil5.
Un momento! Perché il 29enne Pipino (paragonabile a un 20enne di razza
umana) smette di sentirsi solo proprio con un bambino? A quanti ventenni
"normali" capiterebbe? Non è chiaro; eppure nel congegno del
capitolo e del romanzo sembra naturale sia all'Autore sia al Lettore, i
quali dunque devono avere fatto un patto (non casuale, come non è casuale
che ogni Lettore scelga il suo Autore) che li rende complici nell'accettare
tante cose "strane" (strane per il metro degli "altri"),
tra le quali questa. Come se, dunque, avessero ragione quei critici
malevoli che accusarono di "adolescenzialità" la narrativa di
JRRT, il quale avrebbe creato un nuovo Boy's
Own e un nuovo Billy Bunter6. La critica di Tolkien ai luoghi comuni sulla giovinezza Eppure JRRT come persona dà anche e soprattutto
un'impressione assai diversa: i giovani che frequentava normalmente erano i
suoi studenti universitari, verso cui era un maestro per nulla ammiccante
alle confusioni generazionali cui, purtroppo, oggi siamo abituati da certa
cultura "sessantottina"; era invece un maestro serio, laborioso,
concentrato su quella Scienza di cui doveva essere testimone.7.
Altri giovani normalmente non frequentava, i suoi amici erano attempati
"scholars" e "dons" suoi coetanei; quando, con
l'edizione paperback del Signore degli
Anelli, diventò famoso presso i giovani del "movement" dei
campus americani, lamentò essere una croce e non certo una delizia il
divenire oggetto di un "deplorable cultus"8. Se lo confrontiamo con Herbert Marcuse o con Allen Ginsberg, che
proprio in quegli anni imperversavano razzolando tra i giovani con
"lectures", gruppi di studio, manifestazioni di piazza, "happenings"
più o meno raccomandabili in cui s'improvvisavano Profeti e Guru
Carismatici (giocando con la tendenza adolescenziale all'idealizzazione, con
le normali confusione, inesperienza, accidia ed eccitabilità di quell'età),
ecco allora vediamo con chiarezza come JRRT si collocasse in tutt'altra
banda. E si collocava altrove perché pensava in maniera
diversa: il suo messaggio consisteva in una nobilitazione del genere
letterario "fantastico" (o "fiaba", come lo chiamava),
però i destinatari del suo messaggio non erano in primo luogo i giovani, ma
gli adulti. Sulle fiabe, il
"manifesto" della sua poetica, è chiaro nel proposito e acuto nel
dissipare abusati luoghi comuni: i bambini non
sono l'uditorio specifico della letteratura fantastica; crede il
contrario chi non è in contatto col loro mondo e dunque li idealizza e li
vede come un "specie a sè stante" anziché "membri normali,
ancorché immaturi, della famiglia umana in generale"; essi non amano
le fiabe più degli adulti né le capiscono di più; solo alcuni
bambini, proprio come solo alcuni
adulti, hanno una predilezione per il fantastico, predilezione che "non
diminuisce ma anzi aumenta con l'età"; se i bambini consumano, im
media, più lettura fantastica degli adulti è perché questi ultimi la
credono adatta a loro e gliela propongono, e i bambini sono subordinati,
voraci e incapaci di manifestare efficacemente il proprio autentico
gradimento; è un atteggiamento "sentimentalistico" dare
"buono" e "bambino" come sinonimi, e così
"cattivo" e "adulto", in realtà i bambini sono anche
cattivi e gli adulti sono anche buoni; fiabe e miti regalano ai loro
fruitori Fantasia, Ristoro, Evasione e Consolazione, cose di cui i bambini
