Herbert McCabe
(1926-2001) è sicuramente il maggior studioso e interprete di San Tommaso
d'Aquino del Novecento di lingua inglese, ma nonostante ciò è molto
poco conosciuto in Italia. Durante la seconda guerra mondiale si iscrisse a
chimica all'università di Manchester, ma pochi mesi dopo si
trasferì alla facoltà di filosofia. Dopo la laurea divenne frate domenicano.
Dopo un breve periodo a Cambridge, nel 1968, all'età di 42 anni, fu
trasferito al convento di Oxford, dove rimase fino alla morte e dove
insegnò teologia alla scuola dei Domenicani. La sua appartenenza all'Ordine
domenicano e alla Chiesa Cattolica costituiscono un fattore determinante per
spiegare l'evoluzione e le motivazioni profonde del suo pensiero. In
particolare McCabe apprezzò gli orientamenti emersi dal Concilio Vaticano II,
anzi furono proprio questi a confermarlo nell'idea, sempre presente nella
sua opera, che la fede sia compatibile con la razionalità e non sia e non
debba essere ostile verso la cultura contemporanea, la scienza e la
psicoanalisi, ma anzi debba confrontarsi proficuamente con essa, come
risulta anche dalla sua opera Faith whitin Reason (uscita postuma nel 2007).
E' fresco di stampa il primo libro che ne esamina globalmente il pensiero
filosofico e l'influsso esercitato sulla cultura contemporanea: Herbert
McCabe. Recollecting a Fragmented Legacy di Franco Manni,
pubblicato da Cascade, Eugene (Oregon) 2020.
Manni esamina, con chiarezza e con puntuale riferimento ai testi, gli snodi
cruciali del pensiero di McCabe nell'ambito della teologia filosofica
(ovvero la riflessione su Dio compiuta dalla ragione umana indipendentemente
dalla Rivelazione), dell'antropologia e dell'etica.
McCabe elabora la propria originale interpretazione di Tommaso d'Aquino alla
luce del pensiero contemporaneo (in particolare la filosofia analitica
prevalente nella cultura di lingua inglese, fortemente caratterizzata dalla
ricezione del pensiero di Wittgenstein e della filosofia del
linguaggio) in un continuo e proficuo confronto critico con le categorie
della riflessione accademica del suo tempo.
McCabe è convinto che, indipendentemente dalle convinzioni religiose dei
singoli autori, la filosofia contemporanea abbia l'esigenza razionale di
porsi il problema di Dio sostanzialmente per due motivi: da un lato il
bisogno di dare risposta ad una delle domande filosofiche fondamentali
(perché esiste qualcosa piuttosto che il nulla?, la cosiddetta ultimate
why question) e dall'altro per le implicazioni che la questione comporta
sull'elaborazione razionale dell'etica. Infatti se si vuole giustificare
un'etica finalistica, secondo cui le virtù e, di conseguenza, le leggi
morali sono indirizzate ad un fine, ovvero la realizzazione integrale della
natura umana, occorre domandarsi l'origine di questa natura umana. E'
evidente che se l'uomo fosse creato, di per sé si avrebbe la
giustificazione dell'esistenza del fine ultimo di diritto dell'uomo (per
usare le parole di Sofia Vanni Rovighi) e quindi una fondazione sicura
dell'etica.
Il libro di Manni mette bene in luce alcune concezioni originali di McCabe,
in particolare sul tema centrale del rapporto tra fede e ragione che, pur
ispirandosi a S. Tommaso, si distaccano dalle tradizionali tesi della
filosofia neoscolastica o da convinzioni diffuse anche tra molti cattolici.
Provare
l'esistenza di Dio
In primo
luogo, per quanto riguarda la prova razionale dell'esistenza di Dio, McCabe
è convinto che possa basarsi esclusivamente sulla cosiddetta Terza Via di
S. Tommaso (la prova ex contingentia mundi). Per McCabe è
fondamentale partire dalla domanda perché esiste qualcosa piuttosto che il
nulla? Ovviamente non possiamo accontentarci di individuare cause del mondo
di tipo scientifico, come il Big Bang, perché queste fanno già
parte del mondo o dell'essere e quindi non ci dicono perché esiste
qualcosa. Dunque esiste una causa del tutto che noi non conosciamo. Se la
conoscessimo, essa farebbe parte dell'universo, sarebbe intramondana, e
dunque non sarebbe la causa dell'essere. Quindi se ipotizziamo che questa
causa sia Dio, si pone il problema della possibilità della conoscenza
razionale di Dio. Dio non si può conoscere con la ragione. E nemmeno con la
fede, che però ci aiuta, secondo McCabe, ad evitare di cadere in tentazioni
antropomorfiche.
Ne consegue una diversa concezione della Creazione, fondata sul pensiero di
Tommaso, ma per certi versi sorprendente. Per McCabe la creazione è un
evento extramondano; Dio e l'universo non sono due enti (già l'Aquinate ci
ricordava che con la ragione non possiamo dimostrare che l'universo ha avuto
inizio nel tempo) e dunque ne consegue che la creazione non produce
cambiamenti nel mondo e quindi nell'universo non vi è alcuna traccia
dell'azione di Dio. Se vi fosse, o se fosse conoscibile qualche traccia
dell'azione di Dio, Dio sarebbe una causa all'interno dell'universo. Per
McCabe è ingenuo e antropomorfico pensare di poter cogliere qualche
conseguenza nella realtà dell'azione di Dio, così come noi possiamo, ad
esempio, capire che c'è stato un terremoto esaminando le distruzioni che
esso ha prodotto.
