Bresciaoggi giovedì 24 agosto 1978, pag. 3 |
Un nodo intricato, ma non
poi tanto
Come veder chiaro
nella finanza pubblica
Non
l'ammontare del deficit, ma la struttura delle entrate e delle uscite del
bilancio della pubblica amministrazione impedisce la utilizzazione delle
risorse e rallenta la produttività
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Quasi tutti i giorni, sui quotidiani si
possono leggere le inesauribili lamentele di ministri d economisti per i
terribili guai che l'eccessivo deficit del bilancio dello Stato e del
settore pubblico provoca all'economia italiana. Del nodo della finanza
pubblica parlano un po' tutti ormai, ma non sempre con la precisione che
la complessità della materia richiede. Due pregiudizi Il primo pregiudizio consiste nel ritenere che
l'argomento del deficit statale e l'aumento dei prezzi siano
meccanicamente correlati. A prima vista questa impressione potrebbe
apparire veritiera in quanto negli ultimi anni le due grandezze hanno
subito un andamento quasi parallelo. In realtà perché un incremento del
disavanzo provochi un aumento dei prezzi è necessario che si verifichi
una situazione di piena occupazione, oppure devono esistere delle
strozzature (rigidità di offerta) in alcuni settori merceologici. Il prelievo Tutta la prima parte, prevalentemente
descrittiva, contiene affermazioni abbastanza ovvie, ma ha il merito di
mettere in grado il lettore non esperto di economia di seguire la seconda
parte del lavoro e di intendere appieno le tesi ivi sostenute. Per quanto
riguarda la composizione delle entrate ed in particolare del prelievo
obbligatorio, l'autore ricorda che in Italia circa il 32% del prelievo
deriva dalle imposte indirette, circa il 24% dalle imposte dirette e il
rimanente 44% circa dai contributi sociali. A loro volta i contributi
sociali sono a carico dei datori di lavoro per l'82% circa, dei lavoratori
dipendenti per il 14% e di quelli autonomi per il rimanente 4%. Una distorsione Oltre a questa distorsione fondamentale, la
struttura delle entrate del bilancio della pubblica amministrazione è
tale da penalizzare il settore industriale rispetto agli altri settori,
specialmente il terziario. In Italia e in Europa Per quanto riguarda l'ammontare della spesa pubblica, va subito sgombrato il campo dall'errata opinione che esso sia sensibilmente più elevato che negli altri Paesi occidentali. In Europa il rapporto tra l'ammontare della spesa pubblica e il prodotto lordo interno varia dal 40% al 48% a seconda dei diversi Paesi e dei vari anni; in Italia nel triennio '73-'75 era pari al 40.5% poi è cominciato a salire, ma ancora nel '77 non superava il margine del 48%. Del tutto anomala è, invece, la struttura della spesa. Solo il 33% è destinato a finanziare i consumi collettivi, mentre il 50% è costituito da trasferimenti (a famiglie, ad imprese, ad Enti locali, previdenziali, assistenziali, etc.). Negli altri Paesi europei viceversa i consumi collettivi superano il 50% della spesa pubblica. Oltre agli inconvenienti pratici per il cittadino (ad esempio trasporti pubblici insufficienti e mal funzionanti) agli sprechi che ne conseguono (ad esempio maggior consumo di energia derivante dal trasporto privato) quali sono le conseguenze sul sistema economico? E' presto detto: il moltiplicatore della spesa pubblica per trasferimenti è sensibilmente inferiore a quello associato alla spesa per consumi collettivi. Ciò significa che i benefici economici e la quantità di produzione aggiuntiva indotta sono molto più elevati, a parità di spesa, per i consumi collettivi che per i trasferimenti. Ciò è dovuto in parte anche al maggior intervallo temporale che sussiste fra la decisione di spesa e l'effettivo impiego dei mezzi finanziari nel caso dei trasferimenti. L'autore ritiene, a mio giudizio correttamente, che vi sia un preciso interesse del sistema bancario a mantenere l'intermediazione tra Stato ed Enti pubblici ed ad opporsi all'accentramento presso il Tesoro di tutte le gestioni di tesoreria (si tenga presente che attualmente solo le Regioni, la Cassa per il Mezzogiorno ed alcuni enti previdenziali intrattengono un rapporto di conto corrente con il Tesoro, ma non i Comuni e le Province e tutti gli altri enti territoriali). Conclusioni Quali le conclusioni di queste ed altre tesi
sostenute dall'autore? Il volume si conclude con un "esercizio
econometrico". Si costruisce un modello, simulando pareggio del
bilancio della pubblica amministrazione (ferma restando, per ipotesi, la
composizione percentuale della spesa). Ne verrebbe che il complesso delle
entrate indirizza un impulso di segno negativo alla domanda reale
aggregata pari al 39% circa mentre la spesa pubblica determina un
influsso, ovviamente di segno opposto, pari solo al 31%. Il disavanzo
(reale) imprime invece un impulso positivo valutabile attorno all'8%. Maurilio Lovatti |
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