hanno di norma meno bisogno degli adulti; i bambini sono chiamati a crescere
e non a diventare dei Peter Pan9. Insomma, per JRRT non c'è nessun valore morale
esclusivo dei bambini (della giovane età in generale): quando si dice che
c'é bisogno di "un cuore di fanciullo" per entrare in Feeria (ma
ce n'è bisogno "per qualsiasi grande avventura in reami più angusti o
meno angusti di Feeria") con l'espressione si intende un cuore
provvisto di "umiltà e innocenza", qualità che qualsiasi età può
avere. In particolare - proprio perché i giovani non hanno di per sè
qualità morali peculiari - la letteratura fantastica può mostrarci come
"il pericolo, il dolore e l'ombra della morte possono impartire dignità
a volte addirittura saggezza, ai giovani inesperti, infingardi ed
egoisti"10. Esplicitamente, poi, JRRT si esprime sui vantaggi
dell'età matura: al figlio Micael tesse argomentazioni per sconsigliare il
matrimonio dei giovani perché motivato da discutibili istinti e da
discutibili teorie romantiche11; e nel Signore degli Anelli
campeggia non la figura di Eorl il Giovane ma quella di Aragorn che ha già
alcuni capelli grigi e merita il regno e realizza il suo amore avendo circa
40 anni (88, per la precisione, ma è un longevo Numenoreano ...); e
campeggia soprattutto Gandalf, al quale più che a ogni altro si deve la
vittoria sul Sauron, e che è apparso sempre, almeno nella Terra di Mezzo,
come un vecchio. Sembrerebbe, alla fine di questo
bilancio, che due opinioni si affrontino nella mente di JRRT riguardo alla
giovinezza: età privilegiata, età non privilegiata. E' Gandalf il
semprevecchio a comandare la difesa di Minas Tirith, ma il Lettore ha visto
e ammirato Minas Tirith attraverso gli occhi del giovani Pipino guidato dal
bambino Bergil. La giovinezza anagrafica è simbolo di una non anagrafica dimensione psicologica. Per sciogliere12
o almeno comprendere questa che appare una concezione contraddittoria in
JRRT, bisogna fare qualche distinzione concettuale. Quando JRRT si pone in
prima persona in un diretto rapporto col problema della giovinezza, rapporto
in cui si sente responsabile come educatore (come accadeva coi suoi
studenti, col figlio Micael, nei saggi Sulle
fiabe e Valedictory Address13, e in una parte delle sue opere narrative), allora
egli, non idealizza la giovinezza,
e anzi si distingue sensibilmente dall'immaginario e dalla prassi educativa
dei nostri tempi postromantici che invece la idealizzano. Oggi ai giovani in famiglia e a scuola viene
richiesta poca disciplina e pochissimo impegno (fatica), e quello di
"selezione" è un concetto bandito; JRTT invece sia in famiglia
sia a scuola chiedeva disciplina e impegno14, e invocava approfonditi sistemi di
selezione, non per uno scopo tecnocratico ma come stimolo a un'ampia e non
nazionalistica formazione culturale15. Oggi molti adulti (genitori, insegnanti,
preti, operatori dei massa media, intellettuali) si sentono impacciati nel
dare un esplicito insegnamento
morale ai giovani (quello implicito, grazie a Dio, di solito lo danno) sia a
causa della propria impreparazione teorica, sia soprattutto per il malinteso
timore di "coartare" oppure di "annoiare" il giovane;
JRRT invece riteneva molto importante esplicitare
(cioè con parole, discorsi) ai giovani una visione etica complessiva o
anche più circoscritti consigli ad hoc, come emerge dalle Letture e dai dialoghi tra adulti e giovani nelle opere narrative.