In altre parole McCabe è convinto che la prova cosmologica (ad esempio la
Quinta Via di Tommaso) sia un ragionamento inconsistente. La cosa ci
sorprende. La neoscolastica contemporanea lo ritiene invece valido, così
come gran parte dei credenti. Lo stesso Kant aveva definito nel
periodo precritico la prova cosmologica “l'unico argomento possibile per
la dimostrazione dell'esistenza di Dio”. Il filosofo, teologo e pastore
anglicano William Paley, nel Settecento, aveva sostenuto che essa
era l'argomento più plausibile e convincente, apprezzato anche da Newton.
Aveva introdotto la celebre analogia dell'orologio: se trovo per terra un
orologio, sono convinto che ci sia stato un orologiaio che a suo tempo
l'abbia costruito, anche se non so chi sia. Lo stesso Richard Dawkins,
biologo e divulgatore scientifico, uno degli autori più letti nel nostro
tempo, per confutare le tesi del creazionismo e per sostenere all'opposto il
carattere cieco e non finalistico dell'evoluzione, fonda tutti i suoi
ragionamenti su una critica ampia e stringente alla prova cosmologica. Il
lettore rimarrà certamente sorpreso nel constatare come McCabe condivida
nella sostanza le confutazioni di Dawkins, salvo un punto, che però è
fondamentale. La prova cosmologica non è l'unico argomento possibile per
dimostrare l'esistenza di Dio.
L'antropologia filosofica
Un altro aspetto stimolante del pensiero di McCabe è l'importanza
attribuita all'antropologia filosofica. Non solo perché essa è, in ultima
analisi, il fondamento dell'etica, ma anche perché il filosofo inglese è
convinto che il tomismo può interessare e coinvolgere gli uomini del nostro
tempo proprio se in grado di spiegare e giustificare una propria coerente
antropologia, capace di confrontarsi e di confutare altre visioni
antropologiche diffuse, come il marxismo, l'esistenzialismo, il positivismo
e anche le forme di dualismo neocartesiano, che tra l'altro sono diffuse
anche nelle visioni di molti cristiani che concepiscono l'anima come
qualcosa d'invisibile e immortale presente nel nostro corpo e distinto da
esso.
McCabe sviluppa la sua antropologia filosofica nell'ambito di una visione
d'insieme profondamente influenzata da Wittgenstein. L'uomo è
caratterizzato dal possedere un linguaggio verbale e ogni ragionamento e
pensiero si articola e si sviluppa dentro le regole del linguaggio, che è
intersoggettivo. E' una prospettiva chiaramente anti positivistica e anti
riduzionistica (il cervello non è l'organo del pensiero, la mente non è il
cervello). Semmai è una concezione compatibile con la teoria dei tre mondi
di Popper, secondo cui il mondo Tre (le teorie, le opere d'arte, ecc.) è
intersoggettivo, come il linguaggio o anche con la teoria freudiana del
super-io, anch'esso intersoggettivo.
In ogni caso McCabe ritiene che questa prospettiva sia pienamente coerente
con l'insegnamento aristotelico e tomistico rettamente inteso. Le
sensazioni, i ricordi, le fantasie sono particolari e individuali, ma l'uomo
può astrarre, formare e usare i concetti universali, che sono linguistici
ed intersoggettivi, cioè può pensare, dedurre, ragionare, costruire teorie
nel linguaggio. Il concetto è per natura universale e comunicabile, cioè
pubblico; l'immagine è per natura privata, individuale, eventualmente
comunicabile solo attraverso la mediazione del linguaggio, cioè degli
universali. Pertanto quell'intelletto non materiale e separato sul quale,
dopo Aristotele, molti pensatori hanno scritto, pensiamo in particolare alla
tradizione averroistica, non è né Dio né un'intelligenza
angelica, perché non è altro che la parte non materiale del
linguaggio umano, o, almeno, delle diverse lingue storiche che,
sebbene diverse l'una dall'altra, possono essere tradotte l'una nell'altra.
Se un concetto fa parte del linguaggio, esso svolge un ruolo all'interno di
un sistema o di una struttura che, come tale, non è
materiale. Questo ruolo nella struttura è effettivamente
correlato a segni materiali, ma in modo libero: il nostro
concetto di mela è il significato espresso dalla parola
"mela" o dai sinonimi; benché sia impossibile avere un
concetto prima di avere parole per esprimerlo, tuttavia, parole o
segni diversi possono esprimere lo stesso concetto. Noi contemporanei, dopo
Wittgenstein, analizziamo la comprensione dei concetti nell'ambito del
linguaggio, mentre l'Aquinate analizza il linguaggio sulla base della
comprensione e definizione dei concetti. McCabe è convinto che questa non
sia una grande differenza, tuttavia ritiene che l'analisi del XX secolo sia
un miglioramento rispetto a quella del XIIII secolo.
Il libro di Manni illustra in maniera chiara molti altri snodi del pensiero
di McCabe, dallo status dell'ontologia, al problema del male nel mondo, ai
fondamenti dell'etica, per poi analizzare nell'ultima parte del libro la
teologia rivelata, la cristologia e la concezione della Trinità del
filosofo inglese. Tutti temi che non possiamo qui nemmeno sfiorare, ma che
siamo certi risulteranno utilissimi al lettore per comprendere la
complessità e la grandezza di questo protagonista del pensiero
contemporaneo.
Maurilio Lovatti
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