Oggi la pubblicità, i mass media, la musica rock, i centri di aggregazione
giovanile, l'editoria e anche in specifico la narrativa tendono ad associare
costantemente (cioè senza alternative, senza variatio) l'immagine che essi dipingono della giovinezza ai
"valori" della bellezza narcisistica, della spensieratezza
irresponsabile, della sensualità eccitata, del consumismo agonistico,
dell'arroganza compiaciuta; JRRT invece sia nei rapporti diretti sia negli
scritti associava l'immagine della giovinezza anche alla modestia e al
pudore, alla lealtà e all'impegno responsabili, all'amore casto e paziente,
alla sobrietà riguardo all'uso dei beni materiali, all'umiltà e alla
obbedienza. Diverso, e dunque da distinguere, è invece
l'atteggiamento di JRRT quando si trova o almeno si autopercepisce in
un'altra posizione o ruolo riguardo alla giovinezza: la posizione o ruolo
del poeta che usa un simbolo
evocativo - efficace non a caso in una cultura come la nostra, impregnata di
due secoli di Romanticismo16 - di concetti che se fossero presentati come tali, e cioè in forma
logica, porterebbero fuori dall'ambito propriamente letterario. Questo
diverso atteggiamento deriva, oltre che dalla posizione del poeta, anche da
quella del polemista che osteggia
quei valori "borghesi" di calcolo e materialismo cui la giovinezza
sembra - a prima vista, ma è la prima vista a contare nell'ardore polemico
- estranea. E questo atteggiamento lo vediamo nel rapporto con Christopher,
nell'animus e nei riti degli Inklings, in altre parti della sua opera
narrativa. E' importante comunque vedere come la giovinezza, che nella
poesia e nella polemica viene esaltata, ha un diverso significato dalla
giovinezza che viene disciplinata nell'altro atteggiamento: non è più un'età
anagrafica, ma è una dimensione
psicologica, che prende il nome e il corteo simbolico dall'età
anagrafica, e fa questo a causa die luoghi comuni ormai tanto associati
all'età anagrafica e così diffusi nell'immaginario collettivo
postromantico, da risultare un comodo riferimento per l'appello ai
sentimenti lirici e/o polemici. La "giovinezza" come
dimensione psicologica ha varie sfaccettatura di significato. Significa senso
di precarietà: certo, tutta la vita è precaria, ma, a prima vista, è
comodo immaginare l'adulto come persona "sistemata" negli affetti
e nella posizione sociale, e quindi dimentico di questa dimensione che sta
alla radice della vita, e corrispettivamente è comodo immaginare il giovane
necessariamente cosciente della precarietà del suo stato. E così JRRT fa
muovere verso gli ampi scenari e gli imprevedibili rischi della Terra di
Mezzo (la cui felicità, sotto la minaccia di Sauron, appare in un evidente
precarietà), Merry, Sam, Pipino giovani, mentre fa rimane re nel cerchio
della Contea Merry, Sam e Pipino adulti. La "Giovinezza"
significa anche cuore indiviso:
poiché ogni attività e ogni persona cui può legarsi il nostro cuore non
lo lega mai completamente in tutte le sue dimensioni, quando il cuore si
lega a un'attività e/o a una persona in particolare esso rimane
"diviso", alcune sue parti sono e rimangono legate, altre invece
tendono a cercare qualcosa d'altro. E sembra comodo immaginare nel giovane -
che deve ancora scegliere la compagna e la professione cui dedicarsi - un
cuore non ancora legato e quindi non ancora diviso. Così JRRT fa muovere
per la Terra di Mezzo i giovani Sam, Merry e Pipino prima dell'amore e del
matrimonio (anche se nel non più giovane Aragorn che ritarda il matrimonio
a causa della sua missione di riconquista del regno, e soprattutto nei
celibi Gandalf e Frodo - personaggi che scompaiono quando la Terra di Mezzo
è salvata e che dunque ricevono la loro vocazione solo nella sua salvezza,
e non nel suo reggimento e nutrimento. JRRT mostra chiaramente che il
"cuore indiviso" è una dimensione psicologica e non un'età
anagrafica). La "giovinezza" significa anche disponibilità
al nuovo: Gandalf - portatore purissimo del nuovo nel recinto
abitudinario della Contea, nell'Hobbit
è colui che "spinse tanti baravi ragazzi e ragazze a partire per
l'Ignoto in cerca di pazze avventure: arrampicarsi sugli alberi, visitare
elfi, o andare a far vela per altri lidi"17, e, sul Signore degli Anelli,
è accolto festosamente solo dai bambini, gli hobbit adulti infatti lo
vedono se non con ostilità almeno con sospetto, e soprattutto non sono
interessati a lui. Bisogna però ricordare che la "disponibilità al
nuovo" Gandalf la trova soprattutto - e su ciò sono costruiti i due
romances tolkieniani - nei non più giovani Bilbo e Frodo. Infatti il
Giovani sembra essere più disponibile al "nuovo" dell'adulto,
solo perché il troppo poco "vecchio" che ha in sé è
insufficiente a metterlo alla pari con gli adulti, nei confronti dei quali
si sente inferiore, poco attrezzato, e dunque vuole accogliere ciò che
ancora non ha. Ma principalmente per un desiderio di integrazione e di parità,
e non per quel "desiderio di conoscenza provocato dalla
meraviglia" che, per Aristotele, è la molla per l'avventura della
filosofia.18
E tutti - giovani e adulti - devono essere esortati, per il loro bene, a
tale avventura, come scriveva Epicuro perché tutti possano dimenticarsi
delle proprie potenzialità spirituali, e quindi non svilupparle19) . La "Giovinezza" significa anche sensibilità
e capacità per la fantasia: il
giovane, di fronte alla complessità della vita, anche se non si ritrae da
essa (a parte nei casi patologici), comunque si ferma, almeno provvisoriamente e di necessità, e, per avere una
visione completa, integra i dati mancanti con la fantasia.
"Idealizza", come si dice. Non qualsiasi realtà, ma solo quelle
che ancora non conosce a sufficienza, come l'amore, la cultura, il lavoro,
la politica. In questo senso la fantasia, almeno provvisoriamente, tende a
sostituire la realtà. E' il giovane Sam a essere affascinato dai racconti
di Bilbo e di Gandalf su draghi e elfi20, e, ai suoi figli bambini e ragazzi
(nell'epilogo poi espunto dalla versione definitiva del romanzo21),
Sam racconta la straordinaria avventura della Guerra dell'Anello, perché in
loro vede una sete di questo tipo di racconti, i quali, rispetto alla
quotidianità della Contea, non possono non assomigliare a
"idealizzazioni", a prodotti della fantasia. Però bisogna ricordare che, se il giovane Sam era
interessato agli elfi, l'altrettanto giovane Ted Sabbioso non lo era; e che
comunque i più interessati a elfi, nani e stregoni non sono i bambini che
godono di ascoltarne le gesta prima di andare a nanna nel proprio sicuro
lettino, ma lo sono i non più giovani Bilbo e Frodo che li ospitano e li
seguono. Questo perché sempre nella vita (e non solo durante la giovinezza)
la complessità della realtà si presenta sempre inintelligibile, e allora
la persona, che vuole trovare via via una almeno provvisoria intelligibilità,
deve integrare gli elementi mancanti, deve dare una collocazione a ciò che
non è evidentemente collocato, attribuire un senso a ciò che non è
evidente che ne abbia. Deve usare la fantasia, che funziona come
un'anticipazione (ancorché provvisioria sostituzione) della ragione, che
traccia quel Disegno Globale Soggettivo di cui abbiamo bisogno, anche se
esso è molto imperfetto rispetto al Disegno Globale Primario, che si
rivelerà alla nostra ragione - se mai - soltanto alla fine di ogni
esperienza. JRRT scriveva: "La Fantasia è una naturale attività
umana, la quale certamente non reca offesa alla Ragione (...) Al contrario:
più acuta e chiara è la Ragione e migliori fantasie produrrà."22 Riassumendo, dunque, si può dire
che, sul piano narrativo, la viva incarnazione delle considerazioni, qui
sviluppate saggisticamente, è nelle figure di Bilbo e soprattutto di Frodo:
nei due hobbit adulti ma eccentrici, gli elementi di solito simboleggiati
dalla giovinezza anagrafica (senso di precarietà, cuori indiviso,
disponibilità al nuovo, sensibilità per la fantasia) risultano chiaramente
essere una (non anagrafica) dimensione psicologica. Una conclusione che riguarda noi Il primo scritto di JRRT sul ciclo di Valinor e della
Terra di Mezzo è - secondo il figlio Christopher - LA casetta del Gioco Perduto: era l'inverno 1916-17 e l'Autore,
orfano, separato dalla giovane moglie, con gli amici dell'idealistico
sodalizio adolescenziale T.C.B.S. morti in trincea, era egli stesso
inquadrato in un battaglione di prima linea in cui le perdite, tra morti e
prigionieri, sarebbero state totali. Nel racconto si descrive una casa
elfica in cui sono ospitati bambini umani arrivati colà attraverso il
"Sentiero dei Sogni" ; questo sentiero in seguito fu reso
invalicabile, ma alcuni bambini avevano deciso di rimanere e a loro è
permesso di tornare nelle Terre degli Uomini in guisa di angeli, e "si
aggirano tra i bimbi soli sussurrando loro al crepuscolo, là dove si sono
coricati presto, alla luce dei lumini o alla fiamma delle candele, oppure
consolano quelli che piangono". Cosa fanno poi questi bambini-angeli?
Con "evidente contraddizione" (come osserva un'opportuna nota
dell'editore) nel giro di poche righe JRRT scrive prima
che "tutti quelli cui permettiamo di partire non tornano più",
rimanendo nelle Terre degli Uomini, perché colà "ci sono posti
incantevoli e amabili regni colmi di attrattive"; e poi
che "per la maggior parte (i bimbi) tornano qui, e ci raccontano molte
storie e cose malinconiche dei loro viaggi".23 Appare in questo passo l'idea -
che riecheggia l'Isola Che Non C'è, del Peter
Pan di Barrie - che i bambini possono entrare in contatto con una realtà
superiore, il mondo elfico, ma poi ritornano nelle Terre degli Uomini, cioè
crescono, e il motivo della crescita è l'amore oblativo (consolare quelli
che piangono); poi non ritornano più nel mondo elfico, cioè la crescita è
irreversibile, e il motivo dell'irreversibilità è il desiderio di
esperienza (i posti incantevoli colmi di attrattive). Eppure, appare anche
l'idea - e la compresenza di questa con l'idea precedente genera la
contraddizione del passo - che il ritorno nelle Terre degli Uomini - la
crescita - sia deludente, e i bambini tornano nel mondo elfico: cioè la
crescita è un fenomeno solo apparente ed esterno, ma il cuore, cioè la
parte più autentica della personalità, rimane bambino, residente in un
"al di là", mentre le parti più superficiali della personalità
sembrano vivere da adulti tra adulti. Ma, allora, l'età adulta è una condizione positiva
o negativa; la crescita è un'esperienza di autenticità o di inautenticità?
Posta così la domanda, come alternativa tra solo due possibilità nella
quale "tertium non datur", JRRT sa solamente rispondere con una
contraddizione. MA una contraddizione - affermare e negare nello stesso
tempo - è lo stesso che "dire niente", come sappiamo da
Aristotele in poi24.
E infatti, come nota Tom Shippey, JRRT "lasciò subito cadere questo
dilemma alla Peter Pan, e successivamente lo trovò antipatico".25
La "febbre di trincea" lo fece stare a lungo in ospedale e lo salvò
dalla strage del suo battaglione26; egli poté riunirsi a sua moglie Edith; nacque John, il suo primo
figlio; ricominciò a diventare concreta la prospettiva di una carriera
universitaria nel suo amato campus di studi. Le "Terre degli
Uomini" risultarono così sufficientemente attraenti per JRRT. Il quale JRRT, però, non
abbandono certo il Mondo Elfico. Tertium
datur: lo scioglimento della contraddizione avvenne, lungo tutta la vita
di JRRT, nella sua attività di romanziere e poeta: "crescere" con
autentico amore per le "cose degli uomini", e, assieme, proporre
agli uomini la bellezza delle "cose elfiche", attraverso le sue
creazioni artistiche. Ma nella complessità della vita umana (fuori dalla
semplicità della logica), ogni vera conciliazione, che non sia superficiale
compromesso, è sempre laboriosa e lascia comunque un margine di
problematicità, cioè un nocciolo residuo di contraddizione. Sempre Tom
Shippey nota come il tema della Grande Evasione dalla Morta (il "mondo
elfico") rimase stabile, se non per tutta, per la maggior parte della
vita di JRRT: un adulto che, grazie alla propria vasta cultura mitologica e
alla propria incisiva creatività mitopoietica, poteva costruire un "context"
e una "self-justification" per i propri sogni di "young
man", perpetuandoli - dunque - e non solo usandoli come materiale
artistico per i sogni altrui. "Ma se JRRT fece questo, bisogna
ammettere che egli diede uguale spazio, uguale rilevanza al senso di perdita
e di rassegnazione".27 L'accusa rivolta all'opera di JRRT di essere
"non adulta", perché eviterebbe il confronto con la morte28,
ha una parte di verità (come osserva Shippey analizzando soprattutto gli
abbozzi preparatori del Signore degli
Anelli recentemente editi da Christopher29), ma è prevalentemente falsa (come sempre Shippey ricorda analizzando
la versione definitiva del romanzo): alla fine della storia, Frodo non è né
trionfante né felice, gli anelli elfici perdono il loro potere, gli elfi
stessi o partono o cominciano a "sbiadire", il male creato da
Sauron - come osserva Gandalf - non potrà essere interamente curato perché:
"Io sono Gandalf, Gandalf
il Bianco, ma il Nero è ancora più potente".30 Ma la residua contraddizione31
tra aspirazione alla immortalità e rassegnazione alla morte no è peculiare
di JRRT; forse, anche se espressa nelle forme più diverse, c'è in tutti
noi. E se contraddirsi è - come detto nel già ricordato passo di
Aristotele - un "dire niente", allora tutti noi su questo tema,
almeno in una certa misura, "diciamo niente". Nel silenzio della
ragione, però, proviamo sentimenti, fantastichiamo ed agiamo. In
particolare, nei nostri sentimenti, fantasie e azioni riguardanti la
giovinezza (nostra e altrui), cerchiamo di esprimere l'inesprimibile nostra
situazione esistenziale rispetto alla Morte. Una conclusione che riguarda Tolkien Una delle differenze tra giovani
e adulti è che nei primi il pensiero della morte è più assente, mentre
nei secondi è più presente, a causa dell'esperienza, che questi fanno
della morte delle persone care, a causa dell'avvicinarsi della presumibile
data della propria morte, e - soprattutto - a causa della crescente
consapevolezza o intuizione della finitezza delle cose mondane e
dell'impossibilità di trovare in esser quella felicità piena che tutti -
giovani e adulti - immaginiamo e desideriamo. A causa della morte di entrambi i
genitori durante l'infanzia, a causa dell'esperienza del
"mattatoio" della Prima Guerra Mondiale incombente su di sé e sui
propri amici, a causa della sua profonda religiosità, sin da piccolo in lui
stimolata da sua madre e da father Morgan, JRRT è stato un giovane anomalo,
perché precocemente si è confrontato con quelle esperienze che di solito
insegnano che "passa la scena di questo mondo" a persone più
adulte. E anche a causa di questo suo particolare vissuto
JRRT ha svolto e svolge un prezioso sevizio ai giovani: in primo luogo perché
li ha amati (figli, studenti, giovani lettori); in secondo luogo perché ha
reso protagonista dei suoi due romanzi un tipo psicologico che incarica quei
caratteri che il senso comune postromantico di solito simboleggia con la
gioventù anagrafica; in terzo luogo perché ha prodotto opere letterarie
che rendono accessibile lo sfuggente tema della Morte anche ai lettori
giovani: in quanto in esse questo tema è presente32
(diversamente dalla letteratura propriamente d'evasione che prevalentemente
è letta dai giovani), e in quanto questo tema no è presentato con cinismo
o dispersione (diversamente dalla letteratura "mainstream" del
Ventesimo secolo). Note 1
Cfr. JRRT, A secret Vice,
in The Monsters and the Critics, Allen & Unwin, London, 1983, pp. 198-223. 2
JRRT, Sulle fiabe, in Albero
e foglia,
Rusconi, Milano, 1988, p. 9: come giudici (senza spiegare perché) di
un'opera teatrale, a sostegno delle proprie idee estetiche, cita dei bambini
di sua conoscenza. 3
Cfr. JRRT, The Lost Road and other Writings,
Harper Collins, London, 1993, pp. 36-104. 4
H.Carpenter, JRRT,
A Biography,
Harper Collins, London, 1992, p.245. 4-bis
"(Frodo) retained the appearence of a robust and energetic hobbit just
out of his tweens", JRRT, The
Lord of the Rings. 5
"Bergil si dimostrò subito un ottimo compagno, il migliore per Pipino
da quando questi aveva perduto Merry", Il Signore
degli Anelli,
Rusconi, Milano, 1979, p. 926. 6
Cfr. Tom Shippey, The
Road to Middle Earth,
Harper Collins, London, 1992, pp. 138,159,191. 7
Carpenter, cit., pp. 121-123,137-142. 8
Ibidem, p. 233. 9
JRRT, Sulle fiabe, cit., pp. 49,50,51,55,63,64,63. 10
Ibidem, pp. 62,65. 11
JRRT, Letters, Allen & Unwin, London, 1981, pp. 48-54. 12
Per sciogliere una contraddizione apparente bisogna mostrare che in essa non
viene negata e poi affermata la stessa cosa in senso assoluto, ma che viene
affermata da un certo punto di vista (in un certa sua parte) e negata da una
altro punto di vista (in un'altra sua parte). Cfr. Aristotele, Metafisica, Rusconi, Milano, 1978, p. 184. 13
In JRRT, The Monsters,
cit., pp. 224-240. 14
Cfr. Carpenter, cit. 15
JRRT, Valedictory Address,
cit. 16
Cfr. il mio La
critica di Benedetti Croce al "sistema romantico", "Humanitas", n.1, 1990, pp. 133-158. 17
JRRT, Lo hobbit, Adelphi, Milano, 1989, p. 18. 18
Aristotele, Metafisica,
cit., p. 77. 19
Epicuro, Epistole a Meneceo,
in Epicuro e l'Epicureismo, Theorema Libri, Milano, 1994, p. 92: "Il
giovane non perda tempo nell'incominciare a filosofare; il vecchio no si
stanche i filosofare. Non si è troppo giovani, infatti, né troppo vecchi
per tenere l'anima in buona salute (...) Filosofare è un imperativo e per
il giovane e per il vecchio; l'uno perché nel farsi vecchio rimanga giovane
di felicità grazie al grato ricordo del passato, l'altro perché nell'esser
giovane trovi anche la maturità di essere impavido dinanzi
l'avvenire". 20
JRRT, Il Signore degli Anelli,
Rusconi, Milano, 1978, p. 99: "e parlavate del signor Bilbo, di draghi
e di montagne di fuoco, e di ... Elfi, signore. Il cielo mi perdoni, ma mi
piace tanto questo genere di storie, e ci credo, anche se Ted mi prende in
giro. Oh, gli Elfi! Signore, cosa darei per vedere gli Elfi!" 21
JRRT, The Epilogue in Sauron
defeated,
Harper Collins, London, 1993, pp. 114-133. JRRT aveva scritto due epiloghi
"lunghi" con Sam che parlava ai suoi figli, ma in una lettere (Letters,
cit., n. 144) dopo avere deciso per l'epilogo pubblicato, JRRT scrisse:
"Hobbit children were delightful, bat I am afraid that the only
glimpses of them in the book are found at the beginning of vol. I". 22
JRRT, Sulle fiabe, cit., p.75. 23
JRRT, Racconti ritrovati, Rusconi, Milano, 1986, pp. 25-28. 24
Aristotele, Metafisica,
cit., pp. 193-194. 25
Tom Shippey, The
Road,
cit., p. 267. 26
Carpenter, cit., p. 105. 27
T.Shippey, cit., p. 268. 28
Nel 1955 Edwin Muiri scriveva sull'"Observer": "The good boys,
having fought a deadly battle, emerge at the end of it well, triumphant and
happy, as boys would naturally expect to do". (cfr. T.Shippey, cit., p.
138). 29
Ibidem, pp. 282-283. 30
Ibidem, pp. 139-140. 31
In forma logica: la rassegnazione alla morte afferma
(la morte è inevitabile), l'aspirazione all'immortalità nega
(la morte no è inevitabile). 32
Shippey, cit., pp. 251-254,260-268,281-287.
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